Amleto, di William Shakespeare
Copertina Note preliminari Personaggi Atto I Atto II Atto III Atto IV Atto V

Atto V

Scena I
Un cimitero presso una chiesa

Entrano due becchini

Primo becchino S'ha da dare cristiana sepoltura
ad una che ha voluto anticiparsi
l'ora della salvezza?
Secondo becchino Sì, ti dico;
perciò prepara subito la fossa.
Il magistrato ha esaminato il caso
ed ha deciso che sia da concedersi
cristiana sepoltura.
Primo becchino Com'è possibile? Ammenoché
non si sia annegata per difendersi.
Secondo becchino Infatti, è stato accertato così.
Primo becchino Già, dev'essere stato "se offendendo", (133)
non altrimenti. Perché il punto è questo:
se io annego di mia volontà,
questo è un atto, ed un atto ha tre momenti:
agire, fare, consumare; argal (134)
lei s'è annegata di sua volontà.
Secondo becchino Ma no, senti, mio bravo zappatore...
Primo becchino Permetti: qui c'è l'acqua, e qui c'è l'uomo.
Bene. Se ora l'uomo va nell'acqua
e, volente o nolente, ci si annega,
è stato lui ad andarci... sta' attento;
se invece è l'acqua ad andare dall'uomo,
e lo annega, non è lui che s'annega.
Argal la propria vita non accorcia
chi della propria morte non ha colpa.
Secondo becchino Così è la legge?
Primo becchino Sì, perdio, così;
così almeno l'ha interpretata il giudice.
Secondo becchino Bah, devo dirti come me la sento?
Non fosse stata costei nobildonna
sarebbe stata seppellita fuori
da cristian cimitero.
Primo becchino Ah, l'hai capita?
È una grande ingiustizia
che a questo mondo le persone bene
abbiano più diritto di annegarsi
o d'impiccarsi che gli altri cristiani.
(Comincia a scavare)
Affonda, vanga! Non c'è nobiltà
a questo mondo di più antica data
dei giardinieri, degli affossatori
e dei becchini, la cui professione
continua quella che faceva Adamo.
Secondo becchino Perché, Adamo era nobile?
Primo becchino È stato lui il primo a portar armi.
Secondo becchino Ma va'! Se non ne aveva!
Primo becchino Che dici! Non sarai mica un eretico?
Come la interpreti tu la Scrittura?
Secondo la Scrittura, egli zappava;
poteva egli zappare senza l'arma
delle braccia? (135) Ti faccio altra domanda,
adesso, e se non mi rispondi giusto,
confèssati per un...
Secondo becchino Dài, tira avanti!
Primo becchino Ecco: chi è che fabbrica più solido
del muratore, oppur del carpentiere,
oppur più del falegname.
Secondo becchino Chi fa forche.
Perché fa qualche cosa
che vive più di mille suoi inquilini.
Primo becchino Azzeccata. Il tuo spirito mi piace.
Le forche vanno bene, ma per chi?
Per quelli che fan male;
e tu fai male a dire che una forca
è più solida d'una chiesa, àrgal,
la forca è cosa che va bene a te.
Avanti, prova ancora.
Secondo becchino (Ripetendo la prima domanda del primo becchino)
"Chi è che costruisce più robusto
del muratore, oppur del carpentiere,
oppur del falegname?"
Primo becchino Dimmi questo, e poi basta.
Secondo becchino Dunque, vediamo un po'... aspetta, aspetta...
Ce l'ho in punta di lingua...
Primo becchino Allora sputalo.
Secondo becchino Macché, perdincibacco, non mi viene!
Entrano, dal fondo, Amleto e Orazio
Primo becchino Beh, via, non lambiccarti più il cervello.
L'asino tardo non aggiusta il passo
sotto le bastonate. Un'altra volta,
se ti faranno la stessa domanda,
rispondi: "il beccamorto"; le sue case
durano fino al giorno del Giudizio.
Adesso, per favore, va' da Yaughan (136)
e fatti dare una pinta di birra.
(Esce il secondo becchino)
(Cantando mentre zappa)
"Da ragazzo far l'amore
"mi sembrava un dolce gioco
"per trascorrer le mie ore,
"ma n'ho ricavato poco..."
Amleto Non ha costui coscienza del mestiere,
se può cantare scavando una fossa?
Orazio Lo rende indifferente l'abitudine.
Amleto Proprio così; man che poco lavora,
ha più sensibile il senso del tatto. (137)
Primo becchino (Sempre cantando)
"Ma col passo suo felpato
"la vecchiaia mi ha ghermito,
"per sotterra m'ha avviato,
"come mai non fossi nato."
(Getta fuori della fossa un teschio)
Amleto Quel teschio anch'esso un tempo ebbe una lingua,
e poteva cantare;
e vedi adesso come quel marrano
lo scaraventa a terra, manco fosse
l'osso della mascella di Caino,
che fu il primo assassino. (138)
Questa, che quel villano ora maltratta,
potrebb'esser la zucca d'un politico,
capace d'ingannar perfino Dio,
non è così?
Orazio Può essere, signore.
Amleto Oppur d'un cortigiano,
capace solo di dire: "Buongiorno,
dolce signore! Come sta stamane
il mio dolce signore?"
O potrebb'essere un messer Sempronio
uso a fare le lodi sperticate
del bel cavallo di monsignor Tizio,
con la speranza d'averlo in regalo...
Non può essere?
Orazio Certo, mio signore.
Amleto Sì, veramente. Ed ora quella testa
è appartenenza di Madama Verme,
smascellata com'è, mentre un becchino
le picchia con la zappa sulla chierica.
Una bella rivoluzione, questa,
se ci dessimo il gusto di osservarla!
Costaron dunque sì poco a nutrirle
queste ossa, se dovevano servire
in fondo solo a giocarci alle bocce?
Se ci penso, mi fan male le mie!
Primo becchino (Cantando)
"Un piccone, una zappa ed un badile,
"e per sudario un candido lenzuolo;
"tanto basta per rendere gentile
"una dimora scavata nel suolo."
(Butta fuori della fossa un altro teschio)
Amleto Eccone un altro. Perché questo cranio
non potrebb'essere d'un leguleio?
Dove sono finiti ora i suoi "quid",
i suoi "quidlibet", le carte, i cavilli,
le sue cause? Perché permette adesso
che quel vil zoticone gli sbatacchi
quel suo sudicio arnese sulla zucca,
senza poter condurlo innanzi al giudice
per percosse? Uhm, questo galantuomo
può ben essere stato, al tempo suo,
un grande compratore di terreni,
con le sue ipoteche, le sue multe,
le obbligazioni, le malleverie,
le caparre, le doppie garanzie,
i recuperi; ed ora trova qui
la sua multa per tutte le sue multe,
la caparra di tutte le caparre:
la zucca riempita di terriccio. (139)
Non gli son forse meglio garantiti
gli acquisti, ed anche ad ipoteca doppia,
ora, che prima da un paio di stipule
su pergamene larghe e lunghe tanto?
Gli stessi titoli di proprietà
delle sue terre entrerebbero a stento
in questa scatola; e il loro proprietario
deve egli stesso aver più spazio, eh?
Orazio Non un pollice in più, direi, signore.
Amleto La pergamena, Orazio,
non si fa con la pelle di montone?
Orazio Sì, monsignore, e anche di vitello.
Amleto E montoni e vitelli son coloro
che in quella roba cercan sicurtà.
Vo' parlare a costui.
(Al primo becchino)
Dimmi, brav'uomo,
di chi è questa fossa?
Primo becchino Mia, signore.
(Canta)
"Una fossa d'argilla così fatta
"ad un tal ospite è bene adatta".
Amleto Credo ben che sia tua, se ci stai dentro.
Primo becchino Voi non ci state, perciò non è vostra.
In quanto a me, ci sto, ma non ci giaccio,
eppure è mia.
Amleto E dici una bugia,
nel dirla tua sol perché ci stai dentro;
essa è fatta pei morti, non pei vivi.
Tua è sol la bugia.
Primo becchino E così vispa,
che rimbalza, mi pare, tra me e voi. (140)
Amleto Chi è l'uomo per cui scavi quella fossa?
Primo becchino Non è un uomo.
Amleto Una donna?
Primo becchino No, nemmeno.
Amleto Insomma, chi dev'esserci interrato?
Primo becchino Una che donna fu, ma non lo è più,
pace all'anima sua, visto che è morta.
Amleto (Ad Orazio)
È piuttosto pedante, il zoticone!
Si devon pesar bene le parole, (141)
o al primo qui-pro-quo lui ti rimbecca!
Sangue di Cristo, Orazio,
- lo vado predicando da tre anni -,
il nostro tempo ha tanto progredito
che l'alluce dell'ultimo bifolco
s'è tanto avvicinato alle calcagna
del cortigiano, da fargli il solletico.
(Al becchino)
Da quanto tempo fai questo mestiere?
Primo becchino Fra tutti i giorni dell'anno, dal giorno
in cui il defunto nostro re, Amleto,
sconfisse Fortebraccio.
Amleto Ossia da quando?
Primo becchino Fate voi stesso il conto.
Ogni idiota ve lo può dire: il giorno
che nacque il giovane Amleto, il pazzo,
sapete, che han mandato in Inghilterra.
Amleto Già, sicuro, e perché
l'avrebbero mandato in Inghilterra?
Primo becchino Toh, ma perché era pazzo!
Laggiù potrà ricuperare il senno;
se no, a quelli là importa poco.
Amleto Perché?
Primo becchino Nessuno se ne accorgerà:
laggiù son tutti pazzi come lui.
Amleto E com'è ch'è impazzito?
Primo becchino In un modo assai strano, come dicono.
Amleto Strano, come?
Primo becchino Beh, uscendo di cervello.
Amleto E su che base?
Primo becchino Qui, in Danimarca. (142)
Signore, qui ci ho fatto il sagrestano
da uomo e da ragazzo, per trent'anni. (143)
Amleto Quanto tempo può stare sottoterra
un uomo, prima di diventar marcio?
Primo becchino Dipende. Se non è marcito prima
(e tutti di carogne putride ogni giorno
ne abbiamo veramente una caterva,
che si riesce appena a seppellirle),
ci vorranno, che so, otto-nove anni.
Un conciatore non meno di nove.
Amleto Perché lui più degli altri?
Primo becchino Eh, perbacco,
per via che la sua pelle, monsignore,
è così ben conciata dal mestiere
che tien lontana l'acqua per un pezzo.
E l'acqua è il più grande corruttore
di quello schifo ch'è il nostro cadavere.
Primo becchino (Tenendo nella mano un teschio)
Ecco un cranio che da ventitre anni
si trova sottoterra.
Amleto E di chi era?
Primo becchino Di chi pensate che fosse?
Amleto Non so...
Primo becchino D'un pazzo, grande figlio di puttana.
La peste a lui, furfante scellerato!
Una volta mi rovesciò sul capo
una caraffa di vino del Reno.
Questo cranio, signore, era di Yorick,
il buffone del re.
Amleto Questo?
Primo becchino Sì, questo.
Amleto Dammelo qua...
(Prende in mano il teschio e lo guarda)
Ahimè, povero Yorick!...
Quest'uomo io l'ho conosciuto, Orazio,
un giovanotto d'arguzia infinita
e d'una fantasia impareggiabile.
Mi portò molte volte a cavalluccio...
Ed ora - quale orrore! - mi fa stomaco...
Ecco, vedi, qui erano le labbra
che gli ho baciato non so quante volte...
E dove sono adesso i tuoi sberleffi,
le burle, le capriole, le canzoni,
i folgoranti sprazzi d'allegria
che facevan scoppiare dalle risa
le tavolate?... Chi si fa più beffa
ora del tuo sogghigno, con questa tua smorfia?
Va', va' ora così,
va' nella camera della mia dama (144)
e dille che ha un bel mettersi sul viso
un dito di belletto: a questo aspetto
deve ridursi anch'ella, fatalmente.
Che se la prenda a ridere, comunque,
se ci riesce... Orazio, dimmi un po'...
Orazio Che cosa, monsignore?
Amleto Pensi tu che Alessandro sottoterra
avesse questo aspetto?
Orazio Non diverso.
Amleto E che puzzasse in questo modo?... Puah!...
(Mette da parte il teschio con disgusto)
Orazio Certamente, signore.
Amleto A che vili usi siamo destinati,
Orazio! Pensa, con la fantasia
noi potremmo seguire tutto il corso
della polvere illustre di Alessandro
fino a trovarla a fungere da tappo
a un barile di birra. Non ti pare?
Orazio Congettura un po' strana, in verità.
Amleto Niente affatto. Si tratta di seguirla
camminando sul filo della logica.
Ecco: Alessandro, morto e seppellito,
ritorna polvere. Polvere è terra;
e con la terra che si fa? La creta.
E perché con la creta in che è ridotto
non possiamo turare un barilotto?
"L'imperial Giulio Cesare
"potrebbe ben servire
"a chiudere uno spiffero di vento.
"Quella creta che tenne il pugno duro
"sul mondo, messa a fare da rammendo
"alla crepa d'un muro,
"fa da riparo al soffio dell'inverno."
Ma, fermi, oh!, facciamoci in disparte...

Entrano il Re, la Regina, Laerte, un prete, cortigiani al seguito del feretro di Ofelia

Qui viene il re, la regina, la corte...
Ma chi seguono, in sì dimesso rito?
Questo è segno che il morto
a cui fanno sì umile corteo
ha distrutto con mano disperata
la propria vita; ed era uno di rango.
(Si fa da parte con Orazio)

Laerte (Al prete)
Qual altra cerimonia c'è da assolvere?
Amleto (Piano, a Orazio)
Quello è Laerte, un giovane assai nobile.
Osservalo.
Laerte (c.s.)
Qual altra cerimonia?
Prete Abbiamo già fin troppo largheggiato
nelle esequie, per quanto ci era lecito.
La sua morte fu dubbia;
e se non fosse un ordine sovrano
intervenuto a bilanciar la regola,
ella avrebbe dovuto esser sepolta
in terra sconsacrata,
e restar là fino all'ultima tromba; (145)
ed avremmo gettato sassi e cocci
e selci su di lei, e non pie preci.
Così le sono invece consentiti
la virginal corona,
i propri paramenti di fanciulla
e l'accompagnamento di campane
durante il funerale.
Laerte Non si può far di più?
Prete Non più di questo.
Profaneremmo il rito dei defunti
se ci mettessimo a intonarle un requiem,
e ad implorarle lo stesso riposo
dell'anime che se ne vanno in pace.
Laerte Deponetela allora sottoterra,
e dalla carne sua gentile e pura
possan spuntare le viole!
Io ti dico, bigotto sacerdote,
che questa mia sorella sarà in cielo
un angelo officiante, quanto tu
te ne starai a gemere giù in basso!
(Il feretro viene calato nella fossa)
Amleto (Tra sé)
Come!... La bella Ofelia?...
Regina (Spargendo fiori sulla fossa)
Dolci fiori alla tua dolcezza. Addio.
Ho sperato di far di te la sposa
del mio Amleto; ed ho tanto sognato
d'adornare di fiori il vostro talamo,
non di cospargerli su questa fossa.
Laerte Ah, dieci volte tre maledizioni
ricadano sul capo miserabile
della persona il cui perverso agire
ti privò dell'eletta tua ragione!
(Ai becchini)
Aspettate a coprirla con la terra,
ch'io possa stringerla tra le mie braccia
per un'ultima volta.
(Salta nella fossa)
La vostra polvere ora ammucchiate
sul vivo e sulla morta
finché di questo piano avrete fatto
una tale una montagna
che svetti in alto più del Pelio antico
o dell'azzurra fronte dell'Olimpo.
Amleto (Facendosi avanti)
Chi è colui che veste il suo dolore
di un'enfasi, le cui luttuose frasi
sembran volere scongiurare gli astri
nel lor cammino, ed arrestarli qui
che restino stupiti ad ascoltarle?
Eccomi, io sono Amleto il Danese.
(Salta anch'egli nella fossa, alle spalle di Laerte)
Laerte (Afferrando Amleto per la gola)
Il diavolo si porti la tua anima!
Amleto Non sai pregare! Togli via, ti prego,
le tue dita dalla mia gola; attento:
ché s'io non son bilioso né avventato,
pure ho quel tanto che la tua prudenza
può ben temere. Togli quella mano!
Re Separateli entrambi.
Regina Amleto! Amleto!
Tutti (Facendosi intorno alla fossa)
Signori!
Orazio (Ad Amleto)
State calmo, mio signore.
(Li separano. I due escono dalla fossa)
Amleto Perdio, su questo tema
sono pronto a misurarmi fino all'ultimo
con lui! (146)
Regina Ohimè, che tema, figlio mio?
Amleto Questo: che Amavo Ofelia;
e ad eguagliare il conto del mio amore
quarantamila fratelli che insieme
potessero sommare quello loro
non basterebbero.
(A Laerte)
Che intendi fare?
Re Egli è pazzo, Laerte!
Regina Non dargli spago, per l'amor di Dio!
Amleto Sangue di Cristo, dimmi che vuoi fare!
Vuoi piangere? Vuoi batterti in duello?
Vuoi digiunare? Vuoi ridurti in pezzi?
Vuoi bere aceto? (147) Divorare un'idra?
Lo farò anch'io. Vieni qui a piatire?
Per sfidarmi saltando nella fossa?
Fatti interrare vivo
insieme a lei, e così farò io;
e se vai blaterando di montagne,
di' a costoro che ammucchino su noi
un milione di jugeri di terra,
e il tumulo s'elevi tanto in alto
da arrostirsi la cima contro il fuoco
del Tropico, sì che al confronto l'Ossa (148)
non sembri che una semplice verruca.
Se vuoi solo berciare,
questo so farlo anch'io, meglio di te.
Re È follia pura!... E in questo modo, a tratti,
l'accesso sembra aver di lui ragione;
dopo, paziente come una colomba
che vede schiudersi la sua covata
di pulcini dorati, si racqueta,
restando a lungo silenzioso e inerte.
Amleto Stammi a sentire. Qual è la ragione
che t'induce a trattarmi in questo modo?
T'ho sempre amato, io. Ma non importa.
"Ercole faccia quello che può fare;
"il gatto deve pure miagolare,
"ed il cane abbaiare." (149)
(Esce)
Re Buon Orazio, ti prego, stagli dietro.
(Esce Orazio)
(A Laerte)
Cerca di rafforzar la tua pazienza;
pensa al nostro discorso di iersera.
Faremo in modo di venirne a capo.
(Alla regina)
Gertrude cara, fate che qualcuno
sorvegli vostro figlio.
(A Laerte)
Questa tomba
avrà presto un vivente monumento, (150)
e noi conosceremo finalmente
un'ora di tranquillità. Pazienza,
perciò, fino ad allora, e andiamo avanti.
(Escono)

Scena II
Elsinore, stanza nel castello.

Entrano Amleto e Orazio

Amleto Non parliamone più. Veniamo al resto.
Ti ricordi in che stato mi trovavo?
Orazio Se ricordo, signore!
Amleto Avevo in cuore
un conflitto che mi toglieva il sonno.
Stavo peggio d'un prigioniero in ceppi.
D'un tratto, con un gesto temerario
(e sia lode all'audacia, in questo caso:
l'avventatezza talvolta, diciamolo,
ci soccorre laddove ci falliscono
le nostre trame, le più meditate;
e ciò valga a insegnarci che c'è un Dio
che dà forma e sostanza ai nostri fini,
comunque li abbozziamo)...
Orazio Oh, questo è certo.
Amleto Esco dalla cabina sulla tolda
col mantello di viaggio sulle spalle,
come una sciarpa. A tentoni, nel buio,
cerco e trovo alla fine quel che voglio:
rovisto, frugo dentro i lor bagagli,
poi mi ritraggo di nuovo in cabina
facendomi sì ardito (la paura
m'aveva fatto perdere ogni remora)
da strappare i sigilli al documento
che conteneva le mie credenziali
e là trovo - sovrana canagliata! -,
l'ordine perentorio, lardellato
da una lunga sequela di motivi
("la salvezza del re di Danimarca,
e del re inglese") e non ti dico più
di quali e quanti spettri e spauracchi,
all'idea ch'io restassi ancora vivo,
che, non appena letto quel messaggio,
subito, là, senza aspettar che il boia
potesse fare il filo alla mannaia,
mi si dovesse mozzare la testa.
Orazio Possibile, signore?
Amleto Ecco il rescritto.
Leggilo a tuo talento.
Ma ora vuoi sapere come ho fatto?
Orazio Ve ne supplico.
Amleto Preso nella rete
così di tante infamie... prima ancora
di dare un prologo al mio cervello,
esso dà inizio al dramma...
Mi siedo e ti redigo in bello stile
il testo d'una nuova credenziale.
Un tempo di mia vita ho ritenuto,
come succede agli uomini di Stato,
cosa vile lo scriver paludato,
e ho fatto molto per dimenticarlo.
Ora invece mi rese un gran servizio. (151)
Vuoi che ti dica il senso dello scritto?
Orazio Anzi, ve ne scongiuro, monsignore.
Amleto Una calda preghiera
del nostro re a quello d'Inghilterra
perché, qual suo fedele tributario,
ed affinché fiorisse tra di loro,
come una palma, amore ed amicizia,
e la pace, di spighe incoronata,
stesse sempre interposta tra i due regni
come una virgola... (152) e così via,
con simili altre frasi di gran peso,
com'egli avesse preso conoscenza
del tenore di quella credenziale,
mettesse a morte i due suoi portatori
senza lasciare lor nemmeno il tempo
di purgar le loro anime con Dio.
Orazio E col sigillo, come vi arrangiaste?
Amleto Il cielo mi fu provvido anche in questo.
Io portavo con me, nella mia borsa,
l'anello di mio padre, col sigillo
copia di quello ufficiale danese:
piegai bene lo scritto, come l'altro,
e, firmato che l'ebbi, e sigillato,
lo rimisi al suo posto, come stava,
senza che alcuno notasse lo scambio. (153)
L'indomani ci fu lo scontro in mare
coi pirati, di cui t'ho già parlato.
Orazio E così Rosencrantz e Guildenstern
van difilato verso quel destino.
Amleto Quei due, mio caro, in questa lor missione
han troppo civettato alle mie spalle.
Non li ho sulla coscienza. La lor sorte
è il frutto della loro inframmettenza.
Chi è basso corre sempre gran pericolo
a mettersi tra i colpi e le stoccate
di avversari potenti ed accaniti.
Orazio Dio mio, che re è mai questo!
Amleto Ora rifletti: non sta dunque a me,
con colui che m'ha trucidato il padre
e insozzato la madre, e s'è intromesso
fra me e la legittima mia attesa
di successore, e che ha gettato l'amo
alla mia stessa vita, e con tal frode...
non sta a me, dico, in perfetta coscienza,
saldare il conto con questo mio braccio?
E non è da dannati
lasciar che questo cancro di natura
seguiti a generare nuovi mali?
Orazio Dovrà presto saper dall'Inghilterra
com'è andato a finire questo affare.
Amleto Presto, sì; l'intervallo intanto è mio.
L'esistenza di un uomo
non è che il tempo di contare "uno".
Però quanto m'affligge, caro Orazio,
d'aver così ecceduto con Laerte!
Perché nella cagione che lo muove
io ci vedo riflessa la mia stessa.
Mi scuserò con lui. Vero è, però,
ch'è stata la jattanza del suo duolo
a trascinarmi in quella grande rabbia.
Orazio Un momento! Chi viene?
Entra il giovane Osrico
Osrico (Scappellandosi ad Amleto)
La vostra signoria è benvenuta
di nuovo in Danimarca.
Amleto Vi ringrazio umilmente, mio signore.
(Piano, a Orazio)
Conosci questa mosca di palude?
Orazio No, signore.
Amleto Per tua grande fortuna:
conoscere costui è una disgrazia.
Egli possiede molte terre, e fertili.
Qui se una bestia possiede altre bestie,
la sua greppia è la mensa della reggia.
È un bifolco; ma, come ti dicevo,
spazioso possessore di letame.
Osrico Dolce signore, se vossignoria
fosse disposta, vorrei riportarle
qualche cosa da parte di sua altezza.
Amleto Ed io, signore, la riceverò
con ogni diligenza del mio spirito.
Ma mettete il cappello al posto suo:
è fatto per il capo.
Osrico Grazie, vossignoria. Fa molto caldo.
Amleto No, no, credete a me, fa molto freddo,
soffia la tramontana.
Osrico È vero, infatti.
Fa alquanto freddo.
Amleto Eppure sento un'afa...
un caldo, o sarò io forse che...
Osrico Sì,
è vero, mio signore, un caldo afoso,
come se fosse... beh, non saprei dire...
Signore, sua maestà m'ha incaricato
d'informarvi che ha fatto su di voi
una grossa scommessa... Ecco, si tratta...
Amleto Ma vi prego!
(Gli fa cenno di mettersi il cappello in testa, ma
Osrico esita)
Osrico No, no, mio buon signore,
così mi par di stare più a mio agio...
Signore, qui alla corte
è tornato Laerte; un gentiluomo,
credetemi, di rara perfezione:
pieno delle più alte qualità,
di buona compagnia, di gran figura,
insomma, a dir di lui come si merita,
è la rosa dei venti, il calendario
delle virtù richieste a un cavaliere;
ché in lui davvero c'è il contenitore (154)
di tutto ciò che un vero gentiluomo
vorrebbe contenere.
Amleto Che bellezza!
La sua definitura, signor mio,
non soffre in voi di alcuna perdizione;
anche se son sicuro
che a farne un inventario minuzioso
è cosa che darebbe il capogiro
all'aritmetica della memoria,
e non sarebbe che uno scarrocciare
a fronte al suo spedito veleggiare.
Ma, per la verità dell'erezione,
lo stimo un'anima di grosso taglio,
ed il suo infuso è tal raritudine
che a farne proprio una definizione,
altro simil non ha fuor del suo specchio,
e chiunque volesse seguitarlo
sarebbe solo il suo adombramento.
Osrico Molto infallibilmente ne parlate,
signoria.
Amleto La concernenza, (155) amico.
Ma a che star noi ora a drappeggiare
il nostro gentiluomo
di questo nostro troppo rozzo fiato?
Osrico Signore?
Orazio Ma non sarebbe possibile
comprendersi parlando altro linguaggio?
Son sicuro che ci riuscirete. (156)
Amleto (A Osrico)
Che importanza può avere
la nomina (157) di questo gentiluomo?
Osrico Di Laerte?
Amleto (Piano a Orazio)
Il suo sacco è già vuotato,
le parole preziose tutte spese.
(Forte a Osrico)
Di lui, signore, sì.
Osrico Io stimo che non è in voi ignoranza...
Amleto Spero bene; quantunque, in fede mia,
stimarlo voi, non proverebbe nulla
a mio favore, amico. Ebbene, allora?
Osrico ... che non è in voi ignoranza
di che eccellenza d'uomo sia Laerte.
Amleto Non oso confessarlo, nel timore
di gareggiar con lui per eccellenza;
solo se si conosce bene un uomo
si può dir di conoscere se stessi.
Osrico Intendo nella sua arma, signore;
perché secondo la valutazione
che fanno tutti, egli è ineguagliato
in questa sua specialità.
Amleto Che arma?
Osrico Spada e pugnale.
Amleto Queste son due armi.
Ma per me fa lo stesso.
Osrico Il re, signore, ha scommesso con lui
sei cavalli d'Arabia,
contro i quali, se non ho male inteso,
egli ha puntato, dalla parte sua,
sei fioretti di Francia e sei pugnali
con tutti gli accessorii: cinturone,
pendagli e tutto. Tre di questi affusti,
parola mia, son veramente rari:
molto docili al pugno, maneggevoli
all'elsa, di fattura delicata
e di assai liberale concezione.
Amleto "Affusti" hai detto?... Che parola è questa?
Orazio (Piano ad Amleto)
Sapevo bene che avreste finito
a ricorrere alle "notazioni a margine". (158)
Osrico I pendagli, signore.
Amleto Questo termine
sarebbe più germano alla materia,
se noi potessimo portarci al fianco
un cannone; (159) ma fino a quel momento
chiamiamoli pendagli. Andiamo avanti:
sei cavalli d'Arabia
contro sei spade di Francia, complete
di tutti gli accessorii, e con tre "affusti"
di nuova liberale concezione:
questa sarebbe la posta francese
contro quella danese.
Su che cosa sarebbe stato "imposto",
come voi dite, questo ben di Dio?
Osrico Mi spiego: il re ha scommesso, monsignore,
che su dodici assalti, fra voi due,
Laerte non saprà che prevalere
per più di tre stoccate: la scommessa
sarebbe dunque nove contro tre.
Si addiverrebbe alla prova anche subito,
se vostra signoria
si degnasse di darmi una risposta.
Amleto E se la mia risposta fosse "no"?
Osrico L'intenderei come l'opposizione
di vostra signoria a questa prova.
Amleto Signore, io resto a passeggiare qui,
in questa sala. A sua maestà piacendo,
è questo il mio respiro quotidiano.
Si rechino le spade.
Se il gentiluomo è d'accordo di battersi
e il re mantiene il suo divisamento,
io vincerò per lui, se m'è possibile;
se no, lo scorno sarà tutto mio
con in più le stoccate ricevute.
Osrico È questo quel che debbo riferire?
Amleto Esattamente. E vi potete aggiungere
tutti i fronzoli che vi piacerà.
Osrico Raccomando il mio omaggio a vostra altezza.
Amleto Alla vostra, alla vostra!
(Esce Osrico)
Si raccomanda da sé: buon per lui,
non c'è lingua che sia disposta a farlo.
Orazio La pavoncella, col suo guscio in testa,
s'è allontanata. (160)
Amleto E si complimentava
con la mammella prima di succhiarla;
come lui, della stessa sua covata,
ci son molti altri che questa età frivola
prende sul serio; ch'hanno assimilato
l'aria del tempo e l'abito esteriore
del conversare: un ammasso schiumoso
che li ravvolge tutti e li trasporta
attraverso le idee più lambiccate;
ma basta una soffiata
per metterli alla prova, e addio le bolle.
Entra un cortigiano
Cortigiano Signore, sua maestà s'è compiaciuta
d'inviarvi testé il giovane Osrico,
e questi al suo ritorno l'ha informata
che eravate in attesa in questa sala.
Mi manda appunto per saper da voi
se gradite di battervi ora subito,
o se desiderate prender tempo.
Amleto Io son fedele alle mie decisioni,
e ligio al beneplacito del re.
Se la sua convenienza dice sì,
la mia è pronta, adesso o quando sia,
purché sia ben disposto come adesso.
Cortigiano Il re con la regina e tutti gli altri
stanno appunto scendendo.
Amleto Alla buon'ora!
Cortigiano La regina desidera, signore,
che rivolgiate, prima dello scontro,
una parola gentile a Laerte.
Amleto È un buon consiglio. Farò di seguirlo.
(Esce il cortigiano)
Orazio Riuscirete perdente, monsignore.
Amleto Non lo credo. Da che è partito in Francia,
mi sono mantenuto in esercizio.
Vincerò di misura... Non puoi credere,
Orazio, quanto male io senta qui,
vicino al cuore... Ma non ha importanza...
Orazio L'ha, invece, monsignore.
Amleto È una sciocchezza,
solo una sorta di presentimento...
buono forse a commuovere una donna.
Orazio Se il vostro cuore ha qualche repugnanza,
seguitelo, finché ne siete in tempo.
Io posso prevenire il loro arrivo,
e dir loro che non ve la sentite.
Amleto Orazio, no; noi sfidiamo i presagi.
Perfino nel veder cadere un passero
ce n'è uno: se adesso è la mia ora,
vuol dire che non è più da venire;
se non è da venire, sarà adesso;
se non è adesso, dovrà pur venire.
Tutt'è tenersi pronti.
Poiché nessuno sa quello che lascia,
che può importare lasciarlo anzitempo?
Lasciamo andare: vada pur così.
Entra il Re, la Regina, Laerte, cortigiani con fioretti e guantoni. Alcuni servi recano una tavola e boccali di vino.
Re (Prendendo per mano Laerte)
Amleto, vieni a stringer questa mano
ch'io qui ti porgo con la stessa mia.
(Pone la mano di Laerte in quella di Amleto, che la stringe calorosamente)
Amleto Perdonami. T'ho offeso, e duramente.
Ma tu, da gentiluomo, fammi grazia.
Tutti quelli che sono qui presenti
sanno, e pur tu dovresti averne udito,
com'io sia preda d'una trista insania.
Quello che ho fatto, e che può bruscamente
aver svegliato in te la tua natura,
il tuo onore, il tuo risentimento,
io ti proclamo qui che fu pazzia.
Fu il vero Amleto a far torto a Laerte?
No, mai. Se Amleto non è più se stesso,
e in quello stato fa torto a Laerte,
non è Amleto, e Amleto lo rinnega.
Chi agì dunque in quel modo?
Amleto è dalla parte dell'offeso.
Solo la sua follia è il suo nemico.
Perciò, Laerte, innanzi a questa udienza,
ch'io sconfessi ogni offesa intenzionale,
e questo valga tanto a scagionarmi
nel tuo giudizio d'uomo generoso,
da persuaderti ch'io scoccai la freccia
oltre la casa, e ferii mio fratello.
Laerte Questo tuo dire dà soddisfazione
a quella parte della mia natura
che più dovrebbe spingermi a vendetta;
ma in termini d'onore non transigo,
e non intendo rappacificarmi
finché da anziani e reputati giudici
nelle questioni di cavalleria
non abbia ricevuto garanzia
che il mio nome ne esca senza macchia.
Fino allora l'affetto che tu m'offri
l'accetto come tale,
e t'assicuro non gli farò torto.
Amleto Ed io accolgo questo con franchezza;
e con franchezza voglio disputare
questa fraterna gara. Qua i fioretti!
Laerte Avanti, uno per me.
Amleto Al mio confronto brillerai, Laerte. (161)
Appetto alla mia scarsa maestria,
la tua rifulgerà splendidamente
come stella nel buio della notte.
Laerte Mi prendi in giro?
Amleto No, per questa mano.
Re Osrico, giovanotto,
vogliate porgere loro i fioretti.
Nipote Amleto, tu sai la scommessa.
Amleto Sì, mio sovrano, so che vostra grazia
ha messo la sua posta sul più debole.
Re Non ho timore. Vi ho veduti entrambi;
anche s'egli ha compiuto dei progressi,
noi abbiamo il vantaggio di partenza.
Laerte (Prendendo il fioretto dalla mani di Osrico, e facendo il gesto di soppesarlo)
Pesa troppo, mostratemene un altro.
Amleto Questo per me va bene. I due fioretti
son di pari lunghezza?
Osrico Sì, signore.
(Amleto e Orazio si preparano all'assalto)
Re Posate sulla tavola i boccali.
Se Amleto al primo od al secondo assalto
toccherà, o che si rifaccia al terzo,
s'ordini che dai merli del castello
parta una salva delle artiglierie.
Il re berrà al miglior fiato di Amleto,
e getterà nella coppa una perla
la più ricca di quante nei lor serti
abbiano mai portato incastonate
gli ultimi quattro re di Danimarca.
Le coppe! E dica il tamburo alla tromba,
la tromba al cannoniere, là di fuori,
ed i cannoni al cielo, e, di rimbalzo,
dica il cielo alla terra: "Il re fa un brindisi
alla salute di Amleto!". Attaccate!
E voi, giudici, occhio bene aperto!
(Getta una perla in una delle coppe. Tromba)
Amleto In guardia, monsignore.
Laerte In guardia sto.
(Cominciano a battersi)
Amleto E una!
Laerte No.
Amleto Che cosa dice il giudice?
Osrico Toccato, chiaramente.
Laerte Bene, avanti.
Re Fermate. Datemi da bere. Amleto,
quella perla è per te. Alla tua salute!
(Gli indica la coppa in cui ha gettato la perla. Tamburi, spari di artiglierie)
(A Osrico)
Porgetegli la coppa.
Amleto (Non prende la coppa)
Un altro assalto.
Tenetela da parte per un po'.
(Riprendono a battersi. Amleto mette a segno un altro colpo)
Ecco: toccato ancora. Che ne dici?
Laerte Toccato, sì, toccato, lo confesso.
Re (Alla regina)
Vincerà nostro figlio.
Regina Ha il fiato corto ed è tutto sudato.
Amleto, toh, prendi il mio fazzoletto,
asciugati la fronte... La regina,
Amleto, beve alla tua buona sorte.
(Afferra la coppa destinata ad Amleto)
Amleto Grazie, madre.
Re (Trattenendo la regina)
Gertrude, no, non bere!
Regina Voglio bere, signore. Perdonate.
(Beve)
Re La coppa col veleno!... Troppo tardi!
Amleto (Alla regina)
Per ora non vorrei bere. Più tardi.
Regina Lasciati almeno tergere la faccia.
Laerte (Al re, a parte)
Signore, ora lo pungo.
Re Non ci credo.
Laerte (Tra sé)
Eppure mi ripugna alla coscienza...
Amleto Laerte, sotto per il terzo assalto.
Finora hai baloccato. Su, ti prego,
tira a fondo, con la tua miglior foga;
se no, ho paura che mi dài la baia.
Laerte Ah, così pensi? Allora fatti sotto.
(Riprendono a battersi)
Osrico Niente di fatto, da nessuna parte.
Laerte Toh, prendi questa, adesso.
(Laerte ferisce Amleto. I due lasciano cadere le spade e si azzuffano con le mani. Nel riprendere le spade, se le scambiano. Continuano a battersi. Amleto ferisce Laerte. Come il re lo vede grida)
Re Separateli! Sono scatenati!
Amleto Suvvia, sotto di nuovo!
(La regina cade a terra)
Osrico La regina, guardate, la regina!
Orazio Perdono molto sangue, tutti e due.
(Ad Amleto)
Come state, signore?
Osrico Laerte, mio signore, come state?
Laerte Come... come può stare un beccaccino
imprigionato nella sua tagliola...
Io sono ucciso, Osrico... e giustamente...
a cagione del mio maligno inganno.
Amleto Che cos'ha la regina?
Re Ha perso i sensi alla vista del sangue.
Regina (Riavendosi)
No, no... quella bevanda... la bevanda...
Oh, Amleto caro!... La coppa, la coppa...
Io sono avvelenata...
(Muore)
Amleto Ah, quale infamia! Chiudete le porte!
Tradimento! Cercate il traditore!
(Anche Laerte cade)
Laerte È qui, Amleto!... Amleto tu sei morto;
non c'è nessuna medicina al mondo
che ti possa salvare...
Non hai vita nemmeno per mezz'ora.
Ce l'hai in mano tu stesso lo strumento
del tradimento, avvelenato in punta;
e contro me s'è volta
l'infame astuzia... Eccomi ora a terra
per non più rialzarmi... Anche tua madre
è stata avvelenata... Io più non reggo...
Il re ne ha colpa, il re!
Amleto La punta avvelenata!... E allora avanti,
veleno, all'opra tua!
(Si scaglia contro il re e lo ferisce a morte)
Tutti Oh, tradimento!
Oh, infamia!
Re Aiuto, amici, soccorretemi!
Sono solo ferito!
Amleto (Amleto prende la coppa dove ha bevuto la madre e la porge al re)
Toh, assassino,
incestuoso, dannato re danese!
Bevila fino in fondo, questa coppa.
C'è dentro la tua perla? (162)
Segui mia madre.
(Il re beve, e muore all'istante)
Laerte Ha quello che si merita.
È lui che ha preparato la pozione.
Nobile Amleto, scambia il tuo perdono
con il mio: che la morte di mio padre
né quelle mia ricadan su di te,
né su di me la tua.
Amleto Di quella mia te ne assolvano i cieli.
Io ti seguo. Io muoio, Orazio... Addio,
sventurata regina!...
O voi tutti che, pallidi e tremanti
assistete - comparse e spettatori -
a questa azione, se ne avessi il tempo
(ma la Morte, questo crudele sbirro,
è ligia al suo dovere), oh, vi direi...
Ma vada come vada... Orazio, muoio.
Tu vivi; e riferisci onestamente
della mia causa tutto quanto il giusto,
a chi vorrà saperlo.
Orazio Non pensatelo.
Io sono, più che un Danese, un Romano, (163)
e qui ci resta ancora del liquore.
Amleto No, dammi quella coppa!
Se sei uomo, dammela, perdio!
Mio buon Orazio, qual nome macchiato
vivrà di me, se questi avvenimenti
avessero a rimanere ignoti!
Se m'hai tenuto nel tuo cuore, Orazio,
tieniti ancor lontano, per un poco,
dalla gioia suprema del trapasso,
e seguita su questo duro mondo
a respirare ancora il tuo dolore
per raccontare ad altri la mia storia.
(Marcia militare e spari all'interno)
Che cos'è questo strepito di guerra?
Osrico È il giovin Fortebraccio di Norvegia.
Torna dalla Polonia vincitore,
e lancia queste salve a salutare
gli ambasciatori del re d'Inghilterra.
Amleto Io muoio, Orazio... Sento che il veleno
s'impadronisce di tutto il mio spirito.
Ormai più non mi resta tanta vita
da sentir le notizie d'Inghilterra;
ma profetizzo che su Fortebraccio
cadrà la scelta; a lui, in suo favore
va il mio voto morente. Digli questo,
insieme al più e il meno degli eventi
qui succedutisi... Il resto è silenzio.
(Muore)
Orazio Spezzato un nobil cuore! Dolce principe,
benevola ti sia l'eterna notte,
e possa un volo d'angeli cantando
accompagnarti all'ultimo riposo!
(Tamburi da dentro)
Che viene a fare qui questo tamburo?
Entrano Fortebraccio e gli ambasciatori inglesi, con seguito di tamburi e vessilli
Fortebraccio Quella vista dov'è?
Orazio Che cosa v'aspettate di vedere?
Se una scena terribile e pietosa,
non cercate oltre, è qui.
Fortebraccio Ma questa strage grida di carnaio!
Ah, orgogliosa Morte,
qual mai banchetto si sta preparando
nell'eterna tua grotta,
perché dovessi falciare d'un colpo
in un mare di sangue tanti principi?
Un ambasciatore Oh, spettacolo orrendo!...
Troppo tardi le nostre ambascerie
giungon dall'Inghilterra:
sono sorde per sempre
le orecchie che dovevano ascoltarle:
come fu data esecuzione all'ordine,
e come Rosencrantz e Guildenstern
hanno trovato morte in Inghilterra.
Ora da chi saremo ringraziati?
Orazio (Indicando il corpo del re)
Dalla sua bocca, no, sicuramente,
quand'anche fosse vivo e lo potesse.
Non fu lui a ordinar la loro morte.
Ma dal momento che così balzati
siete su questa sanguinosa storia,
voi dalla guerra di Polonia, e voi
dall'Inghilterra, vogliate disporre
che queste spoglie umane siano esposte
su un tumulo alla vista della gente.
E lasciate ch'io dica al mondo ignaro
come sono accaduti questi eventi.
Potrete così udire
di carnali rapporti, e sanguinose
e innaturali azioni, e d'assassinii
casuali, e decisioni occasionali (164)
di morti provocate o da perfidia
o da forza maggiore, e, in questo epilogo,
di tranelli falliti e ricaduti
sulla testa di chi li aveva orditi.
Su tutto posso dir la verità.
Fortebraccio E noi ci accingeremo ad ascoltarla,
qui, tutti insieme, coi nostri maggiori.
In quanto a me, abbraccio la mia sorte,
col dolore nel cuore;
ho dei diritti, mai dimenticati,
su questo trono, che l'ora presente
mi esorta a far valere.
Orazio Anche di questo vi dovrò parlare,
ed a nome di chi, con il suo voto,
molti altri ne trarrà alla vostra parte.
Ma si proceda subito al da farsi,
mentre gli animi sono ancora scossi,
così che altri intrighi ed altri errori
non abbiano a recarci altre sventure.
Fortebraccio Quattro miei capitani
mettano il corpo d'Amleto su un palco,
così come s'addice ad un soldato:
perché se fosse stato lui sul trono,
si sarebbe mostrato un buon sovrano.
Diamo il nostro saluto al suo trapasso
con musiche e con riti militari.
Gli altri corpi toglieteli alla vista:
è una vista da campo di battaglia
e s'addice assai male a questo luogo.
E s'ordini alla truppa di sparare.

Note

133 Il becchino vuol dire "se defendendo": la clausola "se defendendo" consentiva che i morti suicidi per difendere se stessi da qualunque aggressione o pericolo, potessero essere sepolti nei cimiteri cristiani. Ma lo strafalcione è voluto per divertire il pubblico: un espediente che Shakespeare usa spesso per alleggerire la drammaticità di certe situazioni sceniche.
134 Altro sproposito del becchino: voleva dire "ergo", "dunque". Lo ripeterà più sotto.
135 "Could he dig without arms?": il primo becchino gioca sul doppio significato di "arms"; prima ha detto che Adamo era nobile perché "A' was the first that ever bore arms", dove "arms" sta per "insegne araldiche su uno stemma gentilesco", dunque "blasone di nobiltà"; poi ha detto "arms" per "braccia". Per salvare in qualche modo il quibble si è tradotto "senza l'arma delle braccia".
136 È, secondo alcuni, il nome di un oste che aveva la taverna presso il teatro del "Globe", a Londra. Ma qui siamo in Danimarca...
137 E, per converso, "Man che molto lavora s'incallisce": questo è il senso della battuta di Amleto.
138 "... as it were Cains' jawbone, that did the first murder": alcuni riferiscono "that" non già a Caino, ma a "jawbone", ritenendo che qui Shakespeare voglia alludere alla leggenda secondo cui Caino uccise Abele colpendolo con l'osso della mandibola di un asino.
139 Questo passo, tra l'intraducibilità del significato tecnico di alcuni termini del linguaggio giuridico (data la diversità del diritto inglese dal nostro), e tra i vari "quibbles" sui quali gioca ironicamente il poeta - specie sui molteplici sensi della parola "fine" che ricorre cinque volte in tre righe, e con cinque significati diversi - è di quelli che vanificano e scoraggiano qualsiasi sforzo di resa letterale del testo.
140 Il testo inglese di queste battute tra Amleto e il becchino è tutto basato sul solito gioco dei doppi significati - piuttosto banale, per la verità - del verbo "to lie", che vale "giacere", "star coricato" e anche "mentire", "dire bugie". C'è da domandarsi se veramente il pubblico colto gustasse simili melensaggini; molte delle quali, per fortuna, non sono di Shakespeare, ma risultano chiaramente interpolate.
141 "We must speak by card", letteralm.: "Bisogna parlargli per iscritto".
142 Quibble sulla parola "ground". Amleto domanda: "On what ground?", che vale "Per qual motivo?" e anche "Su quale terreno, su quale base?"; il becchino la intende nel secondo senso.
143 "I have been sexton here, man ad boy, thirty years": "sexton" (dal latino "sacristanus", corrottosi poi in "secristeyn", "sexteyn", "sexton") era al tempo di Shakespeare l'addetto alla parrocchia che svolgeva, accanto alle mansioni di custode di cose e luoghi sacri, anche quelle inerenti alla natura di unità civile e territoriale della parrocchia stessa. Ciò spiega la non troppo crassa arguzia del personaggio. Il quale ci fa sapere, tra l'altro, che Amleto ha trent'anni. L'età di Amleto però non è pacifica tra i critici. Alla morte del padre, Amleto è studente all'Università di Wittemberg; questo si evince dalle parole del re (I, 2, 12): "... For your intent / In going back to school in Wittemberg, / It is most retrograde to our desire". Anche la regina sua madre lo prega di non tornare a Wittemberg, ed egli acconsente. Ma trent'anni sono sembrati un po' troppi per uno studente universitario. Una giustificazione è stata trovata, secondo il prof. Bradley (A. C. Bradley, Shakespearian Tragedy, MacMillan, London, 1957 - in un passo del "Pierce Penniless"("Pierino Squattrinato") di Thomas Nashe, una satira della società inglese, in cui si legge: "Per stare alla moda, alcuni (Danesi) mandano bensì i figli a scuola, ma non prima che abbiano quattordici anni, sicché potete vedere un ragazzone con tanto di barba ad imparare l'ABC, e a sedere in lacrime sotto la sferza del maestro quando ha trent'anni". Altra congettura è, secondo lo stesso Bradley, che Amleto è un filosofo che allunga la sua permanenza all'Università per amore degli studi.
144 "... get to my lady's chamber": secondo alcuni "my lady" è la regina sua madre; ma è più probabile che Amleto parli delle dame in generale.
145 "... ill the last trumpet": cioè fino al giorno del Giudizio Finale, quando, secondo la credenza cristiana, due angeli suoneranno due trombe: l'una per i giusti l'altra per i dannati, che vengano dinnanzi al Supremo Giudice per l'ultimo giudizio.
146 "... until my eyelids will no longer wag": letteralm.: "... finché le mie palpebre non battano più".
147 All'aceto - la bevanda di Gesù Cristo nella Crocifissione - si attribuiva il potere di calmare la collera.
148 Altro monte della Tessaglia (con il Pelio e l'Olimpo).
149 Parole di senso oscuro; il più probabile è: "Ciascuno ha la sua natura, e deve seguirla: Ercole nel dare le sue prove di forza, il gatto nel miagolare, il cane nell'abbaiare". (E, sottinteso, io nell'infilzare tuo padre, credendo di infilzare il re).
150 "This grave shall have a living monument": "living", cioè di carne e ossa: Amleto morto.
151 "It did me a yeoman 'service": "yeomen" erano detti gli appartenenti al terzo stato della società inglese - dopo la nobiltà e l'alta borghesia - che nelle corti e nelle case dei nobili avevano un rango intermedio tra il cavaliere e il paggio. Nell'esercito servivano nella fanteria solitamente come arcieri o palafrenieri. Erano funzionari efficienti ed utili per antonomasia; sicché l'espressione "yeoman's service" era divenuta sinonimo di "buon servizio".
152 "... and stand a comma 'tween their amities": cioè in segno di unione; la virgola, al contrario del punto, unisce e lega le parti del discorso. Questa funzione è indicata, nella ortografia inglese, dal fatto che nella successione di proposizioni legate tra loro dalla congiunzione "and" si pone avanti a questa una virgola (al contrario dell'italiano che la rifiuta).
153 "... the changeling never known": "changeling" è termine che non ha l'equivalente in italiano. Significa "persona (specie fanciullo) o cosa surrettiziamente messa al posto di un'altra che viene rubata (cfr. in "Sogno d'una notte di mezza estate", II, 1, 23: "She never had so sweet a changeling", dove però di scambio furtivo di persona non si tratta: la regina ha "rubato" soltanto un fanciullo a un re indiano.
154 "... the continent": "continent" è qui chiaramente nel senso etimologico di "contenitore", "recipiente che contiene", non già, come intendono molti, come "continente", parte della superficie della terra. Nello stesso senso v. anche in "Antonio e Cleopatra", IV, 14, 40: "Heart, once stronger than thy continent...".
155 "... the concernency": Amleto vuol dire "... the concernment", "la pertinenza".
156 Cioè: "Se continuate a parlarvi in codesto modo affettato e artificioso, non vi capirete mai".
157 Amleto seguita a beffarsi di Osrico e dice "nomination" per "mention": "What imports the nomination of this gentleman?": "Si può sapere per quale ragione mi siete venuto a parlare di Laerte?"
158 "I knew you must be edified by the margent ere you had done": "Sapevo che avevate bisogno di essere edificato ai margini, prima di finire l'opera": è il traslato dell'edificio in costruzione, che necessita di essere edificato dalle parti esterne prima di dirsi finito; l'abbiamo volto nel traslato dello scritto che, per dirsi compiuto, ha bisogno di "notazioni a margine". L'idea è suggerita da quel "margent" e dal fatto che Orazio ha detto prima che Osrico aveva esaurito il suo vocabolario.
159 Osrico, per indicare i pendagli delle cinture, ha usato il termine "barriages", che significa "affusti", ma di cannone.
160 È un frizzo sul modo buffo di camminare del personaggio: Orazio paragona Osrico alla pavoncella che, appena nata, se ne corre via traballante con la testina ancora coperta del guscio dell'uovo da cui è uscita.
161 "I'll be your foil, Laertes", letteralm.: "Sarò la tua patina dorata, Laerte". È uno dei soliti bisticci di parole che Shakespeare ama far scoccare all'improvviso, come un corto circuito elettrico, nei momenti più drammatici. Il gioco di parole è questo: Amleto ha detto: "Qua i fioretti" ("Give me the foils"); poi riprende la parola "foil" e la usa nel senso di "sfoglia di pàtina d'oro (o d'argento) in cui si incastona una gemma per farla meglio brillare"; e in questa si raffigura lui stesso.
162 Si capisce a questo punto - è la tecnica teatrale di Shakespeare, come di ogni buon drammaturgo, quella di porre prima lo spettatore di fronte al fatto e poi spiegare com'è accaduto - che non di una perla vera si tratti, ma di una sfera di madreperla contenente il veleno che si doveva sciogliere nel vino. Ciò spiega la domanda di Amleto per accertarsi se nella coppa ci sia ancora "la perla".
163 Questa improvvisa uscita di Orazio reca opportuno un accenno alla Roma di Shakespeare. Come ha scritto lo spagnolo Purificaciòn Ribes nel suo "Julius Caesar: la retòrica", citato da Giorgio Melchiori nel suo "Shakespeare" (Laterza, 1949, pag. 391): "Le parole Rome e Roman rappresentano le qualità più apprezzate dell'uomo: sono associate alla virilità, al coraggio, alla risolutezza e alla devozione totale". "Il termine "Roman" secondo il concetto elisabettiano - prosegue il Melchiori - equivaleva a quella di "nobile"... L'altra idea associata al termine "Roman" era quella della morte - o piuttosto dell'etica della morte..." il riconoscere in un'azione, il suicidio, che in termini cristiani comporta invece la dannazione eterna, la più alta espressione della nobiltà dell'animo... Forse che l'Amleto di Shakespeare avrebbe fatto di una meditazione sul suicidio (il famoso monologo: "Essere o non essere...", n.d.t.) il tema centrale del suo problema personale, morale e sostanzialmente anche politico, se la questione della morte "secondo la grande usanza dei Romani" non fosse stata dominante nella coscienza dell'autore?"
164 "... of accidental judgements": "judgements" ha qui il senso di "formal authoritative decisions", e si riferisce, evidentemente, alle decisioni prese dal re riguardo ad Amleto.
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