LAURETO RODONI

UNA LEZIONE DI GARBO E DI STILE

Il maestro NELLO SANTI interprete magistrale
de «I quattro rusteghi» di Ermanno Wolf-Ferrari
all’Opernhaus di Zurigo


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PROGRAMMBUCH


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INHALT AUF DEUTSCH

LIBRETTO MIT ÜBERSETZUNG

MARIA GRÄTZEL
ERMANNO WOLF-FERRARI
PENDLER ZWISCHEN KULTUREN


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ANTON WÜRZ
ERMANNO WOLF-FERRARI ALS
OPERNMEISTER


GIOACCHINO LANZA TOMASI
WOLF-FERRARI, WAGNER,
GOLDONI...


CARLO GOLDONI
(1707-1793)

VENEZIANISCHE VÄTER
AUS CARLO GOLDONI
«VIEL LÄRM IN CHIOZZA»


AUSZÜGE VON

WILLIAM SHAKESPEARE
«OTHELLO» UND
«DER KAUFMANN VON VENEDIG»


GEORGE BYRON
«DIE BEIDEN FOSCARI»

CARLO GOLDONI
«DIE VENEZIANISCHE ZWILLINGE»

KLEINES VENEZIANISCHES-BREVIER

16 BÜHNENPHOTOS
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PRESSESPIEGEL

ALTRE RECENSIONI IN TEDESCO


LAURETO RODONI

UNA FIGURA ISOLATA

Ermanno Wolf-Ferrari, riunendo i due cognomi del padre bavarese e della madre veneziana, volle significare non solo la sua appartenenza, ma anche il suo amore per due culture, germanica e latina, che ispirarono il pensiero e l'arte suoi e di altri connazionali: Martucci, Smareglia, Sgambati, e, sopra tutti Ferruccio Busoni. Fu dunque uomo e artista di frontiera, prostrato, ancor più di Busoni, dalla Grande Guerra, che lo indusse a lasciare Monaco, dove aveva studiato pittura e musica, per Zurigo. In Svizzera visse 7 anni, dal 1915 al 1922, incapace di scrivere una sola nota, ammutolito, come Rilke, dall'insensatezza e dalla brutalità umane e straziato dal conflitto tra le sue due patrie. Il periodo zurighese fu per Wolf-Ferrari a tal punto doloroso e sterile che si sforzò di cancellarlo, di rimuoverlo dal suo vissuto: non vi è infatti traccia alcuna di notizie su questo lungo periodo nelle due biografie autorizzate di Raffaello De Rensis e di Alexandra Carola Grisson. In queste monografie la città sulla Limmat non è nemmeno nominata. Il De Rensis si limitò a scrivere: «La guerra incendiò l'Europa e il mondo e sulle labbra dell'artista si spense il sorriso. Wolf-Ferrari [...] subì una crisi più grave e profonda di qualunque altro artista. La sua origine familiare, i suoi studi, la casa, la posizione raggiunta ed ora minacciata, determinarono in lui disagio, inquietudine, avvilimenti indicibili.» Le lettere di quel periodo ne sono una commovente testimonianza. A Zurigo ebbe solo sporadici contatti con il mondo culturale internazionale, in quegli anni di guerra effervescente e stimolante, grazie alla presenza di artisti e intellettuali fuggiti dai loro paesi per motivi politici. Diresse l'Orchestra della Tonhalle, assistette alla prima rappresentazione del capriccio teatrale Arlecchino di Busoni (che pure scelse di vivere in esilio gli anni del primo conflitto mondiale): al grande musicista empolese, la sera stessa della prima, egli scrisse una breve ma pregnante lettera con folgoranti intuizioni sui sensi reconditi della densa, ardua, criptica partitura busoniana.
Wolf-Ferrari, lontano sia dal verismo italiano (per questo la limpidezza con cui traduceva in musica i testi di Goldoni difficilmente poteva essere apprezzata in un’Italia musicale dominata da Puccini, Mascagni, Cilea...), sia dal nuovo linguaggio tedesco dell'atonalità e della dodecafonia, costruì il suo stile musicale ispirandosi alla levità di Mozart e di Rossini e sullo studio profondo e appassionato dell'ultima espenienza teatrale verdiana, quella di Falstaff, partitura miliare per molti compositori non soltanto di area italiana (basti pensare all'amore che Richard Strauss nutriva per quest'opera).
Quando si seppe, nei primi anni del Novecento, che Wolf-Ferrari stava mettendo in musica i Rusteghi goldoniani, in Italia vi fu disinteresse e indifferenza, mentre i teatri di Monaco e Berlino fecero a gara per accaparrarsi la prima rappresentazione, che ebbe luogo proprio a Monaco nel 1906 in traduzione tedesca (Die vier Grobiane). Solo nel giugno del 1914 l'opera fu rappresentata in Italia (al Teatro Lirico di Milano), nella versione originale in dialetto veneziano. Ai nostri giorni compare di rado nei cartelloni dei teatri lirici italiani: «un autentico disdoro per le nostre istituzioni musicali», scrisse Elvio Giudici.


LO SPETTACOLO ZURIGHESE

L’opera, cantata in dialetto veneziano con sopratitoli in tedesco, ha deliziato (e sorpreso...) il pubblico internazionale che sempre affolla il teatro zurighese in occasione delle premières. Un pubblico riconoscente che ha tributato un vero e proprio trionfo alla compagnia di canto, al team di regia e al maestro concertatore e direttore d'orchestra Nello Santi. Il grande maestro veneto, che per la prima volta dirigeva il capolavoro del suo conterraneo, assecondato da un’orchestra attenta e precisa in ogni settore, nitida, briosa, ricca di colori, ha offerto una lettura magistrale de I quattro rusteghi, evidenziando il recitativo naturale del dialetto veneziano, la levità mozartiana di molte pagine, le tenerezze melodiche di ispirazione pucciniana, gli arguti ammiccamenti al Falstaff verdiano, la sottile ironia che pervade tutta la partitura, i raffinati intrichi polifonici e contrappuntistici... Una lezione di garbo e di stile, che ha per così dire contagiato anche il team di regia diretto da Grischa Asagaroff (scene di Luigi Perego, pantomime di Luigi Prezioso) e tutto il formidabile cast e che ha contribuito in modo determinante a creare una mirabile fusione tra orchestra, canto e palcoscenico. Il basso veneto Roberto Scandiuzzi è stato un indimenticabile e da ora sicuramente referenziale interprete

IL RUSTEGO LUNARDO CON LA MOGLIE MARGARITA E LA FIGLIA LUCIETA

del ruolo di Lunardo, il più rustego dei quattro rusteghi: timbro, fraseggio e dizione esemplari; vis comica sottile e raffinata, mai caricata di rozzo e superficiale gigionismo. Le interpreti femminili (Katharina Peetz, Margarita; Martina Jankovà, Lucieta; Elisabeth Rae Magnuson, Felice e Stefania Kaluza, Marina) hanno agevolmente padroneggiato le aspre difficoltà del canto e della dizione e ben caratterizzato gli astuti personaggi sul piano teatrale. Di notevole livello anche le prestazioni vocali e teatrali degli altri tre rusteghi (Carlos Chausson, Simon; Paolo Rumetz, Maurizio; Giuseppe Scorsin, Cancian) e dei due tenori Luigi Petroni (Filipeto) e Peter Straka (il Conte Riccardo).

LUCIETA E FELIPETO, FINALMENTE UNITI, SULLA GONDOLA CON LE MASCHERE VENEZIANE

Come detto, è stato tributato a tutti un trionfo, con una speciale, riconoscente standing ovation per Nello Santi che proprio il giorno della prima compiva 71 anni. All'insigne maestro il sovrintendente Alexander Pereira, raggiante per il felicissimo esito della serata, ha ironicamente regalato un lupo di pelouche con sulla groppa una scatola rossa. Il pubblico ha subito afferrato il senso del lupo («Wolf» in tedesco). Ma la scatola? «Contiene una Ferrari», ha esclamato ridendo Pereira, prima di congedarsi.

Most of the guest conductors were experienced but dull. Ermanno Wolf-Ferrari, the composer of Il segreto di Susanna, was an exception. After two hours of tearfully rehearsing the second orchestra, he got them to play his work Le donne curiose — in German, Die neugierigen Frauen — softly and in the style of Mozart. Wolf-Ferrari had a limited stick technique, but a handsome face and a fine head of hair. When things went wrong he would cry. This made the orchestra feel bad, so they improved, but he would continue to whimper , saying, «Softer, gentlemen, softer.» When the viola section stopped playing altogether, he wiped away his tears and said, «That was better, gentlemen, but tonight, the violas, please, still softer.» [TESTIMONIANZA DI OTTO LUENING SUL PERIODO ZURIGHESE DI E.W.F.]