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Nel tornare in terra boema, l'opera riacquista immediatamente una sua straordinaria freschezza: con Kosler, nativo di Praga, allievo di Ancerl e di Bernstein prima d'essere a capo della Filarmonica Ceca, il ritmo respira con una naturalezza contagiosa, preciso, nitido e perfetto pur dando l'impressione di lasciare il canto dei tutto libero d'espandersi e di fraseggiare con una gamma vastissima di colori e d'inflessioni, ripresa e rilanciata dall'orchestra con un'energia frizzante, luminosa, addirittura virtuosistica negli episodi di danza, che neppure Ancerl staccava con simile orgiastica eppure musicalissima ricchezza dinamica.
La Benaková è una Marenka perfetta: bellissimo, ampio e vibrante il timbro, con una morbidezza voluttuosa nel registro grave, acuti di smaltato nitore in una linea dove anche l'ineliminabile vibrato di marca slava diventa espressivo, specie quando s'assottiglia in pianissimi di delicata, languorosa estasi lirica, come nell'aria dei terz'atto la cui squisita poesia è resa in modo toccante. Dvorsky è in vero stato di grazia, e la sua voce compatta, dal magnifico colore argentino, che squilla in si bemolle di vibrante facilità e s'addolcisce con un lirismo intenso ed eloquentissimo...
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