WILLIAM SHAKESPEARE ENRICO IV - PARTE PRIMA |
Dramma storico in 5 atti TITOLO ORIGINALE: The Historie of Henri the Fourt; with the battell at Shrewsbury between the King and Lord Henri Percy, surnamed Hotspur of the North. With the humourous conceits of Sir John Falstaff. La storia di Enrico Quarto; con la battaglia di Shrewsbury tra il Re e Lord Henry Percy, soprannominato Sperone Ar- dente del Nord. Con le amene facezie di Sir John Falstaff. Traduzione e note di Goffredo Raponi Note preliminari 1. Il testo inglese adottato per la traduzione è quello curato dal prof. Peter Alexander (William Shakespeare - The Complete Works, Collins, London & Glasgow, 1960, pagg. XXXII, 1370) con qualche variante suggerita da altri testi., in particolare quello delledizione dellOxford Shakespeare curata da G. Welles e G. Taylor per la Clarendon Press, New York, 1994. 2. Alcune didascalie e altre indicazioni sceniche (stage instructions) sono state aggiunte dal traduttore per la migliore comprensione dellazione scenica alla lettura, cui questa traduzione è essenzialmente intesa ed ordinata. Si è lasciato comunque invariato allinizio e alla fine di ciascuna scena il rituale Enter e Exit/Exeunt, avvertendo peraltro che non sempre queste dizioni indicano un movimento di entrata o uscita dei personaggi, potendosi dare che essi si trovino già in scena allaprirsi di questa o vi restino alla chiusura. 3. Il metro è lendecasillabo sciolto, alternato da settenari. Solo in canzoni, ballate, mascherate, citazioni ecc. si è usato altro metro. 4. I nomi dei personaggi sono dati nella forma italiana, se esiste, tranne quando sono preceduti dal titolo inglese di lord o sir. Per Enrico, principe di Galles, sè conservato il diminutivo Hal e Harry quando ricorra nel testo. Per ragioni di metrica, nomi che in inglese sono sdruccioli (Worcester, Lancaster, Westmoreland, ecc.) sono trattati a volte come piani. Premessa Le due parti dellEnrico IV sono un racconto, in forma teatrale, della storia dInghilterra tra il 1399 e il 1413, le date che aprono e chiudono il regno di Enrico Bolingbroke, successo al cugino Riccardo II Plantageneto. Protagonista, accanto al padre re, è il figlio primogenito Enrico, principe di Galles, il futuro Enrico V, la cui ascensione al trono del padre è preceduta da una giovinezza scapestrata trascorsa in compagnia di una congrega di personaggi da trivio, autori dogni specie di malefatte ai danni dei sudditi di sua maestà; dai quali trascorsi il principe si ravvedrà e riscatterà, dimostrandosi idoneo ad assumere, alla morte del padre, quel ruolo di sovrano saggio e valoroso nel quale è entrato nella storia dInghilterra. Enrico IV è un usurpatore. Figlio di Giovanni di Gaunt, quartogenito di re Edoardo III, sè impadronito del trono dopo aver deposto suo cugino Riccardo II Plantageneto. Le vicende di questa usurpazione Shakespeare aveva già cantate nel Riccardo II, di cui le due parti dellEnrico IV sono pertanto la prosecuzione. Il tormentato regno di questo re usurpatore aprirà la dinastia dei Lancaster sul trono dInghilterra e sarà contrassegnato, sul piano nazionale, dalle rivolte dei nobili del Galles e di Scozia, e sul piano familiare dallamarezza del re per la giovinezza scapigliata e dissoluta del primogenito ed erede, Enrico, denominato nel dramma coi vezzeggiativi Harry e Hal. Terzo protagonista dei due Enrico IV è il corpulento compagno dimprese birbonesche del giovane Harry, Sir John Falstaff, la cui vicenda fa da sottotrama, a mo di contrappunto, a quella principale: un personaggio la cui comicità - la meglio riuscita di tutto il teatro shakespeariano - piacerà tanto alla regina Elisabetta, da indurla a chiedere a Shakespeare di farlo ancora rivivere sulle scene mostrandolo, per giunta, innamorato cavalier galante: e sarà il Sir John Falstaff delle Allegre comari di Windsor. Il dramma si apre nel 1402, terzo anno di regno di Enrico IV. LInghilterra è impegnata militarmente su due fronti: coi ribelli gallesi ad ovest, con gli scozzesi a nord. Contro questi ultimi sta combattendo, alla testa delle forze regie, Enrico Percy, il giovane figlio del duca di Northumberland, soprannominato Sperone ardente (Hotspur) per la sua irruenza negli assalti a cavallo. Un messaggero annuncia la sua vittoria sugli scozzesi (ottobre 1402) con la cattura di molti importanti prigionieri. Per contro, sul fronte gallese le truppe regie hanno subito una severa disfatta; (lepisodio è avvenuto qualche mese prima, ma Shakespeare lo fa apparire come contremporaneo al primo perché ciò gli serve per introdurre nel dramma - e giustificarlo - il rinvio di una spedizione in Terrasanta che Enrico avrebbe voluto fare in espiazione delle colpe di cui si sente responsabile per aver usurpato il regno a Riccardo II dopo averne provocato la morte in prigione. Con la vittoria sui ribelli gallesi, Sperone ardente ha catturato prigioneri diversi nobili. Il re li reclama per sé, ma Sperone ardente rifiuta di darglieli. Questo sarà motivo di rottura tra re Enrico e i Percy, padre e figlio, i quali, per ripicca, alleati ad altri nobili, passeranno a combattere il re a fianco degli scozzesi. I due eserciti si scontreranno a Shrewsbury, dove Sperone ardente sarà ucciso in duello dal giovane principe di Galles; e con questo episodio, che annuncia il ravvedimento del giovane Enrico e il riscatto dei suoi dubbi trascorsi si chiude questa prima parte dellEnrico IV. Personaggi · Re Enrico IV · Figli del re · Enrico principe di Galles · Giovanni duca di Lancaster · Il Conte di Westmoreland · Blunt · Tomaso Percy conte di Worcester · Enrico Percy conte di Northumberland · Enrico Percy soprannominato Sperone ardente (Hotspur), suo figlio · Edmondo Mortimer conte di Marsh · Arcibaldo conte di Douglas · Riccardo Scroop arcivescovo di York · Sir Michael suo amico e confidente · Owen Glendower · Sir Richard Vernon · Compagni sregolati del principe Enrico · Sir John Falstaff · Poins (detto Ned) · Bardolfo · Peto · Gadshill · Lady Percy moglie di Enrico Hotspur e sorella di Edmondo Mortimer · Lady Mortimer moglie di Edmondo Mortimer e figlia di Owen Glendower · Mistress Quickly ostessa della taverna Alla testa di cinghiale a Eastcheap · Checco garzone della stessa · Nobili, ufficiali, uno sceriffo, un ciambellano, un vinaio, un cameriere, viaggiatori. Scena: Inghilterra e Galles Atto Primo SCENA I - Londra, il palazzo reale Entrano Re Enrico, Giovanni di Lancaster, il conte di Westmoreland e altri nobili tra i quali sir Walter Blunt Enrico - Scossi ancor come siamo e spalliditi dai recenti affanni, non concediamo tuttavia respiro a questa nostra spaurita pace e, con voce pur rotta dallaffanno, ritorniamo a parlar dellaltra guerra da portare su più lontani lidi. Più non sarà che lassetata bocca di questa terra abbia lorde le labbra del sangue dei suoi figli; né che la guerra scanali i suoi campi con valli e con trincee; le sue campagne, i suoi teneri fiori più non saranno calpestati e uccisi da passi ostili di ferrati zoccoli. Ora gli avversi sguardi che han cozzato finora tra di loro a corpo a corpo, in lotte fratricide, - un furibondo intestino macello -, come stelle in un turbolento cielo - ed eran tutte dello stesso ceppo, tutte nutrite della stessa linfa - marceran di conserta ed in bellordine verso ununica meta, non più come nemici luno allaltro, ma come amici, parenti, alleati. Più non dovrà la lama della guerra Ferire il fianco del suo portatore come un pugnale male inguainato. E dunque, amici, per la grande meta del sepolcro di Cristo, quel Cristo di cui tutti siam soldati e sotto la cui croce benedetta abbiam preso limpegno di combattere, noi leveremo subito un esercito di combattenti inglesi le cui braccia dal seno delle madri furono forgiate apposta per cacciare quei pagani da quelle sacre terre Calcate or son millequattrocentanni dal passo di quei piedi benedetti che furon per la nostra redenzione inchiavardati sullamara croce. Già da dodici mesi è maturata in noi questa intenzione, ed è inutile chio vi ripeta qui il mio fermo proposito di andarci. Vorrei piuttosto, cugino Westmoreland, sentire ora da te, cortesemente, che cosa è stato deciso in Consiglio ieri sera, per affrettare al massimo questa nostra costosa spedizione. Westmoreland - Lurgenza dellimpresa, mio signore, fu ben discussa e dibattuta a fondo, e incarichi diversi di comando erano stati ieri già assegnati, quando - maligno colpo della sorte - giunse di corsa un corriere dal Galles con notizie a dir poco disastrose; di cui la più funesta era che Mortimer, alla testa degli uomini dellHereford impegnati a combattere Glendower, quel selvaggio bandito, era caduto nelle rudi mani di quel rude gallese, che nello scontro mille dei suoi uomini erano stati uccisi, e sui lor corpi le donne gallesi avevano operato tali scempi, tali oscene, brutali amputazioni da non potervi nemmeno accennare senza avvampar dun fuoco di vergogna. Enrico - Cè da pensare, allora, che un annuncio di questa incandescenza avrà leffetto dimporre unaltra remora alla nostra partenza in Terrasanta. Westmoreland - Ma cè di più, grazioso mio signore, ché più inquietanti ancora e più sgradite son le notizie giunteci dal fronte di settentrione, il cui tenore è questo: il valoroso Enrico Percy il giovane - che tutti chiamano Sperone ardente - sè scontrato, nel giorno della Croce nei pressi di Holmedon , col pugnace Arcibaldo, uno scozzese che dicon dun coraggio a tutta prova: unora intera di combattimento, sanguinoso per quanto sfortunato, a quanto sè potuto indovinare dalle scariche delle artiglierie udite e dai ragguagli ricevuti; giacché colui che ci ha recato questi aveva cavalcato via dal campo quando più calda infuriava la mischia, senza conoscerne perciò la fine. Enrico - Qui cè comunque un nostro caro amico, linappuntabile Sir Walter Blunt, smontato ora di sella e ancora tutto lordo delle zolle delle diverse terre attraversate cavalcando da Holmedon fin qui, e le notizie chegli ci ha recato mi pare sian del tutto tranquillanti e per nulla sgradite. Il conte Douglas è stato sconfitto: sir Walter dice daver visto a terra, sparsi per la pianura di Holmedon, i corpi ammonticchiati e insanguinati di diecimila altezzosi scozzesi e ventidue dei loro cavalieri. Hotspur ha fatto molti prigionieri: tra questi è Mordake, conte di Fife, primogenito dello sconfitto Douglas, ed i conti dAthol, di Murray, dAngus e di Meteith. Un bottino cospicuo, una preda di prima qualità. Non ti pare, cugino? Westmoreland - Oh, certamente! Un successo da inorgoglire un principe. Enrico - Un principe... Eh, là tu mi fai triste e mi fai fare peccato dinvidia: invidia che il mio caro Northumberland debba essere il padre dun tal figlio... un figlio chè divenuto argomento dogni parlar donore, il più svettante arbusto del verziere, un beniamino della dea Fortuna e sua delizia e vanto; mentre io, ogni volta che guardo alla sua gloria, scorgo la fronte di mio figlio Enrico macchiata dabiezione e di disdoro. Oh, si potesse mai scoprire un giorno che un genietto vagante nella notte sia venuto a scambiare di nascosto i nostri due figlioli nella notte, chiamando Percy il mio ed Enrico Plantageneto il suo! Sarei io ora il padre del suo Enrico, e lui del mio. Ma basta, non pensiamoci. Dimmi, piuttosto, che pensi, cugino, dellarroganza del giovane Percy? I prigionieri chegli ha catturato in questo scontro, se li tiene lui; e mha mandato a dire chio non ne avrò nessuno, o tuttal più il solo Mordake, conte di Fife. Westmoreland - Questo è suo zio Worcester, che glielo suggerisce; un individuo malevolo con voi sotto ogni aspetto. È lui che listiga a lisciarsi il pelo e ad alzar la sua testa di galletto contro laugusta vostra autorità. Enrico - Ma io lho convocato perché venga a rispondermi di questo personalmente. Intanto, pel momento, dobbiamo rimandare a miglior data il nostro sacro intento della partenza per la Terrasanta. Cugino, il prossimo mercoledì terrò Consiglio a Windsor. Provvedi tu a convocare i pari e poi ritorna subito da me; ché qui cè più da dire e da operare che stare a sbraitare per la collera. Westmoreland Va bene, mio sovrano, sarà fatto. (Escono) SCENA II - Londra, sala nel palazzo di Enrico principe di Galles. Sir John Falstaff è disteso su una panca e dorme, russando. Entra il principe di Galles e lo scuote Falstaff - (Svegliandosi) Oh, Hal , che ora abbiamo fatto, bimbo? Principe - Tu, a forza di bere vin di Spagna , a sbottonarti dopo che hai mangiato, a passar tutti i santi pomeriggi dormendo stravaccato su una panca, ti sei così marcito di cervello che addirittura ti scordi di chiedere quello che veramente vuoi sapere. Che diamine hai da fare tu con lora? Se lore non son gotti di vin secco e i minuti non sono polli arrosto e gli orologi lingue di puttane, e i lor quadranti insegne di bordello; se lo stesso bel sole benedetto non è una bella e casta puttanella di taffetà rosso-fiamma vestita, non vedo proprio perché sprechi il fiato a chiedermi che ora abbiamo fatto. Falstaff - Oh, bravo Hal, adesso hai colto giusto! Perché noi tagliaborse di mestiere ci regoliamo sempre con la Luna e le Sette Sorelle , mai con Febo quel cavaliere errante tanto bello. Sicché ti prego, caro monellaccio, di far che, quando sarai fatto re - Dio salvi la tua grazia anzi la tua maestà, volevo dire, ché tu di grazia non ne avrai nessuna... - Principe - Ah, no? Falstaff - Nessuna, no, in fede mia! Nemmeno quanto basti a render grazia davanti a uno spuntino pane e burro . Principe - Ebbene, allora?... Avanti, vieni al dunque. Falstaff - Ecco, dicevo, dolce bricconcello, per la Vergine, quando sarai re, fa che noi, cavalieri della notte, non ci chiamino i ladri del bel giorno, guardaboschi di Diana noi siamo, gentiluomini del buio notturno, beniamini della luna; e si dica di noi generalmente che siamo uomini di buon governo, perché noi come il mare siam sempre governati dalla luna da quella nobile e casta patrona sotto il cui tacito e benigno sguardo rubiamo a mano salva. Principe - Tu dici giusto, ed il tuo paragone calza a pennello; la nostra fortuna, di noi, i cavalieri della luna, ha, infatti, come il mare, i suoi flussi e riflussi, governata essendo, come il mare, dalla luna. Ne sia bastante prova questo esempio: una borsa con loro rapinata da noi lunedì notte, il martedì mattina successivo è già bella che spesa e scialacquata. Catturata ingiungendo: Qua la borsa!, è smaltita gridando: Qua da bere!, ora a bassa marea, per quanto è basso il piede duna scala, ed ora ad alta, per quanta è laltezza del palo duna forca. Falstaff - Comè vero, ragazzo, comè vero tutto questo! E della mia locandiera, che dici? Non è forse una dolce pollastrella? Principe - Oh, dolcissima, come il miele ibleo mio vecchio bamboccione del castello ! E un bel giaccotto di pelle di bufalo non è una morbidissima casacca da carcerato? Falstaff - Eh, eh, mattacchione! Che diavolo vorresti insinuare con questi tuoi sarcasmi e lepidezze? Che diavolo ci avrei da fare, io, con la casacca tua da carcerato? Principe - E io che diavolo ci avrei da fare, eh?, con lostessa della tua taverna? Falstaff - Perché, non lhai chiamata tante volte a farti il conto delle tue bevute? Principe - Tho chiesto mai di pagar la tua parte? Falstaff - No, questo devo dirlo, mai: ti riconosco quello che ti spetta; le mani nella borsa da quella là lhai messe sempre tu. Principe - Non solamente là, ma in ogni luogo ed in ogni momento, fin dove ci arrivavo con la borsa, e dove no, pagavo col mio credito. Falstaff - Ah, questo sì, e con tanta buona usanza, che se non fosse apparente ad ognuno che sei lerede apparente del regno ... Ma dimmi un po, mio dolce monellaccio, quando tu sarai re ci saran sempre forche in Inghilterra? E sarà, comè ora, lardimento raffrenato dal morso arrugginito di quella vecchia buffa, mamma legge? Tu, quando sarai re, non dovrai impiccare un solo ladro. Principe - Io no, perché sarai tu stesso a farlo. Falstaff - Io?... Meraviglia delle meraviglie! Sarò davvero un giudice coi fiocchi. Principe - Mi par di no. Hai già capito male. Voglio intendere che a impiccare i ladri lo farai per mestiere, e in questo modo diventerai un boia rispettabile. Falstaff - Bene, Hal, bene. Questo, in qualche sorta, è congeniale con il mio carattere; come fare anticamera alla corte, tassicuro. Principe - Per postular favori? Falstaff - Per ottener vestiti, in questo caso; perché con quel mestiere il guardaroba è sempre ben fornito . Però, perdio , son proprio giù di corda come un gatto castrato o un orso al laccio. Principe - O un leone decrepito, o la mandola dun innamorato. Falstaff - O come il mugular duna zampogna del Lincolnshire, a nota di bordone . Principe - E perché no, come una lepre a marzo , o come la palude di Moor Ditch ? Falstaff - Tu trovi i paragoni più antipatici, e sei davvero il più paragonifero, il più canaglia dolce giovin principe. Però, Hal, te ne prego, non maffliggere con le prediche sulla vanità . Volesse Dio che fossimo, noi due, capaci di saper come acquistare la merce che si chiama buona fama. Laltro giorno, per strada, un vecchio lord del consiglio del re mha fatto una scenata a causa tua, mio signore, e io non gli ho badato; mi parlava da saggio, e io niente; e lui con gran saggezza a predicare; e io a non badargli; e tutto questo, per giunta, in mezzo alla pubblica via. Principe - E bene hai fatto; perocché sta scritto: Saggezza va gridando per la strada, ma nessuno le bada . Falstaff - Eh, con le tue dannate citazioni tu sapresti corrompere anche un santo. Tu hai avuto Hal, Dio ti perdoni, un malefico influsso su di me. Io, prima di conoscerti, ero davvero unanima innocente; adesso, a dir le cose come sono, son poco meglio dun gran peccatore. Debbo assolutamente cambiar vita, e lo farò, vedrai. Se no, per Dio, sono un vigliacco, ché non vo dannarmi per amor di nessun figlio di re in tutta quanta la Cristianità. Principe - Allora dimmi, Jack, dove si va domani a borseggiare? Falstaff - Sangue di Cristo! Dove vuoi, ragazzo. A certe imprese sono sempre pronto, e se dovessi mai cambiare idea, chiamami pure vile e svillaneggiami. Principe - Rilevo in te confortanti progressi, Jack: da sagrestano a tagliaborse. Falstaff - È la mia vocazione, caro Hal. E per un uomo non fu mai peccato agir seguendo la sua vocazione . Entra Poins Ecco Poins. Sapremo ora da lui quale altro colpo ha congegnato Gadshill. Ah, se dovessero per onestà ottener gli uomini la salvazione, qual buca dellinferno sarebbe mai abbastanza infuocata per costui? È il più grande lestofante chabbia gridato in faccia a un galantuomo; Mani in alto! Principe - Salute, caro Ned. Poins - Buongiorno, caro Hal. (A Falstaff) Che dice il nostro monsieur Pentimento? Che dice il nostro sir John vino-e-zucchero? Come siete rimasti tu e il diavolo con la tua anima, chhai barattato con lui lo scorso Venerdì Pasqua in cambio dun boccale di Madera ed un cosciotto di cappone freddo? Principe - Il diavolo si avrà quanto pattuito. Perché sir John mantiene la parola, né smentì mai finora saggio detto: Al diavolo si dia quel chè del diavolo. Poins - (A Falstaff) Allora sei dannato se mantieni la tua parola al diavolo. Principe - Lo sarebbe ugualmente se lo truffa. Poins - Dunque ragazzi miei, ragazzi miei, domani di buonora, sulle quattro, a Gadshill ! Vi saranno di passaggio dei pellegrini in cammino per Canterbury con ricche offerte, ed alcuni mercanti diretti a Londra con cospicue borse. Io provvedo le maschere per tutti; per i cavalli, voi avete i vostri. Gadshill sarà già a Rochester stanotte; io cenerò domani sera a Eastcheap. Potremo agire in gran comodità, come stessimo a letto. Se venite, vimbottirò le tasche di corone; se no, restate a casa ed impiccatevi. Falstaff - Senti, Edoardo : sio me ne sto a casa, e non vengo, faccio impiccare te, che ci vai. Poins - Ah, davvero, pacioccone? Falstaff - Tu vieni, Hal? Principe - Chi, io, a rapinare? A fare il grassatore?... Non sia mai! Falstaff - In te non cè onestà né umanità, né solidarietà coi tuoi compagni, né tu provieni da sangue reale shai paura di metterti a cimento anche per un reale . Principe - Bene, allora per una volta tanto voglio fare pur io una pazzia! Falstaff - Oh, adesso parli bene! Principe - Tanto bene, che me ne resto a casa, avvenga quel che può. Falstaff - Ah, no, perdio! Allora, Harry, quando sarai re farò anchio con te il traditore! Principe - Me ne frego. Poins - Sir John, fammi il favore, lasciami solo a parlare col principe: gli porterò tanti buoni argomenti per questimpresa, che dovrà venirci. Falstaff - Bene, che infonda Dio Onnipotente a te lo spirito del persuadere e a lui lorecchio per trarne profitto, sì che le tue parole abbiano tanta forza da commuoverlo, ed una volta tanto un vero principe si faccia, anche per svago, un vero ladro! Questi abusi del tempo che noi siamo han bisogno di alcun che li sostenga. Arrivederci a Eastcheap. (Esce) Poins - Dunque, mio buon signore dolcemiele, cavalcherete con noi domattina. Ho in mente una tal grossa birbonata, che da solo non posso porla in atto. Mentre Falstaff, Bardolfo, Peto e Gadshill provvederanno a svaligiar quei tali ai quali abbiam già teso limboscata; noi due ce ne staremo un po in disparte; ma quando avranno arraffato il bottino, se tu ed io non saremo capaci di alleggerirli di tutto il malloppo, mi faccio, giuraddio, tagliar la testa. Principe - Già, ma come faremo alla partenza a tenerci da loro separati?? Poins - Semplice: tu ed io partiamo prima, o dopo, e diamo loro appuntamento in qualche luogo, dove non andremo. Essi dovranno allora, loro quattro, arrischiarsi da soli a fare il colpo; ma non lavranno ancora completato che noi due salteremo loro addosso. Principe - Eh, ma ci possono ben riconoscere dalle cavalcature o dai vestiti, o da qualche altro segno... Poins - No, impossibile. I cavalli non li vedranno affatto, perché li lascio legati in un bosco; le visiere le avremo già cambiate con altre alla partenza, subito dopo che li avrem lasciati; quanto ai vestiti, amico, ho due casacche di buon bucherame per mascherare i vestiti di sotto. Principe - . Già, ma ho paura che sarà difficile che noi due riusciamo a sopraffarli. Poins - Bah, due di loro li conosco bene: sono i due più codardi purosangue chabbiano mai voltato il deretano; quanto al terzo, se sceglierà di battersi più di quanto gli detti la ragione, giuro di ripudiar di portar armi. Il succo poi di tutta questa beffa saranno le incredibili panzane che ci racconterà sicuramente quella grossa canaglia del panzone quando saremo a cena tutti insieme: Che si sarà battuto lui, da solo, Con trenta assalitori, e le parate, e gli affondi e i pericoli Che avrà affrontato... E starà lì per noi Tutto il sapore della nostra beffa. Principe - Bene, verrò. Provvedi al necessario e poi vieni domani sera a Eastcheap ad incontrarmi. Io cenerò là. Addio. Poins - Arrivederci, monsignore. (Esce) Principe - Vi so tutti; ma voglio assecondare, per ora, questo scioperato umore della vostra sfrenata balordaggine; imitando, però, quel che fa il sole, che permette alle sottostanti nuvole doffuscare la sua bellezza al mondo col vile lor contagio, per riapparire poi, quando gli piaccia, ancor se stesso, ancora più ammirato perché più ricercato, squarciando i veli sudici e malsani dei fumi che parevan soffocarlo. Quando son festa e giochi tutto lanno, passare il tempo solo negli svaghi è tanto uggioso quanto lavorare; ma quando vengono saltuariamente, giungono tanto più desiderati, perché nulla riesce più gradito degli eventi che accadono di rado. Così quandio mi scrollerò di dosso questa dissolutezza di costumi e mi deciderò a pagar quel debito che non ho mai contratto, dimostrerò di tanto più fallaci le attese della gente su di me se darò più di quel che promettevo; e la mia conversione, così come più luminoso spicca su fondo scuro lucido metallo, sfavillando sul nero del mio vizio, apparirà di tanto più benefica ed attraente agli sguardi di tutti che non unesistenza senza uno fondo sul quale spiccare e risaltare meglio. Dei miei falli io voglio fare uno strumento darte, e scegliere il momento di redimermi quando la gente meno se laspetti . (Esce) SCENA III - Londra, il palazzo reale. Entrano Re Enrico, Northumberland, Worcester, Hotspur, Sir Walter Blunt e altri nobili Enrico - Sono stato di sangue troppo calmo e troppo temperato, in verità, per reagire come avrei dovuto a questa indegnità; e di ciò voi vi siete ben accorti per calpestar così la mia pazienza. Ma dora in poi, potete star sicuri, sarò me stesso, potente e temibile, senza più cedere alla mia natura stata finora liscia come lolio, morbida come giovanil peluria, e mha così alienato quel rispetto che il superbo non rende che al superbo. Worcester - La nostra casa , mio signore e sire, non si merita che la maestà abbia ad usar con essa la sua sferza, quella stessa maestà, per sovrappiù, che noi medesimi, di nostra mano, abbiam concorso a far così potente. Northumberland - Mio signore... Enrico - Va Worcester, va via! Chio ti leggo negli occhi la minaccia e la disubbidienza. Eh, signor mio, troppo sfrontato e tronfio è il tuo contegno e la maestà non poté mai soffrir finora avanti a sé espressione irata in accigliata fronte di vassallo. Làsciaci, te ne diamo ampia licenza. Quando avremo bisogno dun servigio o consiglio da tua parte, ti manderò a chiamare. (Esce Worcester). (A Northumberland) Tu mi stavi per dire qualche cosa. Northumberland - Sì, mio signore: che quei prigionieri richiesti a nome dellaltezza vostra che Harry Percy ha preso ad Holmedon, non sono stati negati, egli dice, a vostra maestà da parte sua col duro tono che vhan riferito. O linvidia, perciò, o il malinteso, e non questo mio figlio, sono imputabili di questa colpa. Hotspur - Infatti, mio signore, io non vho mai negato i prigionieri, ma ricordo che, spenta la battaglia, mentre bruciavo ancora dalla rabbia e, senza fiato per il grande sforzo, me ne stavo appoggiato alla mia spada, mi si presenta un tizio, un signorino fresco, azzimato, tutto lindo e in ghingheri come uno che sappresta a andare a nozze, il pizzo al mento spuntato da poco come un campetto appena mo falciato: emanava un profumo da guantaio e si reggeva, tra lindice e il pollice, un astuccio con sopra tutti buchi che saccostava ogni tanto al nasetto e se lallontanava, finché questo, così sollecitato, starnutiva, e lui sempre a sorridere e a cianciare; e come gli passavano vicino i soldati, portando via i morti, li chiamava furfanti screanzati perché osavano tanto incivilmente interporre quel fetido lerciume tra il vento e la sua nobile persona. Con unorgia di termini agghindati da gentildonna impannucciata a festa, minterrogava di questo e di quello, chiedendomi, tra laltro, i prigionieri come inviato da vostra maestà. Dolorante comero in tutto il corpo pel raffreddarsi delle mie ferite e stizzito per esser annoiato da quella specie di pappagalletto, per il dolore e per linsofferenza gli devo aver risposto qualche cosa distrattamente, non so bene che... Che i prigionieri, sì, li avrebbe avuti, o forse no... chissà... perché alla fine maveva tanto messo su di nervi, il vederlo così, tutto azzimato e profumato, e udirlo ciacolare che sembrava una dama della corte, darmi da fuoco, e tamburi e ferite, Dio ce ne scampi!, e poi venirmi a dire che il rimedio specifico, sovrano per curare ogni tipo di lesioni era lo spermaceto di balena; e chera gran peccato che gli uomini si dessero a scavare dallindifeso ventre della terra quellinfernal salnitro responsabile daver ucciso sì vigliaccamente tanti uomini giusti e valorosi, e che, non fosse per codeste ignobili armi da fuoco, si sarebbe dato anche lui al mestiere di soldato. A tale insulso e bolso chiacchiericcio io, come ho detto, sire, risposi disattento e noncurante; non vogliate, perciò, ve ne scongiuro, che quanto riferito da costui abbia corso e valore di unaccusa che venga ad interporsi tra il mio affetto per voi e lalta vostra maestà. Blunt - (Al re) Considerate queste circostanze, mio buon signore, credo che a ragione qualunque cosa abbia detto lord Percy in quel momento e in simile frangente e tutto il resto a quella tal persona, si può lasciar cadere, senza risollevarla più a suo carico, e accusarlo di quanto allora disse, se ora, come ha fatto, lo disdice. Enrico - Egli insiste comunque nel negarmi i prigionieri, se in contropartita non provvediamo a riscattare subito a nostre spese suo cognato Mortimer, quel dissennato che, per la mia anima!, ha tradito deliberatamente le vite di coloro che egli stesso aveva tratto contro il grande mago, quel dannato Glendower, la cui figlia, a quanto mi si dice, il conte March avrebbe tratto ultimamente in moglie. Dovremo prosciugar le nostre casse per far tornare a casa un traditore? Pagare il tradimento, e patteggiare in favore di simili codardi i quali, dopo aver perduto in guerra, sono venuti a patti col nemico? Ah, no! Che Mortimer crepi di stenti sopra le brulle montagne del Galles; ché non potremo mai chiamare amico chi ci chiede di spendere un sol penny pel riscatto del rinnegato Mortimer! Hotspur - Il rinnegato Mortimer... Mio sire mai egli venne meno alla sua fede, se non fu per le sorti della guerra. Basti a testimoniarlo un sol linguaggio: quello delle molteplici ferite che combattendo valorosamente ha ricevuto quando, in mezzo ai carici delle sponde della gentile Severn, per più dunora, in singolar confronto, gareggiò braccio a braccio in ardimento con il grande Glendower: Per tre volte dovettero sostare a riprendere fiato; e, di comune accordo, per la sete tre volte si chinarono per bere lacqua di quella rapida corrente che, quasi sbigottita e spaventata da quelle loro facce insanguinate, corse a nasconder la cresposa testa tra quelle canne tremolanti al vento e tra gli anfratti delle proprie sponde rosse del sangue dei due contendenti. Mai la bassa politica tinse col sangue di tali ferite le sue trame; né mai toccarne tante poteva il valoroso conte Mortimer per suo solo capriccio. Ci si astenga perciò dal calunniarlo, sire, accusandolo di tradimento. Enrico - Tu stai mentendo, Percy, a parlare di lui in questo modo: lui con Glendower non sè mai scontrato. Preferirebbe, te lo dico io, trovarsi a faccia a faccia col demonio, che duellar da solo con Glendower. Non ti vergogni? Chio non toda più, dora in avanti, parlare di Mortimer. E mandami, col mezzo più spedito i prigionieri che tieni con te, o aspèttati dudir da me qualcosa che non ti suonerà molto gradita. Ora puoi congedarti, lord Northumberland, te ne diamo licenza, con tuo figlio. (A Hotspur) Mandami i prigionieri, o mi risponderai del tuo rifiuto . (Escono Re Enrico, sir Walter Blunt e seguito) Hotspur - I prigionieri io non glieli mando, venisse pure il diavolo ruggendo ed ululando a reclamarli... Gli vado dietro e glielo dico subito: mi pesa lanimo e devo sfogarmi, a costo di rimetterci la testa! Northumberland - Ehi, oh! La collera ti fa ubriaco? Sta fermo e calmo. Ecco qua tuo zio. Rientra Worcester. Hotspur - Non parlare di Mortimer!... Sangue di Cristo, se ne parlerò! E mi si danni lanima se non munisco a lui e alla sua causa. Si, son disposto a svuotarmi le vene e a versar nella polvere, per essa, a goccia a goccia, il mio prezioso sangue! Voglio innalzare il calpestato Mortimer sì alto quanto questo ingrato re, questo lebbroso sconoscente Bolingbroke! Northumberland - (A Worcester) Fratello, come vedi, il re ha mandato in bestia tuo nipote. Worcester - Chi è stato ad attizzare questo fuoco, dopo chio son partito? Hotspur - È stato lui. Pretende avere tutti i prigionieri; e quando lho sollecitato ancora a riscattare dalla prigionia la vita del fratello di mia moglie, sè spallidito in viso, mha volto in faccia due occhi da morto fremendo solo a nominargli Mortimer. Worcester - Non posso biasimarlo. Non fu Mortimer ad esser proclamato da Riccardo, ora defunto, il parente più prossimo? Northumberland - Infatti. Glielho udito dire io stesso: e fu allorché quellinfelice re partì per quella infausta spedizione in Irlanda, da dove ritornò, costretto come fu ad interromperla, per vedersi dapprima spodestato, e non molto più tardi assassinato . Worcester - E noi per quella morte viviamo sulla gran bocca del mondo coperti dignominia e vilipesi. Hotspur - Come, come?... Vi prego. Re Riccardo avrebbe designato Edmondo Mortimer, mio cognato, voi dite, erede al trono? Northumberland - Lo fece. Udii io stesso proclamarlo. Hotspur - Ora mi spiego perché suo cugino, il nostro re , non sauguri di meglio che quello possa morire di stenti sopra una brulla montagna del Galles. Ma voi che avete imposto la corona sul capo di questuomo tanto immemore, e vi portate addosso, a causa sua, lodioso marchio di complicità in un truce assassinio come quello, comè possibile che vi adattiate a sopportare tanta esecrazione da un mondo che vi bolla come agenti o ignobili strumenti di patibolo, capestro, scala o addirittura boia?... Oh, perdonatemi se scendo a tanto per mostrarvi a che grado dignominia siete caduti per le malefatte di questo re furbastro! Si dirà dunque, a vostro vituperio, nel nostro tempo - e ne saranno piene certamente le cronache future - che uomini di rango e di potere impegnarono questi due lor pregi, come in realtà voi due avete fatto, Dio vi perdoni, in unimpresa ingiusta dando mano ad abbattere Riccardo, una rosa dolcissima e leggiadra per piantare al suo posto questo sterpo spinoso, questa rosa canina dun Enrico Bolingbroke! E a vostro tanto maggior vituperio, si conterà che foste presi a gabbo, e poi scartati e messi fuori gioco da colui per il quale vi esponeste a tanta infamia... No, cè ancora tempo perché riconquistiate quegli onori da cui foste banditi, e restaurar la vostra buona fama vendicandovi del beffardo sprezzo di questo re borioso, che studia notte e giorno la maniera di liquidare il debito con voi col vostro sangue e con la vostra morte. Perciò dico... Worcester - No, basta, non dir altro. Taprirò io, nipote, adesso, un libro segreto, ed allacceso tuo rancore che vedo pronto ad afferrarne il senso, leggerò cosa sì grave e rischiosa, sì avventurosa e piena di pericoli quanto il dover attraversare a piedi sulla punta oscillante duna lancia un turbinoso e rigonfio torrente. Hotspur - E chi ci casca dentro, o sa nuotare, o affoga, e buona notte. Spedite il rischio da oriente a ponente, da nord a sud: lonore gli andrà contro, e che sazzuffino tra loro due. A cacciare un leone il nostro sangue seccita di più che a scovare una lepre. Northumberland - Eccolo, lui: già il solo immaginare grandi imprese lo porta subito fuori dai limiti della moderazione. Hotspur - Ah, giuraddio, che stimerei per me facile salto alzarmi tanto in alto da strappare il suo rifulgente onore alla pallida faccia della luna, o tuffarmi nel mare più profondo in punto mai toccato da scandaglio e di là, per le ciocche dei capelli, tirare a galla lonore annegato, se chi lavesse così tratto in salvo potesse aver per sé tutta la gloria senza dividerla con nessun altro. Ma di queste alleanze a mezzadria non voglio più saperne. Worcester - (A Northumberland) Ecco: si lascia andare, come al solito, al suo fantasticare immaginifico e perde la contezza del reale . Nipote caro, ascoltami un momento. Hotspur - Sì, sì, vi chiedo scusa, perdonatemi... Worcester - Quei nobili di Scozia che son tuoi prigionieri... Hotspur - Me li tengo! Tutti, per Dio! Non dovrà averne uno, nemmeno se gli fosse indispensabile uno scozzese per salvarsi lanima! Per questa mano, me li tengo tutti! Worcester - Ecco, lo vedi? Prendi fuoco subito e non ascolti quel che voglio dirti. Quei prigionieri tu te li terrai... Hotspur - Certo che li terrò, nemmen a dirlo... Egli ha detto di non voler pagare il riscatto per Mortimer, e mha proibito di parlar di Mortimer; ma io andrò a sorprenderlo nel sonno e a gridargli quel nome nellorecchio; anzi, mi faccio ammaestrare un merlo a dire solo una parola: Mortimer e glielo mando in dono perché gli tenga sempre lira in bollo. Worcester - Ascoltami, nipote, una parola ... Hotspur - Io prendo qui solennemente impegno di rifiutare ogni altra occupazione che non sia quella di scaramucciare e punzecchiare a morte questo Bolingbroke. Quanto a quel tipo di spaccamontagne del Principe di Galles... se non sapessi che suo padre stesso non lama e che sarebbe ben felice se gli cadesse in testa una disgrazia, vorrei tanto saperlo avvelenato con un gotto di birra. Worcester - Addio, nipote. Ti parlerò quando sarai disposto ad ascoltarmi meglio che non ora. Northumberland - Ma che balorda impazienza è la tua, che salti come punto da una vespa e rompi in questo umore da donnetta prestando orecchio solo alla tua lingua? Hotspur - È che solo a sentirlo nominare questo vile politicante, Bolingbroke, è come se io fossi fustigato da mille verghe, punto dallortiche, divorato dai morsi di formiche. Al tempo di Riccardo... come si chiama, accidenti!, quel luogo nella contea di Gloucester, dove stava quella gran testa pazza di suo zio York?... Insomma, dico, là dove minginocchiai la prima volta a questo re-sorriso, a questo Bolingbroke, sangue di Cristo!, dove tu ed io facemmo sosta tornando da Ravenspurgh... Worcester - Il castello di Berkley. Hotspur - Ecco, là. Qual fiume di parole lattemiele non seppe offrirmi quel cane strisciante! Quando ladolescente sua fortuna si fosse maturata con letà..., e poi ancora: Gentile Harry Percy, caro cugino !... Se li porti il diavolo cugini come lui , Dio mi perdoni! Zio caro, dimmi pure. Io ho finito. Worcester - Oh, continua pure, se ti piace. Aspetteremo le tue buone grazie. Hotspur - No, ho finito davvero. Dimmi pure. Worcester - Bene, torniamo ai nobili scozzesi, che tieni prigionieri: immantinente mandali liberi senza riscatto, e del figlio di Douglas fa strumento per assoldar truppe nella Scozia; ciò che per una serie di ragioni che ti farò palesi per iscritto ti sarà certamente autorizzato. (A Northumberland) Tu, intanto, mio signore, mentre tuo figlio sarà sì impegnato in Scozia, cercherai dinsinuarti discretamente nellintimità di quel degno amatissimo prelato larcivescovo. Hotspur - York, intendi dire? Worcester - Appunto. Egli sopporta molto male la morte a Bristol del fratello Stefano. E non è questa mera congettura tratta da semplice mia presunzione, ma cosa che so bene maturata e bene concertata e stabilita; e non saspetta, per tirarla fuori, che giunga loccasione favorevole. Hotspur - Il mio fiuto mi dice che andrà bene, sarei pronto a scommetterci la testa. Worcester - Tu sciogli sempre i cani dal guinzaglio avanti che cominci la battuta. Hotspur - Eh, un nobile piano come questo non può fallire: le forze di Scozia unite a quelle di York e di Mortimer? Worcester - Infatti. Hotspur - Questo piano, in fede mia, è duna perfezione strabiliante. Worcester - Né di minor momento è la ragione che cimpone dagir rapidamente: si tratta di salvar le nostre teste ponendoci alla testa dun esercito . Ché il re, per quanto noi possiamo agire verso di lui nel modo più amichevole , sempre si sentirà con noi in debito convinto comegli è che non ci riterremo soddisfatti fintanto chegli non avrà trovato come disobbligarsi congruamente. E avrete già notato come abbia già cominciato ad escluderci tutti quanti dai suoi graziosi sguardi. Hotspur - È vero, sì, ma ce ne rifaremo. Worcester - Addio, nipote. Per questo progetto non dare corso a nessuna iniziativa, finché non tavrò fatto pervenire le opportune istruzioni per iscritto. Quando sarà il momento - e sarà presto -, io me nandrò segretamente in Scozia da Glendower e Mortimer, e là verrete tu e Douglas a congiungervi, come ho pensato, con le nostre truppe, e prenderemo allora saldamente in braccio le future nostre sorti che ciascuno di noi sostiene adesso con molta insicurezza. Northumberland - Addio, fratello. Riusciremo, ne sono sicuro. Hotspur - Arrivederci, zio. Ah, siano brevi lore che ci dividono da quel momento che pei campi di Scozia e dInghilterra applaudiranno al nostro grande gioco il cozzare dellarmi ed i lamenti! (Escono) |