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«Die Fledermaus»

rivisitata da Harnoncourt e Flimm

In scena a Zurigo il capolavoro di Johann Strauss jr.

 

All'Opernhaus di Zurigo è imminente il secondo hommage della stagione a Johann Strauss jr. Dopo la piacevole riscoperta di un'operetta quasi opera, di cui si pensava si fossero perse le tracce («Simplicius»), ecco il capolavoro assoluto dello stesso compositore, l'operetta «Die Fledermaus» che nel 1894 Gustav Mahler, con un'interpretazione, lo sostengono i testimoni, di sconcertante profondità, ha eletto al rango di opera tout court o almeno ha contribuito non poco a togliere da quel diminutivo (-etta) la connotazione peggiorativa che non di rado si tende ad appioppargli. Chi scrive preferisce considerarla nel secondo modo, prima di tutto perché operetta è, avendone tutte le caratteristiche. La differenza tra questa e quasi tutte le altre è che essa è un vero e proprio colpo di genio, un miracolo in... dimensione umana, che non pochi ed eminenti interpreti del Novecento non si sono lasciati sfuggire: penso soprattutto a Clemens Krauss, a Herbert von Karajan e a Carlos Kleiber che, con letture diverse ma di pari (altissimo) valore, hanno per così dire ratificato l'intuizione mahleriana, consegnando ai posteri delle registrazioni adamantine e inequivocabili.
Com'è noto Harnoncourt, oltre che musicista e «Kulturmensch» in senso lato, è anche filologo: con l'acribia di chi ha l'incrollabile convinzione di trovarsi di fronte a un capolavoro, ha curato (finalmente!) l'edizione critica dell'operetta, l'ha registrata e l'ha proposta nell'ambito delle ultime Wiener Festwochen. L'Opernhaus di Zurigo, che ha co-prodotto lo spettacolo, presenterà al pubblico la stessa edizione viennese, ma con un cast differente.
Lo Strauss di Harnoncourt (come quasi tutte le sue interpretazioni, soprattutto quelle che riguardano il repertorio ottocentesco) è variamente valutato dalla critica, anche stroncato, soprattutto perché il maestro berlinese, intenzionalmente, lo esegue «senza la miriade di inflessioni, di piccolissimi rubati, di indugi e di rincorse che spargono paprika sulla musica» (Elvio Giudici). Bandite quindi le cosiddette «viennesità», e non solo nell'orchestra, ma anche, con le ruspe di arbasiniana memoria (cfr. il mio precedente articolo su «Tosca») dalle scenografie e dalla regia, curate da Dieter e Jürgen Flimm. L'azione è trasposta negli anni '60 con costumi e gesti dissacratori che hanno scandalizzato i Viennesi: nonostante 5 rappresentazioni tutte esaurite, pubblico e critica, quasi all'unanimità, hanno decretato il...tonfo dello spettacolo. Solo Harnoncout è stato apprezzato da gran parte degli spettatori e da molti critici. Un recensore francese scrisse a esempio che il maestro «è riuscito a rinnovare la nostra visione di questa partitura, della quale evidenzia sottilmente certi dettagli orchestrali senza mai tradire Johann Strauss.»
Uno spettacolo solo per coraggiosi o per intellettuali, questa «Fledermaus»? Non credo. Se la dissacrazione di Flimm (comunque D.O.C., se così si può dire, tenendo conto che il regista è coltissimo e tra i più prestigiosi del mondo; quest'anno, per fare un esempio, avrà l'onore di allestire a Bayreuth nientemeno che il «Ring» del 2000) può tener lontani coloro che invece vogliono l'operetta ambientata nei soliti luoghi viennesi, il cast e la direzione d'orchestra sono motivi più che sufficienti per intraprendere il viaggio verso Zurigo. E che Harnoncourt non sia più considerato «eretico» a Vienna, lo dimostra il fatto che i Wiener Philharmoniker gli hanno affidato il «Concerto di Capodanno» del 2001, quello che inaugura... veramente il nuovo millennio. Prima rappresentazione: 30 gennaio. Repliche il 2, 4, 6, 9, 12, 22 febbraio; il 5 e 12 marzo.
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