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CRONOLOGIA DELLA VITA
E DELLE OPERE


NOCH SUCHE ICH ABER
UND STERBEND
WILL ICH FINDEN!


BERLINO - VIKTORIA-LUISE-PLATZ NEL 1911 E...
ZURIGO DURANTE LA GRANDE GUERRA
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TRIBUTE TO

FERRUCCIO BUSONI


CRONOLOGIA
BUSONIANA

 

LA MUSICA DEL NOSTRO SECOLO DEVE MOLTO A BUSONI, NON SOLTANTO PER QUANTO EGLI HA INTUITO, PREFIGURATO, PROFETATO, PRESCRITTO, MA ANCHE PER L'ESEMPIO CHE HA SAPUTO DARE DI UN MODELLO DI ARTISTA CHE INSTANCABILMENTE CERCA, CHECONTINUAMENTE SI METTE IN DISCUSSIONE, CHE NON SI APPAGA DI NESSUNA CONQUISTA E ASPIRA VERSO L'IGNOTO, VERSO L'ILLIMITATO, VERSO L'ULTIMA PAROLA CHE MANCA LA TENSIONE DI QUESTA RICERCA, CHE SI RIFLETTE IN UNA MUSICA DI ACUTA INTELLIGENZA E DI FERTILITÀ COSPICUA, È CIÒ CHE BUSONI HA LASCIATO IN EREDITÀ, INTRAVEDENDO SOLTANTO A TRATTI - E SAPENDOCELA COMUNICARE - QUELLA OLIMPICA SERENITÀ SITUATA NEGLI SPAZI INFINITI DELL'EMPIREO CUI SPETTA IL DOMINIO NEL REGNO ASSOLUTO DELLO SPIRITO, SECONDO LA SUA VISIONE DELL'ESSENZA DELLA MUSICA.

 

 


NESSUNA SCUOLA, NESSUNA CORRENTE, NESSUNA TENDENZA, NESSUN MOVIMENTO HA POTUTO PERÒ TROVARE IN BUSONI IL SUO VERO, UNICO MAESTRO; E A TUTTI, VICEVERSA, SI POSSONO ATTRIBUIRE IDEE O STIMOLI CHE PARTONO DA BUSONI.

 

SERGIO SABLICH

 



ACQUAFORTE DI EUGEN SPIRO
© ARCHIVIO MUSICALE L. RODONI

 

Caro Babbo [...]
8 Studi ho fatto di pianoforte nuovi e una sonatina di Clementi ah! Spero che sarai contento. I pezzi del concerto gli [sic] so tutti infallibilmente (come il papa) a memoria che tè ne pare eh! del tuo unigenito? [...] Dalla maniera che ti scrivo cioè dal stile spero che tu mi calcolerai come un SCRIBA DOCTUS sapendo che il latino ti piace molto. Poche nuove cose ti ho scritto, accontentati per questa volta perché ho fretta. [1874]


Mi sono ancor qualcosa dimenticato. In geografia ho finito la cosmografia e siamo passati alle forme della terra e dei mari. In tedesco 4 tempi del verbo avere e finito il verbo essere. Storia Naturale abbiamo finito le diversi [sic] parti dell'uomo e siamo passati agli animali dell'uomo che abbiamo. Gatto ho copiato tutto in netto. [...]

 

Addio il tuo amoroso (figlio unigenito) Ferruccio

 

Cara Mamma,
Io faccio molti progressi nella lingua tedesca, e ora studio anche il francese. Mi piace molto stare a Vienna perché Vienna è una città molto bella. L'insegnamento della scuola di pianoforte del Conservatorio non mi piace, e credo che sarà finito subito o in pochi mesi. [1875]

La prima volta che andai da Hanslick, egli fu oltremodo cortese, m'incoraggiò moltissimo e mi diede un biglietto di raccomandazione per presentarmi a Richter. Hanslick si rammentò di me e dei miei concerti e mi consigliò di produrmi come pianista. [1885]

 

 


ANNI DI VIAGGIO

1886-1893



BUSONI A LIPSIA CON IL CANE LESKO

Posso darmi quanto voglio le arie di essere un pessimista e uno scettico, ma sono invece di natura comunicativa e ho bisogno di contatti umani. Ho letto ieri della morte del compositore Ponchielli e ne sono molto rattristato. Nonostante la sua cattiva musica era una cara persona, semplice e priva di invidia. Ho avuto il piacere di fare la sua conoscenza a Milano. [...] In questi giorni ho letto di nuovo «Padri e figli» e l'impressione resta altrettanto forte. [1886]

 


Qui [a Helsingfors] nella musica, si può solo dare, non ricevere; si può insegnare, non imparare, introdurre il nuovo, forse, gradatamente ma con grande difficoltà; apprendere del nuovo, no. Nei centri della cultura musicale il compito che ci spetta e che vale la pena di assumersi (e che dà soddisfazione) è quello di contribuire alla crescita con l'apporto del nostro sentire, della nostra creazione, del nostro pensiero. Qui bisogna esser contenti se si riesce a riprodurre o a imitare una parte di ciò che è stato raggiunto altrove. Qui non c'è un teatro d'opera! [1888]

Ti scrivo oggi per provarti come i miei pensieri siano ininterrottamente con te; soltanto ora capisco cos'è la passione e come si possa mandare in rovina la propria vita per una donna. Cose simili le avevo lette finora nei libri e le ritenevo fantasticherie idealistiche. Ma se tu non fossi così sicuramente mia, la mia sposa, potrei commettere le pazzie più assurde per causa tua. Ma, grazie a Dio, sei mia, e ti supplico di esserlo e rimanerlo sempre allo stesso grado, perché altrimenti non so come andrei a finire. Realmente! Il mio amore per te si è trasformato in passione, ma tutto andrà bene e felicemente se continuerai ad amarmi. [1889]

Quel che posso dire dei miei ricordi di bambino prodigio è che mi è stato molto utile sentirmi imprimere nella mente sin dall'inizio che dovevo e potevo diventare un grand'uomo; ma al tempo stesso ci si mostrava sempre scontenti di ciò a cui ero arrivato sino a quel punto. Mi si citavano, con profitto, giovani che si facevano notare e di cui si parlava nei giornali; mi ricordo che ogni volta una notizia del genere era per me come un pugno nello stomaco. Il sistema consisteva nello spronare la mia ambizione, molto sviluppata. Ma non si deve esagerare nell'apparente insoddisfazione, nello scuotere la testa, nelle ramanzine; può portare facilmente allo scoraggiamento o all'antagonismo. Anche in seguito, al tempo dei miei studi, più che lo studio in sé mi spronava la competizione con i condiscepoli. Ho incominciato a prender le cose veramente sul serio soltanto con l'inizio della maturità e con lo sviluppo di un carattere indipendente. Fino a pochi anni fa ho odiato e trascurato lo studio del pianoforte. Prima preferivo leggere piuttosto che far musica. [1890]

 

Per quanto riguarda Egon [Petri], è una fortuna per me che la differenza di età tra me e lui sia quasi uguale a quella tra te [Henri Petri] e me, di modo che posso capirvi tutti e due e immedesimarmi in entrambi. Mentre in tante cose sono ora avanti a Egon, tra breve sarà al mio fianco e chissà se, alla fine, non rimarrò di molto indietro!
Gli auguro che tutto gli vada bene come uomo, e che come artista possa contribuire con una sua pietra al grande monumento che tutti ceselliamo, modelliamo, edifichiamo! [1899]

I fattori che costituiscono un grande artista sono molteplici. I più importanti forse: carattere, individualità, personalità e autentica natura artistica. Nel caso di un virtuoso che si presenti in pubblico vanno aggiunti il potere di dominare e avvincere una massa di gente e una nervosità attiva, non passiva. Cioè: bisogna sviluppare una tensione nervosa, senza soggiacervi personalmente. [] Anche se esistono queste qualità, l'influsso esterno è molto potente e non facilmente prevedibile, tanto che esso può svilupparle o invece soffocarle. L'ambiente in cui vive il giovane artista in fieri, la vita che conduce - fisica e morale - e la sua facoltà di assorbire le impressioni e di trasformarle in attività spirituale personale - i mille casi imprevedibili - tutto ciò ha un suo ruolo. Forse a nessuno è stato mai dato di percorrere un cammino perfettamente rettilineo, la maggior parte si trova alla fine in un punto totalmente diverso da quello che si era prefisso all'inizio; e molti altri vengono sbatacchiati in qua e in là, portati fuori strada, o la strada la perdono del tutto. Ma per colui che mantiene sempre la giusta direzione o finisce col trovarla, l'età decisiva è intorno ai trent'anni. Fino a quel momento il dubbio o la speranza di una riuscita sono ambedue legittimi. [1901]

L'assunzione di un «impiego» ha sempre avuto qualcosa di opprimente per me. Il cambiamento di città, di paese e di abitudini, l'interruzione di tante attività diverse - come avverrebbe nel nostro caso - avrebbero un rilievo tutt'altro che indifferente nella mia vita e a un'età in cui, a mio parere, bisogna ormai regolare il proprio cammino soltanto su piani ben stabiliti;


IL GRANDE CONCERTISTA


(BERLINO I)

1894 - 1906


FERRUCCIO BUSONI ATTORNO AL 1900

 

e bisognerebbe spiegare chiaramente alle persone interessate che, nel venirci incontro, Vienna ed io, e quand'anche mi fossero offerte le condizioni più favorevoli, il passo che devo fare io, nel prendere la decisione, è quello che, moralmente, conta di più.

 

NACH DER WENDUNG I

(BERLINO II - AMERICA)

1907-1910

 

Lo svolgimento dell'arte musicale nel nostro paese oscilla tra le influenze recenti d'un Wagner e quelle anco più recenti della scuola francese da un lato - e per contrappeso serpeggia nella corrente, sfiorando la superficie soltanto, la parola alata di un grande:


«Torniamo all'antico». Constatando volentieri il gran rumore che ha prodotto il Wagner in Italia, non mi sembra però poter egualmente constatare, che la sua musica «ci vada a sangue», ed i nostri compositori non ne hanno approfittato che apparentemente. Più prossimi - per somiglianza di razza - i francesi, hanno meglio riuscito signoreggiarci, e di questo ne è prova il più riputato dei maestri viventi. È una certa perdita di fiducia in noi stessi, rimpetto alle meraviglie tecniche degli stranieri, che ci spinge ad appropriarci quelle qualità. Mentre la natura italiana in fatto si ribella ad una forma di espressione, che è la caratteristica di un'altra razza, di una razza opposta. In tal maniera temiamo d'essere italiani senza riuscire ad essere germani; in quanto poi ciò che guadagnamo dai francesi, non eccede il valore d'un [sic] imitazione, valore sempre negativo; questa influenza anzi ci rende meno schietti e meno forti e sostituisce un profumo artificiale all'odore sano della terra. [...] Chi si piace dell'antico è libero di rileggere, riudire e rimirare le opere dei tempi passati ed il primo passo sarebbe dunque di riprendere gli spartiti d'un Monteverde [sic] Caccini, e di rimetterle [sic] sulle scene. Un tale esperimento gioverebbe certo: non ritorneremmo all'antico, ma alle antiche sorgenti potrebbe attingere un [sic] arte nuova, sempre rimanendo italiana. Il motto che fà [sic] bisogno sarà per ora e per sempre: «procediamo innanzi e restiamo italiani». [1909]

Ho dovuto interrompere di nuovo la partitura della mia opera e in compenso devo arrabattarmi sui pezzi di Chopin, che credo di padroneggiare ormai da 25 anni e che pure devo rinconquistare ogni volta. Non è un nutrimento nuovo e fecondo per lo spirito, e comincio a coltivare seriamente l'idea di piantare in asso il mio mestiere manuale e digitale. [...] A che cosa mira ora il pianismo? Perché possa continuare a svilupparsi abbiamo bisogno di una nuova letteratura e di uno strumento perfezionato. [1910]

Io sono un adoratore della forma!! Sono ipersensibile in materia e questa mia debolezza è fonte per me di molte sofferenze [...] Ma mi ribello alle forme tradizionali e immutabili e sento che ogni idea, ogni motivo, ogni individuo deve avere la propria forma in rapporto al pensiero, al motivo, all'individuo. [1910]

 

Dunque pensiamo con piacere a Berlino, dove ti [Egon Petri] troverai sicuramente bene, stimolato e liberato; non la Berlino dei divertimenti per chi ci si trova di passaggio, ma quel centro importante che costringe a creare, che aiutandoti a progredire ti isola, ma che con la sua gioia di vivere ti fa diventare socievole. [1911]

Come devo descriverti la mia impressione? Era un normalissimo concerto sinfonico e si è trasformäo per me in un avvenimento che mi ha colpito profondamente. Avviene di rado che io sia uno spettatore e già l'osservare il pubblico standovi in mezzo ha suscitato in me una sensazione insolita. Un senso di disagio, di malessere, molto deprimente. Queste due masse di umanità, delle quali l'una, in basso, se la lascia dare a bere dall'altra: aveva in sé qualche cosa di spettrale, grottesco. [...] Ma hai mai riflettuto su un'orchestra? Ogni singolo vi è un deluso, un povero diavolo; presi nell'insieme sono una ribellione repressa, e come 'ente' ufficiale sono presuntuosi e vanitosi. La routine conferisce alle loro esecuzioni un'apparenza di perfezione e sicurezza; del resto questa massa detesta il proprio mestiere, la propria condizione e soprattutto la musica stessa. [1911]

I miei pensieri che si sforzano di spingersi in avanti, vengono respinti indietro di alcuni secoli a ogni cantonata. E difficile concentrarsi sul futuro in un paese [l'Italia] che deve ancora raggiungere il presente. [1912]

Questa guerra per me è una vera tragedia. Bisognerebbe avere quindici anni, ora, oppure settanta, ma non cinquanta, quanti ne ho io tra poco; è come amputare a uno due gambe sane senza narcosi. [1914]

Sono già tre settimane che sono malato ed è la terza volta quest'anno. Solo un grande sollievo morale mi potrebbe guarire a fondo, ma da dove dovrebbe venire? Dovunque volgo lo sguardo vedo le stesse cose. In alto avidità, in basso stoltezza, in mezzo tanta sete di sangue - bestialità scatenata; e allora ci si dice: sono stato ben ben menato per il naso e per lungo tempo. In questo momento non mi sento più la forza di costruire altari; di essere architetto, sacerdote e comunità solo per me stesso e in una persona. [1914]

La domanda angosciosa è ora il 'se', il 'quando' e il 'come' di un viaggio in America. - Il veleno della situazione è penetrato lentamente nel mio animo, tanto che per tutto il mese di agosto mi sono potuto ritenere immune. Ma in settembre ha cominciato ad agire e mi ha messo a terra.

 


NACH DER WENDUNG II


(BERLINO III)

1911-1914



BUSONI NELLA SUA BIBLIOTECA A BERLINO

Tuttavia sembra che mi possa riprendere; comincio a distanziarmi dalla faccenda; non partecipo più e non sono quasi nemmeno spettatore; mi rivolgo di nuovo a me stesso e a problemi che non si possono risolvere ma nemmeno distruggere con i cannoni. Ma per arrivare a questo punto ho dovuto attraversare il fitto della boscaglia. Ha un certo valore sperimentare qualcosa di così grave alla mia età, e che lo superi bene è un buon segno. [1914]

 



AMERICA


1915

Questa è stata la mia quinta visita in America e sarà probabilmente l'ultima (a meno che la collettività artistica degli Stati Uniti non faccia onorevole ammenda nei miei confronti). Ognuna delle cinque visite è stata una delusione, e ogni volta sono tornato con fede e aspettative rinnovate.

 


Ho cercato di dare il meglio di me, ma l'hanno rifiutato pretendendo la mediocrità. Il risultato (e non poteva essere altrimenti) è stato insoddisfacente per ambedue le parti. [1915]
Scrivo e scrivo, parole e note, e leggo molto; ma senza vera partecipazione. Quando non si è più padroni dei propri movimenti, la vita non è più nulla. Non importa se ciò sia dovuto a malattia, età, carcere o... ai mezzi gloriosi dei tempi presenti. (Come Ella [E. Andreae] sa, ho sempre sacrificato - volentieri - le possibilità di guadagnare di più alla libertà personale). La Sua cara lettera [da Berlino] mi ha portato conforto e ha acuito la nostalgia. E così fanno tutte le lettere di persone che mi sono care - che mi conoscono. Non sono ancora abbastanza vecchio per rinunciare, non più abbastanza giovane per perdere le occasioni. Non mi rassegnerò mai a questa criminale amputazione della mia vita. E quando La rivedrò, sarò più vecchio. Sto pensando seriamente di andare in Svizzera passando per l'Italia. (Darei 100 Stati Uniti in cambio di un vecchio angolino europeo). [1915]

Questa guerra mi ha aperto gli occhi e riconosco nell'Europa una sola nazione da cui ho attinto quel poco che so e per la quale nutro tutto l'affetto di cui sono capace. [1915]


 

Quando ripenso a Ferruccio Busoni mi ricordo soprattutto [...] la sua visita nell’anno 1915, quando pregò noi Svizzeri di concedergli asilo. Prima avevo conosciuto Busoni soltanto come artista e come uomo di cultura. Ora invece vedevo dinanzi a me un uomo perseguitato dalle follie della guerra, che mi chiedeva aiuto con le lacrime agli occhi. Raramente un evento mi ha lasciato così commosso e, nello stesso tempo, mi ha così tanto rallegrato: ero commosso dalla prostrazione di questo grand’uomo, ed ero rallegrato dal fatto che, ormai, lo potevo considerare uno dei nostri. [Testimonianza di Volkmar Andreae 1926]

Ella dice che non ho segnato confini angusti alla mia patria, ma in realtà il risultato è che- non ho alcuna patria (ne vado prendendo coscienza qui). Così soffro doppiamente. [1915]

Sono stato accolto qui con grandissimo affetto e ho trovato degli amici in persone da cui non me lo sarei aspettato, di modo che la mia mancanza di una patria appare alleviata in un paese, in cui non avevo posto grandi speranze. [...] La mia vecchia anima, quasi scomparsa in America, vibra in me come nei tempi andati. Prendiamo questo momento come un nuovo inizio. Questa volta proprio definitivo.

Abituato da 12 anni a vedere chiara davanti a me la mia strada e a tracciarmela da me, la situazione presente dovuta allo sconvolgimento della mia vita, è diventata quasi intollerabile . Inoltre mi sono profondamente disamorato dell'insegnamento del pianoforte: è penoso per me vedere altri percorrere (più o meno faticosamente) il cammino che ho compiuto ripetute volte e ormai definitivamente. [1916]

Per due anni non ho avuto modo di vedere la mia casa, i miei libri, i miei amici e tutte quelle cose a cui ero abituato. La linea retta è interrotta. Alla ospitale Svizzera esprimo la mia profonda gratitudine, ma questa si può chiamare vita? E continuerò a entrare nelle nebbie dell’incertezza, all’età di quasi 51 anni? [1916]

Malvolentieri, sempre più malvolentieri mi metto al pianoforte per tenermi in esercizio [...]. La prospettiva di un ciclo impegnativo di 4 concerti a Basilea mi mette di fronte [...] a un lavoro notevole di strimpellamento, e mi distoglie per molto tempo dalla mia 'alba' [il Doktor Faust] [ 1916]


 


L'ESILIO IN SVIZZERA

1915 - 1918


ZURIGO 1918 - FOTO DI MICHAEL SCHWARZKOPF

Mon cher ami Philipp, maintenant c'est decidé, j'irai à Berlin. - Voilà d'abord les raisons: - mon habitation est menacée, si je ne me montre pas présent - je dois assister aux répétitions de mes opéras - je suis débiteur d'une visite personnelle et artistique - j'ai accepté la classe de maîtrise en composition à l'Academie de l'Etat: donc, j'y vais, je suis obligé d'y aller; mais je considère l'entreprise toujours comme experiment, (presque une épreuve) et déjà j'envisage la tragique possibilité d'un nouveau déménagement. Je me suis reservé la liberté de six mois, du 1 Janvier jusqu'à la fin de Juin - pour mes projets de Paris, Londres et Rome. [1920]


DOPO LA GUERRA


1919-1920

ZURIGO - LONDRA - PARIGI


 

Due sono le cose che ritengo importanti per il progresso della musica. Prima di tutto: in questo ancor giovane secolo sono stati fatti molti esperimenti; partendo da tutto ciò che è stato fatto - dal nuovo e dal vecchio - si tratterebbe ora di dare nuovamente forma a qualcosa di durevole. E quello che tento di fare io. La maestria della forma e la gioia di far musica dovrebbero riacquistare i loro legittimi diritti. Si è già rimuginato troppo, troppo si è andati alla ricerca della profondità, troppo soggettivismo c'è stato nella musica.[...] In secondo luogo: bisognerebbe evitare dovunque (senza necessariamente negarlo!) il nazionalismo più gretto, borghese (provincialismo). [... ]Quanto al resto, ognuno dovrebbe cercare di fare il meglio che può da sé, senza cercare il sostegno di gruppi, di comunità; tutto sarebbe più genuino e più onesto. [...] Non ne posso più di tutto ciò che è casuale!

Mi accorgo che gli anni trascorsi a Zurigo non sono rimasti senza influenza per me, all'estero; la mia posizione nel mondo musicale si è notevolmente elevata, senza intervento da parte mia; allo stesso modo come un'opera matura dentro di noi, senza che ci si pensi consapevolmente. Tanto più sono grato al Suo paese per la tranquilla attività che mi ha consentito di svolgere. Ma ora anche questo capitolo è chiuso e bisogna prender congedo, con fermezza e malinconia. Perciò il mio ritorno in luglio [a Zurigo da Londra] avrà lo scopo di fare tutti i passi a ciò necessari. La separazione non sarà facile. Ma il mio senso della forma mi dice che la durata di questo pezzo non deve essere protratta oltre il limite dovuto.

Ulteriori decisioni riguardo la mia vita non sono ancora ben delineate, nemmeno per me. [...] C'è molto dentro di me che parla in favore di Berlino, la quale - eccetto l'Italia - è la sola città da prendere in considerazione come sede definitiva: a meno che non dovessi decidere di rimanere in Svizzera, cosa che mi attira meno di tutto, nonostante il molto che devo a questo paese. [...] Ciò che mi dovrebbe far decidere non sono ambizione né interessi economici. Ma quell'offerta che mi potrebbe convincere non è ancora venuta, dovrebbe essere definitiva e garantirmi un'estesa attività artistica.


 

La maggior parte [delle persone] sono rimaste al punto dove le avevo lasciate. Ma proprio coloro che si sforzano di non rimanere indietro mi sembrano immiseriti: sono quelli con cui mi capisco meno, perché siamo cambiati sia io che loro; mentre il tono dei meno pretenziosi lo conosco dai vecchi tempi e - facendomi forza - posso conformarmici. Di sera Berlino è tetra. Nessuno esce per proprio piacere. Alle dieci di sera, quando un tempo 'incominciava il bello', ora tutto è morto. Ma la gente ha un modo di fare cortese e modesto. L'abbigliamento consiste tutto di roba raffazzonata. [...] Se si guarda alle cifre, i prezzi sono fantastici. In realtà, però, io vivo ancora dei 500 franchi che ho portato con me e che a Zurigo sarebbero già finiti da un pezzo. [..] Un bel mattino d'autunno, le mie finestre danno sulla grande piazza con un giardino in cui, di pomeriggio, giocano i bambini e le bambinaie sferruzzano. Ci passano quattro diverse linee di tram. E c'è abbondanza di automobili. Eppure non riesco a liberarmi dalla malinconia. Devo ricominciare a combattere, conservare il mio livello e mantenere la mia sicurezza di giudizio e il mio senso dell'umorismo. Sono le rudi fatiche che non si notano dall'esterno. E un'autodisciplina che consuma gran parte delle forze. I primi due giorni Gerda era allegra e quasi felice. Ora è più quieta. Mi sembra assolutamente impossibile che un uomo solo possa risollevare tutto quel che è sprofondato; e sono estremamente riluttante ad accettare la realtà.

 


IL RITORNO A BERLINO

1920


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Quali saranno i miei pensieri e i miei sentimenti alla fine della stagione? Intanto è già arrivato il furgone dei mobili: il suo contenuto, scaricato in casa, mi lega ancor più strettamente a Berlino.


BERLINO


1920 - 1921




 

Mentre prima della guerra per i giovani e i giovanissimi era difficile farsi valere, anzi farsi ascoltare, oggi è impossibile farli tacere. Una musica di pessima fattura, che è una mescolanza di Schönberg e di Strauss, viene ora alla ribalta e trova approvazione. Penso alle Sue [di Volkmar Andreae] opere giovanili (e anche alle mie) e mi vergogno per la generazione attuale... [1921]


Non sono nato per viaggiare e dar concerti, e il duro tirocinio in questo campo non ha risvegliato alcuna inclinazione in me. Mi sento sempre più estraneo a questa situazione, soprattutto in Italia, a Roma, dove l'artista è considerato il trastullo del pubblico e quasi una sua proprietà. [...] Gli uomini guardano sempre meno lontano, comprendono il valore del 'presente', ma non vanno oltre nemmeno di un secondo. Zurigo! Città del rifugio! Inversione di Pechino! Mi ci son voluti sei mesi per riprendermi. (Mi dicono che sono ringiovanito dei cinque anni di cui ero invecchiato là). [1921]


Solo ciò che è stato costruito con cura, l'immutabile, ciò che si è calcolato con intelligenza in tutte le sue misure, può avere la pretesa d'innalzarsi al rango dell'arte; e perfino sotto questa specie gli esempi perfetti sono presenti soltanto in piccolissima minoranza (questo vale per ogni genere di letteratura).


 

Sin da quando ero bambino, mi dà fastidio che l'arte della Germania meridionale vagheggi tanto la morte e la usi continuamente come argomento. Il mio sangue latino vi si ribella. La nostra incapacità di occuparci della morte si rispecchia con la massima evidenza nel «Requiem» di Verdi e nello «Stabat mater» di Rossini, in cui la vita presente mette in ombra ciò che è trapassato. Persino l'«Inferno» di Dante è retrospettivo, e si riferisce esclusivamente alle azioni di cui i dannati si sono resi colpevoli in vita. [...] Mai in vita mia ho sentito parlar tanto della morte come in Svizzera, dove la gente (siamo onesti) provvede con straordinaria precauzione, minuziosità e sagacia alla propria esistenza terrena; anzi la basa su prudenza e sicurezza come in nessun altro luogo. Mentre i latini danno la vita per un'idea, senza anelare in alcun modo alla morte; anzi per il desiderio di arricchire la vita. [1923]

Giornate autunnali di una bellezza sconvolgente effondono mestamente il loro splendore su di me. Nella mia biografia potrà [Hugo Leichtentritt] aggiungere più tardi: nel 1923 F.B. trascorse due mesi a Parigi. E non c'è altro da dire sull'argomento. [1923]

Ho anche nostalgia dell'Italia; voglio tentare in ogni modo di rivederla presto. Il Suo sarebbe per l'appunto un piano indicato; speriamo che possa essere in grado di realizzarlo. [...] Non c'è nulla che affligga di più che guardare indietro; persino a un passato lieto, per non parlare di quello penoso. È un giusto principio nell'arte quello secondo cui non bisogna lasciarsi coinvolgere da eventi riferiti (o rappresentati); a condizione però che anche il lettore 'riceva', senza 'sentirsi partecipe'. [...]Certo che dobbiamo 'vederci'. Se il mio «Dr. Faust» dovesse venir rappresentato a Dresda in autunno, conto non poco sulla Sua presenza! [marzo 1924]

L'ironia è il più miserevole dei mezzi educativi: me ne sono dovuto convincere, troppo tardi, a proposito del mio Benni [il primogenito Benvenuto]. [...] Ho fatto una cura che mi ha tenuto a letto e a dieta per tre giorni, e oggi sono più debole che mai! Sembra che il tempo voglia essere misericordioso, e Lei [Philipp Jarnach] non sia da meno. Arrivederci, a Dio piacendo, al più presto (e più spesso] [marzo 1924]


BERLINO II


1922 - 1924




ICH WILL DAS UNBEKANNTE.
WAS MIR BEKANNT,
IST UNBEGRENZT.
ICH WILL DARÜBER NOCH.
MIR FEHLT DAS LETZTE WORT.


O BETEN, BETEN!
WO, WO
DIE WORTE FINDEN?







LAURETO RODONI PUBBLICA
SU LIBERODISCRIVERE.IT