Amleto, di William Shakespeare
Copertina Note preliminari Personaggi Atto I Atto II Atto III Atto IV Atto V

Atto II

Scena I
Elsinore, stanza in casa di Polonio.

Entrano Polonio e Rinaldo

Polonio (Consegnando a Rinaldo un pacchetto)
Gli darai questi soldi e questi appunti.
Rinaldo Va bene, monsignore, sarà fatto.
Polonio E, buon Rinaldo, prima d'incontrarlo,
farai bene a cercare d'informarti
su come vive e come si comporta.
Rinaldo Ci avevo già pensato, mio signore.
Polonio Ottimamente. Allora siamo intesi,
attento: vammi prima ad indagare
quali Danesi vivono a Parigi,
chi sono, come conducon la vita,
e con che mezzi, che genti frequentano,
che luoghi. E se tu, grazie a questa indagine
e a qualche tua domanda intenzionale, (045)
scoprissi che conoscono mio figlio,
t'accosterai pian piano all'argomento
con domandine vieppiù pertinenti,
comeché fossi tu, tanto per dire,
uno che lo conosca di persona,
ma non troppo, diciamo, un po' alla larga.
Per esempio: "Conosco bene il padre,
gli amici e un po', ma solo un po', anche lui..."
Mi segui?
Rinaldo Oh, certo, signore, benissimo.
Polonio "... e solo un po' anche lui"- puoi azzardare,
"ma non troppo; però se è quel giovane
"di cui stiamo parlando, posso dire
ch'è persona piuttosto scapestrata,
un tipo dedito a questo, a quest'altro...";
e là gli attribuisci, a tuo capriccio,
ogni sorta di piccoli difetti,
nessuno, però - bada! - tanto spinto
da macchiarne l'onore: attento a questo!
Insomma, le consuete scappatelle,
un po' sfrenate, un tantino lascive,
che son la risaputa compagnia
di gioventù sbrigliata in libertà.
Rinaldo Come ad esempio il gioco, monsignore.
Polonio Appunto; o come il bere, il duellare,
bestemmiare, rissare, andare a donne...
Puoi spingerti fin là...
Rinaldo Eh, monsignore,
questo potrà disonorarlo.
Polonio No,
in fede mia, se saprai temperarlo
nello stesso momento in cui lo insinui.
Cioè, nel dirlo incline alla bisboccia,
non devi caricarlo d'altre mende.
Non è questo che intendo: i suoi difetti
li devi sussurrare accortamente,
sì da farli apparire, tutt'al più,
come macchie della sua libertà,
vampate d'uno spirito bollente,
d'una selvatichezza ancora acerba,
non mansuefatta, propria dell'età.
Rinaldo Però, mio buon signore...
Polonio Ti capisco:
vuoi sapere perché ti chiedo tanto.
Rinaldo Infatti, è quello che vorrei sapere.
Polonio Allora qua, stammi bene a sentire.
La mia tattica è questa (e t'assicuro
ch'è garantita, non fallisce mai):
mentre tu spargi queste macchioline
sopra mio figlio, come un oggettino
che s'insudicia mentre si lavora,
ti vai studiando quello con cui parli
e che vuoi scandagliare su di lui:
se ti dice d'aver sorpreso il giovane
oggetto delle tue blande censure
in una o l'altra delle intemperanze
che sopra ho menzionato, sta' sicuro
che alla fine s'accorderà con te,
chiamandoti, in perfetta confidenza,
"caro signore", o simil altro titolo,
quando non anche "amico" o "cavaliere",
a seconda del giro del discorso
e del rango dell'uomo, o del paese. (046)
Rinaldo Molto bene, signore.
Polonio ... E a questo punto,
a questo punto, allora, lui che fa?...
Che ti stavo dicendo, per la Messa?
Che ti dicevo? Dov'ero rimasto?
Rinaldo "Alla fine s'accorderà con te..."
"Amico... cavaliere...
Polonio Ah, sì, perbacco!
Dunque, alla fine, d'accordo con te,
magari ti dirà: "Sì, lo conosco,
l'ho visto appunto ieri, il giovanotto,
e l'altro ieri pure, e dopo, e prima,
in compagnia del tale e del tal altro,
che giocava, così come voi dite,
o, che so io, faceva gozzoviglia,
o si stava azzuffando con qualcuno
giocando al pallamaglio; oppure questo:
"L'ho visto entrare in una certa casa...
sì, con licenza, proprio un lupanare...",
e così via. E guarda che succede:
che usando l'esca della falsità,
peschi la carpa della verità.
È così che noi, gente di giudizio,
si riesce a trovar, per vie traverse,
la direzione giusta. E così tu,
seguendo queste mie indicazioni,
dovrai far con mio figlio. Hai bene inteso?
Rinaldo Bene, signore.
Polonio E allora va con Dio.
Rinaldo Grazie, signore.
Polonio Ma mi raccomando,
osserva bene il suo comportamento,
personalmente.
Rinaldo Lo farò, signore.
Polonio E lascialo suonare la sua musica.
Rinaldo Bene, farò così.
Polonio Va' pure, addio.
(Esce Rinaldo)
Entra, di corsa, Ofelia, come spaventata.
Ehi, Ofelia, che c'è?
Ofelia Oh, padre mio,
che paura, signore! Che paura!
Polonio Di che, paura, nel nome di Dio?
Di che?
Ofelia Signore, stavo tutta sola
a ricamare nel mio gabinetto,
quando il principe Amleto,
col giustacuore tutto sbottonato,
senza cappello, le calze slacciate,
ricadenti sui piedi come ceppi,
pallido in viso, come la camicia,
le ginocchia che battono tra loro,
e uno sguardo così compassionevole,
che pareva sortito dall'inferno
per venire a spiegarmene gli orrori,
mi viene innanzi...
Polonio Pazzo... per amore?
Ofelia Non so, signore, ma lo temo proprio.
Polonio E che t'ha detto?
Ofelia M'ha afferrato il polso,
e, stringendolo forte, s'è scostato
per tutta la lunghezza del mio braccio,
e, postasi una mano sulla fronte,
così...
(Fa il gesto di mettersi la mano a visiera)
s'è messo a scrutarmi la faccia
come uno che volesse disegnarla.
È stato a lungo in quella posizione,
poi, di colpo, mi scuote ancora il braccio
e, accennando col capo in su e in giù,
tre volte, emette un sì cupo sospiro,
sì pietoso, da dare l'impressione
che dovesse squassarlo
e porre fine lì stesso alla sua vita.
Poi mi lascia e s'avvia verso la porta,
con la testa girata sulle spalle,
quasi a trovar la strada senza gli occhi;
perché di fatto senza il loro aiuto
se n'è andato, tenendo fino all'ultimo,
rivolta indietro a me la loro luce,
finché ha trovato l'uscio ed è sparito.
Polonio Vieni con me, voglio parlarne al re.
Questa è la tipica follia d'amore,
la cui cieca irruenza, tante volte,
non solo può distruggere se stessa,
ma trascinare a gesti disperati
come ogni altro violento sentimento
che opprime l'uomo sotto questo cielo.
Mi dispiace... Non sarai stata tu,
a dirgli aspre parole, ultimamente?
Ofelia Non io, mio buon signore;
ma, come voi m'avete comandato,
gli ho rimandato indietro le sue lettere
e mi sono negata ad ogni incontro.
Polonio Allora è questo che l'ha reso pazzo.
Mi debbo dispiacere con me stesso
per non aver saputo giudicare
con più discernimento la faccenda;
ma pensavo trattarsi d'un capriccio,
e ch'egli non avesse su di te
altro intento che indurti alla rovina.
Ma maledetto questo mio sospetto!
Purtroppo è proprio della nostra età
smarrirci per eccesso di cautela,
così com'è di quella giovanile
una certa mancanza di giudizio.
Ma vieni, andiamo subito dal re:
bisogna ch'egli ne sia messo a parte;
se tenuto segreto, questo affare,
può procurarci più guai a nasconderlo
che rancore a svelarlo. Vieni, andiamo.
(Escono)

Scena II
Elsinore, stanza nel castello.

Squillo di tromba. Entrano il Re, la Regina, Rosencrantz, Guildenstern e seguito

Re Benvenuti fra noi, miei cari giovani.
A parte il desiderio di vedervi,
fu il bisogno dei vostri buoni uffici
la causa vera del vostro richiamo,
ricercato da noi con tanta urgenza.
Avrete forse udito già qualcosa
circa la metamorfosi di Amleto:
e la chiamo così perché, credetemi,
tanto nel suo comportamento esterno
come nei modi interiori dell'animo
l'uomo non assomiglia più a se stesso.
Che cosa, oltre alla morte di suo padre,
abbia potuto estraniarlo da sé
fino a tal punto, non so immaginare.
Io vi supplico entrambi,
che gli siete cresciuti sempre insieme
e siete stati sempre sì vicini
alla sua giovinezza e alla sua indole,
di trattenervi qui alla nostra corte
per un po'; che la vostra compagnia
possa ridargli il gusto della vita,
e che possiate voi stessi scoprire,
per quel che vi sia dato d'indagare
con l'occasione, se vi sia qualcosa
a noi ignota ad affliggerlo tanto,
che, una volta scoperta,
sia in nostro potere di sanare.
Regina Egli ha molto parlato di voi due,
miei cortesi signori, e sono certa
che non vi sono due persone al mondo
cui sia più affezionato il nostro Amleto.
Se vi piaccia mostrarvi ben disposti
a trascorrere qui, presso di noi,
un po' del vostro tempo,
a sostegno e possibile profitto
delle nostre speranze, questa visita
vi sarà ricambiata con un "grazie"
pari alla gratitudine d'un re.
Rosencrantz Le vostre maestà,
per la loro sovrana potestà
sovra di noi, sarebbero padrone
di formulare, più che in una supplica,
in un comando i loro desideri.
Guildenstern E noi due non possiamo che obbedire,
e dedicarvi, in tutta riverenza,
noi stessi e gli umili nostri servigi.
Re Grazie, miei cari Rosencrantz e Guildenstern.
Regina E lasciate che vi ringrazi anch'io,
gentili miei signori,
e che vi preghi di recarvi subito
da questo mio tanto mutato figlio.
(A quelli del seguito)
Qualcuno vada con questi signori,
e li accompagni dal principe Amleto.
Guildenstern Che la nostra presenza e il nostro zelo,
voglia il cielo gli sian di giovamento,
e lo confortino.
Regina Lo voglia il cielo!
(Escono Rosencrantz e Guildenstern)
Entra Polonio
Polonio Gli ambasciatori di vostra maestà
sono felicemente rientrati
dalla Norvegia.
Re Tu sei sempre stato,
Polonio, padre di buone notizie.
Polonio Godo, signore, a sentirvelo dire.
Oh, può star certo, il mio grazioso re,
che i miei servigi appartengono a lui
come appartiene a Dio l'anima mia.
Ed io penso - o altrimenti il mio cervello
non segue più sicuro il proprio fiuto -,
d'aver scoperto la vera ragione
della pazzia d'Amleto.
Re Oh, parlane, mi tarda d'ascoltarlo.
Polonio Ricevete gli ambasciatori prima:
la mia informazione
sarà la frutta del grande banchetto.
Re Va' tu stesso a incontrarli ed introducili.
(Esce Polonio)
Egli dice, Gertrude mia diletta,
d'aver scoperto origine e motivo
di tutto il turbamento di tuo figlio.
Regina Dubito non sia altro
che quel ch'è dato a tutti immaginare, (047)
la morte di suo padre,
e le precipitose nostre nozze.
Re È quel che cercheremo di appurare.
Rientra Polonio con Voltimando e Cornelio
Bentornati, miei buoni e bravi amici!
Quali notizie dal fratello nostro
di Norvegia?
Voltimando Il ricambio più cordiale
di voti e buoni auspici a vostra altezza.
Subito al nostro primo abboccamento,
ha mandato a bloccar gli arruolamenti
in corso ad opera di suo nipote,
a lui sembrati, in prima, in verità,
preparativi contro il re polacco;
ma poi s'è accorto, guardandoci meglio,
ch'eran diretti contro vostra altezza;
ond'egli, assai turbato e dispiaciuto
che si abusasse sì dolosamente
e del suo male e della sua impotenza,
fece trarre in arresto Fortebraccio;
il quale, a farla breve, gli obbedisce,
accetta la rampogna dello zio,
e s'impegna, in solenne giuramento,
a rinunciar per sempre ad ogni mira
armata contro vostra maestà.
Al che il vecchio Norvegia,
non stando più nei panni dalla gioia,
decide di assegnargli un'annua retta
di tremila corone ed il comando
delle forze da lui prima assoldate
contro il Polonia; mentre chiede a voi,
col messaggio di cui siamo latori,
di concedergli il libero passaggio
su vostri territori, per l'impresa,
con le modalità e le guarentigie
quali son qui indicate nel dettaglio.
(Gli consegna il messaggio)
Re Bene, le leggeremo a miglior agio,
e daremo al Norvegia la risposta
dopo aver riflettuto attentamente
su questo affare. Intanto vi ringrazio
per le vostre fatiche bene spese.
Concedetevi adesso un buon riposo:
questa sera banchetteremo insieme.
E ben tornati in patria!
(Escono Voltimando e Cornelio)
Polonio Ecco dunque un affare ben concluso.
Mio sovrano e signora,
a disquisir sulla sovranità,
sui suoi doveri, perché il giorno è giorno,
la notte è notte, perché il tempo è tempo,
non sarebbe che perdere la notte
ed il giorno ed il tempo.
Perciò se è vero che la brevità
è l'anima del senno,
e il parlar troppo un fronzolo esteriore,
il mio discorso sarà molto breve.
Il vostro nobile figliolo è pazzo:
e dico "pazzo", perché definire
in che consista ogni vera pazzia
ch'altro sarebbe, se non esser pazzi?
Ma via, lasciamo andare.
Regina Meno forma, Polonio, e più sostanza.
Polonio Signora, v'assicuro, a giuramento,
ch'io non uso artifici di retorica:
ch'egli sia pazzo, è vero;
ed è vero che ciò è gran peccato;
e che un peccato sia, è anche vero.
Un bel concetto! Ma lasciamo andare,
ch'io non voglio far uso di retorica.
Concediamoci allora che sia pazzo:
ci rimane da ricercar la causa
di questo effetto, o di questo difetto,
a dir meglio, per via che da una causa
proviene questo effetto difettoso.
Tale esso resta, e tale resta il resto.
Vogliate ponderare. Io ho una figlia
- e dico "ho" perch'ella mi appartiene -
la quale in suo dovere d'obbedienza,
notate, poco fa m'ha dato questo:
udite e deducete.
(Legge)
"Al celestiale e di mia anima idolo,"
"molto imbellita Ofelia..."
Brutta frase,
di basso conio... "Imbellita" è banale...
Ma state ancora a sentire. Ecco qui:
(Legge)
"Nel suo squisito bianco seno... eccetera..."
Regina Ed è Amleto che scrive a lei così?
Polonio Un momento. Vi leggo testualmente:
(Legge)
"Dubita che le stelle siano ardore,
"che il sole ruoti intorno alla sua sfera,
"dubita che la verità sia vera,
"ma dubbio non avere del mio amore.
"Mia cara Ofelia, io non so rimare,
"mi manca l'arte di dir verseggiando
"i miei sospiri; ma ch'io t'ami tanto,
"eccelsa, tu non devi dubitare.
"Addio, carissima, sempre più tuo,
"fino all'ultimo dì che sarà suo
"questo mortale suo congegno. Amleto"
Questo me l'ha mostrato, in sua obbedienza,
mia figlia, confessandomi altresì
tutto sulle pressanti assiduità
di lui, e loro tempi e modi e luoghi.
Re Ed ella che risponde a questo amore?
Polonio Che pensano di me le altezze vostre?
Re Che sei persona fida ed onorata.
Polonio E tale ho l'ambizione di mostrarmi.
Ma che potreste voi pensar di me
se, còlto quasi a volo questo amore
(giacché me n'ero accorto - debbo dirlo -
già prima che mia figlia ne parlasse),
che potreste pensare voi, mio sire,
o la cara maestà della regina,
se avessi confinato la mia parte
a fare da scrittoio o da leggìo,
o se, strizzando l'occhiolino al cuore,
me ne fossi rimasto sordo e muto
o avessi riguardato questo amore
con occhio indifferente? E invece no.
Mi sono subito dato daffare,
ho parlato a mia figlia in questi termini:
"In quanto principe, il nobile Amleto,
è fuor dell'ambito della tua sfera,
e questo non dev'essere!"
E le ho prescritto di tenersi chiusa
dai luoghi ch'ei frequenta,
di non ricevere suoi messaggeri,
né accettar da lui doni. Fatto ciò,
ella del mio consiglio colse i frutti,
e lui, vedendosi così respinto,
in breve sprofondò nella tristezza,
donde digiuno, insonnia, prostrazione,
donde il delirio, e poi, per questa china,
la follia per la quale ora vaneggia,
per la luttuosa angustia di noi tutti.
Re (Alla regina)
Pensi tu che sia questa la ragione?
Regina Può essere; è molto verosimile.
Polonio C'è mai stata una volta
- vorrei proprio sentirlo dir da voi -
ch'io abbia detto in modo positivo:
"Così è!", e così non è stato?
Re No, ch'io sappia.
Polonio (Facendo il gesto di staccarsi la testa dal tronco)
Staccate pure via
questa da questo, se così non fosse.
Io, se mi guidino le circostanze,
su questo scoprirò la verità
fosse nascosta al centro della terra.
Re Come potremo poi verificarla?
Polonio Voi sapete che a volte
egli passeggia qui, in questa sala,
per ore ed ore.
Regina Così fa, difatti.
Polonio Ebbene, in quel momento,
io gli sguinzaglio libera mia figlia:
voi ed io staremo ad osservare
dietro un arazzo, attenti a quel che dicono:
s'egli non l'ama, e se non è per questo
ch'egli è caduto fuor di sua ragione,
ch'io non sia consigliere d'uno Stato,
ma vil bifolco o capo carrettiere.
Re Bene, faremo allora questa prova.
Entra Amleto, intento a leggere un libro.
Regina Ma guardatelo, con che triste cera
se ne viene leggendo, il poverino!
Polonio Via, vi scongiuro entrambi, allontanatevi!
Voglio abbordarlo prima io. Scusate.
(Escono il re e la regina)
Come sta il mio buon principe Amleto?
Amleto Bene, deograzia.
Polonio Mi riconoscete?
Amleto Perfettamente. Siete un pescivendolo. (048)
Polonio No, signore.
Amleto Peccato.
Avrei voluto foste così onesto.
Polonio Onesto, monsignore?
Amleto Sì, signore;
perché come va il mondo al giorno d'oggi,
essere onesto, è come dir d'un uomo
ch'è stato estratto in mezzo a diecimila.
Polonio Verità sacrosanta, monsignore.
Amleto Perché se il sole fa nascere i vermi
nella carogna d'una cane, baciandola...
Voi avete una figlia?
Polonio Sì, signore.
Amleto Non la lasciate passeggiare al sole...
La concezione è una benedizione.
Ma siccome codesta vostra figlia
potrebbe concepire... attento, amico.
Polonio (A parte)
Che vuoi dire con questo?...
E dài che batte sempre su mia figlia!
Eppure ha detto di non riconoscermi...
m'aveva preso per un pescivendolo...
È svampito, svampito veramente!
Del resto, in gioventù, posso ben dirlo,
ho anch'io sofferto il tormento d'amore
da ridurmi all'incirca in quello stato...
Ma parliamogli ancora... (049)
(Forte)
Monsignore,
posso sapere che state leggendo?
Amleto Parole, parole, parole. (050)
Polonio Di che è questione, signore?
Amleto Questione?
Fra chi?
Polonio Volevo dire l'argomento,
l'argomento del libro che leggete.
Amleto Calunnie, signor mio.
Perché questa canaglia di satirico
scrive che i vecchi hanno la barba grigia,
la faccia scanalata dalle rughe
e gli occhi secernenti un certo umore
denso come la gomma di susino;
che abbondano di carestia di senno,
insieme a debolissimi garretti...
tutte cose di cui, signore mio,
per quanto possa io esser convinto
nella maniera più forte e potente,
non penso tuttavia che sia decenza
spiattellarle così; perché anche voi,
signore, avreste la mia stessa età,
se, simile ad un gambero,
poteste camminare a retromarcia.
Polonio (A parte)
Questa è follia, se pure c'è del nesso.
(Forte)
Non vorreste, signore, passeggiare
al riparo dall'aria?
Amleto Dove, nella mia tomba?
Polonio (Ridendo)
Oh, questo sì,
sarebbe un vero cambiamento d'aria
(A parte)
Come sono pregnanti qualche volta
le sue risposte! Battute felici
in cui sovente imbrocca la pazzia,
e che né mente sana né ragione
saprebbero altrettanto bene esprimere...
Ora lo lascio, e vado a predisporre
come farlo incontrare con mia figlia.
(Forte)
Mio signore, da voi prendo congedo.
Amleto Voi non sapreste prendermi, signore,
altra cosa da cui più volentieri
mi vorrei separare; tranne, è chiaro,
la mia vita, sì, tranne la mia vita.
Polonio Allora con licenza, mio signore...
(Mentre sta per uscire, sulla porta incontra Rosencrantz e Guildenstern)
Amleto (A parte)
Questi noiosi vecchi incitrulliti!...
Polonio (Ai due)
Cercate il principe Amleto; egli è qui.
Rosencrantz (A Polonio)
Salute a voi, signore.
(Esce Polonio)
Guildenstern (Ad Amleto)
Mio onorato signore!
Rosencrantz Caro principe!
Amleto Salve, miei buoni ed eccellenti amici!
Come va, Guildenstern? Eh, Rosencrantz?
Come state, ragazzi, come state?
Rosencrantz Da comuni rampolli della terra.
Guildenstern Felici di non essere felici
oltre misura; non siamo il pennacchio
della berretta della dea Fortuna.
Amleto Né la suola di sotto ai suoi calzari?
Rosencrantz Nemmeno, monsignore.
Amleto Allora voi vivete alla sua cintola,
o in mezzo ai suoi favori. (051)
Guildenstern Un poco addentro, sì, in fede mia.
Amleto Ah, proprio addentro alle segrete parti,
della Fortuna? (052)... Eh, già, è una baldracca.
Che nuove in giro?
Rosencrantz Nessuna, signore,
se non che il mondo è diventato onesto.
Amleto Allora il giorno del Giudizio è prossimo.
Ma la notizia è falsa.
Piuttosto, ditemi, miei buoni amici,
che male avete fatto alla Fortuna,
che vi manda in prigione qui?
Guildenstern In prigione!
Amleto La Danimarca è tutta una prigione.
Rosencrantz Tutto il mondo n'è una, allora.
Amleto Infatti,
come si deve; in cui son molte celle,
molti posti di guardia, molti masti.
La Danimarca è fra le sue peggiori.
Rosencrantz A noi non pare affatto, monsignore.
Amleto Si vede allora che non lo è per voi:
niente è buono o cattivo
se non è tale nel nostro pensiero.
Per me è una prigione.
Rosencrantz È l'ambizione che ve la fa tale.
La Danimarca è troppo angusto spazio
per una mente come quella vostra.
Amleto Oh, Dio! Io potrei viver confinato
in un guscio di noce, e tuttavia
ritenermi signore d'uno spazio
sconfinato, non fossero i miei sogni.
Guildenstern E questi sono appunto l'ambizione,
perché nient'altro che l'ombra d'un sogno
è la sostanza dell'uomo ambizioso.
Amleto Il sogno già in se stesso è solo un'ombra.
Rosencrantz Infatti, ed io ritengo l'ambizione
qualità sì volatile e leggera,
da esser solo l'ombra di un'altr'ombra.
Amleto Allora i corpi sono i mendicanti,
e i re e i nostri celebrati eroi
l'ombre dei mendicanti. (053)
Ma non vogliamo rientrare a corte?
Perché, in coscienza, non ragiono più.
I due Siamo agli ordini vostri, monsignore.
Amleto Ordini... No, non ditelo.
Non vi voglio confondere davvero
col resto dei miei servi;
perché, a parlarvi franco, son servito
terribilmente bene. Però ditemi,
in via di sacratissima amicizia,
che ci fate a Elsinore?
Rosencrantz Siamo venuti a visitare voi,
monsignore; nessun altro motivo.
Amleto Mendicante qual sono, (054)
sono povero di ringraziamenti;
e i miei ringraziamenti, cari amici,
sono sinceramente troppo cari
anche a pagarli un soldo.
Ma siete qui di vostra iniziativa?
Non chiamati? Una visita spontanea?
Siate sinceri, via, scopriamo il gioco.
Su, su, avanti, parlate.
Guildenstern Che vi dobbiamo dire, monsignore?
Amleto Qualunque cosa. Ma veniamo al punto:
siete stati chiamati; nei vostri occhi
c'è una sorta di muta confessione
che la vostra comune riluttanza
non è capace di tener nascosta.
V'han mandato a chiamare
- lo so - il buon re e la buona regina.
Rosencrantz A che scopo, signore?
Amleto Sta a voi di dirlo a me. Ma vi scongiuro
per la nostra amicizia, e per i vincoli
con cui ci lega il nostro antico affetto,
e nel nome di quanto di più caro
potrebbe chiedervi un postulante
più efficace di me, siate leali
e sinceri con me:
foste chiamati, a venir qui, o no?
Rosencrantz (A parte a Guildenstern)
Che gli dobbiamo dire?
Amleto (A parte)
Ho capito, dovrò tenervi d'occhio.
(Forte)
Se mi volete bene, non mentite.
Guildenstern Sì, mio signore, ci han fatto chiamare.
Amleto E vi dirò perché; così io stesso
anticipo la vostra confessione,
e così la promessa di segreto
fatta da voi al re e alla regina
non perderà una penna.
È un po' di tempo che, non so perché,
ho perso tutto il mio brioso umore,
tralasciato ogni usata occupazione;
e ciò grava a tal punto sul mio spirito
che questa bella struttura, la terra,
mi sembra un promontorio senza vita,
questo stupendo baldacchino, il cielo,
questa splendida volta, il firmamento,
questo tetto maestoso,
ingemmato di fuochi d'oro... ebbene,
per me non è nient'altro che un odiato
pestilenziale ammasso di vapori.
Che sublime capolavoro è l'uomo!
Quanto nobile nella sua ragione!
Quanto infinito nelle sue risorse!
Quanto espressivo nelle sue movenze,
mirabile: un angelo negli atti,
un dio nell'intelletto!
La bellezza dell'universo mondo!
La perfezione del regno animale!
Eppure che cos'è agli occhi miei
questo conglomerato di terriccio?
L'uomo per me non ha alcuna attrattiva...
e nemmeno la donna, anche se voi
con quel vostro sarcastico sorriso
sembrate dire che non è così.
Rosencrantz Oh, signore, ero lungi da pensarlo.
Amleto Perché allora hai sorriso,
quando ho detto che l'uomo non m'attrae?
Rosencrantz Pensavo, mio signore,
che se niente dell'uomo vi diletta,
quale mai accoglienza da Quaresima (055)
troverà qui la compagnia di attori
che abbiamo sorpassato per la strada,
e che vengono a offrirvi i lor servizi.
Amleto Ah, quanto a questo (056)... Sia pur bene accolto
colui che recita del re la parte:
la sua maestà potrà levar tributi
da me; il cavaliere avventuroso
usi pure a suo agio e spada e scudo;
l'amoroso non sospirerà gratis;
al comico sarà sempre permesso
di terminare in pace la sua parte;
il buffone potrà far sbellicare
coloro i cui polmoni sono facili
alle risate e agli scatarramenti;
la prima donna dirà il suo pensiero
apertamente, senza che per questo
il verso sciolto debba zoppicare.
Che attori sono?
Rosencrantz Della compagnia
che voi ben amavate di ascoltare:
quella dei tragici della città.
Amleto E com'è che si sono messi in viaggio?
Starsene a recitare in sede stabile
era per loro assai più vantaggioso,
sia per il nome che per la cassetta.
Rosencrantz Glielo vietano, penso,
le riforme emanate di recente. (057)
Amleto Godono sempre dello stesso credito
di quand'ero in città? Li segue il pubblico?
Rosencrantz No davvero.
Amleto Com'è? Son peggiorati?
Rosencrantz Tutt'altro. Cercan di tenersi al passo;
ma c'è, signore, tutta una nidiata
di giovinetti, falconcelli implumi,
che sanno solo recitare urlando
e riscuotono applausi strepitosi.
Sono loro che adesso van di moda;
e coprono di tanti e tali insulti
e di sberleffi i teatri comuni
(così essi li chiamano), che molti
che veston spada e tocco hanno paura
delle lor penne d'oca, (058)
e se ne tengono bene alla larga.
Amleto Che! Davvero fanciulli?
Chi li mantiene? Come son pagati?
Potranno seguitare a recitare
quando, cogli anni, avran cambiato voce?
E più tardi nel tempo,
se diverranno attori come gli altri
- com'è molto probabile che sia,
se proprio non sapranno far di meglio -,
non se la prenderanno malamente
con gli autori dei testi ch'essi recitano,
con l'accusa di averli rovinati
mettendo loro in bocca tante ingiurie
contro quello che poi son diventati?
Rosencrantz In verità c'è stato un gran daffare
dall'una parte e dall'altra; e la gente
ritiene di far bene ad aizzarli
ed indurli a beccarsi l'un con l'altro.
C'è stato un tempo in cui trovar denaro
per un copione da mettere in scena,
era difficile, se nella trama
non ci fosse pretesto per riaccendere
la guerra tra autori e commedianti. (059)
Amleto Possibile?
Rosencrantz Oh! s'era messo in moto
una grande carosello di cervelli.
Amleto E i fanciulli la vincono?
Rosencrantz Altroché!
Quelli, signore, si trascinan dietro
Ercole col suo globo sulle spalle. (060)
Amleto Niente di così strano,
perché mio zio è re di Danimarca,
e tutti quelli che, vivo mio padre,
gli avrebbero ben fatto gli sberleffi,
ora dan venti, quaranta, cinquanta
cento ducati per avere, in piccolo,
un suo ritratto. E c'è qualcosa in questo,
sangue di Dio, che passa la natura,
se la filosofia può mai scoprirlo.
(Tromba di postiglione all'interno)
Guildenstern Questi sono gli attori.
Amleto Miei signori,
voi siete i benvenuti ad Elsinore;
qua la mano, venite.
I bei modi e un'amabile accoglienza
son doveri dell'ospitalità;
permettete ch'io usi anche con voi
questo garbo, altrimenti l'accoglienza
che sto per riservare a questi attori,
e che, vi anticipo, dovrà mostrarsi
in bellezza, non abbia ad apparire
più sentita che quella fatta a voi.
Voi siete benvenuti.
Ma mio zio-padre e mia zia-madre sbagliano.
Guildenstern In che, signore?
Amleto Nel credermi pazzo.
Io son pazzo col vento di maestro;
quando spira da sud, distinguo bene
un airone da un falco.
Entra Polonio
Polonio Sia pace e bene a questi gentiluomini!
Amleto Sentite Guildenstern e Rosencrantz,
ve lo dico a ciascuno in un orecchio: (061)
quel gran bamboccio che vedete là
non è ancora sgusciato dalle fasce.
Rosencrantz O forse c'è rientrato: quando è vecchio,
l'uomo, si dice, è due volte bamboccio.
Amleto Mi butto a indovinare: viene qui
ad annunciar l'arrivo degli attori...
state attenti.
(Fingendo di non aver visto Polonio e di parlare
a qualcuno)
Ah, sì, ora ricordo,
è stato allora, un lunedì mattina...
Polonio (Ad Amleto)
Ho notizie da darvi, monsignore.
Amleto (Rifacendogli il verso)
"Ho notizie da darvi, monsignore..."
Eh, quando a Roma recitava Roscio... (062)
Polonio Gli attori sono giunti, monsignore.
Amleto Ma no!
Polonio Sul mio onore.
Amleto Allora sono giunti in groppa a un asino. (063)
Polonio I migliori del mondo per tragedia,
commedia, storia, dramma pastorale,
comico-pastorale, tragistorico,
scena unica a verso e filastrocca.
Seneca non sa esser troppo grave,
né Plauto troppo leggero, per loro.
Per testi scritti od improvvisazioni,
sono davvero unici, signore.
Amleto O Gefte, qual tesoro avevi tu,
giudice d'Israele! (064)
Polonio Quale tesoro aveva, monsignore?
Amleto "Sola una figlia aveva
"ch'egli oltremodo amava."
Polonio (Tra sé)
E dàlli che ribatte su mia figlia!
Amleto Non ho forse ragione, vecchio Gefte?
Polonio Se mi chiamate Gefte, monsignore,
ho pur io una figlia, che amo tanto.
Amleto No, no, non seguita però così.
Polonio Come seguita allora, monsignore? (065)
Amleto Così:
"... come per sorte, Iddio lo sa".
Eppoi, attento:
"E allora ne seguì
"quel che doveva, ahimè, finir così".
La prima strofa della pia ballata
vi dirà il seguito, perché, vedete,
ecco che arriva chi mi fa interrompere.
Entrano gli attori
Benvenuti, maestri, benvenuti!
(A uno di loro)
Son lieto di vedervi in bella forma.
A tutti, benvenuti, cari amici!
(A un altro, alludendo alla barba)
Oh, vecchio mio, constato che il tuo volto
s'è ombreggiato, da che non t'ho più visto!
Vieni a far crescere anche a me la barba
in Danimarca? Oh, la prima donna,
la nostra giovane e bella amorosa? (066)
Per la Vergine, vostra signoria
s'è avvicinata al cielo d'un cioppino (067)
da quell'ultima volta che l'ho vista.
Voglio pregare Iddio
che la tua voce non si sia squadrata
al tondo come una moneta fessa.
Maestri, siate tutti benvenuti!
Faremo come i falconieri in Francia,
che avventano l'uccello
su tutto quel che viene loro a tiro. (068)
Una scenetta, subito!
Dateci un saggio del vostro mestiere:
una tirata piena di passione.
Primo attore Che tirata volete, mio signore?
Amleto T'ho udito declamarne una, una volta,
che non fu più portata sulla scena,
o, se lo fu, non fu più d'una volta,
perché il dramma non piacque, mi ricordo,
ai più: era il caviale per il volgo.
Eppure si trattava, a parer mio
e d'altri più competenti di me,
d'un lavoro eccellente, ben costrutto,
drammatizzato senza troppi fronzoli,
ma con un buon mestiere.
Ci fu chi disse che non c'era nulla
nel verso delle abituali spezie
mescolate a condire la vicenda,
e nulla c'era nel suo periodare
che potesse accusar d'affettazione
il suo autore; ne lodò, al contrario,
la linearità della vicenda,
agile, senza sofisticazioni.
Un passo soprattutto mi colpì:
il racconto d'Enea fatto a Didone,
e specialmente là dove descrive
l'uccisione di Priamo.
Se l'avete a memoria, cominciate
da questo verso... vediamo, vediamo...
(Si sforza di ricordare)
"Come l'ircana belva, (069) il diro Pirro... (070)
No, non così; cominciava con Pirro:
"Il diro Pirro, il cui brunito acciaio,
"nero come il suo cuore, somigliante
"lo faceva alla notte, allor che steso
"giaceva dentro il funesto cavallo,
"ora ha imbrattato questo suo colore
"pauroso e tetro con più cupa araldica:
"tutto vermiglio egli è da capo a piedi,
"atrocemente tinto con il sangue
"di padri e madri, di figli e di figlie,
"cotto e impastato su di lui dalle arse
"vie che una luce tirannica e trista
"prestano all'assassino di colui
"ch'era il loro signore. Abbrustolito
"dal fuoco e dal furore, ed incrostato
"di sangue raggrumato, gli occhi accesi
"come carbonchi, l'infernale Pirro
"il vecchio Priamo cerca..."
Continuate voi.
Polonio Affé di Dio,
mio signore, egregiamente detto,
con buon accento ed ottima scansione!
Primo attore (Recitando)
"... Subito lo rintraccia,
"che invano tenta di colpire i Greci;
"l'antico brando, al suo braccio ribelle,
"resta ove batte, restio al comando.
"Pirro su Priamo in impari certame
"s'avventa, nel furore stocca a vuoto,
"ma al solo sibilo dell'empio ferro
"cade l'esausto vecchio. In quel momento
"sembra avvertir l'inanimata Ilio
"il colpo e dalle sue ardenti altezze
"rovina in fiamme, e l'orribile crollo
"del diro Pirro fa prigion l'orecchio,
"e la sua spada, già levata in alto
"per abbattersi sulla bianca testa
"del venerando Priamo, resta in aria
"sospesa, e Pirro immobile nel gesto,
"simile ad un tiranno ritrattato,
"e indifferente alla sua volontà
"come alla realtà, non fa più nulla...
"Ma come spesso all'appressar d'un turbine
"è silenzio nei cieli, nere e immobili
"sono le nubi, senza voce i venti
"e muto, come morto, è l'orbe sotto,
"e di repente un tuono
"cupo latrando squassa l'atmosfera,
"così, dopo quell'attimo di pausa
"nuova vendetta sprona Pirro all'opra:
"e mai caddero i magli dei Ciclopi
"sulla ferrigna armatura di Marte
"per temprarla a durare eternamente, (071)
"con tal violenza, come sopra Priamo
"cade di Pirro il sanguinoso ferro.
"Fuori, fuori, Fortuna meretrice!
"E voi, dèi tutti, in sìnodo riuniti,
"destituitela del suo potere,
"scardinate della sua ruota i raggi
"e il cerchio, e fate rotolare il mozzo
"per la più ripida china del cielo,
"giù fino ai diavoli."
Polonio Uhm, è un po' lungo.
Amleto Vedremo di mandarlo dal barbiere,
insieme con la vostra barba...
(All'attore)
Avanti,
prosegui, prego. A lui piace una farsa
o un pezzo da bordello, o s'addormenta.
Prosegui, vieni a Ecùba. (072)
Primo attore (Recitando)
"Ma, oh!, chi avesse visto la regina
"correre imbacuccata, a piedi nudi..."
Amleto (Interrompendolo)
Dice proprio così: "imbacuccata"?
Polonio Eccellente! Va bene "imbacuccata"!
Primo attore "... affrontare con accecanti lacrime
"le fiamme, cinta il capo d'uno straccio,
"quel capo che conobbe il diadema,
"e per veste, a coprir gli scarni fianchi
"disfatti dalle molte gravidanze,
"un lino preso a caso nel terrore:
"chi avesse visto questo, condannato
"per tradimento avrebbe la Fortuna,
"con lingua stemperata nel veleno.
"Gli stessi dèi, se l'avessero vista
"quando ella scorse Pirro abbandonarsi
"al satanico spasso di tranciarle
"con la spada lo sposo membro a membro,
"se pur fossero essi indifferenti
"del tutto alle vicende dei mortali,
"l'urlo in cui ella subito proruppe
"avrebbe inumidito gl'infiammati
"occhi del cielo, e tutti intenerito!
Polonio Guardate se non s'è tutto sbiancato,
e ha gli occhi in lacrime... Basta, vi prego.
Amleto (Al primo attore)
Bene. Fra poco ti richiederò
di recitarmi il seguito.
(A Polonio)
Signore,
vogliate provvedere a che gli attori
siano trattati bene. Avete inteso?
Che s'abbia qui per loro ogni riguardo,
perch'essi sono il succo concentrato,
e le succinte cronache del tempo;
sarebbe per voi meglio, dopo morto,
aver un maldicevole epitaffio,
che da vivo le loro male lingue.
Polonio Mio signore, farò che sian trattati
secondo il loro merito.
Amleto Di più,
per il corpo di Cristo, assai di più!
A trattar gli uomini secondo il merito,
chi mai si salverà dalle frustate?
Trattateli conforme al vostro onore
e dignità: meno ne saran degni,
tanto più merito al vostro buon cuore.
Fateli entrare.
Polonio Venite, signori.
Amleto Cari amici, vogliate andar con lui.
Domani vi faremo recitare.
(Esce Polonio con gli attori, tranne il primo attore)
Ascolta, vecchio amico:
non avresti per caso in repertorio
quel dramma "L'assassinio del Gonzaga "?
Primo attore Sì, l'abbiamo, signore.
Amleto Ottimamente.
Tienilo pronto per domani sera.
Potresti, al caso, mandare a memoria
una breve battuta,
non più di dodici, sedici righe,
scritte da me, da inserire nel testo?
È possibile?
Primo attore Certo, monsignore.
Amleto Benissimo. Ora segui quel signore,
e tieniti dal ridere di lui.
(Esce il primo attore)
Miei buoni amici, fino a questa sera
vi lascio. Benvenuti ad Elsinore!
Rosencrantz Mio buon signore...
Amleto (Come avendo fretta di licenziarli)
Andate, andate, addio.
(Escono Rosencrantz e Guildenstern)
Ora son solo... Oh, quale canaglia
e vil servo son io! Non è mostruoso
che un attore, soltanto per finzione,
nient'altro che in un sogno di passione,
possa piegare l'anima a un concetto,
così che, per effetto di quel sogno,
il volto gli si copra di pallore;
occhi in lacrime, aspetto stralunato,
voce rotta, e l'intero suo gestire
in perfetta aderenza a quel concetto?
E tutto ciò per nulla!... Per Ecuba!
Che cos'è Ecuba a lui, e lui a Ecuba,
perch'egli possa piangere così?
E che farebbe allora, questo attore,
se avesse quel che ho io
come motivo di straziarsi l'anima?
Inonderebbe la scena di lacrime,
intronerebbe le orecchie del pubblico
di roboanti orribili parole,
da sconvolgere fino alla pazzia
la mente di chi si sentisse in colpa;
da far impallidire gli innocenti;
da confonder gli ignari e sbigottire
vista e udito del pubblico?
Ed io, balordo impastato di fango,
inerte come un Zanni-tuttisogni, 073)
mi consumo così
nella sterilità della mia causa,
senza dir nulla a difesa di un re
cui dalla mano di un bieco assassino
furono tolti la vita e gli averi!
Son dunque un tal codardo?
E non c'è un cane che mi prenda a schiaffi,
mi chiami vile, mi fracassi il capo,
che mi strappi la barba,
e me la sbatta ontosamente in faccia, (074)
e mi tiri pel naso,
e mi ricacci in gola la menzogna
giù giù fino ai polmoni... no? Nessuno?
Ah, ch'io mi prenderei tutto da tutti,
sangue di Cristo! Perché così è:
che ho il fegato d'una colomba,
senza il fiele che rende amaro il torto:
se no, di quanto avrei dovuto già
ingozzar gli avvoltoi della regione
con la carogna di questo ribaldo,
sanguinario ed immondo delinquente,
crudele, traditore, lussurioso,
ignobile, villano!... O mia vendetta!
che asino son io!... Che bel coraggio!...
Figlio d'un caro padre assassinato,
che cielo e inferno chiamano a vendetta
sono qui a gravarmi il cuore con le chiacchiere,
e bestemmiare come una sgualdrina
o un lavapiatti!... Infamia! Puàh! Vergogna!
Svegliati mio cervello!
Ho inteso che talora criminali,
stando a teatro, tanto impressionati
siano rimasti dalla realtà
a bella posta messa sulla scena,
da spiattellar là stesso i loro crimini.
Perché il delitto, se pur non ha lingua,
ha una sua voce, che sa di miracolo.
Devo far recitar da questi attori
qualcosa che, in presenza di mio zio,
richiami l'assassinio di mio padre.
Starò poi a spiar la sua reazione.
Lo voglio scandagliare fino in fondo.
Se appena accenna a un minimo sussulto,
so quel che fare. Il fantasma che ho visto
potrebb'essere un diavolo; e il diavolo
ha il potere di comparire agli uomini
in forme seducenti e ingannatorie;
e chissà che non voglia profittare
della mia debolezza
e del mio stato di malinconia
- due umori su cui ha gran potere -
per ingannarmi e indurmi a dannazione.
Voglio avere più positive prove.
E il dramma recitato sarà il mezzo
per catturar la coscienza del re.
(Esce)

continua...

Note

045 "... and by drift of question": "by drift" sta qui nel senso di "by conscious direction of speech to the purpose" (v. "The Oxford Dictionary" alla voce).
046 "According to... the addition of man": per "addition" nel senso di "titolo o appellativo aggiunto al nome di una persona", come "Il Moro" ad Otello, v. "Otello", IV, 1, 105: "The verser that you give me addition..."
047 "I doubt it is no other but the main...": "the main" è, nel linguaggio dei gioco ai dadi, il numero più alto, che il giocatore invoca che esca, prima di buttarli, ma che si sa che sta nei dadi.
048 "You are a fishmonger": questo "fishmonger" ha fatto sbizzarrire per secoli i commentatori alla ricerca del perché Amleto dia a Polonio questo epiteto. L'unico significato del termine è "pescivendolo", e non altro ("One who deals with fish", indicano i lessici); e non si capisce perché qui sia addotto da Amleto come esempio di uomo onesto. Unica spiegazione può essere che la parola fosse usata, nel gergo volgare, nel senso, furbescamente lascivo, di "fornicatore", e anche di "ruffiano"; dove allora la battuta messa in bocca ad Amleto lascerebbe intendere che Shakespeare voglia fin da ora lasciare intendere che Amleto abbia intuito il disegno di Polonio di "sguinzagliargli" la figlia ("I'll loose my daughter to him" - ha detto prima) per scoprirlo.
049 È da intendere che durante tutto questo soliloquio di Polonio, Amleto abbia ripreso a leggere il libro.
050 Il lettore noterà qui un verso di nove sillabe. Ogni aggiustamento alla metrica usata (endecasillabi e settenari) avrebbe sciupato la forza poetica di quei tre secchi "words, words, words".
051 "... or in the middle of her favours?": Amleto, in allusioni lascive, non scherza; la Fortuna è femmina, e trovarsi nelle sue parti al disotto della cintola, si capisce dove.
052 Queste due battute sono variamente interpretate, per la polivalenza di significati del termine "privates". "Faith, her privates we", dice Guildenstern; che può intendersi "In verità noi siamo sue reclute" (della Fortuna, per contrapposto all'essere in cima alla sua berretta), ma "privates", sono le parti intime, "pudenda" del corpo; e così l'intende Amleto, nella sua risposta. In italiano le due battute non hanno senso. Si è perciò adottato, per rendere almeno in parte il quibble, questo "Un po' addentro, in fede mia", tolto di peso dalla traduzione del Montale.
053 Il senso di questo sillogismo di Amleto, piuttosto bislacco, è questo: "Voi dite che l'ambizioso è l'ombra di un'ombra; allora il mendicante che, per il fatto stesso di esser tale, non ha ambizioni, ha sostanza corporea, laddove sovrani ed eroi celebratissimi, che per esser tali devono essere ambiziosi, sono le ombre dei mendicanti."
Ma Amleto sragiona, come riconosce egli stesso più sotto.
054 "Beggar that I am...": Amleto fa ironicamente il verso ai due che han detto prima ambizioso uguale ombra; egli non si sente ombra, ma corpo, perciò - secondo il suo sillogismo - mendicante.
055 "... what lenten entertainement": la quaresima è proverbialmente periodo di astinenza rigorosa e di penitenza.
056 Non è nel testo.
057 Qui Shakespeare pone nella Danimarca di Amleto un fatto tipicamente inglese del suo tempo: quella, cioè, che nel periodo elisabettiano, si chiamò "la guerra dei teatri"; vale a dire, come si vedrà più sotto, la nascita a Londra di compagnie teatrali composte di giovinetti, le quali erano giunte a riscuotere tra il pubblico maggior favore e successo delle compagnie di attori professionali, recitando un teatro di sapore satirico con testi scritti anche da buoni drammaturghi - come lo stesso Ben Jonson, amico di Shakespeare - e costringendo così le compagnie professionali, per fare cassetta, ad andare itinerando in provincia o presso le magioni e i castelli della nobiltà fuori di Londra.
Ma sono danesi gli attori, o vengono dall'Inghilterra? La domanda è lecita perché Amleto dice ad un certo punto all'attore con la barba: "Non verrete a far crescere anche a me la barba in Danimarca!" Ma se è così, quando e come li ha conosciuti Amleto, se non è stato mai ancora a Londra?... Distrazioni del copione...
058 "... are afraid of goose quills": cioè dei loro copioni, che erano scritti a mano con le penne d'oca. La "guerra dei teatri", vissuta da Shakespeare in prima persona come attore-drammaturgo di una compagnia stabile, ebbe luogo in Inghilterra fra il 1596 e il 1604, gli anni in cui la compagnia di cui il poeta era socio e azionista, recitava al "Globe", mentre i fanciulli si esibivano al teatro dei "Frati Neri" ("Blackfriars"). Questi attori giovanissimi erano reclutati in gran parte fra i cantori della cappella reale ("Children of the Chapel").
059 Intendi: c'è stato un momento in cui gli impresari teatrali non sono stati più disposti a finanziare la messa in scena di un lavoro, se la trama non fosse stata in qualche modo connessa con la polemica in atto sulla "guerra dei teatri"; giacché gli autori, scrivendo per le compagnie dei fanciulli, dovevano attaccare le compagnie degli attori professionali, e viceversa. E il pubblico andava matto per queste polemiche.
060 "Hercules and his load too": Rosencrantz, nel rispondere ad Amleto che ha domandato: "Do the boys carry it away?", dove appunto l'espressione "to carry away" sta nel senso di "averla vinta" (il francese "l'emporter"), prende la stessa espressione nell'altro senso di "portare", "trascinar via di peso", e lo dice di Ercole, che porta sulle spalle il globo del mondo. È sottinteso un riferimento al "Globe", che era il teatro di cui Shakespeare era attore e socio, e che aveva come simbolo un globo.
061 "...each ear a hear", letteralm.: "... ad ogni orecchio un ascoltatore".
062 È impossibile - a giudizio di questo traduttore - che un solo spettatore del "Globe" potesse cogliere a volo, e che lo possa tutt'oggi lo spettatore moderno, dalla voce dell'attore che impersona Amleto, l'ironico significato di questa fulminea allusione di Roscio. La referenza è a Quinto Roscio, il celebre attore romano, amico e maestro di Cicerone, che scrisse una celebre orazione in sua difesa. Amleto sa dallo stesso Polonio - ma lo spettatore non lo saprà che alla seconda scena del III atto - che questi in gioventù, quand'era all'università, ha recitato un "Giulio Cesare", in cui ha fatto la parte del protagonista, Cesare, che è ucciso da Bruto. Amleto, nel dire qui, rifacendo il verso a Polonio, "When Roscious was an actor in Rome...", è come se intendesse dirgli: "Come sai recitare bene".
063 Polonio ha detto "Upon my honour...", "Sul mio onore..."; Amleto finge di capire "A cavallo del mio onore", e dà dell'asino a Polonio.
064 Allusione biblica, Libro dei Giudici, XI, 30-40: Gefte, giudice d'Israele, aveva fatto voto a Dio che, se avesse ottenuto la vittoria sui figli di Ammone, gli avrebbe immolato in sacrificio la prima creatura che avesse incontrato al suo ritorno dalla battaglia. Fu proprio sua figlia a venirgli incontro alla testa di un corteo di fanciulle, ed egli la sacrificò. Altro riferimento a questo episodio biblico è nell'"Enrico VI. Parte terza", V, 1, 91.
065 Per capire che cos'è che "seguita" in questo scambio di battute tra Amleto e Polonio, bisogna sapere - come verosimilmente doveva sapere il pubblico londinese dell'epoca - che Amleto ha citato due versi di una ballata popolare, la cui intera strofa è questa: "Ho letto che molti anni fa, / quando Gefte, giudice d'Israele, / aveva una bella figlia, / ch'egli oltremodo amava / e come per sorte, Iddio lo sa, / accadde com'era assai facile: che grandi guerre dovessero venire, / e chi dovrà essere il capo / se non lui...". Un altro argomento sulla irrappresentabilità di Shakespeare al pubblico moderno.
066 "What, my young lady and mistress!": non si tratta, naturalmente, di una donna, ma di un attor giovane, giacché, com'è noto, le parti femminili erano sostenute da adolescenti o da giovani che sapevano recitare in falsetto imitando la voce femminile, alle donne essendo proibito calcare le scene.
067 "... by the altitude of a chopin": cioè per tutta l'altezza di un cioppino, il cioppino ("chopine") è il termine con il quale i Veneziani indicavano gli zoccoli di legno dal tacco altissimo portati dalle loro donne per apparire più alte e slanciate.
068 La falconeria francese non aveva buona fama in Inghilterra; gli Inglesi dicevano che i falconieri francesi non sapevano selezionare la selvaggina e non risparmiavano nessun volatile che venisse loro a tiro. In Inghilterra tal genere di caccia era più rigoroso e raffinato. Ma Amleto ha già in mente la sua caccia, e si propone di non risparmiare nessuno, proprio come i falconieri francesi.
069 Cioè come la tigre: la tigre è "la belva ircana" per antonomasia, perché di tigri feroci si diceva fosse popolata l'Ircania, regione dell'antica Persia, a sud del Mar Caspio.
070 Pirro, o Neottolemo, è il figlio di Achille e Deidamia. Prese parte ancor giovanissimo alla guerra di Troia. Penetrato a Troia cogli altri Greci nascosti nel ventre del cavallo di legno, uccise Polite, presenti i genitori, e poi lo stesso Priamo, che volle affrontarlo.
071 I Ciclopi lavoravano nelle officine di Efesto (il dio Vulcano dei Romani) donde uscivano lavori meravigliosi: automi d'oro semoventi e parlanti, il carro del Sole, sontuose dimore degli dèi, armature sfarzose di eroi semidei (Ercole, Achille, Enea, ecc.).
072 Ecuba, la moglie di Priamo, dovette assistere alla morte del marito per mano di Pirro, ed a quella di tutti i suoi 19 figli.
073 "... like John-a-dreams": "John", come "Jack", "Johnny", son l'equivalente del nome di persona da poter affibbiare a tutti, come il "Zanni" della Commedia dell'arte.
074 Amleto ha la barba: un particolare che molti registi nostrani sembrano dimenticare, come la calvizie di Re Lear. Tirare la barba ad uno era il più grande sfregio che gli potesse fare.

continua...

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