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LUIGI VERDI

DOMENICO ALALEONA
NELLA VITA MUSICALE ITALIANA
DEL XX SECOLO

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Trasmissione radiofonica realizzata per la
Westdeutscher Rundfunk di Colonia.

Titolo originale:

«DOMENICO ALALEONA IM ITALIENISCHEN
MUSIKLEBEN DES 20. JAHRHUNDERTS»

Traduzione in tedesco di Harald Münz (aprile 1997).

I curatori del sito ringraziano di cuore l'Autore
per il permesso di pubblicazione.
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Nato nel 1881 a Montegiorgio, un piccolo paese nel sud delle Marche (Italia centrale), Alaleona appartiene a quella nutrita schiera di compositori che cercarono di rinnovare il linguaggio musicale italiano all’inizio del ’900, coniugando il recupero del canto gregoriano e della polifonia rinascimentale classica con le tecniche compositive più recenti, ignorando completamente l’esperienza romantica.
La cultura musicale di quel periodo era caratterizzata dalla mancanza di certezze univoche e dalla conseguente ricerca di identità da parte degli artisti, che la perseguivano in diverse direzioni. Il panorama musicale italiano era predominato dall’opera verista, ma parallelamente emergevano nuovi interessi per la musica rinascimentale, con la conseguente rivalutazione di figure come Frescobaldi e Monteverdi.
Alaleona iniziò fin da bambino i suoi studi musicali, iscrivendosi poi al Conservatorio di Santa Cecilia, dove seguì i corsi di Composizione con De Sanctis, di pianoforte con Bustini e Sgambati, e di organo con Renzi. Si diplomò in Composizione nel 1906 con l’oratorio Atollite portas e si laureò in lettere all’Università di Roma, con la tesi Studi sulla storia dell’Oratorio musicale, imponente e importante lavoro che fu poi pubblicato nel 1908. Fin da quei primi anni si manifestò quello che sarebbe stato il carattere essenziale dell’esperienza artistica di Alaleona e cioè una vasta cultura umanistica al servizio dell’arte musicale; in questo senso Alaleona rappresentò il primo caso di “musicologo-compositore” italiano, una figura che oggi è divenuta predominante rispetto al passato.
L’ interesse per la musica corale portò Alaleona a insegnare Canto corale nella Scuola Nazionale di Musica diretta da Mascagni, e quindi alla direzione della Società Corale Guido Monaco di Livorno (1907). Dal 1910 fu poi direttore del Coro dell’Augusteo di Roma. In quegli stessi anni Alaleona cominciò a sviluppare la sua “teoria della divisione dell’ottava in parti uguali”, che avrebbe trovato compiuta espressione in due importanti scritti teorici apparsi sulla Rivista Musicale Italiana del 1911: I moderni orizzonti della tecnica musicale. Teoria della divisione dell’ottava in parti uguali e L’armonia modernissima, nei quali, nella sua ricerca di nuovi codici linguistici e nuovi orizzonti etici, Alaleona profetizzò in anticipo le intuizioni dei grandi compositiori mitteleuropei, come Schönberg, giungendo espressamente a teorizzare la dodecafonia.
Nella sua opera più significativa il Mirra, vincitrice nel 1913 di un concorso indetto dal Comune di Roma, Alaleona concepì, in accordo con la sua teoria della divisione dell’ottava, un harmonium pentafonico, la cui ottava era divisa in cinque parti uguali. Furono quelli gli anni più attivi sul versante della composizione, durante i quali scrisse, oltre il Mirra, i suoi brani più originali, e cioè il ciclo delle Melodie pascoliane per soprano e pianoforte, i Canti di maggio su versi di Dante e La città fiorita, cinque “impronte” per pianoforte.
La prima esecuzione del Mirra avvenne al Teatro Costanzi di Roma il 20 marzo 1920 e suscitò l’approvazione anche di Puccini e Mascagni; in quell’occasione Alaleona, ebbe a scrivere: “Il melodramma italiano e la musica italiana sono lontani dal cedere a vittoriosi influssi forestieri — come qualcuno vorrebbe — e dal cessare di dominare il mondo”.
Il Mirra è sicuramente un’opera molto interessante; essa è tratta dalla omonima tragedia di Vittorio Alfieri e vi si narra dell’amore incestuoso della fanciulla Mirra per il padre Ciniro, re di Cipro. Il linguaggio musicale dell’opera, pur guardando decisamente al Novecento, non rinnega mai la purezza dell’antica tradizione rinascimentale italiana, giungendo così ad una sintesi sempre tesa alla conquista di nuovi spazi sonori. Ne è una prova l’Intermezzo, dedicato ad Arturo Toscanini, che ora ascolteremo nella riduzione pianistica dell’autore, e nell’esecuzione del pianista Fausto Bongelli. La registrazione è stata effettuata in occasione del Festival Piceno di Falerone nel 1995.

ASCOLTO MUSICALE 1 (Durata 10’ ca)

Dal 1916 Alaleona resse la cattedra di Storia della Musica presso il Conservatorio Santa Cecilia di Roma, per la quale scrisse il Libro d’Oro del musicista, un manuale in cui emergeva una forte vena polemica nei confronti dei metodi di insegnamento allora in vigore. Nella sua ansia di rinnovamento, Alaleona giunse a volte a peccare di ingenuità e di facile entusiasmo, avvicinandosi spesso alle posizioni dei contemporanei futuristi italiani. Sebbene Alaleona non abbia aderito al movimento futurista, tuttavia molti dei suoi atteggiamenti sono riconducibili all’estetica futurista. In questa prospettiva appare di notevole importanza il carteggio intrapreso con il più importante musicista futurista italiano, Balilla Pratella, che proprio in quegli anni aveva completato la sua opera L’Aviatore Dro. In questi carteggi Alaleona rivalutava il contrappunto dotto e popolare, esprimendo altresì la sua intenzione di stimolare una riforma delle istituzioni, finalizzata alla formazione delle classi giovanili.
Negli ultimi anni della sua vita, Alaleona si occupò prevalentemente di musicologia, incidendo profondamente nella vita musicale italiana. Come compositore abbandonò gradualmente le posizioni più avanguardistiche, previlegiando lo studio del canto popolare italiano, come dimostrano le Sei canzoni italiane per quartetto d’archi, le quattro Canzoni italiane, per archi, arpa e fiati, e le quattro Laudi italiane per archi, flauti e trombe. Una grave malattia lo portò precocemente alla morte a soli 47 anni, nel 1928.
Sicuramente l’aspetto più interessante della vicenda artistica di Alaleona è la sua teoria della divisione dell’ottava in parti uguali o “ennefonia”, teoria che applicò in particolare nella composizione del Mirra e delle Melodie pascoliane. Appare qui opportuno soffermarsi più in dettaglio sulla ricerca teorica di Alaleona, che appare veramente originale nel panorama musicale italiano all’inizio del XX secolo.
Le prime teorie sulla divisione dell'ottava in parti uguali risalgono alla metà del XIX secolo, con Fétis (1844) e Weitzmann (1853). Tuttavia solo dall'inizio del Novecento, con il disgregarsi del sistema tonale, il problema cominciò ad essere affrontato in maniera piu’ sistematica.
Scrive Alaleona nel 1911:
"La nostra teoria parte dalla divisione matematica dell’ottava in un numero qualunque di parti uguali (ennefonia). Nei nostri strumenti a scala temperata questa divisione si può fare in cinque maniere: in due (bifonia) in tre (trifonia) in quattro (tetrafonia) in sei (esafonia) in dodici (dodecafonia). [...] Ciascuna divisione dell’ottava in parti uguali forma un sistema autonomo con una sua propria completa individualità estetica. S’intende poi che nell’uso artistico ciascun sistema può sposarsi, addentellarsi sia agli altri sistemi ennefonici, sia al sistema diatonico"(1).
Alaleona sottolinea che nel sistema tonale ciascuna divisione dell'ottava in parti uguali può appartenere a tante tonalita quanti sono i suoni che le compongono: così l’accordo bifonico, corrispondente alla quinta diminuita, può appartenere a due tonalità e può assumere sei forme diverse; l’accordo trifonico, corrispondente alla triade aumentata, può appartenere a tre tonalità, e può assumere assumere quattro forme diverse; l’accordo quadrifonico, corrispondente alla settima diminuita, può appartenere a quattro tonalità e può assumere tre forme diverse, mentre l'accordo esafonico può appartenere a sei tonalità e può assumere solo due forme. Mentre però nel sistema tonale questi accordi tendono ad una risoluzione, nel sistema di Alaleona essi non risolvono, ma restano sospesi. Il carattere di questi accordi, che Alaleona denomina “accordi neutri”, è l’immobilità, la mancanza di direzione, la sospensione, l’ambiguità.
La definizione degli “accordi neutri” da parte di Alaleona richiama alla mente la teoria del “ritmo duale”, elaborata in quegli stessi anni dal teorico ucraino Boleslav Javorskij, teoria che trovò compiuta applicazione musicale nelle composizioni dell’ultimo Skrjabin. Ma non possono sfuggire le analogie con la teoria dei “modi a trasposizione limitata” di Messiaen, sviluppata trent’anni dopo. Su questo punto avrebbero sviluppato le loro teorie, in piena sintonia con Alaleona, alcuni fra i piu’ importanti teorici del XX secolo, come Slonimskij e Perle e Lendvai.
Molto significativi a questo proposito sono i frequenti accenni di Alaleona alla sinestesia, cioè al rapporto fra suoni, colori e odori, che era tipica anche dell’estetica futurista di Marinetti. Scrive Alaleona:
"L’incertezza di un accordo neutro è dato proprio dal numero delle sue possibili risoluzioni [...] Come i suoni e gli accordi neutri, così ci sono, con perfetta analogia, gli odori e i sapori neutri, risultanti dalla riunione di tutti gli odori o sapori".(2)
E sull’accordo bifonico Alaleona osserva ancora:
“Due tonalità a distanza di tritono corrispondono a due colori complementari: cioè a due colori che, nell’uso artistico, posti accanto sia simultaneamente sia successivamente, si danno a vicenda il massimo rilievo”.(3)
"L’Asino di Buridano è l’incarnazione vivente di un accordo bifonico: se l’Asino si decidesse verso l’uno dei due fasci d’erba, ecco l’accordo bifonico che si piegherebbe verso la sua forma tonale numero uno; supponiamo che si decidesse verso l’altro, ecco l’accordo bifonico che si piegherebbe verso la sua forma tonale numero due: finchè rimane indeciso è la perfetta immagine dell’ “accordo neutro”(4).
Alaleona fornisce numerosi esempi tratti dalla letteratura musicale, a confermare la propria teoria musicale; sulla bifonia egli scrive:
"L’alternarsi di due suoni o di due tonalità a intervallo di tritono è stato usato il piu’ delle volte nella musica moderna per esprimere qualcosa di sinistro, di ripugnante, di diabolico: gli esempi che primi si presentano alla mente sono il tema di Fafner nel Sigfrido di Wagner per il lato melodico, e un passaggio caratterizzante la figura di Mefistofele nell’opera omonima di Boito per il lato armonico"(5).
Una compiuta realizzazione musicale dell’accordo bifonico, nel senso indicato da Alaleona, appare nella prima delle sue due Melodie pascoliane dal titolo Brividi, e precisamete Il Nunzio. Qui per rendere l’idea del brivido, Alaleona utilizza l’accordo bifonico si-fa. Nella seconda di queste melodie, dal titolo Notte di vento, per rendere onomatopeicamente il soffio del vento, Alaleona ricorre all’uso frequente di none e di scale cromatiche.
Ascoltiamo quindi di Domenico Alaleona, dalle Melodie Pascoliane, Brividi, n.1 Il Nunzio, n.2 Notte di Vento. Soprano Maria Luce Erard, Pianoforte Francesco La Licata. La registrazione è stata effettuata espressamente per la nostra trasmissione, presso l’Accademia Filarmonica di Bologna.

ASCOLTO MUSICALE 2 (Durata 5’ ca)

Riguardo alla trifonia, derivante dalla divisione dell'ottava in tre parti uguali, di cui si trova un primo interessante esempio nel primo movimento della Faust Symphonie di Liszt, Alaleona ne sottolinea l'uso sistematico fatto da Debussy e scrive:
"Appunto per questa insistenza, Debussy è diventato l'uomo rappresentativo di questi sistemi. Mentre di essi hanno tratto profitto più o meno ampiamente molti altri artisti: i russi, specialmente il Borodin, il Rimskij Korsakov, il Glazunof, e anche i nostri Puccini e Mascagni"(6).
Fra gli accordi neutri, Alaleona esamina successivamente quello tetrafonico o trisemitonico (cioè fomato da quattro suoni a distanza di tre semitoni):
"Insomma alle quattro forme usuali dell’accordo tetrafonico (di settima diminuita) individuate ciascuno dal suo basso fondamentale (dominante della tonalità al cui senso l’accordo in quel momento si piega), noi ne aggiungiamo una quinta: la forma tetrafonica propriamente detta, o neutra, che si ha quando l’accordo non appartiene a nessuna delle tonalità su accennate o, se si vuole, appartiene a tutte contemporaneamente [...] In queste condizioni i quattro suoni dell’accordo assumono lo stesso indifferente valore, e si vengono a trovare fra loro alla stessa distanza, che è la distanza risultante dalla equidivisione dell’ottava in quattro parti uguali"(7).
Alaleona sottolinea ampiamente la differenza estetica fra gli accordi tetrafonici e le settime diminuite tonalmente intese. Scrive il compositore:
“Per la tetrafonia va ripetuto quello che abbiamo detto per la trifonia, cioè che è un grave errore estetico a proposito di passaggi che io chiamo tetrafonici parlare di accordi di settima diminuita. La settima diminuita presuppone la settima minore, e in tanto esiste in quanto esiste il sistema diatonico di cui è derivazione. Invece la tetrafonia è un sistema formante un tutto a sè, e che con l’armonia diatonica non ha alcun rapporto di parentela.”(8).
Alaleona giunge così alla teorizzazione dell’equivalenza fra scala e arpeggio, in una forma analoga a quella realizzata musicalmente da Debussy e da Skrjabin:
“La nostra concezione ci conduce a questo: che le parole scala e arpeggio (dell’accordo completo) vengono ad indicare la stessa cosa, considerata però con due sentimenti diversi (melodico quando si dice scala, armonico quando si dice arpeggio)”(9).
Alaleona chiarisce ulteriormente il suo pensiero quando scrive:
“La teoria tradizionale si è limitata a considerare la bifonia, trifonia, tetrafonia sotto l’aspetto armonico, e anche da questo lato entro una cerchia falsa e molto ristretta. [...] Le successioni di tritoni, di bitoni, di trisemitoni sono scale vere e proprie con una loro individualità estetica, né più né meno che, a mo’ d’esempio, le comuni scale maggiore e minore, o le scale gregoriane. Invece per l’esafonia e la dodecafonia è successo il contrario: la teoria tradizionale si è limitata a considerare questi due sistemi dal punto di vista melodico. Tutti hanno sentito parlare della scala di toni interi e non dico poi della scala cromatica (che sono appunto il prodotto melodico rispettivamente dei sistemi esafonico e dodecafonico); ma io non ho mai sentito parlare di un accordo di toni interi (accordo esafonico) e di un accordo di semitoni (accordo dodecafonico). Anzi al cospetto di quest’ultimo accordo, che io mi onoro di presentare più avanti nella sua forma completa, molti miei amici maestri di armonia scapperanno inorriditi” (10).
Le composizioni musicali dove Alaleona applica espressamente la sua teoria sono in realtà molto semplici:
nel caso dell’esafonia utilizza accordi e scale esatonali, mentre nel caso della dodecafonia, Alaleona non va più in là del semplice uso di scale cromatiche, mentre l’accordo dodecafonico non viene mai utilizzato. Un esempio interessante appare all’inizio della seconda delle Due canzoni italiane per archi, arpe e timpani, in cui vengono enunciati in successione l’accordo bifonico, poi quello trifonico, tetrafonico e infine quello esafonico. Nelle tre Melodie pascoliane dal titolo Marine , vi è un uso esteso di scale esatonali, sebbene sia da sottolineare, nella sezione centrale della seconda malodia, dal titolo Mare ,un uso significativo della dodecafonia, nel senso inteso da Alaleona. Qui si verifica una interessante enunciazione di due scale cromatiche dodecafoniche inframmezzate: la prima è generata dal primo accordo di ogni battuta ed è discendente, la seconda è generata dal secondo accordo di ogni battuta ed è ascendente. In questa maniera, alla sesta battuta dell’episodio, le due successioni cromatiche dodecafoniche si incontrano sul Mi, per poi divergere e confluire definitivamente sul Sib, a distanza di tritono.
Ascoltiamo ora di Domenico Alaleona, dalle Melodie Pascoliane: Marine n.1 Speranze e memorie; n.2 Mare ; n.3 La baia tranquilla. Soprano Maria Luce Erard, Pianoforte Francesco La Licata.

ASCOLTO MUSICALE 3 (Durata 10’ ca)

Nelle Melodie pascoliane e nel Mirra Alaleona fece uso sistematico di tutte le divisioni dell’ottava. In particolare egli utilizzò anche alcuni procedimenti che fondevano vari tipi di divisione, ad esempio la tetradodecafonia, cioè la dodecafonia derivata dall’uso di tre accordi tetrafonici, e la biesadodecafonia, cioé la dodecafonia derivata dall’uso di due accordi esafonici. Su questo punto avrebbero sviluppato le loro teorie, in piena sintonia con Alaleona, alcuni fra i piu’ importanti teorici del XX secolo, come Slonimskij, Perle e Lendvai.
Portando alle estreme conseguenze il suo assunto di base, Alaleona giunge a teorizzare della divisione dell'ottava in cinque parti uguali, la “pentafonia”. Scrive Alaleona:
“Si divide l’ottava on tre parti uguali (scala di bitoni), in quattro (scala di trisemitoni), in sei (scala di toni); oh perché non si potrà dividere in cinque? [...] La mancanza della divisione in cinque, in mezzo alle divisioni in quattro e in sei, mi sembrava una vera lacuna”. (11).
Per la realizzazione musicale della pentafonia, Alaleona fece costruire uno speciale harmonium, tuttora esistente (di proprietà della signorina Giuseppina Alaleona), denominando i cinque suoni della scala con le cinque vocali dell’alfabeto italiano: a, e, i, o, u. Il carattere della scala pentafonica era per Alaleona strano, ambiguo, misterioso, suggestivo: “Per la mia Mirra — scrisse il compositore — in cui, non occorre ripeterlo, non ho fatto certo del sistema pentafonico un uso invadente, ciò che sarebbe risibile, me ne sono valso con grandissimo riserbo per rendere diciamo così un annientamento, una suprema prostrazione di anime in qualche momento singolare della tragedia"(12).
Al termine del suo studio, Alaleona si spinge ancor oltre, giungendo a teorizzare altri sistemi, derivati dalla divisione dell’ottava in sette, otto o più parti uguali, anticipando così formulazioni analoghe a quelle che avrebbero sviluppato anni dopo, con le loro scale a 3/4 di tono e a 2/3 di tono, compositori come Haba, nel suo Harmonielehre, o Vysnegradskij, nello scritto L’ultrachromatisme et les espaces non octaviants .
Come l’esafonia può derivare dall’uso simultaneo di due accordi trifonici, così l’octofonia può derivare per Alaleona dall’uso simultaneo di due accordi tetrafonici.Scrive il nostro autore:
“L’octofonia ha una grande importanza per i suoi rapporti con la tetrafonia. Abbiamo visto come gli intervalli della scala trifonica sono, negli strumenti cromatici temperati, suddivisibili in due parti uguali (esafonia). Gli intervalli della tetrafonia invece non sono suddivisibili in due parti uguali nei nostri strumenti, ciò che limita molto le risorse melodiche della tetrafonia, se si vuole mantenere indipendente dalle vecchie tonalità. L’accordo tetrafonico nella nostra musica è condannato quasi esclusivamente a sorreggere melodie diatoniche, le quali vi si contorcono, vi si torturano sopra come — mi perdoni il lettore le immagini — su un letto di spine, un cilicio, una bragia. Ciò serve magnificamente per effetti strazianti, tetri, drammatici. Che non sia possibile anche sull’accordo tetrafonico adagiare una melodia calma, serena, tranquilla? Questa melodia potrà darla la scala octofonica (di tre quarti di tono) che trova nell’accordo tetrafonico il suo vero proprio naturale letto, suddividendo ciascun intervallo della tetrafonia in due parti uguali. La melodia octofonica sta all’accordo tetrafonico, come la melodia esafonica all’accordo trifonico. Per questi motivi estetici, io mi propongo di tradurre in pratica il sistema octofonico” (13).
Le singolari intuizioni teoriche sviluppate nel 1911 da Alaleona rimangono un fatto isolato nel panorama musicale italiano del primo Novecento. Lo stesso Alaleona, pur non rinnegandole mai, se ne distaccò progressivamente ed ebbe a definirle, pochi anni prima della morte, “giovanili bizzarrie di tecnica e poetica musicale”; tuttavia nel 1924, in occasione di una esecuzione romana del Pierrot lunaire di Schönberg, Alaleona scrisse un articolo in cui sollevò la questione della progenitura del termine dodecafonia: “Non sarebbe male al riguardo anche fissare se in Italia o fuori sono state introdotte per la prima volta queste parole ‘dodecafonia’ e ‘dodecafonico’ oggi acquisite alla tecnica musicale moderna” (14).
Il nome di Alaleona fu accostato a quello di Schönberg già nel 1913, nello scritto di Carlo Somigli Il modus operandi di Arnold Schönberg, apparso nella Rivista Musicale Italiana del 1913. Successivamente è stato il musicologo Luigi Rognoni ad accostare ripetutamente i due autori, in numerosi importanti scritti (15). Sebbene la portata rivoluzionaria della teoria di Schönberg fosse assai superiore di quella di Alaleona, tuttavia quest’ultima conteneva numerosi motivi di grande interesse, che appaiono oggi sempre più evidenti nella loro originalità, come bene ha sottolineato uno dei pochi discepoli di Alaleona, Marcello de Angelis:
“Quella di Alaleona fu una geniale intuizione che aspettava, caso mai, di essere ripresa e sviluppata successivamente”(16).
Tutta l’opera di Alaleona è ancor oggi assai poco conosciuta anche in Italia, tanto che le musiche ascoltate in questa trasmissione sono state eseguite in buona parte espressamente per noi, poiché presso la RAI italiana non esistono registrazioni disponibili.
Le cause di questo disinteresse sono forse da ricercarsi nell’adesione di Alaleona al fascismo, fatto che, dopo la seconda guerra mondiale, determinò la messa al bando della sua musica, come quella di molti suoi contemporanei. Oggi però questo disinteresse non è più giustificabile e questa trasmissione si propone di essere un primo passo verso la rivalutazione di questa importante figura di uomo e di artista.
Per concludere ascoltiamo di Alaleona una composizione del 1918: La città fiorita, cinque impronte per pianoforte, dedicate ad altrettanti fiori: Rosa bianca, Crisantemo, Biancospino, Lilium, Camelia.
Questi brani sono basati su materiale diatonico liberamente concatenato, con frequenti sovrapposizioni politonali. Talvolta emergono esplicite citazioni gregoriane. La forma è tradizionale, ma con un insisito ricorso alla ripetizione, soprattutto nel primo brano del ciclo. Ascoltiamo dunque di Domenico Alaleona, La città fiorita nell’interpretazione del pianista Paolo Wolfango Cremonte.

ASCOLTO MUSICALE 4 (Durata 25’ ca)

1) D. Alaleona, I moderni orizzonti della tecnica musicale: teoria della divisione dell’ottava in parti uguali, in "Rivista musicale Italiana", anno XVIII (1911), p.385-6. pag;394
2) D. Alaleona, La musica modernissima. Le tonalità neutre e l'arte di stupire, in "Rivista musicale Italiana", anno XVIII (1911), pp.790.
3) D. Alaleona, I moderni orizzonti della tecnica musicale: teoria della divisione dell’ottava in parti uguali, op.cit., pag.388
4) D. Alaleona, La musica modernissima. Le tonalità neutre e l'arte di stupire, op.cit., pag.801
5) D. Alaleona, I moderni orizzonti della tecnica musicale: teoria della divisione dell’ottava in parti uguali, op.cit., p.388
6) ivi, p. 392.
7) D.Alaleona, La musica modernissima. Le tonalità neutre e l'arte di stupire, op.cit., p.791.
8) D.Alaleona, I moderni orizzonti della tecnica musicale: teoria della divisione dell’ottava in parti uguali, op.cit., p.393
9) ivi, pag.397
10) ivi, pag.395-6.
11) ivi, pag.410
12) ivi, pag. 414.
13) ivi, pag.417
14) D.Alaleona, Lingua e linguistica nell’avvenire della musica, in “Il Mondo”, 10 aprile 1924.
15) L. Rognoni, La scuola musicale di Vienna, Torino 1966
16) M. De Angelis, Giannotto Bastianelli e la critica italiana nel primo Novecento, in “Lo spettacolo” 1972.

CENNI BIBLIOGRAFICI

Alaleona D., I moderni orizzonti della tecnica musicale: Teoria della divisione dell’ottava in parti uguali, in “Rivista musicale italiana”, 18 (1912), pp.382-420.

Alaleona D., La musica modernissima. Le tonalità neutre e l’arte di stupire, in “Rivista musicale Italiana”, 18 (1912), pp.769-838.

Cardi G., Domenico Alaleona. Musicista e musicologo, in “Quaderni della Società Filarmonica Ascolana”, 2 (1957).

Di Benedetto A., Riscontri del concetto di “Dodecafonia” nella Mirra, in “Aspetti e Presenze del Novecento musicale”, a cura di F.Tampieri, Montegiorgio (1980), pp.95-123.

Suozzo M., La dodecafonia di Domenico Alaleona, in “Musica senza aggettivi. Studi in onore di Fedele D’Amico”, a cura di A. Ziino, Quaderni della Rivista Italiana di Musicologia, 21 (1991), pp. 603-23.