LI YÜ
IL TAPPETO DA PREGHIERA DI CARNE 1
TESTO INTEGRALE IN ITALIANO



 


PREFAZIONE

Li Yü, l'autore del Tappeto da preghiera di carne, è un commediografo cinese contemporaneo di Molière, essendo nato nel 1611 e morto nel 1680. E come Molière girava di città in città con una compagnia di attori, attrici e ballerine, mettendo in scena le sue commedie che sono dei classici del teatro cinese. Oltre a questa fama giustamente durata per secoli dopo la sua morte, Li Yü aveva anche, in vita, quella di gran conoscitore di donne, derivatagli dall'esperienza diretta offertagli dalle molte sue attrici o ballerine di cui si era innamorato.
E veramente conoscitore delle donne, della loro sensibilità e psicologia, si dimostra Li Yü in questo romanzo, scritto, pare, nel 1633, che appassionatamente e allo stesso tempo ironicamente rivendicava il diritto delle donne alla piena partecipazione nell'atto sessuale, e addirittura all'iniziativa. E ciò in un paese e in un'epoca in cui, come si vede nello stesso romanzo, le donne oneste potevano essere tranquillamente vendute come schiave a qualche "corte fiorita". Nel migliore dei casi una donna passava la vita chiusa in casa ad accudire amorevolmente all'onorevole marito, magari in compagnia di una o più concubine. Se si tiene presente questo, si può capire perché questo romanzo è sempre stato proibito in Cina sia dalla censura del Celeste impero che da quella maoista: ma mentre a quest'ultima faceva paura il sesso, come ai censori inglesi dell'Amante di Lady Chatterley, i primi temevano quel mettersi dalla parte della donna, sia pure solo in camera da letto, come un inizio di chissà quale sconvolgimento dell'ordine che regnava da millenni.
Capolavoro assoluto dell'erotismo, e non soltanto orientale, Il tappeto da preghiera di carne è un romanzo con una trama molto aggrovigliata, che lascia il lettore col fiato sospeso, e un finale veramente inatteso, specialmente in un romanzo erotico...
È un sesso sereno, quello che vediamo in questo romanzo, un sesso senza ombra di peccato e quindi senza la morbosità tipica dell'erotismo occidentale, almeno da De Sade in poi (il sadismo è sconosciuto al Kamasutra ed è agli antipodi del nostro romanzo, dove la maggiore preoccupazione degli amanti è di procurare il maggior piacere possibile alla compagna), salvo poche eccezioni, come il già citato L'amante di Lady Chatterley, in cui il protagonista insegna alla sua compagna a liberarsi dai tabù sessuali e riconquistare così la sua dignità di donna: proprio come nel nostro romanzo cinese, così lontano da quello inglese, e non solo nel tempo e nello spazio...
La concezione con fuciana della vita è basata sull'equilibrio fra gli opposti e condanna ogni eccesso, anche sessuale, e di questa concezione era permeata tutta la morale cinese, anche quella di coloro che praticano il buddismo (nei paesi orientali le varie religioni non hanno rigidi steccati, ma sono come vasi intercomunicanti). Questo spiega il finale che può sembrare troppo moralistico, ma in realtà non è certo il sesso in sé che viene condannato, ma il suo eccesso, di cui per di più fanno le spese le donne: cosa veramente inammissibile, per il conoscitore di donne Li Yü.

GIUSEPPE GELATO







 


CAPITOLO I

Questa storia si svolse all'epoca della signoria mongola (1280-1368), nel periodo Chi-ho, o della «Raggiunta Armonia» (1328). Viveva allora sul Kua Ts'ang-shan, la «montagna avvolta nella luce o nelle nebbie bluazzurre», un dhfìta, cioè un eremita buddista, che aveva assunto il nome di Kufeng o «Cima Solitaria». Egli era originario della contea di Chu-chou nella provincia di Che-chiang ed era stato un giovane e brillante studente di dottrine politiche confuciane, con buone speranze di ottenere un bel posto. Ma per sua inclinazione non era portato tanto all'attività pratica in un impiego, quanto all'indagine contemplativa, alla meditazione sull'origine e la causa delle cose.
Quando era ancora in fasce aveva l'abitudine di balbettare tra sé suoni assolutamente incomprensibili nello stesso atteggiamento di uno studioso che, mormorando a bassa voce, impara a memoria un testo classico. Per i genitori era un enigma.
Un giorno bussò alla loro porta per la questua un monaco vagante che raccoglieva contributi per la sottoscrizione di un'opera pia. Gli aprì la cameriera che aveva il piccolo in braccio. Quando il monaco udì quello che il bambino balbettava a mezza strada fra il riso e il pianto, esclamò pieno di sbigottita venerazione: «Ma il piccolo sta citando versetti del famoso Lung-Yen-ching! Evidentemente per sua bocca parla un santo che è rinato in lui!» Il monaco si rivolse ai genitori, chiedendo loro che gli affidassero il piccino perché lo educasse alla sua missione spirituale, facendone in futuro il suo assistente. I genitori, saggi e illuminati confuciani, non badarono alle sue parole, le considerarono chiacchiere insensate e superstiziose e respinsero indignati la sua richiesta.
Il padre cominciò presto a insegnare al giovane rampollo l'arte dello scrivere e del leggere i classici. Il piccolo mostrò in questo una straordinaria capacità di imparare in fretta e con facilità. Gli bastava leggere una sola volta un brano che già gli si era impresso nella mente e lo poteva recitare a memoria. Stranamente il bambino continuava a essere attratto dalla letteratura buddista. Parecchie volte suo padre lo colse sprofondato nella lettura dei sutra buddisti, dopo aver interrotto lo studio dei classici confuciani. Padre e madre dovettero richiamano duramente all'ordine e addirittura punirlo con una dolorosa bastonatura, prima che egli abbandonasse la sua segreta inclinazione.
E giunse l'importante periodo della vita nei quale i capelli fino ad allora raccolti in una treccina diritta, come si conviene all'età infantile, gli furono sciolti e vennero pettinati in lisce ciocche sul capo. Era diventato un giovanotto. Poi venne il momento in cui dovette presentarsi al primo esame. Per la sua preparazione il padre lo mandò alla scuola pubblica della sua provincia. A scuola si distinse tanto che il maestro lo nominò suo assistente e gli affidò la sorveglianza dei compagni. Con tutto ciò egli non si dava affatto un gran daffare per avere successo negli esami. Le sue ambizioni non erano indirizzate verso il prestigio esteriore derivante dalla carriera tradizionale che i suoi genitori si auguravano per lui. La circostanza che, poco dopo il primo esame di stato che egli sostenne, entrambi i suoi genitori morissero, gli permise di seguire molto presto le sue vere aspirazioni. Osservò i tre anni di lutto che la tradizione prescrive ad un figlio rispettoso, poi mise in atto il piano che aveva lungamente sognato: rinunciare al consorzio civile.
Divise in quattro e quattr'otto la sua eredità (casa, podere e diecimila denari d'argento) tra i suoi parenti; mise in un sacco di pelle che aveva cucito con le sue mani tutto ciò che può servire á un eremita, che non ha certo tanti bisogni: un pesce di legno, una stuoia per pregare, i rotoli delle preghiere e i sutra; si fece rasare il capo, si mise in viaggio verso la solitudine delle montagne e diventò eremita.
Quelli che lo conoscevano lo chiamavano rispettosamente Ku-feng Chang-lao, «Monaco Cima Solitaria». Quelli che non lo conoscevano personalmente lo chiamavano scherzosamente P'i-p'u-taiho-shang, cioè «Monacello Sacco di Pelle.»
A differenza degli altri monaci, «Cima Solitaria» non si contentò di seguire rigorosamente le prescrizioni e le regole conventuali imposte dalla tradizione: astinenza della carne e dei piaceri della carne, da vino e liquori, da aglio, cipolla e da tutte le altre droghe. Si era imposto spontaneamente altre tre limitazioni straordinarie: non andare a cercare l'elemosina, né permettersi di analizzare in modo critico i sutra, né scegliere per sede del suo eremo una montagna famosa meta di pellegrinaggi.
Se gli si domandava la ragione per cui non si degnava di chiedere l'elemosina, cosa che tutti gli altri monaci facevano così rispondeva:

Chi vuoi seguire Buddha deve ben sopportare i rigori dell'esistenza. La strada che conduce a Buddha è pavimentata di asprezze. Chi non accetta di temprare senza pietà i suoi nervi e le sue ossa, chi non vive macerandosi nelle privazioni, non ce la fa. Tutti i giorni fame e freddo gli devono procurare affanno. II quotidiano brontolio dello stomaco, lo sforzo per sopportare caldo e freddo non permettono che in lui nascano desideri sensuali. Quanto meno i desideri dei sensi nascono in lui, tanto più svaniscono di giorno in giorno i pensieri impuri, tanto più egli si avvicina alla purificazione e alla pace dell'anima. A poco a poco, senza quasi accorgersene, raggiunge così la perfezione e diviene simile a Buddha. Volersi nutrire senza coltivare il campo e vestire senza lavorare al telaio, confidare regolarmente nelle elemosine di generosi benefattori per riempirsi senza fatica la pancia, tutto ciò porta necessariamente all'ozio. Il caldo e le comodità rendono l'uomo sonnolento. L'ozio genera brame lussuriose, la sonnolenza culla lo spirito in sogni sensuali. Ii che è il contrario di quei che si prescrive ai seguaci di Buddha, è porta inevitabilmente, passo dopo passo, anche senza volere, alla perdizione. Questo è il motivo per cui rifiuto le elemosine e confido solo nelle mie forze.

Quando gli domandavano perché respingesse qualsiasi analisi critica dei testi dei sutra, così rispondeva:

Ciò che è scritto nei sutra è uscito dalla divina bocca di Buddha, e soltanto Buddha può spiegare le sue proprie parole. Chi oltre a lui avrebbe il potere di farlo? Il tentativo d'interpretare con la bocca profana di un uomo la parola di Buddha, altro non sarebbe che il vaniloquio di un pazzo. T'ao Yuan-ming [1] ha rifiutato anche nello studio di Confucio e delle sue opere classiche qualsiasi analisi critica e commento; e questo pur essendo cinese e avendo a che fare con dottrine cinesi: letteratura del suo paese, quindi, ed espressa nella sua lingua. Quanto più vana e spropositata sarebbe l'impresa di un cinese che avesse l'audacia di tentare un'interpretazione dei sutra indiani, che sono per lui letteratura straniera, di cui non conosce che la traduzione! Io non sono così temerario da volermi arrogare il diritto di fungere da ministro della parola di Buddha. Vorrei invece evitare di divenirne un falso interprete o, addirittura, di tradirne il significato. La consapevolezza della mia semplicità e della mia ignoranza si spinge fino a evitare qualsiasi analisi critica dei sacri sutra.

Quando infine gli si chiedeva perché non volesse stabilire il suo eremo in una montagna famosa come meta di pellegrinaggi, così rispondeva:

Chi consacra la sua vita a seguire il Buddha deve guardarsi dal pericolo di farsi distogliere e confondere da piacevolezze esteriori e tentatrici. Non soltanto la bella vita, i piaceri della carne e la musica si devono elencare tra le cose gradevoli e appetibili, ma anche cose come l'aria ristoratrice d'alta montagna, l'ammaliante chiaro di luna, l'amabile canto degli uccelli, la graziosa felce di montagna e i bei fiori variopinti: tutte cose adatte a rallegrare i sensi e a distogliere dalla concentrazione. Il vivere in un paesaggio particolarmente bello, con rocce a strapiombo, torrenti sonori e cascate scroscianti, induce a ozioso entusiasmo per la natura, a sentimenti lirici, a languori poetici a proposito di "sorelle della luna" e di "spose del vento". Tutto ciò impedisce il raccoglimento e la chiarificazione interiore. Anche un chierico, un giovane e diligente discepolo di Confucio, che si scegliesse come eremo nel quale studiare una località montana famosa, non riuscirebbe a concentrarsi nello studio a causa della bellezza del paesaggio intorno a lui. Per la stessa ragione un giovane taoista non riuscirebbe, nello stesso ambiente a raggiungere il necessario raccoglimento che gli serve per poter meditare sull'origine delle cose.
Questo vale ancora di più per colui che intende consacrare la sua vita alla dottrina buddista. Quante sono le distrazioni alle quali egli si esporrebbe se si ritirasse su di un monte famoso come meta di pellegrinaggi! In luoghi simili vanno in pellegrinaggio ragazze e signore giovani e belle. Elegantemente vestite, ridendo civettuole, bruciano il loro incenso e dicono le loro devozioni. Ci sono ricchi e nobili che arrivano in lettiga con gran seguito, fanno lauti pasti accompagnati da abbondanti libagini e trasformano così il pellegrinaggio in un'allegra scampagnata.Corn'è possibile che il seguace di Buddha riesca a raggiungere l'astrazione e il raccoglimento necessario per dedicarsi alla dottrina divina in mezzo a tutto questo clamore mondano? Questa è la ragione per cui evito di scegliermi come eremo un monte famoso come meta di pellegrinaggi.

Le sue risposte facevano molta impressione e ispiravano un grande rispetto per lui. Si diceva che neppure i venerabili antichi avevano preso così sul serio e con tanta coerenza la loro santa missione. La gente diffuse le sue tre risposte serie e ostinate a questo gli procurò una fama che non aveva desiderato. Ammiratori e adoratori venivano da ogni luogo a rendergli omaggio. Non mancavano neppure i giovani che avrebbero ritenuto un grande onore essere accolti da lui come allievi e assistenti. Ma anche a questo proposito egli era oltremodo prudente e critico. Usava sottoporre gli aspiranti a tanto onore a un severissimo esame per verificare se avevano una buona predisposizione e se erano seriamente intenzionati a sciogliersi dagli interessi mondani. Nessuno era mai riuscito a superare questo duro esame; non ce n'era uno che fosse degno di diventare suo assistente. Così egli viveva ancora solo nel suo modesto eremo accanto a un ruscello montano. Dell'eremo faceva parte un pezzo di terra che egli stesso coltivava e dal quale traeva sostentamento. Come bevanda gli era sufficiente la chiara acqua di fonte.

Era un giorno d'autunno, nell'epoca in cui mormora il freddo vento dorato, gli alberi depongono il loro manto di foglie, tacciono il ronzio delle api e il frinire dei grilli. Cima Solitaria si era alzato presto, come al solito; aveva spazzato via dalla soglia le foglie cadute durante la notte, aveva riempito d'acqua fresca la scodella davanti all'immgine di Buddha e aveva acceso altre candele d'incenso sull'altare. Poi aveva steso sul pavimento la sua stuoia da preghiera e vi si era disposto in meditazione. Mentre se ne stava chino immerso in profonda e silenziosa meditazione, appave improvvisamente un visitatore. Era un giovane elegante in abito accademico, un chierico vagante. Era evidentemente di ottima famiglia, dato che aveva un seguito di due servi.
Il suo apparire fu come se una luminosa nube di primavera entrasse librandosi nell'aria a portare allegria nella tetraggine della cella ammuffita. Dalla persona del giovane visitatore amanava la freschezza delle luminose onde d'autunno. Il suo sguardo raggiante, ardente come il fuoco, era assolutamente straordinario. C'era nei suoi occhi uno splendore che tradiva. Un conoscitore d'uomini poteva facilmente concludere che si trattava di una natura avida di ogni genere di godimenti sensuali. Il possessore di due occhi così non poteva certo trarre piacere alcuno da una vita moderata e seria.
Spiare belle donne e giovani fanciulle, questa doveva essere la sua attività principale e preferita. Per qualcosa di diverso, neanche aveva testa. Nell'esercitare la sua attività si era specializzato tanto che gli bastava un'occhiata fuggevole e da lontano, da una distanza di dieci tese, per valutare con esattezza se una donna fosse bella o brutta. Non aveva affatto bisogno di osservarla da vicino. Quando ne trovava una degna di attenzione, dirigeva il suo sguardo solo su di lei. Se essa era di natura morigerata, abbassava il capo, e con gli occhi fissi a terra passava davanti a lui senza restituirgli lo sguardo. Se era invece affetta dalla sua stessa debolezza, rispondeva al suo sguardo e si giungeva, sia da una parte che dall'altra, a una tacita intesa, a quel mutuo scambio di amorosi messaggi che cela tanti pericoli, ahimè, per ambo le parti. Esser dotato di occhi così è un dono infausto di natura, sia per un uomo che per una donna. Molte volte si può far risalire al possesso di un simile bene la perdita della fama e dell'onore. Facciano tesoro, i nostri cari lettori, di questo nostro benevolo avvertimento.
Il visitatore eseguì compitamente un quadruplice inchino toccando quattro volte con la testa il pavimento, prima davanti all'immagine di Buddha e poi davanti ai vecchio eremita. Quindi si mise ad aspettare in silenzio di fianco alla stuoia da preghiera. Cima Solitaria, immerso in profonda meditazione, lo lasciò aspettare un po' in piedi. Solo dopo aver finito la sua sacra devozione mattutina ed essersi sollevato dalla stuoia, si voltò verso il visitatore, rispose al suo saluto con quattro profondi inchini e lo invitò a prender posto vicino a sé sul k'ang. L'eremita cominciò a parlare chiedendo al giovane, come è d'uso, il nome e la provenienza.

Vengo da una regione lontana e sono attualmente in pellegrinaggio nella provincia di Che­chiang. Il mio soprannome è Wei-yang Sheng, "Chierico della Prima Veglia". Durante il viaggio ho avuto notizia della fama del venerando maestro che i contemporanei esaltano come il vero Buddha vivente dei nostri giorni. Allora mi sono messo in cammino digiunando e purificandomi, come bisogna, nel corpo e nello spirito, per venire a rendere rispettoso omaggio al maestro e per divenire partecipe del suo insegnamento.

«Fermati, narratore!» protesteranno a questo punto i miei lettori. «L'eremita gli ha chiesto il nome e il cognome, cioè hsing e ining. Come mai il visitatore dichiara solo il suo soprannome?» Cari lettori, dovete sapere ché a quell'epoca, verso la fine del dominio mongolo, nei circoli accademici vigeva la curiosa usanza di imporsi uno pseudonimo e di viaggiare in incognito. Secondo l'età gli pseudonimi eran divisi in tre categorie: i giovani accademici si designavano col nome sheng che vuoi dire «chierico», quelli di età media si chiamavano tzu, ovvero «maestri», quelli anziani tao-jen, ossia «discepoli dei Tao». Nella scelta dello pseudonimo vero e proprio si badava a che esso si conformasse alle caratteristiche e alle inclinazioni personali del suo portatore. Il significato dello pseudonimo era naturalmente incomprensibile per tutti quelli che erano estranei allo stesso ambiente accademico, ma era chiaro per quelli tra i quali esisteva una familiarità che risaliva dai tempi dello studio in comune. Per quanto riguarda il nostro giovane, il soprannome derivava da una preferenza: per i rapporti con l'altro sesso e per i piaceri amorosi egli preferiva la notte al giorno, ma non tutta la notte, solo la parte prima di mezzanotte, non o!tre. Servendosi di un passo dello Shih-ching, il libro sacro dei canti, dove si trova l'espressione «wei yang ye» o «parte della notte prima della mezzanotte», dunque «prima veglia», egli si era dato il nome Wei-yang Sheng, «Chierico della Prima Veglia». Il significato segreto di questo soprannome era noto a lui solo e a pochi suoi compagni di studi.
«Troppo onore! Le vostre lodi esagerate mi confondono! » replicò modesto l'eremita e invitò il visitatore a prendere parte alla sua frugale colazione. Essa consisteva in una minestra di riso con verdura che, pronta in un paiolo di terracotta, fumava e gorgogliava sul fuoco. Durante la colazione mattutina l'eremita piano piano coinvolse l'ospite in una discussione di argomento spirituale. Lo voleva sottoporre a una prova d'intelligenza. Con grande sorpresa dovette riconoscere che il giovane era istruito anche delle cose più delicate come il ch'an o dhayna, esercizio, meditazione, astrazione, e che ne sapeva parlare con assoluta competenza. Più lo metteva alla prova e più chiaro risultava che aveva a che fare con un giovane straordinariamente dotato e colto, che non soltanto aveva letto il testo delle tre dottrine sublimi e delle nove scuole filosofiche, ma che lo padroneggiava con assoluta disinvoltura. Il chierico si mostrò sorprendentemente versato perfino sul terreno difficile del buddismo ch'an. Dove con gli altri giovani interlocutori come lui il maestro aveva dovuto sprecare migliaia di parole e centinaia di spiegazioni per riuscire a suscitare un minimo di comprensione, con questo straordinario giovane bastava una frase, un lieve accenno perché egli riprendesse il pensiero del maestro e lo sviluppasse agevolmente fino alle estreme conclusioni.
Cima Solitaria pensava tra sé:

È veramente uno strano ragazzo! Tanto intelletto e tanto sapere in una sola persona! Peccato che il Creatore abbia commesso nell'errore di dare a costui, le cui doti spirituali sembrano averlo predestinato al servizio di Buddha, come dono accessorio un aspetto così fascinoso e così peccaminosamente attraente. Lo si vede osservando il suo viso, la sua figura, la sua mimiCa, il suo atteggiamento e il suo modo di muoversi: è fatto come un vero dèmone del piacere! Se non lo si chiude subito in un sacco di pelle isolandolo dal mondo esterno, chissà quante disgrazie procurerà in futuro al genere umano. Per indulgere al suo piacere uno come lui non arretrerà di fronte a nulla, guaderà fossi, scalerà muri, ideerà le astuzie più folli e architetterà i piani più temerari per penetrare nelle stanze di fanciulle vergini e portarvi disgrazia. Chissà quante donne e quante ragazze renderà infelici, macchiando e avvelenando la loro vita! Se io, di fronte a un selvaggio come costui, che minaccia evidentemente ogni civile ordinamento e ogni creanza, non cercassi, per il bene comune, d'intervenire preventivamente, non sarei un buon servitore di Buddha e trascurerei colpevolmente il comandamento della pietà che Buddha mi ha imposto.

Parlò dunque al giovane in questo modo: «Da quando vivo qui come eremita sono stato perseguitato da ogni sorta di visitatori, che finivano con l'insistere per essere presi da me come assistenti. Senza parlare degli sciocchi ignoranti, che non è il caso di prendere in considerazione, c'erano tra loro anche uomini degni di essere presi sul serio, persone colte di ottima condizione: dottori, maestri, studiosi e addirittura dignitari che cercavano temporaneamente riparo nel mio eremo, forse per sottrarsi a penosi procedimenti per qualcosa che avevano commesso. Ma anche se diversi di questi aspiranti si erano già occupati seriamente delle dottrine buddiste, per nessuno di loro si poteva parlare di maturità, di risveglio. Nessuno di loro accontentava le mie pretese.
«Poi – chi l'avrebbe pensato! – arrivate qui voi, mio caro giovane converso, e rivelate tanta illuminazione e tanto intelletto! Per voi bastano pochi anni di approfondimentonella dottrina di Buddha per ottenere il samadhi, ascendendo allo stato sublime della perfezione al nirvana terreno. È più difficile esser dotati dalla natura di alte doti spirituali che avere il dono della bellezza fisica. E più facile vivere una breve stagione di splendore che sopportare catastrofi. Dato che voi, mio onorevolissimo giovane confratello, avete evidentemente la stoffa di un vero Buddha, non dovreste percorrere la strada del comune pellegrinaggio terreno lungo la quale diavoli e demoni tendono tranelli, ma presto, già fin d'ora, adesso che i vapori del mattino non si sono ancora dissolti, staccatevi con un taglio netto da tutti i desideri e i piaceri terreni ed entrate oltre la porta del vuoto. Sebbene io, misero eremita, sia solo un uomo normale, confido di potervi aiutare con la mia volontà e con l'aiuto della provvidenza, a conseguire, quando saranno passati i cento anni della vita terrena, il godimento di tutte le beatitudini celesti insieme ai santi. Vi salverete così dal pericolo di divenire laggiù all'inferno la preda sottomessa di turpi demoni e rakshasas. Cosa pensate della mia proposta?

Il giovane rispose:

Anch'io coltivo da lungo tempo il proposito di rifugiarmi nella religione dedicando la mia vita a Buddha, ed è mia ferma intenzione tornare qui un giorno per potervi servire come assistente. Ma è ancora troppo presto. Sono giovane e vorrei prima soddisfare due desideri mondani. Datemi il tempo di portare a termine entrambi i compiti che mi son proposto e qualche anno ancora per godere dei piaceri terreni, poi tornerà e mi troverete pronto a divenire un seguace del patriarca Matanga. E non sarà troppo tardi.

Posso chiedere quali sono i due desideri? Certo volete superare brillantemente l'esame di palazzo e render grazie al trono operando brillantemente e con successo in un incarico in una provincia fuori mano. E questo che intendete?

Il giovane scosse il capo. «Non desidero ciò che credete voi.»
«Allora parlate. Cosa desiderate?»

Dunque sappiate che correre dietro a incarichi e onori per i quali dovrei poi ringraziare il trono, non è cosa che mi stia a cuore. Ciò che vorrei conquistare, vorrei ottenerlo con le mie sole forze. Non vorrei assolutamente vantarmi, ma penso di poter affermare che la mia cultura letteraria, la mia memoria, il mio ingegno, il mio stile sono di prima categoria. Al giorno d'oggi i letterati famosi sono tutti piuttosto mediocri. Sono persone che si affaticano fino allo spasimo per imparare qualcosa a memoria e che si torturano per produrre tra pene e fatiche una composizione del modesto livello di un'esercitazione degna tutt'al più di studenti raccolti in seminario. Poi quando sono riusciti a dare alle stampe un modesto libro, di poesie, inalberano stendardi di gioia e di ringraziamento sull'altare del dio delle lettere, s'atteggiano a geni straordinari e s'illuminano di una gloria immaginaria. Per conquistare una autentica gloria letteraria è necessario conoscere a fondo l'uomo e il mondo. Non si diventa scrittori veramente significativi, per quel che ne penso io, conoscendo soltanto la letteratura importante del proprio paese. Occorrerebbe invece aver rapporti personali e scambi spirituali con i grandi della letteratura contemporanea, bisognerebbe aver visitato personalmente tutte le località famose come meta di pellegrinaggio. Solo allora è possibile ritirarsi in solitudine, nella quiete di un eremo, e lì lavorare con agio e comporre un'opera che sia degna di essere tramandata ai posteri. Se si ha la fortuna di superare l'esame di stato e di veder brillare il proprio nome nella lista dei vincitori, non ha importanza con quale incarico ci si rende meritevoli rispetto al trono. Se invece non si ha fortuna negli esami, ci si può anche consolare restandosene fino alla vecchiaia seduti alla scrivania accanto alla finestra del proprio ritiro, continuando a fare illetterato. Già da mille anni i nostri antenati la pensano così. Cercate dunque di capirmi bene. Ho l'ambizione di scrivere un'opera importante perchè io sia ricordato in futuro nella letteratura del nostro paese come "primo maestro di prosa poetica".

«Questo è uno dei propositi. E l'altro?» chiese Cima Solitaria. Il giovane aveva già aperto la bocca per rispondere, ma non emise alcun suono. Evidentemente si vergognava di parlare.
«Vedo che esitate a confessare il vostro secondo proposito. Cosa ne direste se tentassi di esprimerlo io al posto vostro?»
«Sicché osate tentar di leggere nel pensiero? E va bene... se vi riesce!»
«Certo che oso, e se non indovino, sono pronto a far penitenza. Ma se colgo nel segno, non dovete ipocritamente negarlo.»
«E come potrei? Se davvero indovinate, penserò che non siete soltanto un Bodhisattva ma anche un maestro di magia, un uomo-dio!»
«Bene, volete conquistare la più bella del paese.»
Il monaco aveva pronunciato questa frase con assoluta calma e sicurezza. Il giovane spalancò gli occhi e la bocca per lo sbigottimento e rimase per un attimo senza parole. Infine confessò ammirato:
«Maestro, vedo che siete veramente un uomo superiore, tanto da poter leggere i miei pensieri più reconditi!»
«Non conoscete il detto:
Ciò che in segreto quaggiù tramano gli uomini, risuona in cielo forte come tuono

In verità mi pareva sconveniente toccare il tema dell'amore e della gioia dei sensi alla vostra santa presenza. Ma, visto che avete cominciato voi stesso, ne potrò parlare apertamente. Sappiate dunque che in certi momenti il desiderio dei piaceri mondani supera in me l'anelito a fuggire il mondo. Il concetto di spirito e di bellezza sono sin dall'antichità inscindibilmente collegati. A un giovane uomo di spirito conviene una bella compagna e viceversa. È sempre stato così. Non ho bisogno di spendere altre parole sulle mie doti spirituali, ma anche del mio aspetto esterno non mi posso certo lamentare. Quando mi guardo nello specchio, mi pare che non avrei ragione di nascondermi davanti ad un Pan An [2] se egli vivesse oggi. Non ho forse il diritto, così come il cielo m'ha fatto, di pretendere per me qualcosa di assolutamente speciale? Se al mondo non ci fossero donne belle, il mio caso sarebbe già risolto. Ma visto che il mondo strabocca di bellezze, perché non dovrei approfittarne? Ho appena compiuto vent'anni e non sono fidanzato. Sarebbe una vera ingratitudine verso il cielo, che mi ha così ben dotato sia dal punto di vista fisico che da quello spirituale, se non desiderassi una donna che potesse soddisfare le mie giustificate pretese.
Perciò, venerabile maestro, lasciatemi andare per il mondo a cercare colei che mi appartiene. Abbiate la pazienza di aspettare finché non l'abbia trovata e sposata, e non abbia avuto un figlio che continuerà il mio servizio alle urne degli avi. Quando tutto questo sarà avvenuto, nessun desiderio mi legherà più al mondo della polvere. Allora, siatene certo, non soltanto io volgerò il capo fiducioso a voi; convertirò anche mia moglie alla dottrina sublime e raggiungerò con lei la riva della redenzione. Cosa ne pensate, maestro?

Il maestro ebbe un risolino glaciale.

A sentirlo, sembra un discorso convincente. Il creatore, re dei cieli deve aver proprio commesso un errore nel crearvi. Se invece di darvi un bell'aspetto vi avesse fatto ripugnante, la vostra grande intelligenza vi avrebbe condotto senza deviazioni al vostro autentico destino. È per questo che, fin dai tempi antichi, proprio gli uomini affetti da gravi infermità fisiche, come lebbrosi, epilettici, storpi, zoppi, riconoscendo che il cielo fa loro scontare con la sofferenza le colpe commesse in una vita precedente, rinunciano al mondo e scelgono di diventare eremiti nel nome di Buddha o di Lao Tzu. Nel caso vostro, mio giovane e degno converso, le cose stanno in modo opposto. Il re dei cieli vi ha fin troppo dotato di beni. Come due genitori, accecati da un amore eccessivo, che viziano il loro figlio per paura di fargli male non osano sgridarlo e tanto meno picchiarlo, quando è sgarbato. Un simile modo di fare è molto pericoloso per il bambino. Una volta diventato grande, dirà caparbio: – Cielo e terra m'han fatto come sono, così mi hanno educato i miei genitori; cosa ci posso fare io? – Con questi pensieri cullerà la sua coscienza e scuserà le sue azioni. Seguirà senza alcun freno la sua inclinazione al male, cominciando da qualche piccola cattiveria e da qualche stupido scherzo per finire col commettere omicidi. Così sarà sottoposto a penosi processi, con severe condanne al carcere e addirittura alla pena capitale. A questo punto, duramente colpito, capirà, purtroppo troppo tardi, che la sua brutta fine è stata causata dall'eccessiva indulgenza dei genitori, che lo hanno viziato quando era giovane e ormai invano la deprecherà. Per questo motivo dico che la bellezza, l'ingegno e uno spirito orgoglioso e altezzoso non sono affatto una garanzia di fortuna nella vita.

Voi dunque vi fate forte del vostro aspetto e delle doti del vostro ingegno che, secondo la vostra presunzione, fanno di voi il primo genio del regno. Volete andare per il paese a conquistare la donna più bella. Lasciando in sospeso il fatto che la troviate e che riusciate ad entrarne in possesso, chi vi dice che la persona in questione sia proprio la più bella di tutte? E se da qualche parte ce n'è una anche più bella? Forse che il titolo "più bella di tutte" sta scritto sulla fronte? Può darsi che un giorno ne troverete una più bella della prima; allora pianterete in asso questa per correre dietro a quell'altra, non è vero? Se la vostra bella, poi, ha la vostra stessa natura, anch'essa sarà esigente e schizzinosa nella scelta del coniuge come lo siete voi. E chi vi dice che sarete proprio voi colui che soddisferà le sue esigenze? Come contate d'impedire a una bellezza tanto esigente di tenersi, dietro le vostre spalle, un amante? Cercando con cento astuzie e mille intrighi di conquistare quella sola, la più bella, scivolerete inevitabilmente, passo dopo passo, gradino dopo gradino, nell'abisso della rovina. Preferite andare all'inferno piuttosto che venire in paradiso? Se non v'importa nulla di precipitare all'inferno, andate allora tranquillo per il mondo alla ricerca della vostra bellissima. Se invece vi attira venire nel palazzo celeste, ripudiate il vostro proposito terreno, cancellatelo dalla vostra memoria, rinunciate al mondo e rimanete con me!

Ora toccò al giovane sorridere con indulgenza.

Non mi sembra confacente al serio eloquio di un santo servo di Buddha, di un maestro di alto livello, fare uso nelle discussioni di luoghi comuni e di parole ad effetto come paradiso e inferno. Sarebbe piuttosto adatto ai discorsi dei laici ingenui, che cadono nella trappola di simili infantili credenze. Per quanto ne so io, l'essenza del buddismo sta nel giungere da soli al risveglio, all'illuminazione, ad una condizione superiore al di là della vita e della morte."Palazzo celeste" e "inferno" sono vuote parole a effetto, copertine senza libri, cose che in realtà non esistono. Se qualcuno di noi, esaltato dalla gioia di vivere, si lascia andare a qualche eccesso, viene caso mai bollato come peccatore dai principi morali di Confucio. Condannarlo e spedirlo senz'altro nel preteso "inferno", è un po' troppo.

Concesso: le espressioni "palazzo celeste" e "carcere terreno" son vuote parole a effetto, copertine senza libri; concesso: le proposizioni "chi fa il bene, va in cielo, chi fa il male, va all'inferno" sono credenze primitive e infantili; ma ne abbiamo bisogno. C'é bisogno dell'immagine di una vita felice in cielo per incitare l'umanità al bene, c'é bisogno della rappresentazione dei tormenti dell'inferno per allontanare la gente, spaventata, dal male. Voi giovani, che giurate su Confucio e sulla sua logica, potete essere esenti da ogni credenza puerilmente ingenua, ma non vi potete sottrarre a un codice morale. Visto che rifiutate le vuote parole a effetto, non vi parlerò più della retribuzione nell'aldilà, ma di premio e punizione su questa terra. C'è un versetto che dice:

Non amoreggiare con la moglie del tuo vicino,
e con tua moglie non amoreggerà il vicino.

Naturalmente anche questo è un luogo comune, una frase a effetto, ma nella vita pratica si è sempre dimostrata vera. Chi seduce la consorte o la figlia di un altro finisce col sottostare alla regola, in quanto sua moglie o sua figlia viene sedotta da un altro. Solo chi col suo comportamento si attiene alla virtù vedrà assicurata la virtù della propria moglie e della propria figlia.
Ora, giovane e degno converso, vi dovete decidere: volete personalmente fare esperienze di questa trappola, o volete esserne protetto? Nel primo caso andate pure a cercarvi la bella tra le belle. Se no, rinunciate allo stolto proposito, abbandonate il mondo e restate con me.

Il giovane replicò:

La vostra argomentazione è costruita con logica stringente e potrebbe impressionare ed intimidire un ignorante neofita; a tal punto da fargli drizzare i capelli e tremare le membra. Ma io non sono un ignorante neofita. Per spaventare me, dovete trovare argomenti più plausibili. Permettetemi un'obiezione: per quanto severi siano in teoria i comandamenti del creatore, in pratica egli si mostra un giudice molto indulgente che lascia regnare la clemenza. Può anche darsi che la maggioranza dei seduttori venga colpita dalla punizione e dalla vendetta di cui avete parlato, però non sono rari i seduttori che restano impuniti. Supponiamo di andare di famiglia in famiglia per fare un'esatta statistica dei casi in cui i seduttori di mogli e figlie altrui hanno pagato la loro colpa con la seduzione da parte d'altri della propria moglie o della propria figlia. Ci renderemo allora conto che il principe del cielo amministra la giustizia in modo molto partigiano e arbitrario. Con ciò non voglio in alcun modo contestare il fatto che, da un punto di vista più generale, la teoria della ruota del destino e della superiore giustizia abbia la sua validità. Dove si andrà a finire, senza un'educazione alla morale? Essa è il pilastro dell'ordine civile, che naturalmente non deve essere scosso.

Cima Solitaria disse:

Voi dunque credete che ci siano casi in cui un seduttore riesce a sfuggire la vendetta e la punizione? Io ne dubito. Temo invece che il principe del cielo non lasci sfuggire nessun malfattore attraverso le maglie della sua giustizia. Forse voi siete così magnanimo da lasciar scappare malfattori dalle maglie della sua legge, ma il principe del cielo sicuramente no. Questa è la mia opinione, confermata ogni volta di nuovo da vecchie e nuove esperienze. Questo insegnano in mille modi la nostra storia ufficiale, la nostra letteratura e la tradizione popolare.
Riflettete anche su un'altra cosa, per favore: mentre l'uomo è costume che si vanti dei propri successi amorosi di fronte ad estranei e a conoscenti, è abitudine della donna tenere per sé le proprie esperienze segrete. Per vergogna o per paura di perdere la loro buona fama, le donne che sono state vittime di seduzione non apriranno la bocca nemmeno col proprio marito, per non parlare delle migliori amiche e dei parenti stretti. Manterranno il silenzio finché il coperchio della bara non si chiuderà su di loro. La statistica di cui parlate sarebbe quindi molto incompleta, perché è molto difficile stabilire i casi in cui i seduttori sono stati puniti con la seduzione della moglie o della figlia. Considerate, inoltre, che si può commettere adulterio col pensiero. Già solo il sospetto di essere tradita dal marito può far sorgere in una donna il desiderio di ripagarlo con la stessa moneta, cosa che essa fa con la fantasia. Di notte, durante l'amplesso, che forse non la soddisfa del tutto o che addirittura la disgusta se lui è brutto o ripugnante, ella immagina di abbracciare un bel giovane sconosciuto della cui immagine si è invaghita durante il giorno, e trae da questa fantasia soddisfazione. Lo stesso può accadere anche ad un uomo. Non si tratta di vuota teoria, son cose che avvengono veramente nella vita. Benché in questo caso manchi un vero e proprio attacco all'onore della donna, vi è tuttavia adulterio. E anche questo conta come una sottile punizione per l'infedeltà del marito.

Di nuovo il giovane rispose con un sorriso di superiorità:

Tutto ciò suona logico e plausibile, ma permettetemi un'altra piccola obiezione: parlate sempre di una vendetta che colpirà il seduttore attraverso sua moglie e sua figlia. Che ne è di questa vendetta, se il briccone non ha né moglie né figlia? Il creatore non potrà in questo caso servirsi della punizione che voi minacciate. E ancora: il numero delle mogli e delle figlie che un uomo si può permettere è limitato. Supponiamo che egli abbia una moglie, una concubina e due figlie. Egli però seduce una quantità di donne d'altri (c'è un'infinità di mogli e di figlie, in questo paese). Come fa il creatore, in casi particolari come questo, a somministrare la giusta punizione? Nel caso che abbiamo preso in esame il seduttore resterebbe comunque in vantaggio, anche se, per penitenza, egli accettasse che tutte le sue donne (mogli e figlie) venissero sedotte. Non è vero?

Siete troppo cavilloso. Il povero monacello non è capace di sostenere una simile schermaglia di parole. Rinuncio. Non mi credete perché io non posso dimostrare le mie parole con delle prove. Va bene, aspettiamo. Fate quel che ritenete giusto, e un giorno mi darete ragione. Andate e mettetevi alla ricerca della bella tra le belle. A un certo punto verrà l'ora in cui vi si apriranno gli occhi. Raggiungerete il risveglio sul Jou Pu Tuan; sul tappeto da preghiera di carne! Ne sono sicuro, perché vedo in voi facoltà che vi pongono al di sopra della massa profana. C'è in voi la stoffa del santo: siete eletto a scalare un giorno la ripida proda della redenzione. Per questo mi è così difficile lasciarvi partire. 'Ma il nostro commiato odierno non sarà una separazione per sempre. Quando la grande illuminazione sarà venuta su di voi, tornate qui. Vi aspetto. Da domani vi ricorderò piangendo nelle mie devozioni mattutine e vi aspetterò.

Dette queste parole di commiato Cima Solitaria prese un pezzo di carta, mescolò l'inchiostro, afferrò il pennello e scrisse una poesia di quattro versi:

Orsù, gettate il gravoso sacco della fuga dal mondo!
Scegliete la carne per tappeto e luogo di preghiera!
Pazienza: verrà l'ora che annunzia il pentimento tardivo.
Nessun lamento, allora, se troverete una bara chiusa.

Cima Solitaria diede il foglio al giovane.

Prendete, e non vi arrabbiate con questo sprovveduto balordo di un dhûta, se ha toccato, nei suoi versi, un argomento del quale in genere si evita, per timore, di parlare. Questo tabù non vale per noi dhûtas. Non vogliate leggere nel mio rozzo scritto del dispetto per voi, ma piuttosto tenera sollecitudine. Conservatelo a testimonianza futura del fatto che avevo ragione quando vi ho messo in guardia.

Si alzò lasciando chiaramente capire che per lui il colloquio era chiuso. Il giovane era abbastanza beneducato da capire che non poteva accomiatarsi adirato da un eremita tanto venerabile, da un maestro di così alto grado. Così abbassò umilmente la testa e balbettò alcune parole di scusa:

Considerate, vi prego, con indulgenza la mia stupidità e la mia ostinazione giovanile, che sono la ragione per cui non riesco ad adeguarmi ai vostri saggi insegnamenti. Spero e imploro però che, quando ritornerò, mi apriate completamente l'oceano del vostro cuore e che mi riammettiate in grazia.

Seguì un quadruplice inchino da ambo le parti. Poi l'eremita accompagnò il visitatore davanti alla porta e il giovane se ne andò.
La parte del vecchio eremita è finita qui. Per ora non ri comparirà più. Da questo momento protagonista del racconto sarà il Chierico della Prima Veglia. Si dirà come egli si sia traviato e perduto dietro alle donne e ai piaceri del mondo. Se volete sapere come la profezia dell'eremita si compia punto per punto, finché la fine non ritornerà al principio, dovete leggere il prossimo capitolo.

CAPITOLO II

 

Dopo essersi accomiatato dall'eremita, il giovane continuò ancora per un bel pezzo di strada a brontolare tra sé e sé:

Bel santo, quello! Pretendere da me, che ho solo vent'anni e sono nel fiore della giovinezza, che subisca la tonsura, che rinunci al mondo e che sopporti il rigore di un'esistenza da monaco! Dove si può trovare un esempio simile di spietatezza? E io che gli avevo fatto visita soltanto perché, prima di diventare un eremita, egli era uno dei più famosi rappresentanti della dottrina confuciana! Mi aspettavo che egli avrebbe tratto dal suo animo chissà quali tesori di saggezza e chissà quali formule magiche capaci di aiutarmi nel cammino della vita. Invece ha la sfacciataggine di trattarmi come uno stupido, e mi dà come viatico quei versi meschini, privi di spirito come un fulmine senza luce. Semplicemente inaudito! Io che diventerò un funzionario, una persona di tutto rispetto, che quando avrò il mio ufficio e la mia carica governerò una regione del regno e avrò sotto di me decine di migliaia di abitanti, dovrei essere incapace di tenere in pugno una moglie? Quello lì mi vuole impedire di esercitarmi, prima del matrimonio, nel gioco del vento e della luna. Mi vuole impedire di procurarmi l'esperienza che mi serve per non cadere senza conoscenza di causa nel matrimonio, magari con una donna sbagliata. E non basta! Mi prospetta il pericolo che possa venire qualcuno a farmi pagare le mie colpe precedenti, ledendo l'onore della mia casa che sarà ben sorvegliata! Come se la donna che avrà il privilegio di avere per marito un insieme di tutte le qualità maschili, quale sono io, potesse avere bisogno di farsi sedurre da un altro uomo! Mia moglie essermi infedele? Non vale nemmeno la pena di prendere in considerazione una simile ipotesi!
Quei versi zoppicanti, poi, avrei dovuto farli a pezzi e gettarglieli davanti ai piedi. Ma no, è meglio di no! Questa robaccia potrebbe servirmi come prova per chiudere la sua bocca velenosa. Se pure lo incontrerò ancora, lo metterò davanti a quanto ha detto e vedrò se sarà capace di pentirsi del suo torto.

Dopo aver preso questa decisione, il chierico piegò il foglio con la profezia e lo mise nella tasca della cintura.
Tornato a casa, inviò i suoi camerieri a cercare tutte le pronube per dar loro l'incarico di mettere il naso dappertutto, in città e in campagna, per trovargli la più bella ragazza da marito. Questa doveva essere di buona e onorata famiglia e, oltre a essere bella, doveva avere spirito e cultura. Tali erano le sue pretese. Le risposte non mancarono. Non c'era padre di famiglia che non si augurasse un genero come lui, non c'era ragazza di famiglia che non lo volesse come marito. Ogni giorno riceveva la visita di molte pronube insieme che gli proponevano ora questo ora quel partito. Se la fanciulla che volevano proporgli era di umili origini, se la portavano con sé in modo da potergliela presentare di persona. Se invece era la figlia di una famiglia di alta condizione, di gente che ci teneva alle forme e all'etichetta, di solito si mettevano d'accordo per far sì che il giovane la incontrasse come per caso fuori casa, o al tempio o durante una passeggiata nel verde fuori dalla cinta delle mura.
Tutte queste visite e questi incontri riuscirono soltanto a dimostrare che tante buone giovinette di specchiata fama erano state inutilmente scomodate e che se ne potevano tornare a casa con vani desideri nel cuoricino ferito. Poiché, nonostante il gran numero di candidate che gli furono sottoposte, l'ingordo pretendente non ne trovò una che sembrasse degna di lui.
Un giorno venne da lui una pronuba che gli parlò in questo modo:

Dopo tutto quanto è avvenuto c'è una sola tra le aspiranti che possa essere presa in considerazione: la signorina Nobile Profumo, figlia di un erudito che fa vita privata, noto col nome di Tieh-fei tao-jen, "Taoista Porta di Ferro". È l'unica che può soddisfare le vostre alte pretese. Ma c'è una difficoltà: suo padre è un originale, un misantropo, che rispetta rigorosamente delle usanze ormai fuori moda. Non permetterebbe mai che voi faceste visita personalmente a sua figlia prima di prendere una decisione. Questo vi priva in partenza di quest'ultima possibilità.

Come mai gli è stato dato un soprannome così strano, cioè Taoista Porta di Ferro? Perché non vuole che nessuno veda sua figlia? E se la tiene nascosta a tutti, come fate a sapere che è bella?

Il vecchio è, come ho detto, un po' strano, un originale che fa vita ritirata, tutto solo con i suoi libri. Evita qualsiasi compagnia, non ha rapporti con amici. Si può bussare alla sua porta quanto si vuole (ha una grandiosa villa in peri. feria, con prati e campi), tanto non apre. Una volta arrivò da fuori un uomo molto rispettabile, un ammiratore che non lo conosceva, e che voleva far visita al famoso erudito. Quando si accorse che, nonostante il continuo battere e bussare, nessuno apriva e che dentro tutto rimaneva in silenzio nonostante il ripetuto chiamare, scrisse prima di andarsene quattro versi scherzosi sulla porta della casa:

Basta un ramo d'edera al saggio
come porta di casa,
l'alto signore invece – chi l'avrebbe mai detto? –
Si rinserra dietro una porta di ferro.


Più tardi, quando il padrone di casa scoprì i versi, trovò che i due segni tieh (ferro) e fei (porta), erano molto adatti a definire il suo carattere e li scelse come soprannome. Da allora si chiama Tieh-fei tao-jen: "Taoista Porta di Ferro". È un vedovo possidente ed ha solo quella figlia. Per quanto riguarda l'aspetto esteriore, essa è davvero e senza esagerazione un leggiadro fiore, paragonabile ad una pietra preziosa. Il padre inoltre le ha impartito fin dall'infanzia una solida istruzione, tanto che la sua testolina è piena di erudita cultura. S'intende di poesia, di saggi in ornato stile prosastico, di canzoni, di strofe, ed è capace di comporre versi in tutte le forme poetiche. E stata inoltre educata in modo eccezionalmente severo e quasi non ha messo piede fuori dalla soglia delle sue stanze di vergine. Non esce mai, nemmeno per assistere, come vuole la tradizione, al rito religioso nelle feste del tempio; tanto meno per andare a trovare parenti o conoscenti. Ha ora sedici primavere e ancora non è apparsa in pubblico. Dopo tutto noi, povere mezzane e pronube, non abbiamo le ali per volare fin nel suo appartamento. Per questo, finora non abbiamo potuto vederla. Devo ringraziare il caso se finalmente sono riuscita a vederla poco fa.
Ieri, dunque, passavo per caso davanti alla casa del vecchio signore, mentre egli stava sulla porta. Mi ha fermato e mi ha chiesto se non ero la mamma Liu che per mestiere combina matrimoni. Gli risposi di sì. Allora mi fece entrare in casa e mi presentò sua figlia. "Questa signorina è la mia unica figlia" ha detto, poi ha continuato: "Ora guardatevi in giro e procuratemi un genero degno di lei, che abbia le qualità necessarie per diventare mio figlio e sostegno della mia vecchiaia." Io ho subito proposto voi, mio giovane signore, come il partito più adatto. Ha detto: "Ho già sentito parlare di lui. Se ne elogia l'alto spirito e il bell'aspetto. Ma qual è il suo carattere? E virtuoso?" Io ho risposto "Il giovane signore ha una maturità, sia spirituale che morale, molto superiore a quella che ci si aspetterebbe alla sua età. Il suo carattere non mostra alcuna incrinatura, non il minimo punto debole. C'è solo un ostacolo: insiste nel voler vedere coi suoi occhi la sua promessa sposa prima del fidanzamento." Il vecchio cambia di colpo il suo atteggiamento benevolo ed esclama adirato: "Che stupidaggine! Conoscersi prima del fidanzamento! Può andar bene per una povera larva incipriata in vendita, per una puledra secca proveniente da Yang-chou. Da quando in qua si usa offrire allo sguardo di uno sconosciuto una onorevole figlia di buona famiglia? Sarebbe bello! Riconosco da questa sfrontata pretesa che non è l'uomo adatto per mia figlia. Non se ne parla più!" Con questo ha chiuso il nostro colloquio e mi ha mandata via per la mia strada. Vedete dunque, caro giovane, che non c'è purtroppo niente da fare riguardo a questo partito.

Il giovane meditò profondamente.

Se mi sposassi questa giovane bellezza e la portassi a casa mia, chi oltre a me si curerebbe di lei, visto che non ho né genitori né fratelli? Dovrei rintanarmi in casa tutta la giornata per farle la guardia, non potrei più assolutamente uscire. Se invece andassi ad abitare in casa di quel vecchio dalle idee antiquate, dopo avere sposato sua figlia, non avrei di questi problemi: ci sarebbe quel cerbero di mio suocero a badare a lei quando io fossi assente. Conserverei così completa libertà di movimento fuori casa. L'unico punto che mi preoccupa è che non la posso vedere prima di fidanzarmi. Si può credere a quello che racconta una mezzana come questa? Si sa che usano riempirsi la bocca di belle parole, quando vantano i pregi della controparte.

Questi erano i pensieri che gli attraversavano la mente, e allora così parlò a mamma Liu:

Se devo credere alle vostre parole, questo partito sarebbe eccellente, proprio quello che ci vuole per me. Per questo vorrei pregarvi ancora di cercare il modo o la maniera di farmi spiare almeno una piccola parte della sua ombra ed afferrare al volo il suono della sua voce. Se in complesso mi piace, questa partita può andare in porto.

Vederla prima? Escluso! Ma se non vi fidate di me, rivolgetevi ad un indovino che interroghi i bastoncini del destino.

La vostra proposta mi fa venire un'ottima idea. Ho un amico che è capace di evocare gli spiriti e di indovinare il futuro. Le sue previsioni si son sempre dimostrate veritiere. Gli chiederò consiglio. Aspettiamo quel che deciderà la sorte. Poi vi farò chiamare di nuovo e ve lo comunicherò.

Si accordarono così e la pronuba se ne andò.
Il giorno dopo il giovane digiunò, fece un bagno e invitò l'amico evocatore di spiriti a una seduta a casa sua. Nella cappella privata illuminata dalle candele e odorosa d'incensi il giovane pronunciò la sua preghiera a capo chino e a bassa voce, con la solennità con cui si prega uno spirito superiore:

Il fratello più giovane ha udito della bellezza insuperabile della signorina Nobile Profumo e vorrebbe sposarla. Ma solo il suo orecchio ha udito parlare della sua leggiadria: il suo occhio non l'ha ancora vista. Per questo egli chiede di poter interrogare il sublime spirito per sapere se la fanciulla è proprio così bella e se il sublime spirito gli consiglia l'unione coniugale con lei. Se ella dovesse avere anche un solo difetto, egli preferirebbe evitare una simile unione. Egli implora fervidamente il sublime spirito di volergli graziosamente dare un segno affinché, basandosi solo su una diceria, non abbia a ingannarsi e a mettere in giocola sua felicità.

Dopo aver pronunciato con ardore questo discorso, egli rese omaggio allo spirito sconosciuto con quattro inchini fino a terra. Alzatosi, ricevette dalle mani dell'amico un ceppo di legno del magico albero luan, lo tenne davanti a sé all'altezza del petto e attese trattenendo il respiro, con gli occhi fissi al magico ceppo di legno, quello che sarebbe successo. Giunse al suo orecchio il rumore leggero di un pennello che scivola su un foglio di carta frusciante. Poi un tirare alla manica lo riscosse dal suo irrigidimento. L'amico gli tendeva un foglio di carta. Sul foglio era scritta una strofa di quattro versi:

Non devi dubitare di questo messaggio dello spirito:
Ella è la prima nel boschetto dei fiori rossi.
Tanta bellezza attira gli spasimanti e ciò fa nascere timori.
Felicità o non nel matrimonio dipendono soltando dalla moralità.

Il giovane pensò tra sé:

È quindi una bellezza di prima classe. Questa è la più importante. La seconda parte del messaggio indica senza tante perifrasi il pericolo che la sua bellezza nasconde in sé. Che sia come un melone già aperto? Mi sembra però un'ipotesi molto azzardata. Aspettiamo di vedere quale sarà l'esito del secondo responso. Ce ne deve essere un altro, visto che il primo era contrassegnato dal numero 1.

Tenne di nuovo il ceppo di legno magico davanti a sé, udì ancora il fruscìo, e lesse quindi una nuova sentenza dello spirito, che diceva:

Sarebbe azzardato scommettere sulla fedeltà di tua moglie,
perciò se lo sposo ama l'armonia nella casa chiude le porte
e non fa entrare neanche una mosca.
Anche una cacatina di mosca corrompe la pietra preziosa.

 

Scritto da Hui‑tao‑yen,
il Taoista Ritornato.

I tre segni «hui tao jen» erano familiari al nostro giovane; costituivano il soprannome dietro il quale si nascondeva il patriarca taoista Lii Shun‑yang. Il giovane, conosceva anche la sua personalità e la sua vita di grande maestro. Ai suoi tempi era stato grande amico e conoscitore del vino e delle donne, come il giovane ricordò con soddisfazione. Durante la seduta lo spirito di costui era entrato nel suo amico e ne aveva guidato il pennello nello scrivere. Anche il secondo responso gli parve favorevole. Certo, avvertendolo dell'infedeltà delle donne e ammonendolo alla prudenza, gli procurava un certo raffreddamento e una certa delusione. Ma a questo proposito poteva star tranquillo. Avrebbe avuto un ottimo sorvegliante in quell'antiquato difensore della morale che era suo suocero. Avrebbe vegliato lui sulla virtù della giovane sposa. Non si chiamava forse Porta di Ferro? La terza e la quarta riga del messaggio alludevano molto chiaramente alla sua persona. Senza dubbio lo spirito approvava la sua scelta.
Il giovane s'inchinò verso lo spazio vuoto in segno di ringraziamento allo spirito del patriarca Lu Shun‑yang. Poi fece chiamare mamma Liu, la mezzana.

La risposta dello spirito ha deciso a favore della mia unione con la signorina Nobile Profumo, per cui è inutile vedersi personalmente. Ora andate, portate a termine la cosa.

Così le disse e mamma Liu si affrettò verso la casa del dottor Porta di Ferro. Gli annunciò che il suo committente non insisteva più per conoscere la futura sposa prima del fidanzamento.
«Ma in principio si era impuntato proprio su questo» brontolò il dottor Porta di Ferro «e così ha dimostrato di avere una mentalità del tutto superficiale, e di apprezzare di più l'aspetto esteriore che la solidità del carattere. Non ho bisogno di un genero simile. Io mi auguro e voglio una persona moralmente seria la cui concezione della vita sia estremamente solida.»
Mamma Liu, disperando della sua provvigione di mezzana, cercò, chiamando a raccolta tutte le risorse della sua intelligenza ingegnosa, di rimuovere ogni scrupolo nel vecchio:

Il tatto e il rispetto erano le uniche ragioni che lo spingevano a voler conoscere prima la gentile signorina. Temeva che potesse essere troppo delicata e fragile di costituzione per sopportare il matrimonio. Ma, dopo che io lo ebbi rassicurato su questo punto, fu positivamente impressionato dal sentire quanto sia stata attenta e severa l'educazione che le avete impartito e come la vostra guida l'abbia resa una vera somma di tutte le virtù virginali. E questo che lo ha deciso, quindi mi ha pregata di cercare di ottenergli l'onore di entrare a far parte della vostra degna casa.

Il dottor Porta di Ferro scosse la testa, consenziente e lusingato. Dunque era solo per delicatezza che voleva vederla prima? Una solida educazione era per lui l'elemento decisivo? Tutto ciò gli pareva ragionevole e parlava decisamente a favore del giovane. E così diede il suo paterno consenso.
In un giorno fausto del calendario il giovane entrò come marito nella casa del dottor Porta di Ferro. Con Nobile Profumo al suo fianco eseguì i tradizionali inchini al cielo e alla terra, agli antenati e al suocero. Quando poi la sera si trovò finalmente solo con lei nella camera nuziale ed ella sollevò il velo, le puntò gli occhi addosso pieno d'ansiosa aspettativa. Poiché fin all'ultimo, in un angolo del suo cuore, aveva nutrito un dubbio, fino all'ultimo aveva ritenuto che le assicurazioni e le lodi di mamma Liu fossero un po' esagerate, frutto d'esaltazione poetica. Ma adesso che la vedeva da vicino nella luce piena delle candele e delle lampade, sentì il suo cuore sobbalzare di piacere. La bellezza della fanciulla superava le sue più ardite speranze. Per accennare al suo fascino possiamo citare un brano tratto da un recente saggio, intitolato «In memoria della Splendida di Chin»:

Sulla sua persona è stesa una nube di oscuri segreti, un velo d'instancabile riservatezza. Sul suo viso e ovunque nel suo corpo si stempera ammassata bellezza. Quando sorride si vorrebbe prendere tra le mani il suo caro viso. Riesce senza paragoni affascinante, quando imbronciata aggrotta le ciglia.
Certamente la vita sottile e i nove luoghi delicati del suo corpo quasi non sembrano all'altezza dell'amplesso coniugale. Questo corpo pare così morbido, come se non fosse retto da una struttura ossea, che anche la spalliera di una poltrona gli fa paura.

Come descrivere la delizia dell'unione tra sposo e sposa?
Citiamo un saggio di epoca recente intitolato Primavera nella torre di diaspro:

Sotto le palpebre socchiuse le stelle degli occhi suoi fan balenare irate questo messaggio: No! Risvegliato da sonno profondo, fatica il calice del fior di pesco ad aprirsi. Ma la lingua insinuante si guadagna un piccolo passaggio alle labbra della bocca odorosa. Un gemito di piacere e un cumulo di sentimenti si dissolvono defluendo senza posa. Sui suoi seni di pelle setosa si forma in piccole perle la rugiada del piacere. Due paia di occhi s'aprono lentamente, e gli sguardi affondano negli sguardi. Due cuori s'infiammano in rosso ardore.

È vero, Nobile Profumo era una bellezza ineguagliabile, ma, con dolore del suo compagno, fallì totalmente nel «gioco del vento e della luna». Così le speranze che il giovane aveva riposto nelle gioie della prima notte restarono per sette decimi insoddisfatte. Niente di strano. Grazie all'educazione che aveva ricevuto dai genitori severi e molto conservatori, la sposa era come se fosse difesa da una corazza di virginale pudore e ritrosia che faceva rimbalzare senza risultato i teneri assalti del marito. Lo stizziva il fatto che lei non facesse nulla per venire incontro alla sua fervida corte. Se egli osava in sua presenza un'espressione un po' ardita o frivola, diventava rossa e se ne scappava offesa. A lui piaceva praticare il «gioco del vento e della luna» anche quando era pieno giorno, trovava cioè che così si moltiplicava il piacere, perchè si poteva godere della vista di certe parti del corpo che di solito rimangono nascoste. Tentava diverse volte, di giorno, di toglierle i vestiti strappandoglieli con mano audace, ma tutto si fermava lì. Lei si difendeva strenuamente e strillava tanto che sembrava subisse violenza. Di notte si concedeva, ma in modo del tutto apatico, come se fosse costretta. Con lei poi poteva eseguire solo una ricetta semplice e casalinga, da bravo borghese, visto ch'ella opponeva energica resistenza ad ogni tentativo di più raffinate variazioni del gioco amoroso. Quando egli tentò con la posizione detta «andare a prendere il fuoco dietro la collina», la sposa dichiarò indignata che si trattava di eccessi che offendevano tutte le oneste usanze matrimoniali.
Quando tentò con la posizione «fare una candela affondando il lucignolo nel sego», dichiarò scandalizzata che si trattava di una cosa volgare e indecorosa. Ce ne volle di fatica e di persuasione per convincerla a rovesciare le sue cosce sulle spalle del marito. Quando il piacere si avvicinava per entrambi al punto massimo, non si lasciava andare ad emettere neanche un gridolino, nemmeno un piccolissimo gemito di piacere. Se la invocava con teneri appellativi come «Cuore mio», «Mio fegato», «Mio tutto», «Mia vita», restava indifferente come se fosse stata sordomuta. Era una disperazione. Da allora cominciò a chiamarla scherzosamente la sua «piccola santa».

Così non si va avanti. Ho bisogno di qualcosa che le chiarisca le idee e che la liberi dalle sue fastidiose inibizioni morali. Meglio di tutto sarebbe una lettura eccitante.

Così dicendo tra sé andò nel quartiere dei librai. Qui riuscì a scovare, dopo lunghe ricerche, un volume stupendamente illustrato, intitolato Chung-t'ang, «Palazzo di Primavera». Era un famoso libro d'arte amatoria che aveva come autore nientemeno che il gran segretario Chao Tzu-ang. Conteneva trentasei illustrazioni che rappresentavano con la massima chiarezza e con arte pittorica trentasei diverse posizioni del rapporto sessuale cantate dai poeti del periodo T'ang.
Portò il libro a casa e lo presentò alla sua «piccola santa». Mentre insieme ne scorrevano i fogli le sussurrò:

Come vedi, io non pretendo da te stravaganze e buffonate che m'invento da me. Tutte queste sono forme consuete dell'accoppiamento amoroso nei rapporti coniugali. Già i nostri antenati facevano l'amore con tutte queste variazioni. In queste immagini e nel testo che le accompagna ne hai la prova.

Nobile Profumo aveva preso in mano e aperto il libro che egli le porgeva, senza sospetto. Quando lesse, sfogliandolo, nella seconda pagina, in grossi caratteri il titolo Han-Kung yi-chao «Ritratti tramandati dal palazzo imperiale d'epoca Han» [3] pensò tra sé: «Alla corte degli imperatori Han vivevano delle nobili e virtuose bellezze. Certamente il libro contiene i loro ritratti. Vediamo un po' com'erano queste degne dame», e curiosa continuò a sfogliare. Ma già alla terza pagina s'imbatte con sgradito stupore in un'immagine che la fece involontariamente arretrare spaventata: un uomo e una donna, ritratti entrambi nella loro rosea nudità, che, in un parco in mezzo ad artistiche rocce, erano intenti ad una assai intima operazione e rappresentati con la massima evidenza e precisione. Rimproverò il marito, rossa di rabbia e di vergogna:

Puah! Che libro indecente! Dove l'hai preso? Un oggetto simile macchia e insudicia la pura atmosfera del mio casto appartamento!

Stava già chiamando la cameriera per ordinarle di bruciare subito quella porcheria, quand'egli la prese per un braccio e glielo impedì.

Ma no! Il libro è un'antica rarità e vale almeno cento monete d'argento. L'ho preso in prestito da un amico. Se sei in grado di risarcire il suo valore e se ti va di farlo, brucialo pure! Altrimenti, fammi il piacere di lasciarmelo per due giorni per poterlo leggere; allora lo restituirò al mio amico.

Perché mai dovresti leggere una cosa che offende i buon costumi e gli ordinamenti umani?

Permetti, se fosse così indecente e scostumato, nessun pittore famoso si sarebbe prestato ad illustrano con i suoi disegni e difficilmente si sarebbe trovata una casa editrice disposta a sopportare le spese della produzione e a metterlo sul mercato. Mentre invece, dalla creazione del mondo non c'è stato niente di più naturale e di più ragionevole degli avvenimenti che rappresenta questo libro. Per questo un maestro della parola e un maestro del colore si sono uniti per farne un capolavoro sia dal punto di vista letterario che da quello pittorico. Perciò il suo editore non ha badato a spese e lo ha messo sul mercato, come vedi, in un'edizione di lusso stampata su seta. Per questa ragione le tavole stampate di quest'opera verranno conservate, insieme ad altre preziose rarità della letteratura, nell'archivio dell'Accademia Han-un, nel "bosco del pennello e dell'inchiostro", per permettere alle generazioni future di conoscerle e trarne profitto. Altrimenti il rapporto amoroso verrebbe pian piano a perdere ogni attrattiva e ogni slancio, gli sposi si annoierebbero e si volterebbero le spalle. Addio gioia di riprodursi, allora; al suo posto subentrerebbe una sgradevole indifferenza. Ho preso il libro non solo per mia informazione, ma perchè servisse a te come insegnamento e incitamento: deve renderti adatta al concepimento, sicché il tuo grembo sia benedetto e tu mi dia presto un bambino, sia maschietto o femminuccia. O preferisci forse che noi giovani già fin d'ora facciamo nostra l'ascetica serenità del tuo Ling Tsun "Venerabile che Comanda" e che il nostro matrimonio rimanga sterile? Capisci ora le mie buone intenzioni? Perché dunque indignarsi?

Nobile Profumo non era ancora del tutto convinta.

Non credo proprio che quel che rappresenta il libro sia in armonia con i buoni costumi e con la ragione. Se così fosse, perché i nostri antenati, che hanno costruito il nostro ordine sociale, non ci hanno insegnato a fare liberamente quelle cose alla luce del giorno e sotto gli occhi degli altri? Perché gli uomini lo fanno come ladri, di notte e in una camera di cui non parlano volentieri? Questo dimostra che deve trattarsi di qualcosa d'indegno e di proibito.

Il Chierico della Prima Veglia accolse questa obiezione con una cordiale risata.

Che curioso modo di vedere le cose! Ma io mi guardo bene dal biasimare la mia Niang-tzu, la mia cara piccola signora, per questo. Ciò dipende unicamente dell'educazione sbagliata che hai ricevuto dal tuo Venerabile che Comanda.
Ti ha segregata in casa ed esclusa dal mondo esterno. Ti ha vietato ogni contatto con le tue coetanee, che avrebbero potuto illuminarti. Così sei cresciuta completamente isolata ed ignara del mondo. Certo che quella cosa marito e moglie la fanno anche di giorno, è un fatto del tutto normale. Pensaci su un po': se nessuno mai lo facesse di giorno e davanti ad estranei, come avrebbe mai fatto l'artista a conoscere le numerose posizioni rappresentate nel libro? Come avrebbe altrimenti potuto rappresentare in modo così preciso e penetrante le molteplici forme dell'accoppiamento amoroso, che, solo a guardarle, suscitano una notevole eccitazione?

Sì, ma perché i miei genitori non l'hanno mai fatto di giorno?

Permetti, come puoi saperlo tu se non l'hanno mai fatto di giorno?

Perché una volta o l'altra avrei pur dovuto sorprenderli, mentre lo facevano. Sono arrivata a sedici anni senza accorgermi mai di nulla, senza aver mai udito un rumore che potesse riferirsi a questo né tanto meno aver visto qualcosa.

Il Chierico della Prima Veglia dovette nuovamente scoppiare in una gran risata:

Ah, ma che cara scioccherella sei! Queste sono cose da adulti, ma certo non adatte agli occhi o agli orecchi di un bambino! Ma qualche cameriera e qualche serva avrà origliato e sarà riuscita a sorprenderli e a percepire qualcosa o con le orecchie o con gli occhi. Ovviamente i tuoi genitori non hanno voluto compiere una cosa come questa davanti ai tuoi occhi di ragazzina, ma si sono prudentemente chiusi la porta alle spalle, per paura che una piccola bimba immatura come te fosse indotta ed eccitata precocemente a pensieri audaci, e si perdesse nel ginepraio di desideri prematuri e pericolosi per il suo animo.

Nobile Profumo, dopo aver riflettuto per un po' silenziosamente mormorò quasi parlando a se stessa:

È vero, me ne ricordo. In effetti qualche volta si sono ritirati nella loro camera da letto anche di giorno, chiudendo la porta dietro di loro col chiavistello. L'hanno fatto allora? E possibile. Ma così di giorno, ci si vede l'un l'altro, completamente nudi. Come si può? Bisognerebbe vergognarsi, invece!

Permetti, è proprio il fatto che ci si vede l'un l'altro in piena luce e in completa nudità ciò che stimola e procura un piacere dieci volte più grande di quello che si prova facendo l'amore al buio. Questo vale per tutte le coppie d'amanti. Con due sole eccezioni.

Quali eccezioni?

Il primo caso é che lui sia brutto e lei bella, il secondo che sia bello lui e brutta lei; in entrambi è poco consigliabile un rapporto in piena luce.

E per che motivo?

Nel rapporto sessuale il pieno piacere si raggiunge solo quando i due amanti si sentono corpo e anima prepotentemente attratti e anelano con ogni fibra all'unione fisica. Se la donna è bella e, per le sue forme piene e morbide e per la sua pelle liscia, tenera e chiara, sembra quasi una pietra preziosa, allora l'uomo, spogliandola di tutte le sue vesti e tirandola a sé, più riesce a vedere di lei e più brucia dalla voglia prepotente di averla. Il suo membro s'inturgidisce spontaneamente e si erige grande, duro e forte. Se invece lei rivolge lo sguardo al suo compagno e deve purtroppo accorgersi con spavento che, per i suoi brutti lineamenti, per le membra goffe e la pelle ruvida e piena di peli neri, assomiglia ad un diavolo ripugnante, e che, finché era vestito, era ancora passabile, ma ora che tutta la sua bruttezza senza veli viene alla luce davanti agli occhi della donna, anzi appare tanto più spaventosa quanto più evidente risalta al confronto la bellezza luminosa e tenera del corpo e delle carni di lei, per cui vicino alla donna egli appare di qualche decimo più brutto di quel che è effettivamente, a questa vista non dovrebbe sentirsi disgustata e piena di repulsione? E, se per caso vi era stata prima in lei una certa disponibilità all'amplesso, essa non svanirà subito nel nulla? Tornando a lui, di fronte all'evidente rifiuto e ripulsa di lei, il suo dardo finora superbamente eretto e grande e grosso non si raggrinzirà di nuovo fino a ritornare alle dimensioni di un nanerottolo? In breve, quando una coppia è sproporzionata come questa, non si può giungere a un lieto incontro amoroso. Se ciononostante ci si prova, tutto si risolve in un pietoso fiasco. Devono fare l'amore di notte al buio, quando non si possono vedere chiaramente. Questa era la prima eccezione. Ora la seconda eccezione riguarda il caso opposto: lui è bello e la sua compagna è brutta. Non è il caso di dilungarci a questo proposito; le cose vanno su per giù come nel primo caso. E ora veniamo al caso nostro: noi stiamo di fronte da pari a pari, chiara pelle contro pelle chiara, freschezza giovanile contro giovanile freschezza, bella figura contro bella figura. E a questo punto ti chiedo: che bisogno abbiamo noi di rifugiarci nell'oscurità della notte, di rimpiattarci sotto lenzuola e cuscini per nasconderci l'un l'altro? Non faremmo meglio a mostrarci l'uno all'altra nella chiara luce del giorno per deliziarci della vista dei nostri corpi così ben fatti per natura? Se non mi credi facciamo una prova. Proviamo a farlo una volta di giorno!

Nobile Profumo, ormai quasi convinta, nonostante il pudico «No!» che le uscì di bocca, era in fondo già pronta. Una leggera traccia di rossore sulle guance rivelava la sua crescente eccitazione nell'attesa di ciò che sarebbe venuto. Egli la notò e pensò tra sé:

La cosa comincia lentamente a piacerle. Desidera certamente farlo. Ma è ancora all'alba della sensualità. La sete e la fame d'amore non sono in lei ancora mature. Se comincio con lei troppo impetuosamente, potrebbe capitarle quello che succede al ghiottone che si getta senza discernimento su cibi e bevande e ingurgita ogni cosa alla cieca, senza prendersi il tempo per mordere e masticare. Questo le provocherebbe una difficile digestione e le procurerebbe uno scarso piacere. Sarà meglio che io la tenga un poco sulla corda e mi metta all'opera con tutta comodità.

Avvicinò a sè una comoda poltrona e vi si sedette. Tirò a sè Nobile Profumo e la fece sedere sul suo grembo. Poi prese il libro illustrato e, insieme con lei, lo sfogliò pagina per pagina, figura per figura.
Diversamente dagli altri libri dello stesso genere, questo libro era fatto in modo tale da recare sulla parte anteriore di ogni pagina un'immagine e sulla sua parte posteriore un appropriato testo esplicativo. Questo era suddiviso in due parti. La prima parte spiegava in poche parole la posizione di volta in volta illustrata, la seconda parte si diffondeva in un apprezzamento critico del valore artistico di ogni figura.
Il Chierico della Prima Veglia impartì alla sua allieva un altro piccolo insegnamento preventivo: doveva stare molto attenta e tentare di afferrare il senso e lo spirito delle figure perché potessero servirle in futuro, quando ne avesse bisogno, da modello e da campione. Poi le lesse frase per frase ad alta voce:

Figura n.1. La farfalla libera che vola alla ricerca del profumo dei fiori.

Testo esplicativo:

Lei siede in attesa, con le cosce allargate, su una pietra della riva dello stagno, nel parco. Egli prima saggia in ricognizione il terreno, poi cerca di procurare alla sua proboscide accesso al calice profondo del fiore. Entrambi, poiché sono ancora all'inizio della battaglia e molto lontani dalla regione della voluttà, mostrano nell'atteggiamento e nello sguardo degli occhi spalancati un aspetto quasi normale.

Figura n.2. Mostra l'ape che sugge il miele.

Testo esplicativo: «Lei giace supina su cuscini con le gambe allargate tese verso l'alto e sospese in aria, le mani premute sul "frutto" e indicando alla di lui proboscide di giada l'accesso al calice del fiore perché egli trovi la strada giusta e non si smarrisca. L'artista rappresenta con arte raffinata come a questo punto l'atteggiamento della donna esprima fame e sete e quello dell'uomo esprima un'eccitazione molto grande, tanto che anche chi guarda la figura si sente prendere dall'eccitazione.

Figura n.3. L'uccellino che si era perso ritrova il suo nido nel folto della foresta.

Testo esplicativo: «Lei giace un po' lateralmente sepolta nel folto dei cuscini, una gamba tesa verso l'alto; si aggrappa con entrambe le mani alle cosce di lui, come se il suo teso suddito si trovasse finalmente nel posto giusto, il posto più sensibile del suo corpo e lei temesse che egli potesse di nuovo allontanarsene e perdersi. Per questo il suo atteggiamento peraltro felice mostra una traccia di preoccupazione. Impressione globale: i due sono coinvolti in pieno, anima e corpo; nel tremore e nel brivido del "pennello che vola" e dell '-inchiostro che danza".

Figura n. 4. Ii cavallo affamato galoppa concitato verso la mangiatoia.

Testo esplicativo: «Lei, sdraiata con la schiena sui cuscini, tiene con entrambe le mani il corpo di lui, come se fosse stretto da ceppi al suo petto. Egli, messi i piedi di lei sulle sue spalle, ha introdotto la sua coda di yak nel calice di lei fino all'impugnatura. Per entrambi è il momento che precede di poco l'estasi. Il modo in cui è stato raffigurato il loro stato fisico e spirituale, identico in questo momento, il modo in cui entrambi guardano con gli occhi velati dalle palpebre semichiuse, il modo in cui pare che ciascuno di loro abbia inghiottito la lingua dell'altro, per poi trovarla*di nuovo, tradisce l'opera di un maestro del pennello.

Figura n. 5. I due draghi sono stanchi della lotta.

Testo esplicativo: «La testa di lei poggia, inclinata lateralmente, sul cuscino. Ha lasciato cadere le mani, sente le sue membra flosce come se fossero imbottite d'ovatta. Egli ha poggiato il capo a fianco della guancia di lei e col suo corpo aderisce strettamente al corpo di lei. Anche egli si sente le membra flosce come l'ovatta. L'estasi è passata. L"anima profumata" è svanita, il bel sogno ha superato l'apice e si dilegua in nulla. In entrambi solo un sottile filo di vita e una traccia di movimento è ancora percepibile. Altrimenti si potrebbe prenderli per morti, per due amanti giacenti in una bara comune nella stessa fossa. Ai lettori l'immagine comunica l'idea delle sublimità della voluttà goduta.

Fino a quel momento Nobile Profumo aveva guardato con lui le figure standosene buona al suo fianco ed aveva ascoltato pazientemente le spiegazioni del testo. Ma, quand'egli voltò pagina per mostrarle la figura n.6, spinse via il libro, visibilmente eccitata, si alzò e disse:

Basta! Cosa ci sarà mai di buono in questo libro? Guardandolo perdi il tuo equilibrio. Continua a sfogliare quell'affare da solo. Io me ne vado a letto.

Abbi ancora un momentino di pazienza, sfogliamo insieme fino alla fine. Il meglio viene proprio ora. Quando l'abbiamo visto tutto, vengo anch'io a letto.

Come se non ci fosse tempo anche domani per guardare! Io per oggi ne ho abbastanza.

Egli l'abbracciò e chiuse la sua bocca con un bacio. E baciandola colse qualcosa di nuovo, in lei. Erano sposati da un mese. Per tutto questo tempo lei aveva sempre tenuto chiusa la chiostra dei denti, quando egli la baciava. La sua lingua non era mai riuscita ad insinuarsi attraverso quella rigida barriera e forzarla. Fino a quel giorno non aveva ancora avuto contatto con la sua lingua in modo da rendersi conto del suo stato. Questa volta, premendo le sue labbra a quelle di lei, fu felicemente sorpreso di sentire con la punta della sua lingua la punta della lingua di lei. Per la prima volta la donna gli aveva aperto il cancello a due saracinesche dei suoi denti.
«Cuor mio, fegato mio!» mormorò colmo di felicità. «Finalmente! E ora, perché farlo proprio a letto? Serviamoci di questa comoda poltrona: può prendere il posto della pietra in riva allo stagno, e noi imiteremo i due amanti del foglio n.1. no? Allora, com'era?»
Nobile Profumo, con finta indignazione: «Ma come si può...! Una cosa simile non è nemmeno più degna di uomini!»
«Hai perfettamente ragione, è piuttosto degna di essere un gioco, un passatempo per gli dei. Vieni, giochiamo agli dei!» ribatté vivacemente il giovane; tese la mano verso la moglie e cominciò ad armeggiare col nodo della sua cintura. E lei, nonostante avesse l'angolo della bocca piegato in segno di disapprovazione, collaborò. Non solo si lasciò attirare e scivolò senza opporre resistenza alla sua spalla, ma permise che egli le levasse la veste più intima. E così egli notò qualcosa che fece ardere con viva fiamma il fuoco della sua eccitazione. Fra sé e sé fece le sue riflessioni: «Quelle immagini hanno avuto tale effetto su di lei, che soltanto a guardarle il suo praticello è stato irrigato dalla rugiada del piacere.» Egli si spogliò e la fece adagiare completamente sulla poltrona sistemandola davanti a sé in modo tale che le cosce di lei poggiassero sulle sue spalle. Egli guidò con prudenza il suo vigoroso capo-gregge nella porta del piccolo palazzo del piacere, e solo allora iniziò a toglierle il resto dei vestiti.
Vi chiederete: perché solo ora? Perché ha cominciato dalla fine? Lasciate che vi spieghi. Nelle cose d'amore il Chierico della Prima Veglia aveva una notevole esperienza. Si era detto che, se avesse subito tentato di spogliarla cominciando dagli abiti esterni, lei avrebbe assunto un atteggiamento pudico e ansioso, avrebbe opposto resistenza e gli avrebbe reso inutilmente più difficile la realizzazione dei suoi propositi. Perciò diresse con audacia il suo attacco subito al punto più sensibile della donna, calcolando che avrebbe ceduto più facilmente sugli altri fronti del suo corpo dopo aver ceduto su quello più importante, secondo una tattica di guerra che insegna a sconfiggere l'esercito nemico facendo prigioniero il comandante in capo. Infatti lei si lasciò spogliare ora di buon grado da capo a piedi, salvo un unico punto che egli rispettò con gran tatto: non le tolse le sue corte calze di seta.
Le nostre donne usano mettere delle calze dopo aver avvolto con delle bende i loro «gigli d'oro» corti tre pollici; solo allora si sentono completamente a posto. Altrimenti i loro piedi sembrano fiori senza foglie e non sono belli da vedere.
Anch'egli ormai si liberò degli ultimi abiti e passò lancia in resta, all'assalto vero e proprio. Adesso il suo capo‑gregge era dentro, nel piccolo palazzo del piacere, e cercava, strofinando a tentoni lungo le pareti laterali, ora a destra, ora a sinistra, di arrivare fino in fondo, alla stanza segreta che nasconde il «cuore del fiore», il pistillo. Lei gli alleviava la ricerca puntandosi con le mani ai braccioli della poltrona e piegando e voltando docilmente la testa a seguire i movimenti di lui, e spingendo il suo corpo contro quello dello sposo. Andarono avanti così per un certo tempo, seguendo con precisione il modello della figura n. 2 del loro libro di testo sull'arte amatoria.
Ad un tratto la donna sentì in un luogo molto profondo un'irritazione di natura particolare e sconosciuta. Non faceva male, era piuttosto una sensazione d'irresistibile e insieme piacevole prurito.
«Fermati! Basta, per oggi. Mi fai male!» esclamò sconcertata dalla stranezza di quella sensazione e cercò di strapparsi da lui.
Per lui, un vero esperto, era chiaro che aveva toccato il cuore del fiore, il punto più intimo di lei. Egli obbedì rispettoso ai suoi desideri, quasi subito si allontanò da quel punto così delicato e si limitò a far passeggiare il suo ariete nel castello del piacere di lei, su e giù, avanti e indietro, indietro e avanti, per stretti corridoi e per corti spaziose, qualche dozzina di volte. Mentre l'invasore faceva con tutta tranquillità l'insolente e il prepotente sul suo terreno, la donna si sentì prendere dall'irrefrenabile desiderio di punirlo per la sua spudoratezza. Giusta punizione le sembrò lo strangolamento.
Tolse le mani dai braccioli della poltrona, le fece scivolare in giù sulla schiena dell'uomo e afferrò con esse le sue natiche. Aveva trovato così un appiglio mediante il quale aderire più strettamente a lui. Ed egli da parte sua l'aiutò afferrandola con le mani alla vita sottile e stringendo con tutta la sua forza il bacino di lei al suo. Grazie all'intima vicinanza così ottenuta – la loro posizione corrispondeva perfettamente alla fig. n. 3 – ella teneva ora strettamente nella sua morsa l'ariete grosso e teso di lui nel modo più adatto per poterlo pian piano strangolare. Egli notò, mentre continuava ad agire con tutte le sue forze, rispondendo colpo su colpo alle spinte di lei, che lo sguardo dell'occhio stellato della donna diveniva sempre più liquido e vago e che la sua pettinatura ordinata si allentava e rischiava di sciogliersi.
«Hsin Kan, cuore mio, mio fegato, mi sembra che tu stia per venire ma su questa poltrona è notevolmente scomodo, continuiamo sul letto!» disse l'uomo ansando e parlando a fatica.
Naturalmente la sua proposta non trovò approvazione in lei.
Aveva ormai così bene nella sua morsa quell'impudente invasore; ci voleva ancora solo poco e lo avrebbe strozzato. Non aveva nessuna intenzione di farsi privare di questo piacere ora che era già così a buon punto. Nello spostamento dalla poltrona al letto le sarebbe sfuggito di nuovo. No, non voleva alcuna interruzione, ora. Scosse energicamente la testa. Si sentiva troppo fiacca e stanca per fare i pochi passi che la dividevano dal letto. Questo fu il pretesto che accampò chiudendo gli occhi per fingersi assonnata.
Tenendo conto della protesta di lei, egli scelse un compromesso: sotto la lasciò nella posizione in cui era, sostenendola al sedere per non farla scivolare giù; sopra, si fece abbracciare da lei e premendo la sua bocca su quella di lei si sollevò con cautela e la portò in così intimo congiungimento nella stanza da letto accanto, per continuarvi il gioco.
Mentre vi erano immersi all'improvviso la donna emise un grido:
«Carissimo, ah! ah!...»
E nello stesso tempo si aggrappò a lui sempre più strettamente, mentre la sua bocca emetteva suoni somiglianti al rantolo di un moribondo.
Gli fu chiaro che era venuta e ora anche lui stava per farlo. Con le ultime forze rimastegli premette la sua proboscide di giada sul cuscino del pistillo del suo fiore. Poi per un p0' di tempo rimasero strettamente avvinghiati in un sonno simile a morte. Poi la giovane si stese, sospirò profondamente e disse:
«L'hai notato? Ero proprio morta, poco fa.»
«Come avrei potuto non notarlo! Ma quella che hai conosciuta ora non era Ssu, "Morte"; la si chiama piuttosto Tiu, vale a dire "Dare una forza".»
«E cosa significa "Dare una forza"?»
«Sia nell'uomo che nella donna c'è sempre e continuamente una leggera perdita dei succhi vitali. Al culmine dell'ebbrezza del piacere c'è un vaso nel corpo umano che trabocca ed emette un po' di questo umore. Nel momento che immediatamente precede il travaso tutto il corpo, pelle, carne ed ossa, precipita in una specie di stordimento, in un sonno profondo e senza conoscenza. Viene detto Tiu, "Dare una forza", proprio ciò che avviene nel corpo immediatamente prima, durante e dopo questo traboccamento. È rappresentato nella figura n. 5.»
«Sicché non ero morta, prima?»
«Ma no! Hai solo dato una forza!»
«Allora vorrei, da oggi in poi, estenuarmi in questa maniera giorno per giorno e notte dopo notte.»
Egli scoppiò in una sonora risata.
«Non avevo ragione dunque a raccomandarti questo libro come consigliere e ispiratore? Non ha forse un valore inestimabile?»
«Proprio un tesoro di inestimabile valore. Lo dobbiamo consultare sempre. Peccato, il tuo amico che te l'ha prestato lo vorrà indietro, un giorno o l'altro.»
«Sta tranquilla, non lo farà. Perché il libro sono stato io a comprano. La storia del presunto amico l'ho inventata per te.»
«Oh, che carino!»
Da quel momento in poi i due furono un cuore e un'anima sola. Nobile Profumo diventò un'accanita lettrice del libro «Palazzo di Primavera» che ora apprezzava come un libro di testo istruttivo. Si studiava come docile scolara di mettere in pratica quello che aveva appreso e di sperimentare forme e variazioni sempre nuove del gioco del vento e della luna. La «piccola santa» pudica aveva lasciato il posto ad una vera maestra dell'arte amatoria. Nello sforzo di rinnovare e rinfocolare l'ardore del suo desiderio con sempre nuovo combustibile, il Chierico della Prima Veglia correva continuamente di libreria in libreria per comprare altri libri dello stesso tipo, come per esempio lo Hsiu-t'a je-shi, «La folle storia di un cuscino da letto ricamato di seta», oppure lo Ju-yi ch 'ün-chuan, «Il racconto del cavalier A Piacere», oppure il Chi-p'o tzu-ch 'uan, «Il racconto delle donne pazze d'amore» e altri ancora. Comprò in tutto una ventina di libri del genere e li accatastò sulla sua scrivania.
Ogni nuovo libro, appena comprato, veniva letto insieme e divorato poi veniva messo su uno scaffale per far luogo ad una nuova lettura. Entrambi erano tanto insaziabili nella loro smania di scoprire sempre nuovi piaceri amorosi, che anche trecentosessanta figure di posizioni amatorie non sarebbero bastate per placare il loro appetito di letteratura sull'argomento. Quel che accadeva loro può essere paragonato a quello che succede quando una intera orchestra di liuti e di chitarre non riesce a rendere l'armonica consonanza di due cuori innamorati o quando il suono congiunto di campane e di timpani non è in grado di esprimere il giubilo di due cuori innamorati.
Fin qui dunque tutto andava per il meglio, per i due. Ma ci fu qualcosa che s'intromise fastidioso come una nota stonata, nell'armonia della loro giovane felicità matrimoniale.
Si trattava dello spiacevole rapporto che si stabilì tra suocero e genero. Come si è già accennato, il dottor Porta di Ferro era un signore un po' strano e antiquato, un originale e un misantropo. Era un ammiratore fedele del buon tempo andato, apprezzava la semplicità e l'onestà dei progenitori e disprezzava la massa profana e le sue rumorose e inutili cerimonie. La conversazione spigliata e sventata era, in sua presenza, rigorosamente proibita, mentre apprezzava un ponderato e serio colloquio sul tema della dottrina confuciana.
Dalla prima sera in cui il Chierico della Prima Veglia era entrato come marito di sua figlia in casa sua egli era stato male impressionato dall'abbigliamento fine e alla moda, dal modo di fare duttile ed abile e, secondo lui, superficiale del giovane. Dal momento in cui lo conobbe, concepì subito avversione per quel tutto lisciato bel giovane.
«Tante belle foglie, ma nessun frutto, nessun solido nocciolo. Mia figlia non troverà in lui né aiuto né sostegno, se ne avrà bisogno da vecchia», così giudicò allora con rassegnazione tra sé e continuò sospirando: «Ma per quanto riguarda le forme ormai non si può recedere da questo matrimonio; egli ha già consegnato i regali di fidanzamento e quelli nuziali e noi abbiamo drappeggiato le nostre stanze col rosso tradizionale. L'errore è stato fatto e non vi si può più porre rimedio ora. Aspettiamo finché non sia passato lo sposalizio, poi lo prenderò sotto la mia severa tutela paterna e lo cambierò a dovere educandolo per farlo diventare un uomo per bene di specchiata probità.» Questi erano i suoi propositi.
Così dunque fece. Non gliene lasciava passare una: non una mancanza, anche infima, non il più insignificante errore di comportamento. Anche il più meschino degli errori che gli capitava di commettere badando alle sue faccende dava subito luogo ad un paterno rimprovero, a severo biasimo accompagnato da serie ammonizioni e pedanteschi ammaestramenti. Ogni infima scorrettezza che egli commettesse nel camminare o nello stare in piedi, nel sedere, o nello stare coricato dava adito a rimproveri e a verbose paternali.
Il nostro Chierico della Prima Veglia era abituato fin dalla giovinezza a godere, sia perché era figlio unico e sia perché aveva ereditato le sostanze dei suoi genitori morti precocemente, di una notevole indipendenza. Come avrebbe potuto sopportare a lungo un così fastidioso tipo di tutela, quest'eterna e tormentosa pedanteria?
Un paio di volte era stato sul punto di dire quel che ne pensava a quel pedante di suo suocero per sottrarsi energicamente alle sue continue prediche. Poi pensava a Nobile Profumo. Un serio conflitto con il vecchio l'avrebbe probabilmente offesa e avrebbe introdotto una brutta nota dissonante nel così bell'accordo della loro armonia matrimoniale. Quindi si dominava e allo stesso tempo inghiottiva la sua rabbia. Ma visto che, a quanto pareva, non avrebbe mai finito di mandar giù e ormai non ce la faceva più, dopo molte riflessioni prese una decisione e disse tra sé:

Fin da principio il mio animo era attratto solo da sua figlia. Visto però che le era tanto attaccato e non le permetteva assolutamente di uscire di casa, gli ho fatto il piacere di trasferirmi io in casa sua come genero. Come ringraziamento mi fa sentire tutto l'opprimente peso della sua suocerale autorità e mi tiranneggia quando e come può. Con che diritto? Come può pensare questo vecchio tarlato e in più dottrinario, di tenermi sotto tutela? Devo sopportare una cosa del genere? Dovrebbe essere contento e grato perché sorvolo sulle sue stravaganze invece di rispondergli come merita! Tutt'altro: si permette di mettere a posto me e vuoi modellarmi alla sua maniera. Che vada a sperimentare le sue arti pedagogighe sugli altri, e non su un giovane dall'ingegno sveglio e vivace come me! Chi l'ha detto che io debba accontentarmi solo e unicamente di sua figlia? Avevo già il proposito di rimettermi prima o poi in viaggio per "rubare profumi" e andare a "caccia di perle" e nel frattempo dedicarmi anche alle belle lettere. Chi dice che io debba rimanere per tutta la vita attaccato a una donna sola?
Ne ho abbastanza di questi continui rimproveri per tutto quel che faccio, della pedanteria e delle reprimende quando apro boéca! Buon per me che non ho ancora provocato nessuno scandalo fuori casa, in tal caso quel bel tipo mi condannerebbe di sicuro a morte. Che fare? Rompere apertamente? Sarebbe inutile, tanto non lo cambierebbe. Ingoiare con pazienza? C'è un limite, a questo. Io ne ho abbastanza. Mi rimane un'unica possibilità: andarmene, e lasciare Nobile Profumo in sua custodia. Gli dirò semplicemente che mi devo trasferire in un luogo dove potrò continuare a studiare in pace indisturbato per prepararmi al prossimo esame. Suona innocuo e gli sembrerà plausibile. Se poi il caso mi sarà propizio facendomi incontrare un'altra bellezza, un amore destinato a me da un'esistenza precedente, tanto meglio. Naturalmente non la potrei sposare, ma sarebbe bello anche trascorrere un paio d'ore piacevoli con una "Fata delle nuvole sulla montagna incantata".

La sua decisione era presa.

In realtà egli voleva parlare prima con Nobile Profumo e dopo accomiatarsi da suo padre. Poi si disse che sua moglie avrebbe rinunciato molto di malavoglia alle gioie amorose a cui era ormai avvezza e gli avrebbe fatto una scena di pianto e lo avrebbe forse dissuaso dal suo proposito. Per sfuggire a tutto ciò, cambiò tattica e si confidò dietro le sue spalle col suocero:

Sembra al vostro devoto genero che, in questo isolato nido montuoso, egli viva troppo solo e tagliato fuori dal mondo. Egli sente la mancanza di utili contatti con docenti importanti e con i suoi coetanei e compagni di studio. Qui spreca i suoi giorni senza un vero profitto per lo studio. Per questo vorrebbe, con il dovuto rispetto, prendere commiato dall'onorevole signor suocero, andare in pellegrinaggio nella pianura densa di case, per conoscere un po' il mondo ed allargare il giro del suo orizzonte. Egli vorrebbe volgere i suoi passi verso una degna colonia dello spirito, dove poter incontrare maestri illuminati ed aver proficui scambi d'idee con i colleghi di studio. Là vorrebbe piantare la sua tenda. Quando si avvicinerà il momento del grande esame d'autunno, ha l'intenzione di andare nel capoluogo della provincia e di gettarsi con coraggio nella battaglia dello spirito. Farà di tutto per conquistare il primo o almeno il secondo posto nella lista dei vincitori, in modo da dimostrare all'onorevole signor suocero che non l'ha accolto senza motivo come genero nella sua molto cospicua famiglia.

«Qual è la vostra pregevole opinione? Volete lasciar partire il vostro devoto genero?»

Il rigido Tai Shan, suo suocero, accolse il suo sorprendente proposito con evidente benevolenza.

Finalmente un discorso ragionevole! È il primo discorso degno di essere ascoltato da me che il mio stimato genero fa da mezzo anno a questa parte, da quando è venuto sotto il mio tetto! Non posso che approvare il tuo desiderio di andartene e di completare i tuoi studi. Molto bene e molto ragionevole! Perché dovrei essere contrario?

Il Chierico della Prima Veglia continuò:

Nonostante il vostro consenso di suocero, c'è ancora una difficoltà: devo temere che la vostra Ling-ai, l'onorevole Beniamina, mi accusi di crudeltà perché la lascio adesso; poco dopo il nostro matrimonio. Perciò, secondo il mio modesto parere, sarebbe giusto presentare la cosa in modo tale che la decisione sembri venire da voi, mio venerabile suocero, e non da me, vostro umile genero. Allora non dovrebbe fare difficoltà ed io potrei andarmene di qui con la coscienza a posto.

Molto giusto. Sono completamente d'accordo» disse il dottor Porta di Ferro approvando la sua proposta, e poco dopo in presenza della figlia consigliò al genero di mettersi in cammino per trovare il posto adatto a prepararsi convenientemente al secondo esame di stato. Poi, visto che il genero mostrava in un primo momento di non volerlo fare, assunse un fare severo e ripeté l'esortazione, questa volta però col tono di un secco ordine, sicché il genero non poté fare a meno di rassegnarsi docilmente.
Nobile Profumo si trovava nell'ebbrezza delle prime gioie del matrimonio. Quandò sentì parlare dell'imminente separazione dal suo amato marito, si sentì come un bambino che venga strappato precocemente dal seno materno e dapprima si mostrò inconsolabile. Ma alla fine, dato che si trattava della volontà paterna, si rassegnò, da brava figliola educata all'obbedienza.
Pretese come risarcimento dal suo adorato marito negli ultimi giorni e nelle ultime notti prima della sua partenza un ingente pagamento anticipato dei debiti d'amore che si sarebbero accumulati dopo la sua partenza. Da parte sua egli non si nascondeva che durante il lungo viaggio lo aspettavano necessariamente lunghe notti solitarie e cercava anche lui più che poteva di ripagarsi in anticipo dell'astinenza che avrebbe dovuto sopportare. Così le loro ultime notti si trasformarono in una specie di orgia solenne e continuata.
I due giovani stavano attaccati come colla e vernice, gustando ancora una volta con voluttà tutte quelle delizie che di solito rimangono un segreto d'alcova, di cui non si parla volentieri di fronte a terzi. Un giorno, dopo essersi accomiatato dal suocero e dalla moglie, il Chierico della Prima Veglia si mise finalmente in viaggio.
I nostri pregiati lettori sapranno, nel prossimo capitolo, quali straordinarie avventure gli capiteranno cammin facendo.

 

 

CAPITOLO III

Il Chierico della Prima Veglia si era messo in viaggio senza una meta precisa. Trovare da qualche parte una bellezza eccezionale, questo era l'unico pensiero che lo guidava. Si sarebbe fermato dove l'avrebbe trovata, e vi si sarebbe stabilito. Così vagava di regione in regione, per campagne e per città, da un distretto a una prefettura. In tal modo passarono alcuni anni.
Dovunque andasse, era preceduto dall'alta fama di essere un fulgido talento, uno Hsiu-ts'ai grandemente dotato, uno che era stato il primo tra coloro che avevano superato con successo il primo esame di stato, autorizzato quindi a nutrire le più alte speranze per il futuro. Si diceva anche che era un uomo molto brillante in compagnia, un poeta e un letterato di rango. In breve, tutte le volte che si stabiliva per poco o per molto tempo in un luogo, la notizia della sua presenza si diffondeva presto tra gli accademici del luogo entro un raggio di mille li [4] [1 li= 1/2 km] e una vera e propria pioggia di giovani del suo stesso ceto gli si rovesciava addosso, per ottenere l'onore della sua amicizia o perché desideravano introdurlo, stimatissimo ospite, nei loro ritrovi sociali e letterari. Naturalmente questa era l'ultima cosa cui il suo spirito anelasse. Non sapeva che farsene di tutto quel traffico e di tutto quel baccano di letterati. L'unica cosa che gli sembrasse urgente e importante era allora come prima, la ricerca di una bellezza fuori del comune.
Ogni giorno usava mettersi presto in cammino, gironzolava per strade e vicoli stando instancabilmente all'erta, purtroppo invano. Tutto ciò che gli era dato di vedere quanto a donne rientrava nella più comune mediocrità. Non riuscì a vederne neppure una che fosse degna del predicato T'ien-tzu «Immagine celeste» o Kuo-so «Bellezza del paese». Così continuava a viaggiare da un luogo all'altro, da una città all'altra, sempre deluso.
Un giorno se ne stava seduto da solo nella sua locanda. Era un albergo fuori città ed era deserto. Tutt'e due i suoi servitori erano ammalati e dovevano stare a letto. Senza il suo seguito di servitori non voleva uscire. Temeva che la sua reputazione ne potesse soffrire. Cosa avrebbero pensato le dame che avrebbe potuto incontrare per strada, vedendolo passare senza alcun seguito? Certo non lo avrebbero ritenuto un raffinato cavaliere. E così sedeva solo e seccato in una sala inferiore dell'albergo e centellinava annoiato il suo tè.
Lo strapparono all'improvviso dai suoi pensieri le parole che gli furono rivolte da uno sconosciuto. Era un altro ospite dell'albergo, che fino a quel momento aveva bevuto vino seduto in una sala vicina, e che ora era venuto dalla sua parte e si era avvicinato al tavolo.

L'egregio signore siede qui da solo e, a quanto pare, si annoia. La mia pochezza siede di là davanti a una coppa di vino passabile. Se non spregiate la mia compagnia, vi posso invitare a venire al mio tavolo e a gradire un bicchiere del mio vino?

C'incontriamo qui del tutto casualmente come piante acquatiche mosse dalla corrente. Come potrei mai pensare di pretendere la vostra ospitalità?» replicò il Chierico della Prima Veglia con la finta reticenza consigliata dagli usi.

Ho sempre sentito dire che voi chierici siete ben disposti per una chiacchieratina. Perché dunque siete così riservato? Vi dà forse fastidio che io non appartenga al vostro ceto privilegiato, ma piuttosto al popolo semplice? Lo so che farete una luminosa carriera e che vi aspetta un futuro nel quale raggiungerete mete elevate e lontane. Io invece sono solo un piccolo uomo. Ma non dovete temere che io cerchi di appiccicarmi a voi come una sanguisuga per farmi sollevare dalla mia meschina condizione alla vostra altezza. Non ci penso neanche. Sono solo uno che ama la compagnia. Visto che il caso ci ha condotto nella stessa locanda, perché non volete degnarvi di prendere posto al mio tavolo per un po' di tempo?

E perché no? Mi stavo veramente annoiando e desideravo ardentemente un po' di svago, » ammise ora il giovane e seguì di buon grado l'altro al suo tavolo. Ci fu un bisticcio a proposito del posto che avrebbe dovuto occupare. Rifiutò con forza di sedersi, come gli fu offerto, al posto d'onore sul lato più breve del tavolo e insistette per sedersi di fronte al suo ospite da pari a pari. Poi si presentarono. Il giovane si presentò come sempre col suo soprannome Wei-yang Sheng, «Chierico della Prima Veglia».
«E il vostro soprannome?»
«Da semplice figlio del popolo non ho un soprannome. Ho soltanto un nomignolo che mi hanno affibbiato nei mercati e nelle strade. Mi chiamano Sai Kun-lun, il "Rivale di Kun-lun".»
«Un soprannome molto curioso e insolito. Cosa significa?»
«Temo d'incutervi una gran paura se ve lo rivelo. Poi non vorrete continuare a bere con me.»

Non preoccupatevi. Non sono per nulla un vigliacco. Non ho paura né di diavoli né di spettri, se per caso dovessero aver voglia di onorarmi di una loro visita. E non sono assolutamente meschino nel giudicare gli uomini, non mi interessa il loro ceto e la loro cultura. La cosa che m'importa è che i caratteri concordino. Dunque parlate pure liberamente.

Ascoltate, dunque. Di mestiere faccio il ladro, sono un brigante, un bandito. Do la scalata a muri e mi arrampico sui tetti. Muraglie spesse cento strati, torri alte cento tese non sono un ostacolo per me, le espugno senza un particolare dispendio di energie o di fatica. Sono capace di penetrare fin negli appartamenti più interni, fin nelle camere da letto della gente per portar via, avvolto in panni e coperte, tutto ciò che mi sono prefissato, senza che la gente se ne accorga. Spesso se ne accorgono solo dopo giorni.
La nostra tradizione storica parla di uno schiavo moresco, Kun-lun, che visse all'epoca della dinastia T'ang' che fece, a quanto si dice, un furto che merita di essere considerato un atto eroico: si dice che una notte abbia catturato e rapito dalla fortezza di confine di un certo principe Kuo, munita di solide mura e ben sorvegliata, una bella schiava di nome Hung­hsiao, "Rosso Splendore".
Ora, la tradizione non riferisce altre azioni eccezionali come quella dello schiavo moresco. Io ne ho compiute a centinaia! E per questo che mi hanno soprannominato Sai Kun-lun, il Rivale di Kun-lun.

L'atteggiamento del giovane tradiva ora un notevole spavento.

La circostanza che voi esercitate già da lungo tempo il vostro mestiere e che, non solo siete molto noto tra il popolo, ma che anzi godete di una vera e propria fama, non vi avrebbe già da molto dovuto mettere in conflitto con l'autorità?» chiese piuttosto pauroso.
Se io mi fossi fatto prendere in trappola per esser trascinato davanti a un tribunale, sarei un uomo da nulla! Un vecchio proverbio suona così: Volete consegnare il ladro alla polizia? Scovate prima il corpo del reato.
A me nessuno troverà mai il bottino. Se tuttavia si riuscisse a trascinarmi in un processo, saprei io come parlare per tirarmene fuori con abilità in modo che non si possa fare nulla contro di me. Io godo invece di grande considerazione presso la gente vicina e lontana e tutti stanno molto attenti a non farmi torti per non attirare su di sé la mia vendetta. Nessuno mi crede capace di commettere un torto. Infine anch'io ho un mio codice d'onore professionale, non sono un bandito qualunque. Ci sono cinque casi eccezionali nei quali un principio d'onore mi vieta di compiere un furto: risparmio sia le persone che hanno dei fastidi in famiglia, sia quelle che vivono un momento di felicità familiare. Non attento alla proprietà di amici. Non derubo chi è già stato derubato. Infine risparmio gli uomini fiduciosi che non prendono nessuna precauzione contro il furto.

Molto chiaro, ma mi volete spiegare più precisamente perché fate un'eccezione proprio in questi cinque casi?

Volentieri. Prendiamo il primo caso: qualcuno sta passando un periodo pieni di fastidi per malattia, per morte o lutto di famiglia, oppure per improvvise sciagure, come un incendio, o per un improvviso rovescio negli affari o perché è caduto in disgrazia agli occhi del trono. Sarebbe vile andare a rubare in una casa così colpita dalla sfortuna, sarebbe come versare olio sul fuoco facendo crescere i fastidi fino a rendere la situazione insopportabile. Seconda eccezione: una famiglia vive giorni di particolare letizia per un matrimonio o per la nascita di un figlio maschio, per la guarigione da una malattia grave o per la costruzione di un nuovo edificio o per la festa di compleanno. Sarebbe vile allora turbare con un furto l'atmosfera solenne e festosa che regna in casa, seminando in quella famiglia scoraggiamento e sfiducia nell'avvenire. Terza eccezione: rapinare solo estranei, per i quali non mi faccio nessuno scrupolo. Non considero questa un'ingiustizia. Se invece si tratta di buoni conoscenti che incontro tutti i giorni per strada, con i quali ci scambio il saluto, se rubassi a questi che non ce l'hanno affatto con me... certo mi seppellirei per la vergogna! Quarta eccezione: mi pare del tutto giusto che io, nell'esercizio della mia professione, tenga in primo luogo conto della gente ricca che ha oro e argento in abbondanza. Mi limito solo a far loro scucire una piccola tassa, un piccolo tributo su tanta ricchezza. Com'è giusto che accada ai ricchi. Ma mi limito a un unico salasso. Continuare a tormentarli e ad alleggerirli sarebbe segno d'insaziabile rapacità. Un comportamento così sconveniente non mi si addice.
Quinta eccezione: ci sono nature grette, prudentissime e ansiosissime che notte dopo notte cercano di proteggersi con ogni tipo di dispositivo di sicurezza contro l'effrazione e contro il furto. Hanno sempre in bocca le parole ladro e grassatore, che sono il loro spauracchio. Questo lo considero un trattamento ostile nei confronti della mia persona e lo ripago con un trattamento altrettanto ostile, penetrando nei loro appartamenti, derubandoli come si deve e così dimostrando che con tutte le loro miserabili misure di sicurezza non sono riusciti a concludere nulla contro la mia superiore abilità professionale. Il mio orgoglio professionale lo esige.
Ci sono al contrario nature aperte e generose che sono consapevoli del fatto che il denaro da solo non basta a rendere felici e che è qualcosa di estraneo al vero e proprio valore personale. Il loro atteggiamento nei confronti del denaro è così poco interessato che si dimenticano di chiudere di notte la porta del cortile o di mettere il catenaccio alla porta della camera. Se derubassi gente come questa dovrei rimproverarmi di prendere di mira i deboli per darmela a gambe davanti ai forti. E me ne dovrei vergognare.
Questi sono i cinque principi a cui mi attengo coscienziosamente nell'esercizio della mia professione. Per questo godo del rispetto generale. Si sa che sono ladro e scassinatore, ma non vengo trattato come tale. Al contrario la gente considera un onore passare il tempo in mia compagnia. In breve, se non lo disdegnate, facciamo subito un patto d'amicizia fraterna! Potrebbe darsi che abbiate un giorno bisogno dei miei servigi. Potrete contare sul fatto che io allora mobiliterò tutta la mia abilità per voi, dovessi anche sacrificare la mia vita!

Il giovane fece un profondo sospiro di meraviglia e pensò tra sé:

Chi avrebbe mai pensato che la corporazione dei ladri potesse vantare un uomo di così nobili, alti e veramente eroici sentimenti?» E continuò a fantasticare «Mi ha offerto i suoi servigi. Chissà, forse potrei utilizzarlo per i miei scopi. Forse potrebbe effettivamente riuscirmi utile come una specie di schiavo moresco Kun-lun, ed aiutarmi ad ottenere una bellezza, una seconda Rosso Splendore, che magari è nascosta, irraggiungibile per me, dietro le alte mura di qualche palazzo. Non potrei incaricarlo di rapire per me una simile bellezza nascosta? Che pensiero temerario e inebriante!

A questo pensiero si sentì prendere dall'eccitazione, le membra gli formicolavano, le mani si agitavano per aria e i piedi scalpitavano sul pavimento.
Tentò di controllarsi almeno esteriormente e osservò col tono più misurato che trovò: «Ottimo! La vostra proposta di stringere un patto d'amicizia fraterna mi piace.
Nel dirlo però non si sentiva molto a suo agio e l'altro se ne accorse.

Dite sul serio? Mi sembra che abbiate paura di possibili fastidi. A questo proposito vi posso tranquillizzare. Anche se le mie imprese sono decisamente temerarie e a volte prendono addirittura una piega violenta, non cadrò mai in conflitto con le autorità. Se poi per disgrazia si dovesse proprio verificare ciò che è improbabile, la pena di morte colpirebbe soltanto me, non voi che siete innocente ed estraneo ai miei delitti. Quanto a questo, potete stare assolutamente tranquillo.

«Che conoscenza della psicologia umana! Come ha intuito le mie segrete paure!» si stupì il giovane e, ormai libero da dubbi e scrupoli, acconsentì sinceramente e con gioia al patto.

Si misero subito all'opera. Dividendosi la spesa fecero comperare i tre animali sacrificali: un carpione, un gallo e un'anitra. Nella cucina dell'albergo li fecero uccidere e pre- 4 parare. Si scambiarono gli otto segni di scrittura dell'ora, del giorno, del mese e dell'anno della loro nascita, si bagnarono a vicenda la bocca col sangue delle vittime sacrificali e si promisero solennemente fedeltà fraterna fino alla morte. Risultò che il Rivale di Kun-lun era maggiore di dieci anni del Chierico della Prima Veglia! Per questa ragione dal quel momento in poi usarono nel parlarsi degli appellativi hsiung «fratello maggiore» e t'i «fratello minore».
A conclusione della solenne cerimonia mangiarono la carne degli animali sacrificati arrostita in modo prelibato e bagnarono la loro fraterna amicizia con abbondanti libagioni di vino e di punch della migliore qualità. Banchetto e libagioni solenni si protrassero fino a mezzanotte. A questo punto il fratello maggiore voleva ritirarsi. Il fratello minore era contrario:
Andarcene a letto da soli adesso sarebbe una ben triste • conclusione della festa. Non sarebbe molto più bello che tu adesso venissi nella mia stanza e dividendo il letto, noi ab- 4 breviassimo con intimi colloqui notturni ancora di un poco la lunga notte?

Il più anziano fu anche lui subito d'accordo e seguì il più giovane nella sua stanza.
Si erano spogliati e sdraiati fianco a fianco nel letto, quando il nostro chierico portò il discorso sul suo tema preferito:

È davvero strano che in una regione bella come questa non si riesca ad incontrare una donna altrettanto bella.

Dove vuoi arrivare con questo discorso? Sei forse scapolo e alla ricerca di una compagna degna di te?

No no, sono sposato da non molto. Solo che quando un uomo sta così a lungo lontano da casa, chi dice che si debba occupare solo di quell'unica donna? Ci sono dopo tutto molte altre donne, oltre alla propria moglie. Pensavo che sarebbe stato oltremodo desiderabile trovare durante il mio viaggio un po' di compagnia femminile. In effetti, a dirla franca, sono un grande amico del "gioco del vento e della luna". Non posso farci nulla, sono così per inclinazione naturale. E questo viaggio che ho voluto compiere per studio e per prepararmi al prossimo esame di stato, è solo un pretesto col quale volevo tranquillizzare mia moglie e mio suocero. In verità la ragione che mi spingeva a viaggiare era ben altra: volevo semplicemente fare di nuovo qualche esperienza, avere avventure galanti! È per questo che ho affrontato le fatiche del viaggio, percorrendo e perlustrando città e paesi, interi distretti e regioni - inutilmente purtroppo, almeno finora. Le donne che mi capitava d'incontrare rientravano tutte nella più comune mediocrità, di cui non è il caso di parlare. Alcune s'impiastricciano con uno spesso strato di belletto e di cipria per imbiancare la carnagione brutta e nera come la pece, le altre si appesantiscono la testa di perle e di spilloni di smalto blu per nascondere i loro orribili capelli giallastri. Non ne ho mai incontrata una la cui naturale bellezza non avesse bisogno di simili artifici. Per farla breve, mi son guardato intorno abbastanza e l'intera faccenda comincia a disgustarmi.

Non c'è da stupirsene. Hai cominciato in modo del tutto sbagliato. In generale le mogli e le figlie di buona famiglia borghese non si fanno vedere in pubblico. Quelle che si mostrano in pubblico non sono di buona famiglia. Perfino alle pubbliche prostitute, alle cantanti e alle danzatrici è in genere rigorosamente vietato mostrarsi in pubblico. Solo le brutte, le donne sfiorite che non sono in grado di suscitare amore, usano stare in agguato davanti alla porta di casa mettendo in vendita il loro sorriso. Tutte le altre, tutte quelle che godono di un po' di fama e di stima, rimangono in casa aspettando che arrivi l'uomo giusto che le trovi e le strappi alloro riserbo. Se questo vale per le donne pubbliche, tanto più vale per le figlie di famiglia. Si guarderanno bene dal gironzolare davanti alla porta di casa, mostrandosi agli occhi di uomini estranei. Puoi cercare fin che vuoi. In questo paese se vuoi scovare belle donne, devi rivolgerti a me.

Il più giovane dei due levò il capo sorpreso:

Che? Proprio a te? A te che sulla scena del "gioco del vento e della luna" non reciti nessuna parte? Come mai proprio tu dovresti essere così informato?

È vero, in questo gioco non ho nessuna parte come attore, però nessuno può osservare con maggior precisione ciò che avviene sulla scena. Non esiste un testimone oculare migliore di me. Rispondi a questa domanda: dove credi che sia più facile trovare delle belle donne, nelle case della gente ricca e distinta o tra la gente semplice e povera?

Naturalmente nelle case ricche e distinte.

Giusto, e ciò restringe il campo di scelta. Nel mio mestiere non è comunque il caso di prendere in considerazione la gente povera e semplice, non vale la pena di scassinare le loro case.

Con le mogli e le figlie di famiglie abbienti però è molto facile ingannarsi circa il loro aspetto esteriore. Dato che certo non risparmiano sui gioielli e sul guardaroba per presentarsi in modo splendido. Quanto c'è di autentica bellezza sotto lo smagliante aspetto esteriore lo possiamo giudicare solo io e quelli come me. Prova a immaginare: notte fonda, e tutt'intorno c'è una gran quiete. E questo il momento in cui io mi avvicino piano piano e silenzioso penetro nelle case della mia ricca e distinta clientela. Magari proprio in quel momento una di quelle belle donne si sta spogliando, forse siede illuminata dalla luce della luna, alla finestra aperta o sul balcone, forse si stende già nel letto e legge ancora, tra le tende aperte, un libro, o strimpella un liuto o ricama. Magari resta ancora a lungo sveglia, se ne sta nuda offrendomi la possibilità di contemplarla e di studiarla con ogni agio. Io me ne sto, in un posto buio molto vicino a lei, aguzzando le orecchie e con gli occhi fermamente inchiodati a lei, e non mi muovo. Non un suono nè un movimento di lei mi sfugge. Chi oltre a me può contemplare in modo così preciso ed esauriente una bella donna? Come sono i suoi capelli, il suo viso, il colore della sua pelle, com'è fatto il suo corpo, se è snella o secca, se è piena o prosperosa, se la sua collina del piacere è piatta oppure molto prominente, se è coperta da una rada erbetta o da fitti cespugli, niente di tutto questo, neanche il più intimo particolare fisico mi può sfuggire. In questo modo ho potuto formulare per ogni dama di case altolocate nel raggio di circa cento li, un giudizio preciso sulla sua bellezza e conservo nella memoria un ritratto chiaro e genuino di tutte loro. Se quindi sei alla ricerca di un'autentica bellezza, rivolgiti a me con piena fiducia.

All'inizio il giovane era rimasto sdraiato e coperto e aveva ascoltato. Ma ciò che aveva udito lo aveva a tal punto interessato e coinvolto che da coricato s'era improvvisamente alzato a sedere, esclamando:

Splendido, è naturale, chi meglio dite può penetrare i più intimi segreti di gran classe? Essi rimangono celati a noi che riusciamo ad avere soltanto un'immagine incompleta e molto spessa finta. Un'altra domanda, ora. Scommetto mille contro uno che l'avere davanti agli occhi un così bel corpo femminile completamente nudo, e il poterne ammirare la più intima parte, in tutto il suo fulgore è uno spettacolo che ti eccita intensamente. Che cosa ti capita in questo caso?

Non posso negare che all'inizio, quand'ero un giovane alle prime armi, quello spettacolo creava in me un vero e proprio sconvolgimento dei sensi. Così, spesso, standomene al buio a guardare e ad ascoltare, non riuscivo a vincere la tentazione e mi dovevo arrangiare da solo. Con la fantasia immaginavo che lo stavo facendo sul serio e generalmente proprio con la donna in questione. In seguito, dopo aver goduto ripetutamente di quello spettacolo divenni insensibile è indifferente. Consideravo ormai assai spassionatamente quella famosa parte un semplice accessorio del corpo femminile, una specie di attrezzo d'uso quotidiano. Da allora in poi la loro vista mi lasciò freddo, salvo che, quando la osservavo, la donna in questione non fosse appassionatamente allacciata ad una figura maschile e dalla sua bocca uscisse il gorgoglio dell'amplesso. Questo semmai poteva ancora inquietarmi e recarmi un po' d'agitazione. Vuoi che confermi la teoria col racconto di qualche piccolo episodio della mia lunga pratica? Ma forse mi ritieni uno sciocco indiscreto e le mie chiacchiere ti infastidiscono.

Al contrario, trovo che una notte come questa passata, in confidenziale dialogo con te è molto più eccitante e istruttiva di dieci anni passati a studiare sui libri. Comincia pure! Sono tutto orecchie!

Già, ma da dove comincio? Si fanno tante esperienze! Proponi un tema qualsiasi e io ti narrerò un episodio della mia esperienza che fa a quel caso.

D'accordo. Mi piacerebbe dunque sapere questo: le donne, quando fanno l'amore, provano alla cosa tanto piacere quanto ne proviamo noi?

Eccome! E questa è una verità generale. La donna che non prova alcun godimento è un'eccezione che riguarda solo l'uno per cento del sesso femminile. Tra le altre si distinguono poi due casi speciali. Uno è quello della donna che si dà solo delle arie. Il suo preteso desiderio ardente è un fuoco di paglia. In realtà si arrende assai presto e non ne vuole più sapere. Un'altra invece si mostra ritrosa e svogliata, ma in realtà sotto questo ghiaccio apparente arde piena di insaziabile desiderio. Studiare ii primo caso non mi costò una gran fatica. In un primo momento la donna in questione si comportava come se fosse dominata da una straordinaria libidine e cercava con ogni arte di eccitare suo marito. Io già pensavo: è una donna fuori della norma, piena di sensualità fino all'orlo, in tutta la notte non lascerà al marito un minuto di riposo. Contro ogni aspettativa le cose andarono invece molto diversamente: il suo compagno aveva appena preso slancio che già lei era fiacca e voleva soltanto dormire. Quella donna aveva sprecato la sua piccola forza troppo presto, molto prima che l'uomo fosse arrivato alla meta.
Lo studio del secondo caso fu per me un divertimento piuttosto costoso. Dunque: ero di nuovo in agguato al buio con l'intenzione di saccheggiare una casa ricca. Ma avevo voglia di aspettare! L'uomo tentava di stringere a sé con dolcezza la donna in questione e lei si mostrava recalcitrante e gli si rifiutava. Egli tentò di montare su di lei a cavalcioni, ma lei se lo scosse di dosso. Allora egli rinunciò, si stirò e subito si addormentò. Potevo sentire distintamente il rumore del suo russare. Già esultavo e pensavo che presto si sarebbe addormentata anche lei e sarebbe venuto per me il momento buono. Niente di più sbagliato! La donna continuava a girarsi rumorosamente da una parte e dall'altra, con l'evidente intenzione di svegliare lui. Ma, visto che lui continuava imperterrito a russare, cercò di svegliarlo scuotendolo, con eguale insuccesso. Continuava sempre a russare. Allora tentò in una terza maniera: improvvisamente cacciò un urlo acuto: "Ci sono dei ladri, degli scassinatori!" Qualsiasi altro ladro a questo grido se la sarebbe svignata spaventato. Io no, mi sono detto che con quel grido d'allarme la donna voleva solo riuscire a svegliare il pigrone che dormiva al suo fianco. E avevo ragione. Ora che lui era effettivamente sveglio e si voleva alzare, lo tratteneva e lo tranquillizzava con ogni tipo di scusa: doveva aver sentito male e doveva aver preso il fruscio di un topo e la corsa di un gatto che insegue un topo per i passi leggeri di uno scassinatore. Dopo questa spiegazione si strinse a lui abbracciandolo e seppe appiccicarglisi così bene che la sua collina del piacere si trovò in contatto e cominciò a strofinarsi con il suddito di lui, che così alzò violentemente la cresta. Conseguenza immancabile fu la ripresa della lotta amorosa che era stata interrotta per la resistenza della donna. All'inizio le cose andarono in modo alquanto sonnacchioso, un po' svogliato e forzato da parte dell'uomo, che era appena stato bruscamente svegliato da un profondo sonno, e di sonno ne aveva ancora. In breve, ci volle uno sforzo piuttosto tenace, che continuò fino a mezzanotte, prima che la donna con quei movimenti della bocca che assomigliano ai boccheggiare di un pesce e con quei suoni simili ai gemiti soffocati di un malato grave, facesse capire che ne aveva abbastanza, però solo per il momento. Per lei era solo un'interruzione della lotta, una specie di armistizio. Concedeva solo una piccola pausa al suo compagno sfinito perché si riprendesse. Egli aveva appena ricominciato a russare rumorosamente, quando lei lo risvegliò con gemiti ancora più rumorosi e girandosi inquieta prima da una parte e poi dall'altra, si lamentò con lui dicendogli che le faceva male una parte del corpo, e con questa scusa prima si fece toccare e palpeggiare il seno e poi si fece massaggiare il corpo, impedendogli così di riprendere sonno. Lo sollecitò lungamente, finché egli si rimise all'opera. In breve passarono tutta la notte fino al canto dei gallo intenti nel loro passatempo. All'alba la signora ne ebbe finalmente abbastanza e gli concesse di riposare. Il fatto che le cose fossero andate in quel modo significò per me una spiacevole perdita negli affari. Di fuori era ormai già chiaro, come avrei potuto lavorare? Non mi rimase altro da fare che tagliare la corda in fretta. Ero stato frodato del guadagno di un'intera notte. Ecco perché posso ben dire che lo studio di questo tipo particolare di donna è stato per me un divertimento costoso.
Molto istruttivo. Ancora un'altra domanda: nel momento decisivo le donne si lasciano andare senza ritegno come noi uomini, o mantengono anche in questo caso un contegno riservato?
Salvo poche eccezioni, si comportano in modo sfrenato, proprio come noi. Esprimono il loro piacere con tre suoni diversi a seconda del grado di voluttà raggiunto. Solo io e quelli come me siamo in grado di distinguere con molta precisione le sottili differenze tra un suono e l'altro. Di solito l'uomo intento nel calore della lotta non è in grado di accorgersene.

Quali sono questi tre differenti suoni?

All'inizio della battaglia, quando le donne non provano ancora alcun autentico piacere, usano dei vezzeggiativi come: "Cocco mio", "Cuore mio", "mio fegato", per eccitare il compagno e risvegliare il suo piacere. In questo primo caso, i suoni che emettono sono parole chiaramente comprensibili.
Il secondo tipo di suono lo si percepisce quando la donna sente il piacere pulsare e formicolare attraverso tutto il suo corpo, fin dentro i cinque visceri e le quattro membra, dalla punta delle dita delle mani e a quella dei piedi. A questo punto il suo respiro diventa più veloce e irregolare. Il respiro superiore non coincide più con quello inferiore, quindi i suoni che esprimono il suo piacere diventano confusi e incomprensibili. Nel terzo stadio infine, nella fase finale del sommo piacere, dell'estasi, la donna è così totalmente esaurita che tanto il cervello quanto le membra rifiutano di servirla. Quando è in questo stato i suoni del piacere le restano in gola inarticolati e privi di significato e assolutamente incomprensibili.

In un'occasione ho potuto spiare da vicino e riconoscere la differenza tra questi tre diversi suoni del piacere con molta precisione. Finché la coppia era ancora impegnata nel tumulto della lotta, la voce (talora il grido) giungeva chiaro e preciso al mio posto d'ascolto, che all'inizio era abbastanza distante. Verso la fine però la donna ammutolì e non si mosse più. Osservando dal mio posto, pareva che l'uomo avesse ucciso la compagna. Mi avvicinai strisciando e rimasi in ascolto tutto teso. Allora potei percepire un suono debole, più simile ad un sospiro e a un rantolo, e non era più possibile distinguere se vi fosse unita qualche parola. Da questo capii di quanto possa essere stordita o addirittura letteralmente tramortita una donna durante e subito dopo l'inizio dell'estasi. Così ora hai la descrizione dei tre diversi tipi di suoni coi quali la donna manifesta il suo piacere.

Anche il giovane, si sentiva come instupidito da ciò che aveva sentito e per un po' rimase seduto in silenzio e a bocca aperta. Intanto fuori era sopraggiunto il chiaro mattino. La richiesta che gli stava più a cuore, o meglio il suo principale desiderio, lo riservò per il momento della colazione a due.

L'averti incontrato e stretto un patto di amicizia fraterna è una cosa che non potrò mai dimenticare. Lo considero il più grosso favore che il destino mi abbia reso in tutte le mie esistenze! Già sai cosa sono per me le donne: sono tutto, la mia vita! Tu per primo mi hai aperto gli occhi sul loro conto! Senza di te, non puoi immaginare quanto avrei sbagliato nel giudicarle e nel trattarle! Adesso vorrei chiederti un grande favore: tu hai spiato tante belle donne nel segreto delle loro camere, le hai osservate e hai potuto formulare un giudizio da conoscitore su ciascuna di loro. Mi vorresti aiutare a conoscere personalmente la più bella di tutte? Nel caso che si dimostrasse anche secondo i miei gusti e le mie esigenze una bellezza superiore, bene, non ho bisogno di nasconderti che la sorte benigna mi ha fatto in modo tale che per me basta guardare una donna: non c'è bisogno che io le corra dietro, al contrario è lei che mi cerca. Per il resto dunque potresti lasciar fare a me. Avrei bisogno del tuo fraterno aiuto e del tuo magico potere solo per cominciare, perché io possa almeno conoscere di persona la donna. Me li puoi accordare?

Il più anziano scosse la testa in segno di diniego.

No. Compiere un altro furto in una casa che ho appena derubato, e per di più rapire una rispettabilissima moglie o una figlia virtuosa, no: ciò é contrario ai miei principi e alla mia onorabilità professionale. Non posso farlo.
Invece, fin da oggi mi metterò volentieri alla ricerca per te tenendo gli occhi aperti. Se da qualche parte troverò una bellezza straordinaria, ne risparmierò provvisoriamente la casa e informerò prima te. Poi ci consiglieremo e ti aiuterò volentieri a fare la conoscenza della bella in questione, se penserai che ne valga la pena.

Hai ragione. Naturalmente, come ho potuto? E semplicemente imperdonabile! Per quanto abbia gli occhi per vedere, non ho tenuto presente che sei un gentiluomo. Eppure ieri mi hai illustrato chiaramente i tuoi nobili principi. Posso dunque contare sul tuo amichevole aiuto? E questo che mi serve. Ma non dimenticare la tua promessa di non derubare la casa di quella bellissima. Se veramente mi potessi aiutare a raggiungere la meta dei miei desideri, sii sicuro che te ne darei adeguata ricompensa.

Ricompensa! Continui a non accorgerti che sono un gentiluomo, nonostante tu abbia occhi per vedere. Se avessi voglia di ricompense e di ringraziamenti, adesso mi prenderei la borsa dei tuoi danari. Ma non ci penso nemmeno. Mi basta che in futuro, quando avrai una carica importante, tu tenga chiusi entrambi gli occhi e che sopporti in silenzio che io ogni tanto sottragga la mia quota di ciò di cui abbondano i ricchi. Questo sarebbe per me una ricompensa sufficiente. Per il resto ti puoi fidare: se prometto di farti conoscere una bella donna, manterrò la mia parola. Se è possibile, domani stesso. Per il momento puoi interrompere il tuo pellegrinaggio. Rimani qui. Affitta un piccolo appartamento nelle vicinanze e continua intanto il tuo studio. Non contare esclusivamente su di me, ma tieni tu stesso gli occhi aperti e prendi qualche iniziativa di testa tua, nel caso che ti riesca di scoprire qualcosa. Intanto anch'io mi metterò all'opera per te e ti informerò appena avrò trovato qualcosa. Così, procedendo separatamente, riusciremo certamente a raggiungere il desiderato successo.

Il più giovane accolse con favore la proposta e incaricò un sensale di affittare una casa adatta a lui. Quando venne il momento di separarsi insistette per mostrare al più anziano la sua gratitudine, la sua venerazione, prosternandosi e battendo quattro volte la fronte sul pavimento.

Nel prossimo capitolo saprete quali avventure lo aspettino.

 

[1] Poeta cinese di filosofia taoista (365.427) N.d.R.

[2] Dio cinese della bellezza.

[3] Dinastia cinese (206 aC. -220 d.C.)