ADRIANO LUALDI

I QUATRO RUSTEGHI
DI E. WOLF FERRARI
ALLA SCALA


3 maggio 1923

I Quatro Rusteghi sono ricomparsi ieri sera alla Scala, e il pubblico se ne è compiaciuto assai. Ha seguito con serena letizia una commedia che si svolge semplicemente senza dover superare lo spasimo o saltare l'oistacolo di tragedie orchestrali; ha riveduto dei personaggi che, vestiti alla goldoniana, vivono, si muovono, cantano in un'atmosfera musicale perfettamente consona al loro tempo, ai loro caratteri e al dialetto che parlano; ha ascoltato recitativi ed arie, pezzi d'insieme, canzoni e postludii nei quali l'anima di Venezia settecentesca è - guardata con affetto, con nostalgia (e talvolta cori un po' di ironia) da un'anima moderna - tutta intera: superficiale e sensuale, indolente e spiritosa, conservatrice ed ingenua; ha ammirato ed applaudito il mestro, che, musicando il dialogo goldoniano come nessun altro seppe fare, donando ad un capolavoro del nostro teatro di prosa una veste sonora aderente e fedele, ha scritto un'opera comica che diverte, cosa rara; che non cede a nessun pregiudizio, cosa più rara; che è insomma un'opera d'arte equilibrata ed armonica, cosa assolutamente rarissima.
Il pubblico ha applaudito assai, ieri sera. Si sentiva diffuso, nella sala del teatro, il piacere di ascoltare un linguaggio semplice ed interessante, spiritoso e sostanzioso; si sentiva diffusa la contentezza di poter capire tutto e di tutto poter gustare: di godere senza affaticarsi.
Molti gli applausi; ma nessuno, o ben pochi, avranno pensato che quest'opera che appare così fresca e che può essere accolta come un ristoro dagli assetati di semplicità, ha quasi vent'anni.
Quando Le donne curiose comparvero, quando I Quatro Rusteghi le seguirono, gran da fare si dettero moltissimi, per mettere Ermanno Wolf-Ferrari in rapporto col momento artistico di allora.
Vi fu chi parlò di lui come di un retrogrado volontario; vi fu chi lo trattò a dirittura come un «fenomeno». Il fenomeno si riduce forse a questo: nel non aver mai seguito il Wolf-Ferrari, la moda del giorno. Quanto all'esser «retrogrado», il maestro non ha forse torto di non aver voluto dare in escandescenze musicali per paura di restare indietro.
È un fatto che, dopo vent'anni, queste sue opere comiche non recano neppure il minimo segno dell'età che hanno; è un fatto che, ad ascoltarle, si prova un così squisito ed aristocratico piacere, si rivede un mondo lontano sotto un così seducente aspetto, ed è così arguto e sereno il sorriso che le infiora tutte, da renderle veramente incantevoli: oasi di frescura in un paese torrido, momenti di pace in un ambiente temporalesco.
L'aver sdegnato di seguire la moda corrente ha fatto sì che queste commedie musicali veneziane siano senza età per quel che riguarda le battaglie artistiche di questi ultimi trent'anni: e non abbiano che il colore modernamente inteso ed espresso, inconfondibile dunque coi modelli ispiratori - dell'epoca nella quale sì svolgono. Il non avere voluto che l'arte sua si fregiasse di una vistosa etichetta progressista, ha permesso al Wolf-Ferrari di dettare le sue musiche in piena serenità di spirito, e di cercare sempre i mezzi più semplici per esprimersi. La nessuna preoccupazione di essere quel che adesso si dice «originale» lo ha messo sulla via della assoluta spontaneità; ed oggi dopo aver sentito tante musiche e tanti autori si può anche dire che lo ha condotto ad essere diverso da tutti i moderni, per quella gustosa patina arcaica che copre leggermente le sue musiche; diverso dagli antichi, per lo spirito moderno che inevitabilmente si mostra e si fa sentire anche là dove i modelli classici son seguiti più da vicino.
Certo, l'arte di Ermanno Wolf-Ferrari ha suscitato sempre e susciterà ancora discussioni molte; certo quello che egli fa, di starsene isolato e fermo in un mondo che si agita furiosamente e che ha le sue basi nelle società di mutua assistenza o nelle corporazioni, come si dirà domani, è audace; può sembrare quasi una sfida. Ma sfida non è, perchè Wolf-Ferrari è l'uomo più pacifico del mondo. Egli è - per quel che riguarda i movimenti artìstici - un assente; vive, presso Monaco di Baviera, in un bosco; molti, in Germania, lo credono morto. E lui se la gode, perchè dice che i successi «da morto» sono i soli veramente interessanti per un compositore.
Ma intanto, intorno alle sue commedie musicali crescono la simpatia ed il favore del pubblico, ed anche ieri sera lo si è visto; e fra tanto suddividere in scuole, sottoscuole tendenze e tendenzuccie, pochi si sono accorti che questo musicista è il solo, fino ad oggi, che dimostri - con queste sue commedie veneziane - di essersi accostato con cuore umile all'immensa eredità spirituale lasciata agli italiani da Giuseppe Verdi, con Falstaff.
Interpreti scenici: G. Tess, G. Fabbri, A. Sassone Soster, M. Labia, G. Azzolini, M. Govoni, D. Carnevali, L. Cilla. Direttore d'orchestra E. Panizza. Scene di A. Rovescalli e G. B. Santoni. Costumi di Caramba.