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ADRIANO LUALDI


ILDEBRANDO PIZZETTI

Ildebrando Pizzetti (1880) ha, anch'esso, il grande merito di avere con assoluta fedeltà seguito, fin dai primordidella carriera, un suo italianissimo ideale senza affatto curarsi di mode e di tendenze. Figlio di un insegnante di pianoforte, incominciò tardi a studiare la musica, e fu discepolo, a Parma, di Giovanni Tebaldini. Al maestro scriveva, nel 1913, dedicandogli un opuscolo su La musica dei Greci: «... Quindici anni or sono Ella iniziava al Conservatorio di Parma le sue belle lezioni di canto gregoriano, invitando ad assistervi gli alunni della scuola di composizione . ... Ella parlava a noi giovani delle melodie liturgiche latine, e ce le faceva conoscere ed ammirare, perché in esse è un meraviglioso tesoro di espressioni che un musìcista non può ignorare senza vergogna...» Altri giovani avevano ricevuto, col Pizzetti, i medesimi insegnamenti. Egli solo, allora, seppe trarne profitto.
Certo, una naturale inclinazione lo rendeva particolarmente sensibile alle austere voci dell'antichità. Lo spirito dell'adolescente mostrava già allora quella tendenza al misticismo che ha avuto poi, ed ha di continuo, tante riprove. Le prime composizioni del Pizzetti sono sacre: Ave Maria, Tantum ergo, Tenebrae factae sunt (1897); fra le sue opere migliori sono da annoverare la Messa da requiem (1923) contiene bellissime pagìne, e quella elevatissima, commovente Rappresentazione di Abramo e Isacco (1918), nella quale il musicista risponde in modo ammirevole, con cuore veramente «pieno di melodìa» (melodia d'insieme, giustezza di accentí e di atmosfera, pacata serenità d'anímo) e con una umiltà raccolta e suggestiva, alla sincera e forse inconscia elevatezza spirituale del mistico Feo Belcari.
Oltre a queste composizioni, di carattere schiettamente religioso, anche i drammi musicali del Pizzetti stanno ad attestare il fondo mistico del suo temperamento: sia quelli di ambiente biblico, come Dèbora e Jaéle e Lo Straniero, che quel Fra Gherardo nel quale, più ancora che negli altri due drammi, si accentua - fino a diventare primo - motore dell'azione - un certo curioso compromesso, più che contrasto, fra misticismo e sensualità che non trova forse nella letteratura italiana le sue prime origini e i suoi più cospicui modelli, e che forma, anch'esso, uno dei caratteri dell'opera drammatica del Pizzetti.
Il quale dev'essere considerato come uno dei veri e maggiori esponenti del rinnovamento musìcale italiano non soltanto per il largo contributo che ha portato, fin dall'inizio della sua attività, alla formazione di un repertorio italiano di musica da camera e sinfonica (sono da ricordare, fra quella, la Sonata per violino e pianoforte; il Trio, i Tre canti per cello, le liriche: I pastori, una delle più belle e poetiche ispirazioni del Pizzetti, i Sonetti del Petrarca, le 3 Canzoni, ecc.; fra questa, la Suite della Pisanella, gli intermezzi per l'Edipo Re, il Rondò veneziano), ma anche per la novità di atteggiamenti che ha voluto dare e ha dato al suo dramma musicale.
Egli aveva già dimostrato, fin dagli anni più giovanili, di non dividere affatto le opinioni di coloro che avrebbero voluto morto il melodramma: lo aveva dimostrato coi primi tentativì di teatro (Aeneas, Lena, ecc.) rimasti ìncompiuti, e con quello che aveva scritto parlando della musica nella vita italiana: «Potrebbe esservi arte più potentemente e profondamente umana dell'arte drammatica? Non lirica soltanto, sgorgante cioè da quelle momentanee e fuggevoli esaltazioni del sentimento che hanno bensì la loro ragione di esistere e sono esse pure espressione di vita, ma di vita in fondo incosciente; e neppure soltanto epica, nel senso di rappresentazione oggettiva della realtà fenomenica; ma dramma, cioè vita in movimento, vita in continuo divenire, azione».
Egli dimostrava poi, già con Fedra, di volersi staccare dalle vie seguite dai veristi, e cercar nuovi accenti al dramma per musica. È molto discutibile - e noi l'abbiamo discusso ampiamente in Serate Musicali - il principio estetico al quale s'informa il dramma per musica del Pizzetti, in cui gli antichi spiriti del canto gregoriano e delle antiche tonalità rivivono attraverso una forma vocale che si restringe quasi esclusivamente al declamato e al recitativo. Ma nessuno potrà mai disconoscere, e noi tanto meno, la bella e pura elevatezza dell'ideale di Pizzetti, e la fede assoluta e la passione con le quali quest'ideale è seguito; nessuno può disconoscere la perfetta ìtalianità dell'artista e la nobile attività che egli svolge anche nel campo della scuola e della critica musicale. Osservata dunque nella sua bella complessità e nella sua azione, rispetto all'arte, rettilinea e coerente come poche altre di oggi, la figura di Ildebrando Pìzzetti può ben essere additata come una delle più rappresentative del rinnovamento musicale italiano.