G. F. MALIPIERO

LE METAMORFOSI
DI BONAVENTURA



pp. 816-818
CFR. RECENSIONE DI MONTALE
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Le Metamorfosi di Bonaventura. Dramma musicale in un prologo e due atti (tre parti) di Gian Francesco Malipiero (1882-1973) su libretto proprio, da Die Nachtwachen des Bonaventura. Prima rappresentazione: Venezia, Teatro La Fenice, 4 settembre 1966. Personaggi della prima parte: Bonaventura, guardia di notte (Bar); tre ombre (T, m, m); due innamorati, Lui e Lei (T, S); l'ubriaco (Bar); il commediante (T); Ofelia (S); due ladri (m); il portinaio del convento (m); monache. Personaggi della seconda parte: Don Giovanni (Bar), Don Toribio (Bar), Donna Eleonora (S), Bonaventura (Bar), due avventori della locanda (Bar, T), un paggio (m); coro. Personaggi della terza parte: Bonaventura (Bar), la madre (A), la donna (S), tre personaggi (T, Bar, B); pubblico.
Già nel 1950 Beniamino Dal Fabbro parlò a Malipiero dei Notturni di Bonaventura, una raccolta di fantasiose prose anonime d'inizio Ottocento, ricche di spunti vicini al mondo poetico del compositore. Da questo testo Malipiero trasse infatti un libretto suggestivo, pieno di richiami a temi a lui cari (ad esempio quello delle maschere), di echi di situazioni già sfruttate altrove e di riferimenti a temi tipicamente novecenteschi, quali il rapporto tra realtà e finzione scenica, trattati però in modo così libero e allusivo da creare problemi nella connessione delle tre parti che compongono l'opera. In realtà l'omogeneità è garantita proprio dalla figura di Bonaventura, quasi un alter ego del compositore, che si trasforma da spettatore-attore in narratore-attore e in attore-autore. Anche il rapporto con l'illusione scenica è sempre modificato: dapprima attraverso l'espediente del teatro nel teatro, con un suo pubblico, poi con l'apparizione in scena degli autentici macchinisti, quindi servendosi di tre 'personaggi' immaginati dall'autore. Questa varietà di piani drammaturgici - nonché di soluzioni musicali - apparve alla 'prima' come «slegata e inconcludente». Si parlò di un successo solo di stima: «l'opera amaramente delude: proprio per aver lasciato intravvedere (con una nobiltà mai disgiunta dalla raffinatezza strumentale, specie nel secondo atto e al termine del lavoro) il superamento di teorie e di concezioni tipiche del Malipiero, attraverso e mediante quei caratteri che gli sono sempre stati cari, diversamente dal solito impiegati». E nome del protagonista resterà comunque per Malipiero collegato all'idea di un'opera-sintesi, che di lì a poco ricapitolerà molti dei 'luoghi' della sua memoria teatrale: in Gli Eroi di Bonaventura (Milano 1969) verranno citati personaggi di opere anche minori del compositore, rafforzando il senso autobiografico del rapporto Malipiero/Bonaventura.
PROLOGO. (Parte prima: 'Bonaventura guardia di notte'). Bonaventura vaga per la piazza e segna le ore al suono del corno. Rivolge un saluto alla finestra illuminata del poeta (ricordando di esser stato anch'egli poeta); incontra tre spiriti, si nasconde dietro una statua durante l'incontro di due innamorati, vede un ladro entrare nella casa del poeta e uscirsene col sacco vuoto, che gli viene sottratto da un altro ladro; quindi ascolta il canto di un ubriaco. Giunge un commediante che, stanco di finzioni sceniche, vorrebbe uccidersi: recita Amleto e gli appare Ofelia, alla quale si aprono le porte del convento, fra il salmodiare delle monache. Bonaventura stesso vede materializzarsi le 'sue' maschere: Arlecchino, Pulcinella e Edipo che si mettono a danzare. Ma al suono del corno, che segnala l'ultimo giorno del secolo, tutti si riversano nella piazza per una danza selvaggia. Tornata la calma, tutti si gettano su Bonaventura per malmenarlo e lo mettono in fuga. In scena rimangono i due innamorati, che si danno appunamento per l'indomani.
ATTO PRIMO. (Parte seconda: 'El Burlador de Sevilla'). Dopo una scena che Malipiero vorrebbe proiettata, in cui si vede Don Giovanni ammirare una bella dama che assiste alla corrida, Bonaventura, qui in veste di narratore, racconta la storia del Burlador: Don Giovanni cerca la dama vista alla corrida, finché, a casa del fratello Don Toribio, la trova. Costei, Donna Eleonora, canta accompagnandosi col liuto una canzone sulla fedeltà tradita e rifiuta l'abbraccio di Don Giovanni. Egli vede nemici nell'ombra e duella con le fronde di un bosco; Bonaventura commenta la gelosia di Don Giovanni. Donna Eleonora gioca innocentemente con il paggio, ma Don Toribio sospetta una tresca e li uccide. Appare la cantatrice Eleonora a offrire amore a Bonaventura, quindi lo lascia. Ora i macchinisti smontano la scena a passo di danza. In una locanda gli avventori commentano la rappresentazione di 'El burlador', che non si replicherà perché la cantatrice è morta veramente. Bonaventura si duole di non essere rimasto a guardia della notte.
ATTO SECONDO. (Parte terza: 'La pazzia di Bonaventura'). Un giovane Bonaventura, poverissimo e cieco, ascolta la canzone di una donna, accanto alla madre, che gli dà una rosa rossa. Bonaventura la offre alla donna. Dopo un episodio orchestrale (con bagliori e giochi di luce), Bonaventura riacquista la vista, ma la donna è sparita ed egli se ne dispiace. Anche la madre, dopo avergli raccontato la sua storia, scompare. Bonaventura si augura che le maschere che vede attorno a lui non lo lascino, mentre giunge il pubblico per una rappresentazione. Appare un primo personaggio e narra di Hans Sachs, poeta e calzolaio; indi un secondo, che racconta la storia di un doppio matrimonio e di due rose (una bianca e una rossa); il terzo gli parla del destino dei burattini e dei burattinai. E pubblico se ne va e Bonaventura, solo, si accascia. Riappare la donna, cantando la canzone iniziale, a deporre una rosa rossa sul corpo di Bonaventura.
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Alla mutevolezza dei piani drammatici corrisponde la varietà delle soluzioni musicali, che comprende di volta in volta citazioni (ad esempio le 'canzoni' dei singoli personaggi della prima parte e della terza, il canto di Donna Eleonora), musica di scena (danza), narrazione (negli ampi brani orchestrali della terza parte), recitativo dialogico, passi di parlato (Bonaventura narratore). Tale varietà determina una certa dispersione, che può forse disorientare. Alcuni momenti si presentano peraltro caratterizzati nettamente: nella prima parte gli interventi del corno di Bonaventura, le raffigurazioni del ladro ('grottesco') e del passo esitante dell'ubriaco; o ancora la danza delle maschere (quasi un pesante minuetto). Nella seconda parte si presenta invece qualche discreto spagnolismo stilizzato (note ribattute e ritmi caratteristici). Il linguaggio però mantiene sempre un aspro cromatismo, che occupa spesso il totale cromatico pur senza cercare esiti dodecafonici. Waterhouse segnala in quest'opera una certa stanchezza dell'ispirazione vocale, rispetto alla felicità delle soluzioni strumentali: sempre al servizio del caleidoscopico libretto, anche mediante l'adozione di motivi particolari prefigurati fin dal prologo, che fungono da introduzione all'intera opera. (m.g.s.)