I. Il 24 novembre 1903 Puccini scrisse a Illica:

Sono qui (a Torre del Lago) solo e triste! Tu sapessi le sofferenze mie! Avrei tanto bisogno d'un amico, e non ne ho, o se c'è qualcuno che mi vuole bene non mi capisce. Sono un temperamento molto diverso da tanti! Solo io mi comprendo e mi addoloro; ma è continuo dolore il mio, non mi dà pace. Anche il lavoro non mi solleva, e lavoro perché devo. La mia vita è un mare di tristezza, e mi ci fisso! Mi sembra di non essere amato da nessuno: capisci, da nessuno, e dire che tanti mi dicono un uomo invidiabile! Come sono stato generato male!

Puccini chiude la lettera confessando di passare il tempo «in un'atmosfera delle più nere».


II.
fine gennaio 1909: il «Corriere Toscano» pubblica un articolo di Umberto Paradisi intitolato La piccola Butterfly. Scrive Paradisi:

È questo un altro delitto del mondo. Madama Butterfly morì d'amore e di dolore. La piccola Butterfly di Torre del Lago è morta soltanto di dolore. E l'ha uccisa il mondo!... Ieri hanno cosparso la sua tomba di fiori e di salmi, di lacrime e di lodi. Mi è parsa una viltà ed una sciocchezza insieme. Una sola persona doveva se mai accompagnare quel feretro verginale: la signora Elvira Puccini. Tutta l'altra folla bianca d'emozione le avrebbe certo fatto compagnia nel triste pellegrinaggio. Ma allora sarebbe stata coerente col suo passato. Donna Puccini da tre giorni trovavasi invece a Milano. La folla che parlò ed accusò in suo nome, per suo involontario ma natural incitamento, doveva restarsene a casa. Bastavano il medico ed il prete dietro quella bara: la scienza che proclamò l'innocenza del corpo, la religione che raccolse quell'anima trasmigrante a Dio.

III. La famiglia vorrebbe parole di fuoco per l'iscrizione funeraria:

A Doria Manfredi, fanciulla buona ed onesta, che cessò di vivere il 27 gennaio 1909, perché empiamente calunniata. Tu sei morta, fanciulla, ma il tuo onore vivrà in eterno, e coloro che ti hanno ucciso sono ricoperti d'infamia e li ucciderà il rimorso.


IV. Lui scrive alla sorella Ramelde:

Aspetto notizie da Milano dove l'avvocato si è abboccato con Elvira per definire la separazione. Non sto bene, sono malato e lo sento. Potessi finire anch'io, sarei contento... Io lascio mia moglie: è questa la punizione e dovrebbe bastare a loro.

V. Elvira:

Per troppo tempo hai fatto di me la tua vittima, hai sempre calpestato i sentimenti buoni e amorosi miei verso di te, offendendomi sempre nel mio affetto di moglie e di amante appassionata quale fui sempre. Ma se un DIO c'è, dovrà farti pagare quello che hai fatto soffrire a me e l'ora del castigo suonerà anche per te, e allora ti pentirai del male che mi hai fatto ma sarà troppo tardi! Col tuo egoismo hai distrutto una famiglia e hai causato cose assai gravi, e se è vero che tutto nel mondo si sconta, tu la sconterai... Se posso darti un consiglio, è quello che tu smetta di mentire perché forse è il solo mezzo di riabilitarti in faccia a tutti. Perché tu menti anche a te stesso... Non hai più vent'anni, né godi di una florida salute e verrà presto il giorno in cui l'isolamento ti peserà e ricercherai le cure e l'amore di una persona affettuosa ma sarà troppo tardi e dovrai finire i tuoi giorni solo e abbandonato da tutti. La tua teoria che col denaro si può avere tutto è sbagliata perché l'affetto e la sicurezza d'avere intorno delle persone affezionate non si comprano.

VI. Puccini scrive a Elvira:

Se vuoi tornare con me, dopo il processo, fai pure, sarò sempre pronto a riprenderti, e se vuoi difenderti come tu dici, fallo pure, io non ho nulla da temere. Nulla! 1.000.000 di persone sono lì ad attestare l'onestà e la probità e la sincerità della mia vita d'uomo e d'artista.

VII. Elvira a Giacomo:

Il fatto che tu non mi abbia permesso di venire con te [a New York], e il modo con cui me lo hai proibito, mi è profondamente dispiaciuto. Non me lo dimenticherò; ricordatelo. Mi hai privato di una grande soddisfazione, quella di partecipare al tuo trionfo... La sola cosa che mi consola è il pensiero che almeno tu sei felice senza di me... Ora sei un grand'uomo, e paragonata a te sono soltanto una pigmea. Perciò sii felice e perdonami se ti ho seccato con le mie lamentele.

Rinnovarsi o morire? L’armonia di oggi e l’orchestra non sono le stesse [...] io mi riprometto, se trovo il soggetto, di far sempre meglio nella via che ho preso, sicuro di non rimanere nella retroguardia.

Puccini a Clausetti, 9 luglio 1911




GIULIA MANFREDI



DORIA MANFREDI



NADIA MANFREDI - NIPOTE DI GIULIA



PUCCINI A GIULIA MANFREDI



GIACOMO MANFREDI