Carlo Michelstaedter nasce a Gorizia il 3 giugno 1887 da unagiata famiglia borghese dorigini ebraiche. Il padre, Alberto Michelstaedter, era direttore dellAgenzia di Gorizia delle Assicurazioni, nipote dellillustre glottologo e rabbino Isacco Samuele Reggio, e a sua volta esperto debraico e cultore della letteratura italiana [1]. Pur essendo conservativo per le usanze tradizionali ebraiche, Alberto Michelstaedter non era osservante dei riti né possedeva uno spirito religioso. Anzi era il tipico rappresentante della mentalità materialistica dellOttocento[2].
Dal 1897 al 1905, Carlo frequenta lo Staatgymnasium della città natale: diviso in otto classi, quattro inferiori e quattro superiori, prevedeva come lingua distruzione il tedesco, lobbligo del latino e del greco, e dellitaliano e dello sloveno per gli alunni di tali nazionalità. Durante lultimo anno di scuola, Carlo incontra e stringe una forte amicizia con Enrico Mreule e Nino Paternolli (rispettivamente Rico e Nino, futuri protagonisti de Il dialogo della Salute). Nella soffitta di casa Paternolli, i tre sincontrano abitualmente per leggere e discutere dellopera principale di Arthur Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione.
Oltre lamore per la filosofia e la poesia, Carlo nutre molto interesse per il disegno e la matematica. La sorella Paula lo descrive come un ragazzo molto vivace e socievole, appassionato di ballo e di feste, ma anche buon scolaro con attitudini speciali per la matematica[3]. Ed è così che, conseguita la maturità, manifesta la convinzione di voler proseguire gli studi presso la facoltà di Matematica dellUniversità di Vienna. Ma, nel settembre del 1905, il giovane goriziano cambia idea allultimo momento e, attratto dalla cultura e dallarte italiana, parte per Firenze. Colpito dalle bellezze della città toscana, siscrive ed inizia a frequentare i corsi della facoltà di Lettere dellIstituto per gli Studi Superiori, mentre nel tempo libero si dedica alla pittura e al disegno.
Nel 1907, superati i primi esami, Carlo accetta dimpegnarsi a dar lezioni private ditaliano ad una nobile russa, Nadia Baraden, con cui nasce ben presto uno stretto rapporto damicizia, bruscamente interrotto qualche mese dopo a causa della prematura scomparsa della donna. Nel corso dello stesso anno si reca a Bologna ai funerali di Carducci, descrivendo poi ogni particolare in unappassionata lettera [4] che invia alla famiglia per commemorare il poeta appena defunto. Il 22 febbraio lepistola viene fatta pubblicare dai familiari su Il Corriere friulano col titolo di Reminiscenze dei funerali di Carducci.
Nel maggio i rapporti tra Carlo e la famiglia, in particolare col padre, divengono burrascosi a causa dellamore del giovane per una compagna di studi, Iolanda de Blasi [5].
Nel marzo del 1908, Carlo è immerso nella lettura di una raccolta da poco acquistata delle opere di Henrik Ibsen, autore che suscita immediatamente nel giovane grande ammirazione e stima, tanto che scriverà alla madre daver letto velocemente quasi tutto del drammaturgo norvegese, giacché dopo Sofocle, è lartista che più mè penetrato e mha assorbito[6]. In questo stesso periodo, ottiene il consenso della redazione de Il Corriere friulano per la pubblicazione di una sua recensione teatrale (edita in data 6 maggio ma risalente ad inizio anno) dal titolo «Più che lamore» di Gabriele DAnnunzio al teatro di Società. Il 18 settembre appare sulle pagine dello stesso giornale il suo articolo su Tolstoj. Risalente ancora al 1908 è la stesura di una tesina, commissionata dal professore Guido Mazzoni, su Lorazione Pro Ligario tradotta da Brunetto Latini. E in questa occasione che Michelstaedter, pur lamentando la mancanza dinteresse per il lavoro prettamente filologico, compie le prime e stimolanti osservazioni sulleloquenza e la persuasione in genere[7], ed inizia a progettare una dissertazione di laurea sui concetti di persuasione e retorica nelle opere platoniche e aristoteliche.
Il 1909 è lanno in cui Carlo deve fare i conti con la tragica perdita del fratello maggiore, Gino, morto il 14 gennaio a New York a causa di un incidente. Ritornato a Firenze per ultimare gli esami, legge spesso il Vangelo e lEcclesiaste, e frequenta la casa del pianista Giannotto Bastianelli [8], rimanendo particolarmente impressionato dalla musica di Beethoven in cui dichiara davvertire una gioia tragica, che spaventa e lascia annichiliti[9].
Con lultimo esame sostenuto a giugno si conclude il periodo fiorentino. Ritornato a Gorizia, Carlo inizia a lavorare intensamente alla tesi non tralasciando però i suoi scambi epistolari, specie con Gaetano Chiavacci (futuro studioso dellautore goriziano, nonché curatore della una vasta raccolta di opere michelstaedteriane uscita postuma nel 1958 per la casa editrice Sansoni). Tra il 1909 e il 1910, contemporaneamente a La persuasione e la rettorica, Michelstaedter si dedica alla stesura de Il dialogo della salute e alle Poesie, composte in gran parte proprio in questultimo periodo della sua vita. Da segnalare è un articolo sullo Stabat mater di Pergolesi, pubblicato il 29 marzo sul Gazzettino Popolare, in cui Michelstaedter dà preziose anticipazioni sulla tematica della persuasione.
Conclusa lestate a Pirano in compagnia della sorella Paula e di Argia Cassini della quale sinnamora, Carlo trascorre lultimo mese della propria vita riscrivendo la parte finale de Il Dialogo della salute (risultata troppo distante, se non addirittura contraddittoria, rispetto a quanto asserito ne La persuasione a proposito dellesito ultimo del cammino iperbolico del persuaso) e concludendo le Appendici Critiche. La sera del 16 ottobre, la vigilia della sua morte, dopo aver rivisto e dato le ultime correzioni a La persuasione e la rettorica, si reca a casa di Argia Cassini per farsi suonare la Settima sinfonia di Beethoven. Il giorno dopo, spedita la tesi presso lateneo fiorentino e liquidato il cugino Emilio che era andato a fargli visita come di consueto, Carlo si uccide con un colpo di rivoltella.
Il 5 novembre del 1910, il primo a porre attenzione alla vita e al pensiero del giovane poeta e filosofo goriziano è Giovanni Papini. Nel suo articolo, Papini afferma che Michelstaedter non sè suicidato per povertà, per malattia, o per amore, ma solamente per accettare sino allultimo, onestamente e virilmente le consegue delle sue idee sè ucciso per ragioni «metafisiche»[10].
Edizione degli scritti di Carlo Michelstaedter
NOTE
[1] Per una ricerca sui contributi e gli interessi culturali di Alberto Michelstaedter cfr. A. Riccio di Salnitro, Albero Michelstaedter, in Studi Goriziani, 1929, pp. 125-128, e V. Graziani, Alberto Michelstaedter, in La rassegna mensile di Israel, 1960, pp. 384-389.
[2] Paula MichelstaedterWinteler, Appunti per una biografia di Carlo Michelstaedter, in appendice a S. Campailla, Pensiero e poesia di Carlo Michelstaedter, Patron, Bologna 1973, p. 148. A proposito del rapporto tra la cultura ebraica e la formazione michelstaedteriana si rinvia al saggio di P. Pieri, La differenza ebraica. Ebraismo e Grecità in Michelstaedter, Capelli editore, Bologna 1984.
[3] Paula Michelstaedter Winteler, Appunti per una biografia di Carlo Michelstaedter, cit., p. 151.
[4] Cfr., C. Michelstaedter, Epistolario, a cura di S. Campailla, Adelphi, Milano 1983, pp. 183-186.
[5] Ibid., pp. 220-223. A proposito del non facile rapporto tra Alberto e Carlo Michelstaedter, Sergio Campailla ha colto significative similitudine con quello tra Monaldo e Giacomo Leopardi (S. Campailla, A ferri corti con la vita, Il Comune, Gorizia 1981, p. 13).
[6] Ibid., p. 308. Per un approfondimento sullinfluenza di Ibsen nel pensiero michelstaedteriano vedi: S. Campailla, Michelstaedter lettore di Ibsen, in Lettere Italiane, XXVI, 1, 1974 (ripubblicato in S. Campailla, Scrittori Giuliani, Patron, Bologna, 1980)
[7] Ibid., p. 321.
[8] Sullamicizia tra Michelstaedter e Bastianelli, cfr. G. Bastianelli, Rievocazione di Carlo Michelstaedter, in Il Resto del Carlino, 9 settembre 1922, p. 3, e S. Campailla, A ferri corti con la vita, cit., pp. 77-80.
[9] C. Michelstaedter, Epistolario cit., pp. 383-384. Sulla passione di Michelstaedter per Beethoven, e in particolare sul significato che egli attribuiva alla musica del grande compositore, si rimanda allo studio di A. Arbo, Musica e persuasione in Carlo Michelstaedter, in Studi Goriziani, LXXXI, gennaio-giugno 1995.
[10] G. Papini, Un suicidio metafisico, in Il Resto del Carlino, 5 novembre 1910, p. 3.
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