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PICASSO BIOGRAPHY

VIDEO (90 min.)


PABLO PICASSO A ZURIGO
OMAGGIO ALLA MOSTRA DEL 1932


a cura di Laureto Rodoni
laureto@rodoni.ch


Lauretus Marinus

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KUNSTHAUS
ZÜRICH - ZURICH - ZURIGO





Nell’autunno del 1932 il Kunsthaus di Zurigo dedicò a Pablo Picasso, allora poco più che cinquantenne, la prima retrospettiva in una struttura istituzionale. Concepita dal pittore stesso (una novità per quei tempi) e allestita in ordine cronologico, essa comprendeva 225 dipinti, 74 opere grafiche e 4 sculture.

Delle 56 tele di proprietà dell’autore, 30 erano in vendita e il Kunsthaus fu il primo museo svizzero ad acquistargli un’opera per la propria collezione, Guitare sur un guéridon (1915), superbo dipinto del cubismo picassiano più severo e puro, non per caso collocato al centro del percorso espositivo. 


A quel tempo Picasso era già celebre, viveva agiatamente del proprio lavoro, ma soprattutto la sua produzione artistica nell’arco di oltre tre decenni era stata talmente intensa e rilevante da dare un contributo decisivo alle rivoluzioni artistiche del Novecento. 


Nonostante l’alto numero di opere esposte, la mostra appariva ai più frammentaria, sia per la difficoltà di ottenere (anche per l’autore stesso) il prestito di quadri importanti da privati o da musei, sia perché a Picasso, pittore ‘discontinuo’ per eccellenza, non interessava affatto mostrare uno sviluppo organico e coerente del proprio lavoro artistico, ma piuttosto far conoscere le opere sue coeve («Io ho sempre operato per il presente») e, nella scelta dei lavori del passato, proporre quelli sopravvissuti alla spietata selezione del Tempo («Un’opera d’arte deve vivere sempre nel presente») e illustrare la coesistenza di stili diversi e antitetici.


L’attuale esposizione, aperta fino al 20 gennaio, è quindi un omaggio a un evento miliare nella storia dell’arte del Novecento, un evento che ebbe un influsso enorme sulla ricezione delle opere di Picasso in ambito critico nel mondo intero. 
Il capillare e arduo lavoro di ricerca coordinato da Tobia Bezzola, direttore del Kunsthaus, ha permesso la ricostruzione di quella mostra, documentata integralmente nel catalogo (che per questo motivo riveste grande importanza nella bibliografia del pittore spagnolo), ma riproposta ‘soltanto’ nella sua quintessenza («Il futuro sceglierà le pagine che preferirà») con 74 tele, 30 opere grafiche e 3 sculture. ‘Frammento di un frammento’, quindi, secondo la definizione (priva di qualsiasi connotazione negativa) di Bezzola stesso.


Picasso volle che anche gli anni del post-impressionismo (1899-1901) fossero rappresentati: opere sicuramente minori e da lui poco amate, ma che, dal suo punto di vista, sapevano ancora ‘parlare’ ai fruitori della mostra.

Il gusto coloristico post-impressionista e il simbolismo che le caratterizza confluiscono poi in dipinti di una originale e rigorosa unità stilistica: sono gli anni del ‘periodo blu’ (1901-04), in cui Picasso si serve di un azzurro rarefatto, dai toni freddi, spesso monocromo, efficace nella rappresentazione di personaggi derelitti e malinconici (esemplari, da questo punto di vista, La Mélacolie e Les Misérables).

Nelle due le opere del breve ‘periodo rosa’ (uno dei ritratti di Fernande Olivier e Les adolescents), la tavolozza si schiarisce e si riscalda e le figure non appaiono più sconsolate, bensì rivolte alla speranza.


Nel 1907, ispirato dall'ultimo Cézanne ma soprattutto dalle sculture iberiche e africane primitive, conosciute attraverso il ‘rivale’ Matisse, Picasso orienta le ricerche verso nuovi orizzonti, avviandosi verso uno stile (il cosiddetto ‘cubismo primitivo’) dall’accentuata plasticità, che preannuncia la fase cubista vera e propria. La chiave di volta della transizione verso il nuovo stile è rappresentata dal dipinto Femme nue assise: in esso Picasso si libera del metodo scultoreo e si stacca sempre più dagli elementi naturalistici.
Compie un ulteriore passo in avanti in
 Femme nue dans un fauteuil (1909): la figura, osservata da vari punti di vista (‘cubismo analitico’) appare infatti sfaccettata in maniera più elaborata rispetto alle opere precedenti.


Il successivo ‘cubismo sintetico’ (sintesi di ciò che il pittore vede, con l’impiego del collage, cioè con l’inserimento di elementi concreti) si protrarrà fino alla prima guerra mondiale. Nella mostra zurighese sono esposti capolavori di questo stile come Le poète (in cui compaiono le prime superfici in ‘trompe-l’oeil’)

Notre avenir est dans l’air (con un trattamento dello spazio influenzato dalle scoperte fisiche coeve) e Homme à la clarinette: in quest’ultimo dipinto, il soggetto è eliminato: ne rimangono tracce sotto forma di segni quasi astratti: «La pittura è una professione da cieco – annota l’autore. - Uno non dipinge ciò che vede, ma ciò che sente, ciò che dice a se stesso riguardo a ciò che ha visto».


È a partire dal 1915 che il percorso creativo di Picasso diviene ‘discontinuo’: il cubismo ormai non è più lo stile peculiare ed esclusivo per esprimere il suo concetto di realtà. Basti osservare i ritratti di Olga Picasso e la natura morta Compotier avec fruits (1917-18), esposti nella mostra del 1932.


Emblematico da questo punto di vista il raffronto tra due opere dipinte nello stesso anno (1921): Violon et journal sur un tapis vert, vetta del cubismo sintetico e Femme à la chemise, magistrale esempio dello stile neoclassico.

Dal 1924 il cubismo picassiano evolve ulteriormente nella serie delle nature morte, in cui il colore, rispetto ai quadri di soggetto analogo del 1913-14, acquista un significato sempre maggiore rispetto alla forma. Opere di perfezione apollinea, che contrastano con i vortici dionisiaci dei dipinti che hanno come archetipo La danza (1925), da cui si suole far iniziare lo stile ‘mostruoso‘ di Picasso, sorta di rappresentazione figurativa delle abnormità di quell’epoca che culminerà nella più imponente delle sue opere, Guernica del 1937.


L’ultima sala dell’esposizione di Zurigo comprende le opere coeve alla mostra del 1932, in particolare la serie sfavillante dei ritratti femminili e delle nature morte costruiti con ampie linee ricurve di colore nero che, come le giunture di piombo delle vetrate medioevali, racchiudono superfici dalla cromìa accesa. Dinanzi a un tale sfolgorio di forme e di colori, tornano alla mente le parole del pittore stesso che possono riassumere la storia della sua opera e della sua vita: «In questo tempo pieno di lamenti, non c’è niente di tanto importante quanto suscitare entusiasmo.»