Hugo Ball

Torreggiante su una folla esplosiva di belle ragazze, d'artisti che applaudivano e di borghesi che fischiavano furiosamente, cantò le sue prime poesie astratte nella nostra mostra Dada del gennaio 1917. Era un Savonarola che predicava in modo fanatico, imperturbabile: "Avevo inventato un nuovo modo di scrivere versi, versi senza parole o poesie di suoni. Indossavo un costume speciale fatto da Janco, le gambe ricoperte fino alla vita da tubi di cartone di un luminoso azzurro. Sembravo un obelisco, e recitai la seguente poesia:

Gadji beri bimba
giandridi lauli ionni cadori
gadjama bim beri glassala
glandradi glassala tuffm i zimbrabim, blassa ggiassasa tuffm i zimbrabim. SU


Café «Odeon»

Le amiche del cuore dei nostri amici pittori o scrittori talvolta avevano qualche difficoltà con la polizia di Zurigo, e arrivavano illegalmente dal vicino cantone di Baden per trascorrere la serata insieme. Naturalmente dovevano rientrare prima che venisse mattina se non volevano passare la notte a Zurigo senza permesso. Per questo, a volte, accadeva che all'"Odeon" lo spazio diventasse piuttosto ristretto. Col passare dei tempo ci prendemmo un intero angolo del "nostro caffè", dal lato della Rämistrasse, come nostro privato terreno di caccia. SU


Ferdinand Hardekopf

Nipote di un fabbro di Oldenburg (Germania), stenografo al Reichstag, traduttore di André Gide, poeta e visionario dai begli occhi incavati - ci sembrava (1912) il prototipo del poeta... distillato da molto Baudelaire e da un pizzico di Goethe: un Romantico. Ci aspettavamo da lui la nuova poesia che i rari esempi che aveva pubblicato sembravano promettere.
Anche più tardi, in quei tempi anti-romantici di guerra del Dada, rimase il Romantico, sebbene con la sua preziosa e aggraziata poesia si mostrasse fianco a fianco con le più selvagge provocazioni di Tzara, Serner e Breton.
Approvava la furia distruttiva dei Dada, la distruzione di un presente che sosteneva ben poco di una natura nobile e di un futuro che avrebbe potuto esserlo ancora meno. Era convinto che il mondo avrebbe potuto migliorare grazie ai semplici principi di Tolstoy, o all'auto-ipnosi alla Coué insegnata da Leonhard Frank nel suo libro "L'uomo è buono". Di fronte alla fratellanza minacciosamente ordinata di Lugwig Rubiner scuoteva il capo. Di fatto era senza dubbio il più realistico di tutti loro: Rubiner, Goll, Frank, ecc., e vedeva l'uomo così com'era: fragile canaglia e anche più fragile santo.
Alla fine della guerra scomparve dei tutto per undici anni con la bella attrice Sita Staub.
Quando infine ritornarono al loro piccolo albergo a Parigi, non aveva da mostrare nient'altro che il suo amore. In tutti quegli anni non aveva scritto niente di più di qualcosa che si poteva leggere nel tempo di prendere un caffè e non molto di più apparve finché visse.
Lo scoppio della seconda guerra mondiale li colse a Parigi. All'avvicinarsi dei nazisti fuggirono come tanti altri. Lui era un vecchio di settant'anni con una pesante valigia - e si avviarono verso la frontiera svizzera. Gli fu concesso il passaggio, ma durante le settimane della fuga la valigia si perse.
Solo molto più tardi venimmo a conoscenza dei suo contenuto: migliaia di pagine di un manoscritto incompiuto (e non terminabile).
Il suo titolo: "La decadenza della lingua tedesca".
Per trent'anni un poeta era rimasto in silenzio perché il suo strumento, la lingua, gli sembrava disarticolato. Così aveva deciso di rendere quello strumento degno d'umanità e d'espressione, così da mutare la società col mutamento dei reale, apparato dei suo pensare: liberare il vocabolario da qualsiasi cosa fosse bellicosamente aggressivo, teutonico/barbarico, cannibalistico/selvaggio,
impreciso/banale, pericolosamente restrittivo, allo scopo di dare alla lingua quella trasparenza e lucidità di cui è capace.
Un'impresa gigantesca e impossibile, un pensiero così ricco di saggezza e di generosità da essere ricordato, anche se le parole andarono in fumo o finirono in un mucchio di rifiuti. SU


Ludwig Rubiner

Se fosse possibile rappresentare l'Arcangelo Gabriele con sottili baffi biondi si avrebbe il ritratto di Ludwig Rubiner. Come Gabriele aveva una missione celestiale (seguire Tolstoy), come Gabriele rappresentava la giustizia ultima, come Gabriele aveva una spada fiammeggiante per distruggere i suoi nemici. Con la sua rivista
«Zeit-Echo», 1917-1919, a Zurigo, era diventato un vero "Che-Rubiner" nello stesso periodo, nella stessa città in cui Dada stava crescendo nel nome dell'anti-arte.
Portando a spasso il suo grande corpo fra i suoi vari alloggi dava fiato alla sua furia, alla sua sofferenza, al suo orrore per la follia della guerra e della sofferenza umana.
Deve aver sentito profondamente il tragico paradosso della sua missione d'attaccare,
di odiare, di distruggere in nome dell'amore.
E più lo sentiva e lo viveva, più furente dìventava la sua voce, più estreme le richieste che imponeva a se stesso.
Morì giovane, nel 1920, ma prima di morire scrisse una commedia, "Die Gewaltlosen" (Uomini senza violenza). Vi compì l'ultimo passo, il tentativo di risolvere il paradosso dell'attacco, dell'odio e della distruzione in nome dell'amore. SU


Emmy Hennings

La bionda Emmy era la donna dell'ammirato poeta Ferdinand Hardekopf. Il che la rendeva "primainter pares" nel nostro "Café des Westens", il nostro luogo d'incontro prima della Prima Guerra Mondiale, frequentato da altre deliziose ragazze. La incontrai di nuovo a Zurigo nel periodo Dada. Il danaro era scarso,
e lei vìveva in una spoglia, desolata camera all'hotel dal nome medioevale di "Hinterer Stern", una camera più simile alla cella di un monaco o a quella di una prigione. L'aveva decorata con madonne e il Cristo sulla croce. Era una immagine veramente inattesa - in questo periodo dadaista, ateo, nichilista cui apparteneva vivendo con Hugo Ball, il fondatore dei Dada, e suonando il piano al "Cabaret
Voitaire".
Le sue storie straordinarie davano alla stanza nuda una specie di tono mistico,
in special modo quando lei diceva di poter vedere la mia aureola e mi diceva di quali colorì le appariva.
Il suo mondo mistico toccava un'aspetto della mia personalità poco propenso ad essere toccato, e alla sua presenza non riuscivo mai ad evitare una leggera sensazione di imbarazzo.
Un giorno, tramite Hardekopf, mi chiese di illustrare un suo piccolo libro di memorie "Prigione". Era nata in una regione a nord della Germania, lo Schleswig-Holstein. Per qualche ragione era stata in prigione; per un motivo o per un'altro, forse un'amante l'aveva denunciata, oppure la sua spiegazione mistica di qualche fatto era sembrata sospetta a un gendarme. Lavorai a queste illustrazìoni come protesta per aver messo dìetro le sbarre una piccola, fragile creatura e un poeta dotato. E le vecchie celle prussiane erano dei tutto prive di comodità.
Le sue poesie e i suoi racconti furono pubblicati in Svizzera e in Germania, su giornali e riviste. Hermann Hesse ne aveva rispetto, come persona e come poeta.
Durante il giorno lavorava in una fabbrica e scriveva poesie di notte nella sua piccola e fredda casa di Agnuzzo, dove aveva vissuto con Hugo Ball fino alla sua morte, nel 1927. Sua figlia, i suoi nipoti e ì suoi pronipoti vivono non molto lontani da dove morì, povera come povera aveva sempre vissuto. SU


Autoritratto

Fino dai miei primi anni di scuola, da quando avevo cominciato a disegnare seriamente e con passione, attorno al 1902, sono stato il mio modello più disponibile e a buon mercato. Le linee dei mio viso, un occhio che poteva esser fatto come se un vero occhio fosse lì a guardarti, lo studio delle diverse espressioni sotto diverse luci; il fascino di quando sulla carta bianca appariva un essere umano, io, queste cose non hanno mai smesso d'essere eccitanti. Il mio segreto era crearmi una seconda identità. SU


Wilhelm Lehmbruck

Nel suo studio a Berlino-Friedenau, lo smilzo Lehmbruck sembrava ancora più piccolo accanto alle sue sculture goticamente allungate: i Giovanni inginocchiati, le teste delle ascetiche donne; qui quest'uomo simpatico dalle rosee guance, tanto più piccolo delle sue sculture, divenne demoniaco, un esaltato profeta. Passati cinquant'anni la sua opera è più moderna di prima. Non di ieri, ancora di domani. SU


Yvan Goll

Nel suo romantico amore per il mondo apparteneva a una schiera di poeti tagliati in legno più duro, come Rubiner o anche come Leonard Frank. Goll intendeva il mondo come qualcosa da rendere felice; la sua sincera sensibilità di poeta e di uomo non poteva reggere la vera realtà della vita, fatta d'incredibile brutalità e cannibalismo. Tentò di affermare - come tutti noi - un mondo di valori umani. Il tema della sua vita fu l'amore, un amore fraterno per l'uomo. SU


Tristan Tzara

...non solo un poeta ispirato, ma anche l'uomo più realista e pratico di tutti noi. Originario di Bucarest, la "piccola Parigi dei Balcani", egli fu la forza che stava dietro al "movimento" Dada, e ne rappresentò la parte non naïve e latina. Come poeta, Tristan Tzara condusse l'arte della "coincidenza" alla sua logica esrtrema.
Monsieur "Antipirine" è ancora oggi un analgesico contro la poesia non immaginativa e la banalità. Lo feci entrare nel mio film "Dadascope", dove Tzara declama con aggressività e con ardore, come sempre. SU