Piero Santi

BUSONI INTERPRETE

[pp. 103-127]


[...] Dell'ascolto il concertista Busoni avverte essenzialmente l'aspetto della ricezione, del pubblico, della critica giornalistica, che lo intrigano. A costoro egli raccomanda il medesimo atteggiamento di distacco dall'umanità corrente cui deve attenersi l'esecutore.

A quel modo che l'artista, se vuoi commuovere, non dev'essere commosso lui stesso, pena la perdita immediata della padronanza dei suoi mezzi al momento buono, così anche lo spettatore, se vuoi gustare l'effetto teatrale, non deve mai confonderlo con la realtà, altrimenti il godimento estetico si abbasserà a mera partecipazione umana. Chi rappresenta "reciti", non viva in proprio. E lo spettatore rimanga incredulo e con ciò libero nel suo spirituale ricevere e gustare [SL, p. 50].

Giacché

il sentimento è una questione d'onore e di moralità nell'arte si pone come la moralità suprema [...]. Io distinguo: sentimento come gusto - come stile - come economia. Ognuno un tutto e ognuno un terzo del tutto. E in essi e sopra di essi regna poi una trinità soggettiva: il temperamento, l'intelligenza e l'istinto dell'equilibrio [...].
Se l'accordo formato da queste due triadi è ben intonato, allora può e deve accompagnarsi al sentimento la fantasia: basata su questi sei requisiti, essa non potrà degenerare, e appunto dalla loro unione nasce la personalità. Questa, come una lente, riceve le impressioni luminose, le riflette a suo modo a guisa di negativo fotografico, sì che all'uditore appare l'immagine positiva
[SL, pp. 56-57].

Il sentimento, la personalità, quali espressioni della suprema moralità dell'ars, in quanto si palesano nell'azione ordinatrice, che musicalmente consiste nell'operazione in corso del dar forma compositiva ed esecutiva, invitano anche l'interpretazione critica della musica a raccogliere l'appello di Busoni, sciogliendo sul medesimo lato la disparità ermeneutica di essa. Sul versante morale, cioè, dell'atto di parola parallelo a quello muto del comporre e dell'eseguire, con la personalità e i sentimenti allegati. A ta proposito, varrà sottolineare due affermazioni di Busoni sull'esecuzione interpretante ch'egli propugna. Una dice che i sei elementi prima enumerati "conducono una danza così sottilmente ordinata nel loro appaiarsi e intrecciarsi, portare e venir portati, farsi avanti e tirarsi indietro, muoversi e arrestarsi, quale è impossibile immaginarsi più ingegnosa [SL, p. 56]. L'altra che "il vero creatore, in fondo, tende solo alla compiutezza. E mentre egli la armonizza con la sua propria individualità, una nuova legge sorge spontaneamente" [p. 58].

Ciò vuol dire, da una parte, che l'interpretazione esecutiva, osservando una coerenza di condotta richiamante quella del linguaggio pur essendo radicalmente altra dalla logica di questo, conduce "una danza così sottilmente ordinata" da mimare le mosse misurate del discorso ermeneutico sotto i significati, sino ad assimilarne i modi dell'esposizione. Ipotesi di un'ermeneutica per consonanza di lavoro, che può valer di monito al positivismo analitico oggi imperversante. Un'analisi, quest'ultima, senza etica, dove l'analista si vanta di tirarsi fuori dalla mischia, declinando ogni responsabilità. Un'ermeneutica invece, quella additata da Busoni, dove l'interprete si sente personalmente coinvolto con la propria tecnica di esecuzione, strumentale o linguistica che sia, la quale vuoi dire "stile", "gusto", "economia" e insomma "sentimento alla grande", e ancora "temperamento", "intelligenza", "istinto d'equilibrio" e infine "fantasia".
Quanto alla seconda affermazione, relativa alla "compiutezza" propria del "vero creatore", essa allude all'interezza senza residui, assoluta e autonoma, di qualsiasi entità realizzata di musica sotto specie d'interpretazione, trattasi essa di produzione o di esegesi, di opera o di trascrizione, d'improvvisazione o di ricezione. In quanto comunque interpretazione essa è compiuta e definitiva in se stessa, non chiede integrazioni anteriori o posteriori. L'interpretazione suggerita da Busoni (per noi anche esegetica) mette di fronte alla perfezione del fatto compiuto, non soltanto perché è irrevocabile, ma perché s'inscrive tutta quanta nel finito. Solo così essa può portare il messaggio della compiutezza originaria e suprema della musica assoluta dell'«Einheit der Musik», dell'«atmosfera cosmica». Ogni interpretazione, performativa o critica che sia, nella sua compiuta e autosufficiente finitezza, proprio in quanto è tale, nella sua entità realizzata, costituisce una piena acquisizione di ricchezza, la quale si aggiunge alle ricchezze già accumulate nel passato, verso il compimento della finitezza cosmica della musica totale.
"Si raggiungerà mai questa musica? Non tutti raggiungono il Nirvana."
Ma "se il Nirvana è il regno 'al di là del bene e del male', qui è indicata una strada che muove in quella direzione" [SL, p. 70]. Certo, la visione totalizzante di Busoni risente delle sue letture di Hoffmann, Schopenhauer, Poe, Tolstoj, Nietzsche, Hofmannsthal, Rilke.* Erano i tempi. Ma non può avvertirsi la sua modernità in ordine al problema ermeneutico tutt'oggi sul campo, là dov'egli chiama un esserci (il fatto compiuto della esecuzione altrimenti detta interpretazione) a rappresentare un fatto compiuto da sempre (l'essere della musica) che (ancora per Busoni) non c'è. Per noi senza illusioni: nel provvisorio tentativo di parlare di una cosa di cui è impossibile parlare, perché una cosa non è.

*Sono questi gli scrittori ricordati nei pensieri di Busoni raccolti in Lo sguardo lieto. Di persona non figura Schopenhauer, autore peraltro da lui assai letto, la cui filosofia filtra tuttavia nei finale visionario dell'Abbozzo attraverso il buddismo chiamato in causa da un'annotazione sul Nirvana ricopiata da un libro di Kern («Geschichte des Buddismus in Indien», "Abbozzo di una nuova estetica della musica", in Lo sguardo lieto, p. 70). Hoffmann, dalla cui novella Die Brautwahl Busoni avrebbe tratto nel 1912 il libretto dell'opera omonima, è presente nel libro con una lunga nota nell'Abbozzo, ove è citato un passo dai Serapionsbrüder ("Abbozzo di una nuova estetica della musica", in Lo sguardo lieto, p. 51) evocante una "anima cosmica" di ispirazione analoga a quella dell'universo vibrante" di Busoni. Nel libro viene incorporata altresì un'introduzione del musicista stesso premessa a un volume di racconti di Hoffmann edito a Berlino da Georg Müller nel 1914 (Per i 'Racconti fantastici' di E. T A. Hoffmann in Lo sguardo lieto, p. 414). Poe è oggetto di un breve confronto con Hoffmann ("E. T. A. Hoffmann e Edgar Allan Poe", in Lo sguardo lieto, p. 413) e di una citazione poetica nell'«Abbozzo» ("Abbozzo di una nuova estetica della musica", in Lo sguardo lieto, p. 54). Di Tolstoj si trascrive un'impressione paesaggistica dal racconto Lucerna (ibid., p. 70) e di Nietzsche un passo da «Jenseits von Gut und Böse» (ibid., pp. 69-70). In calce, all'inizio dell'«Abbozzo», figurano una citazione da «Ein Brief» (cioè dalla 'Lettera di Lord Chandos") di Hoffmannsthal e la dedica a Rilke, "musico della parola" (Ibid. p. 39). Ma al contesto storico e culturale in cui maturano l'estetica e la pratica musicale di Busoni l'autore metterà conto di riservare, doverosamente, lo studio approfondito cui il presente saggio può per ora soltanto rinviare. [pp. 125-127]