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RECENSIONI

 

 

Tosca 'centenaria',

il trionfo di Scarpia

Grande successo
dell'opera pucciniana a Zurigo

 

Quindici minuti di applausi, ovazioni per il maestro Nello Santi e per Ruggero Raimondi (il barone Scarpia), caloroso successo per il regista Gilbert Deflo, per Vincenzo La Scola (Mario) ed Elena Prokina (Tosca); convinti apprezzamenti per i comprimari e il coro: questo il verdetto del pubblico presente alla première di Tosca, domenica 16 gennaio. Lo scenografo Ezio Frigerio, in accordo con il regista, non ha ricostruito fedelmente i tre luoghi in cui si svolge la vicenda, evitando quindi quel tipo di spettacolo che si definisce spesso con il termine spregiativo di 'museale'. Troppe volte ciò è stato fatto, tra l'altro anche nel precedente allestimento zurighese di Ulrich Peter.
La scena, in questa produzione, è costituita da uno spazio che volutamente suscita claustrofobia, identico nei tre atti; nei primi due delimitato da pareti nere laccate, trasparenti e specchianti; nell'ultimo da un tessuto pure nero e trasparente. La chiesa di Sant'Andrea della Valle, Palazzo Farnese e Castel Sant'Angelo sono semplicemente evocati attraverso raffinate citazioni architettoniche che si intravedono dietro la parete centrale. Essenziale l'arredamento nei primi due atti; desolatamente vuota la prigione nel terzo. Il pubblico in questo modo è più concentrato sulla vicenda e sui personaggi, che il regista guida in modo misurato, senza alcuna platealità, mettendo nel giusto rilievo la figura-chiave di Scarpia che è il 'motore' della tragica vicenda.
L'azione vera e propria di quest'opera inizia infatti dal momento in cui il potente capo della Polizia romana tenta di attuare con malvagia spavalderia la trappola architettata per eliminare un detestato antagonista (Mario) e per piegare alle sue voglie Tosca. Com'è noto, questo diabolico piano trascinerà tutti nell'abisso: il primo a soccombere è proprio il suo ideatore, ucciso dai disperati colpi di coltello della protagonista, moralmente straziata e incapace di cedere a un odioso ricatto.
Ruggero Raimondi riesce a far coesistere la malvagità, l'abiezione morale, il
 

 

sarcasmo, la prepotenza di Scarpia con la signorilità del titolo nobiliare di cui questo personaggio si fregia: mai volgare, mai caricato nei gesti o nella voce, imponente e terribile, efferato e beffardo senza essere invadente e gigione, rispettoso delle inequivocabili indicazioni espressive di Puccini. Ogni parola è soppesata, resa pregnante da una dizione chiarissima, da un variatissimo, sfaccettato fraseggio e da una voce di basso tra le più belle di questi ultimi decenni. Eccellente anche la performance di Vincenzo La Scola (bellissima in particolare la sua interpretazione sommessa, intima, commossa dell'aria "E lucean le stelle"). Elena Prokina ha convinto sul piano teatrale delineando una
 

 

Tosca di volta in volta fragile e determinata; innamorata e gelosa; tenera e furibonda; implorante e spietata; raggiante e disperata. Da menzionare in particolare tutto il secondo atto e il finale dell'opera, in cui il regista ha introdotto un sostanziale cambiamento rispetto al libretto e al dramma di Sardou: Tosca infatti non si butta dagli spalti di Castel Sant'Angelo ma strappa a Spoletta la pistola e si spara un colpo al cuore. Anche vocalmente, tenendo conto del fatto che si è trattato di un debutto nel difficilissimo ruolo, il soprano ucraino dal timbro bellissimo è stato encomiabile nel delineare la multiformità del personaggio con un fraseggio estremamente vario. Ha però palesato qualche difficoltà nel registro acuto, soprattutto nel secondo atto, a causa della tremenda tessitura imposta da Puccini alla protagonista della sua opera. Nel complesso discreti i comprimari e buona la prestazione del coro.
Nello Santi ha ulteriormente approfondito la sua concezione interpretativa di quest'opera basata sui forti contrasti drammatici che però non sconfinano mai nell'iperbole sonora: una direzione di forte presa teatrale, sempre nitida, dai tempi spesso convulsi, tesa però anche a valorizzare le innumerevoli perle musicali incastonate nella complessa e affascinante partitura. Memorabili, da questo punto di vista, tutti i momenti cameristici (struggente a esempio il canto dei violoncelli che accompagna la preghiera di Mario al carceriere nel terzo atto). Eccellente infine l'accompagnamento dei cantanti. Di notevole livello la prova offerta dall'«Orchester der Oper Zürich» in tutti i suoi settori.
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