Enrico Girardi

UN ECCELSO INTERPRETE MAHLERIANO

CORRIERE DELLA SERA
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È morto da «romantico», sul campo. Ma Giuseppe Sinopoli, frequentatore assiduo della letteratura musicale romantica, e più ancora di quella decadente, un romantico non lo è stato. Non aveva nemmeno il gesto, del trascinatore di sentimenti: anzi, aveva insegnato a diffidare di strategie comunicative troppo «facili».
È stato piuttosto un intellettuale molto lucido e molto profondo che di un pagina musicale era capace come pochi di cogliere da una parte il senso della costruzione e, dall’altra, l’appartenenza di tale disegno compositivo ad una cultura fatta anche di espressioni non musicali. Perciò non credo fosse un vezzo quello, tutto suo, di applicarsi ad altre discipline, ad altri studi, ad altre ricerche. Con serietà e con entusiasmo, come è proprio delle persone intelligenti.



La comunicazione, semmai, veniva dopo. Un intellettuale anche onesto, che non ha frequentato - per smania di fare - i territori che non sentiva suoi, che non conosceva così in profondità. Oggi quasi tutti dirigono quasi tutto. Sinopoli, no. Amava suonare Schumann, Brahms, Strauss, Bruckner, Wagner, Verdi (l’ultimo Verdi!), Puccini e certo Novecento, specie quello viennese.
Ma piace soprattutto ricordarlo come interprete mahleriano.
Dirigere Mahler con la Philarmonia di Londra o, più ancora, con la poderosa Staatskapelle Dresden - la «sua» orchestra, seconda a nessuna come profondità, come «gravità», di suono - poteva sembrare cosa naturale e facile.
Ma l’idea del sinfonismo mahleriano come rifugio anzitutto «lirico», schubertiano, dalle tragedie del mondo, Sinopoli l’ha divulgata con forza anche con l’italianissima Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, in quel ciclo integrale che rimane ora purtroppo incompiuto.