MARCELLO SORCE KELLER

BOLOGNA: BILANCI DEL TEATRO COMUNALE
L'«ALCESTE» di GLUCK


BI - RIVISTA DEL PERSONALE
DELLA BANCA D'ITALIA
XVII (1977), no. 1-2


Rendere in termini monetari attuali i bilanci delle rappresentazioni d'opera in Italia nei secoli XVII e XVIII non è compito facile. Al procedimento di ricostruzione degli elementi e dati indicativi del costo della vita, e quindi del potere di acquisto delle monete legali allora in circolazione, fanno da barriera difficoltà di vario genere: i continui cambiamenti delle unità monetarie nei singoli Stati della Penisola, la profonda diversità delle strutture socio-economiche rispetto a quelle dell'età moderna ed altri fattori di carattere storico-politico.
Tuttavia, la lunga storia di decentralizzazione culturale nel nostro Paese, che vantava palcoscenici operistici in quasi ogni città degna di questo nome, stimola tanto vivo interesse pei suoi aspetti economici da legittimare un tentativo di indagine sulle strutture finanziarie dei bilanci d'opera.
La pubblicazione di Corrado Ricci I teatri di Bologna nei secoli XVII e XVIII (Bologna, 1888), nella quale è riportato il bilancio della rappresentazione dell'Alceste di Gluck al Teatro Comunale di Bologna nella primavera del 1778, è una delle fonti di notizie più interessanti sull'argomento, anche per quanto riguarda il sistema retributivo in uso a favore dei cantanti, del direttore d'orchestra, degli orchestrali e del personale di teatro in genere. I «proventi» e le «spese» segnati sul c.d. «rendimento di conto» della rappresentazione, espressi in lire», denunciano infatti dati assai significativi sulla sperequata distribuzione dei ricavi. Vi si legge ad es. che la prima donna ricevette 6.021 lire, ivi comprese le spese di soggiorno, mentre all'intero coro con i suoi direttori fu destinato un totale di 3.672 lire per 33 rappresentazioni; ancora piú istruttivo il raffronto tra i rispettivi guadagni giornalieri delle due prime donne: 180 lire alla prima donna, 27 lire alla sua piú vicina rivale.
Ma a noi interessa qui, mettere in evidenza gli aspetti monetari dell'indagine, ricercando quel dati necessari per tradurre in termini di valore attuali gli importi indicati nel cennato «rendimento di conto», in modo da avere un'idea approssimativa del potere di acquisto delle «lire» (1).
È da premettere che dopo il 1506 Bologna cadde definitivamente sotto il potere della Chiesa, potere durato fino al 1859, anno in cui venne proclamata l'unità d'Italia.
Nel 1778 era Pontefice Pio VI (1775-1799) e a Bologna circolavano le «2 doppie», le «doppie», entrambe monete in oro, gli «scudi» d'argento, ed altre monete (2); le «2 doppie» erano coniate al titolo di 917/ 1000 e pesavano gr. 10,90, mentre le «doppie», coniate allo stesso titolo, pesavano gr. 5,45 (3). Nessuna delle monete però recava l'indicazione di una equivalenza in «lire», e ciò perché la lira a Bologna nel 1778, come in altri Stati italiani prima dell'unificazione, non era una moneta reale, ma una unità di conto, nel senso che ad essa erano ragguagliate le monete d'oro e d'argento (come le «2 doppie», le «doppie» e gli scudi di Bologna), sulla base del loro contenuto di oro fino e di argento fino (4). Da tale considerazione si può arguire che le cifre indicate nel «rendimento di conto» rappresentano l'equivalente ideale in lire delle monete d'oro e d'argento con cui venivano riscossi i «proventi» e pagate le «spese».
Si tratta di stabilire con quale procedimento si può giungere ad una valutazione, in via approssimativa, del potere di acquisto in beni e servizi della unità di conto-lira nel 1778 a Bologna, raffrontato a quello della moneta reale-lira in epoca attuale.
Bisogna tener presente che nel XVIII secolo l'oro aveva già una netta prevalenza sull'argento come mezzo monetario e divenne poi nel secolo scorso l'unico metallo avente valore monetario. Questa funzione è stata dall'oro mantenuta, come noto, fino ad epoca recente, anche nei rapporti internazionali, prima attraverso il sistema del «gold standard», crollato dopo la crisi economica del 1929, poi attraverso il sistema del c.d. «gold exchange standard», abbandonato nel 1971. Nel XVIII secolo quindi il potere di acquisto di ogni unità monetaria equivaleva al potere di acquito della quantità di oro fino che l'unità monetaria rappresentava, sia che questa fosse coniata in oro, sia in argento, sia in altri metalli.
A questo punto è ovvio chiedermi quale fosse la quantità di oro fino che la «lira» rappresentava nel 1778 a Bologna e in altri Stati italiani. In altre parole, quale fosse la c.d. «parità aurea», cioè il prezzo dell'oro nella Penisola ragguagliato in lire.
In una monografia sulle monete italiane, contenuta nell'Annuario statistico italiano del 1864, è riprodotta una tabella delle «tariffe di ragguaglio delle monete legali circolanti nei diversi Stati italiani prima del 1859 colla nuova moneta del Regno d'Italia (5). Ecco i dati relativi ad alcune monete in oro:

TITOLO

PESO IN GRAMMI

VALORE IN LIRE

DOPPIA SAVOIA


905

9,116
28,45

QUADRUPLO DI
GENOVA

909
25,214
79,00

DOPPIA DI
PARMA


891
7,141
21,92

DOPPIA DI
BOLOGNA

917
5,469
17,07

Da questi dati si desume che la «parità aurea» attribuita alle monete legali circolanti negli Stati italiani prima del 1859 si aggirava intorno ai 290 milligrammi (a Bologna mg. 293,795, non lontana da quella in mg. 290,32 della lira coniata nel Regno d'Italia nel 1862 (6). Si deduce inoltre che la «parità aurea» della lira dal 1778 al 1862 è rimasta pressoché immutata: lo conferma ad es. il fatto che il «marengo» d'oro coniato a Torino nel 1800/1801, dopo la battaglia di Marengo, prima in pezzi da 20 franchi francesi e successivamente in pezzi da 20 lire, del peso di gr. 6,45 al titolo di 900/1000, aveva appunto un contenuto unitario di circa ing. 290 di oro fino (7).

La costante della parità aurea in mg. 290 circa dal 1778 al 1862 lascia supporre infine che la lira come unità di conto, in tale arco di tempo, non ha subito variazioni apprezzabili rispetto all'oro e che, conseguentemente, il suo potere di acquisto non può aver segnato spostamenti di rilievo. Questa è l'argomentazione piú valida e convincente per giungere a tale conciusione, considerata la funzione di merce-moneta dell'oro nel periodo in esame.
D'altra parte bisogna tener presente che si tratta di un'epoca in cui le attività economiche si svolgevano nell'ambito di una società agrícolo-pastorale, in cui la moneta non aveva il ruolo complesso che ha nella società moderna. Il volume degli scambi di beni e servizi era assai modesto perché assai limitato era lo sviluppo della pratica della divisione del lavoro; la moneta serviva piú da «riserva di valore», per immagazzinare ricchezza, e da «valorimetro», per misurare il valore dei beni, che come mezzo intermediario negli scambi. Per concludere, mancavano allora quei fattori di instabilità delle economie e dei mercati monetari, interni e internazionali, che cominciarono ad operare con Favvento della società industriale e in seguito all'enorme sviluppo degli scambi commerciali.
Presso l'Istituto italiano di Statistica sono rilevabili i dati sul valore, in termini di potere di acquisto, della lira italiana dal 1861 in poi: secondo gli ultimi dati disponibili il valore della lira 1861 rispetto a quello del 1975 si ragguaglierebbe a lire 909,2085. Tenuto presente quanto già esposto in merito alla costante della parità aurea dal 1778 al 1862, si può quindi fondatamente affermare che tale indice costituisce un parametro abbastanza valido per una valutazione approssimativa, in termini monetari attuali, dei «proventi» e delle «spese» esposti nel «rendimento di conto».
Gli argomenti a sostegno di questa tesi vanno naturalmente esaminati, come si è prima accennato, nel contesto delle strutture economico-sociali dell'epoca, alla luce cioè delle seguenti considerazioni:

a) le enormi disparità di trattamento economico allora esistenti fra le diverse categorie di lavoratori in genere;

b) il ruolo predominante che gli impresari, i compositori e la prima donna avevano sulla scena finanziaria, oltre che in quella musicale, cui è da attribuire la particolare sperequata distribuzione dei guadagni nel settore;

c) l'assenza, nelle cifre indicate sul «rendimento di conto» delle maggiorazioni per oneri fiscali e contributi assicurativi che in epoca attuale gravano in misura tanto rilevante su tutte le retribuzioni e spese varie;

d) la ristretta gamma di bisogni che l'uomo doveva allora soddisfare in confronto a quella, vastissima, dell'uomo che vive nell'odierna «societa dei consumi».
Questi i risultati delle indagini svolte, dai quali, col concorso di accertamenti supplementari sui prezzi dei generi di prima necessità a Bologna nel 1778, non è difficile ricavare in approssimazione elementi indicativi dell'effettivo potere di acquisto delle «lire» esposte nel bilancio della rappresentazione dell'Alceste.


NOTE


(1) Gli importi dei «proventi» e delle «spese» sono composti di 3 cifre (a pag. 6 50: «alla ceraria Nicoli per consumo della cera lire 693,12,6); la prima rappresentava «líre», la seconda «soldi», la terza «quattrini» (lire=20 soldi - soldo=12 quattrini).

(2) Corpus Nummorum Italicorum. Primo tentativo di un catalogo delle monete medievali e moderne coniate in Italia, Vol. X Emilia: Romagna, Ferrara, Ravenna, Rimini, Roma, 1927, pag. 312, Tav. XIX, n. 3.

(3) CAMILLO SERAFINI: Le monete e le Bolle plumbee pontificie e del Medagliere Vaticano, vol. VIII, ediz. Arnaldo Forni, Bologna 1965, pag. 309 e segg.
Corpus Nummorum Italicorum.

(4) CAMILLO SERAFINI, id. c. s.
LODovico FRATTI, Il Settecento a Bologna, ediz. Remo Sandron 1923, Inventari, pagg. 285/314.

(5) Un secolo di statistica italiana edito dall'Ufficio di Statistica Italiano, Monografia su «La moneta italiana», pagg. 547/548.

(6) R.D. 17 luglio 1861, che ordina il corso della lira e delle monete decimali d'oro.
Legge 23 marzo 18'62 che ammette al corso legale in tutto il Regno la nioneta decimale in oro. Legge 24 agosto 1862 sull'unificazione del sistema monetario.

(7). ANTONIO PAGANI, Monete italiane dall'invasione napoleonica ai giorni nostri (1796-1961), Mario Ratto editore numismatico, Milano, 1962, pag. 59 (Repubblica Subalpina, 1800-1802), pag. 79 (Regno d'Italia - Napoleone I Imperatore dei Francesi Re d'Italia, 1805-1814).
Corpus Nummorum Italicorum, id.c.s. Vol. V Lombardia, Milano, pag. 423, Tav. XXX.