ITALIAN MUSIC DURING
THE FASCIST PERIOD


LA MUSICA ITALIANA DURANTE IL FASCISMO

LA MUSIQUE ITALIENNE PENDANT LE FASCISME

DIE ITALIENISCHE MUSIK WÄHREND DES FASCISMUS

CON UN SAGGIO DI LAURETO RODONI
CURATORE UNICO DELLE
RODONI.CH'S WEBSITES


FIAMMA NICOLODI

FRANCO ALFANO E IL FASCISMO

MUSICA E MUSICISTI
NEL VENTENNIO FASCISTA


DISCANTO EDIZIONI
FIESOLE 1984, pp. 163-165

LA GENERAZIONE DELL'OTTANTA
a cura di L. Rodoni
-----------------------------------------------------------------------
Alfano si accostò al fascismo nel '25, offrendo la sua adesione - insieme con Pizzetti, Bruno Barilli, Gino Marinuzzi e il critico Saverio Procida, per limitarsi alla rosa dei rappresentanti musicali - al Convegno per la cultura fascista che, svoltosi a Bologna il 29-30 marzo, portò alla stesura del noto «Manifesto degli intellettuali del fascismo»: sorta di vademecum nazional-patriottico con cui si dava investitura etica e ideologica a quello che fino ad allora era sembrato solo il partito del manganello e dell'incultura.
Seguono da parte del nostro musicista alcune tappe di avvicinamento «in privato» che sollecitano speranze e progetti novecentisti. Il 23 ottobre 1923 Alfano, con una comitiva di cui facevano parte anche Pizzetti, Renzo Bossi, il futuro deputato Adriano Lualdi e l'ideatore (poi responsabile) dell'iniziativa, nonché segretario del Sindacato provinciale musicisti di Milano, Alceo Toni, varcano la soglia di Palazzo Chigi prospettando a Mussolini una «Mostra del '900 musicale italiano», da tenere a Bologna l'anno seguente.
L'idea piacque: il capo del governo volle assumerne il patronato, concedendo un congruo stanziamento finanziario alla manifestazione (80000 lire fu il contributo governativo). Sebbene, come racconta Lualdi riportando le parole stesse del duce, impegno primario del governo era l'opera lirica, da incentivare sul modello sperimentale dei teatri di Bragaglia e Pirandello («Perché non ci sono teatri sperimentali d'opera, come di commedia? Questi hanno dato ottimi risultati.») [1]

È necessario che il pubblico apprezzi ed impari anche la musica che non sa a memoria [pare cosi esponesse il suo pensiero in quest'occasione Mussolini]. Ma siccome, per ciò che riguarda la divulgazione, la musica da concerto non arriva alle grandi folle, e quella da teatro si, è la musica da teatro che bisogna far rinascere prima di tutto. [...] Ad ogni modo, deve essere superata la mentalità ostile alla nuova musica italiana. Si continuano ad eseguire e a ripetere opere vecchie; piacciono anche a me, badate; ma sentiamo e ripetiamo le nuove! [2]
A breve distanza dal festival bolognese - un'esperienza che risulterà fortemente deficitaria, destinata a non piú rinnovarsi e assai discussa dalla stampa per l'eterogeneo assemblaggio delle musiche eseguite -, Mussolini, continuando nella trasformistica strategia delle benemerenze e gratificazioni (si è visto altrove), parò il colpo della missione viennese assegnata a Mascagni come unico rappresentante per l'Italia alle celebrazioni beethoveniane, predisponendo l'esecuzione in anteprima del secondo Quartetto di Alfano nella propria abitazione. Festa grande, alla presenza dei critici romani piú distinti che elogiarono il Quartetto napoletano (G. De Rogatis Procida, 1º vl., R. Finizio, 2º vl., S. Scarano, v.la, S. Viterbini, vcl.), l'abile fattura della composizione - poco piú tardi dedicata all'ospite illustre -, ma soprattutto l'amabile serata offerta dal padrone di casa. Piaggeria, affinità di vedute, comunione di amorosi e pratici sensi, bisogni economici primari: chi sa? Questa fu comunque la pittura d'ambiente stesa con penna insolitamente addomesticata dall'antimodernista Bruno Barilli, il quale, si noti bene, finiva per ritrarre Mussolini con alcune di quelle immagini eroiche e virili già riservate al suo primo (e piú forte) amore musicale: Giuseppe Verdi. (E dunque: gioco di ironica finzione o traslitterazione naturale di un mito ugualmente amato?):
Entrando nell'abitazione del Presidente del Consiglio ci si sente subito accolti colla piú famigliare semplicità. [...] Contempliamo un momento quest'uomo che ha raggiunto miracolosamente l'apogeo della potenza. Con un gesto egli fermò gli slanci sediziosi di un popolo deluso dalla guerra e ne disperse gli impeti insani. Egli domina oggi la nazione con tutto il peso della sua incommensurabile volontà, la stringe in pugno, la risolleva, ne ottiene una forza immensa e l'innalza verso l'avvenire: sprofondato in una poltrona, una gamba sull'altra e il capo appoggiato alla spalliera, in posa di chi è stanco e soddisfatto, Benito Mussolini offre tutto il suo volto muscoloso, pallido e forte alla luce che piove dal soffitto. Immobile, senza batter ciglio, parla ora a bassa voce con chi gli è piú vicino; si placa nella quiete musicale l'eccitazione e il fervore della sua giornata di lavoro e la sua faccia si vela di calma come il fuoco che diventa cenere. [...]
Il maestro Alfano gli siede accanto, impettito e compreso. [...] Secondo il nostro parere il nuovo lavoro di F. Alfano è degno della piú seria considerazione. [...] Ora senza ricorrere colla mente ai capolavori del passato e ricordando sopratutto quello che i nostri tempi ci possono dare, noi dobbiamo riconoscere molta solidità costruttiva, molta saggezza contrappuntistica e una notevole logica tematica nel poderoso lavoro del M. Alfano. La sua musica piena di voluminosità armoniche, corposa e sonora segue sempre una linea di svolgimento necessario; ed è quadra, simmetrica, ordinata, ricca e piena di un'attività istrumentale sostenuta e vigorosa. La sua struttura è larga e i ritmi piú diversi vi svolgono un giuoco vario, opportuno e felicissimo. [3]
Lo smacco subito con le prime nomine all'Accademia d'Italia nel '29 (la sua candidatura era stata presentata dall'ex-nazionalista Roberto Forges-Davanzati [citato in Arte e Regime di Lualdi, n.d.R.] e che si ripeterà dieci anni piú tardi, quando dal ballottaggio uscirà eletto Cilea, è compensato per Alfano da altre, anche se meno prestigiose investiture. Divenne membro della Corporazione delle professioni e delle arti (in rappresentanza dei compositori), del Consiglio nazionale delle Corporazioni, del Consiglio superiore delle belle arti, del Direttorio nazionale fascista dei musicisti e, sul piú specifico versante degli incarichi musicali: diresse il Liceo (poi Conservatorio) G. Verdi di Torino (1923-39), fu sovrintendente del Teatro Massimo di Palermo (1940-42), titolare della cattedra di «Studi sul teatro lirico» al Conservatorio di S. Cecilia (dal 1943); fece parte della giuria nei principali concorsi italiani di composizione (nel '40 fu invitato a Weimar per i premi internazionali della Hitler Jugend e della Gioventú italiana del littorio - Gil).
Ma proprio l'esperienza palermitana permette di aprire uno spiraglio su alcune incongruità di livelli operativi, sulle lacerazioni spesso profonde che il processo integrativo perseguito dal regime poteva provocare.
Scrivendo a Mussolini, Alfano avrebbe infatti lamentato il ruolo «anti-artistico» di funzionario che era stato chiamato a ricoprire al Teatro Massimo (che prevedeva oltretutto il condizionamento e la supervisione del MinCulPop e della Direzione generale per il teatro): «un vero asservimento», dirà, «con tutte le alee, le responsabilità amministrative - cioè assolutamente anti-artistiche - e l'obbligo di stabile residenza (quasi un esilio)» a Palermo [4].
Dopo appena due anni giunsero puntuali le dimissioni perché, come avrebbe confessato il musicista all'amico Amedeo Giannini, «non è proprio 'mestiere' d'un artista fare il sovrintendente d'un teatro qualsiasi quando non si è liberi di dare agli spettacoli un indirizzo proprio» [5].
La macchina istituzionale del fascismo, alla quale ci si era dimostrati fieri di appartenere e collaborare, dedicandole spesso le proprie migliori energie e che magari aveva saputo garantire convenienti appannaggi economici e una confacente carriera, viene vissuta adesso come un insaziabile e disumano Moloc. Ma per le recriminazioni, i sensi di disgusto, le pratiche esorcistiche è ormai tardi.


NOTE

[1] A. LUALDI, La visita al Duce, in Viaggio musicale in Italia, Alpes, Mflano 1927,
pp. 206-207.

[2] Ibidem.

[3] B. BARILLI, Cronache musicali romane. Una serata in casa del Duce, in «L'Arte fascista», Il (1927), n. 4, P. 175; cfr. anche R. DE RENSIS, Mussolini musicista cit., pp. 24-25.

[4] Lettera di F. Alfano a Mussolini, da Firenze, 16 maggio 1941 [ACS SPD ORD 5181591].

[5] Lettera di F. Affano ad A. Giannini, da San Remo, 17 luglio 1942 [ACS AG 9.11.3-52.