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BIOGRAFIA, PENSIERI, FILOSOFIA DI

PETR ILJIC CIAJKOVSKIJ

ATTRAVERSO


LETTERE, RICORDI E TESTIMONIANZE


PRIMO IDILLIO A FIRENZE

OTTOBRE - DICEMBRE 1878

Frattanto Nadezda von Meck coi figli e il suo seguito di persone devote sono arrivati a Firenze. Otto domestici, due cuochi e due cocchieri, tutti russi, provvedono alle esigenze della famiglia. La signora ha preso in affitto Villa Oppenheim, una grande dimora sul Viale dei Colli, fuori di città, non lontano da San Miniato.

Ieri ricevetti la riduzione per pianoforte del suo Eugen Onegin, - scrive Nadezda all'amico il 22 ottobre 1878. - Ne suonai subito alcune parti: che opera meravigliosa, specialmente per la scena del duello e per quella della lettera di Tatiana!

Insistentemente, la signora Nadezda esprime il desiderio che l'amico venga ad abitare nelle vicinanze. Poco lontano dalla sua villa, c'è una casetta appartata, affondata nel verde, che sembra fatta apposta per lavorare in tranquillità assoluta. Vorrebbe procurarle la gioia grandissima di esser suo ospite in quella casa?
Con gran piacere Petr accetta l'invito, dichiarando che se ella lo desiderasse, egli sarebbe disposto a seguirla anche in capo al mondo, sicuro che si troverà benissimo. Quello cui tiene sopra ogni cosa è la quiete; può adattarsi ad ogni sorta di umori, ma non può assolutamente sopportare di aver vicini che facciano musica.

Vorrei anche pregarla, mia cara, di procurarmi uno strumento affinché, appena arrivato, io possa mettermi al lavoro. Un pianoforte non è, a dire il vero, affatto indispensabile, ma sostiene il mio lavoro. Mi sarebbe molto gradito averne uno a mia disposizione.

C'è però qualcosa che preoccupa assai Nadezda, qualcosa che l'amico stesso le ha confessato: se preoccupazioni o dispiaceri lo affliggono, egli si conforta e stordisce con bevande alcooliche. Una bottiglietta di cognac è sempre pronta nella tasca della giacca; è sempre là col suo fascino tentatore. A ragione ella teme che ciò possa nuocere al suo organismo:

Perciò, amico caro, amico buono, se mi vuole anche soltanto un po' di bene, si astenga da codesta rovinosa abitudine, conservi il suo talento, lo preservi per l'umanità.

Petr sa che l'amica ha ragione:

Soltanto nei casi estremi, quando non so proprio più che altro fare, ricorro a quel rimedio: sulle prime ha un effetto calmante, ma so benissimo che, alla lunga, rappresenta per il corpo un veleno. Le faccio dunque promessa solenne che in avvenire, ogni qualvolta la tentazione mi dovesse assalire, il mio pensiero correrà a lei: la sua amicizia mi darà forza per superare questa battaglia.

Al principio di novembre Petr, col cameriere Aljoscia, partì da Pietroburgo alla volta di Kamenka dove, in casa della sorella, trascorse giornate serene e portò a termine la Suite per orchestra incominciata poco tempo prima. Non resistette però a lungo. Attraverso Vienna e Venezia, sempre in compagnia del fedele domestico, giunse a Firenze il 20 novembre. Il violinista Pakhulski era stato incaricato dalla signora von Meck di andarlo a ricevere alla stazione e di accompagnarlo nella casa affittata per lui.

L'appartamento consta di una serie di stanze bellissime: un salotto, la stanza da pranzo, la camera da letto, la guardaroba e una stanza per Aljoscia, - scrive Petr ad Anatol. - Nel salotto c'è uno splendido pianoforte a coda. Due grossi mazzi di fiori adornano la mia scrivania che è provvista di tutto l'occorrente per scrivere. I mobili sono magnifici. Di tutto ciò sono veramente incantato, ma soprattutto apprezzo il fatto che la casa si trovi fuori di città. Dalla finestra si gode una vista incantevole e una quiete assoluta mi circonda. In mezz'ora di cammino si arriva in città.
Durante il viaggio mi turbava alquanto il pensiero che Nadezda Filaretovna abitasse talmente vicino a me che incontrarla sarebbe stato inevitabile. Avevo addirittura qualche sospetto che essa mirasse proprio a questo, ma una lettera di lei che ho trovato all'arrivo ha dissipato ogni dubbio e mi ha tranquillato pienamente in proposito.


Ecco la lettera di benvenuto:

Firenze, Porta Romana,
Villa Oppenheim
20 novembre 1878

Sia benvenuto a Firenze, mio caro, adorato, impareggiabile amico! Come sono lieta, mio Dio, che gioia grande è per me sapere che lei è vicino; conoscere le stanze che abita, pensare che ammira lo stesso panorama che io ammiro, che respira la stessa aria che io respiro. È una felicità indescrivibile. Come desideravo che la casa che avevo scelto per lei le piacesse! Adesso è mio ospite, caro caro amico, tanto vicino al mio cuore. Di qualunque cosa dovesse aver bisogno, dalla carrozza per farne una passeggiata ai libri per leggere, si rivolga, la prego, senza esitazione a Villa Oppenheim, come se fosse casa sua. Stia sicuro che non potrà che farmi piacere. Mia figlia Julia ha pensato che qui non si sarebbe trovato del buon tè; così, abbiamo portato da Mosca il nostro e ne manderemo anche a lei. Aljoscia, che certo accudisce a lei con ogni cura, glielo preparerà.
Quanto alle passeggiate, le consiglio quella splendida strada che passa proprio accanto alla sua casa e che porta al convento, al Camposanto e alla piazza di San Miniato. Lassù è una meraviglia, ci si arriva anche dal nostro viale. Facciamo ogni giorno, con qualsiasi tempo questa passeggiata; usciamo di casa alle undici e passiamo accanto a villa Bonciani, dove sta lei. Ritorniamo per la medesima strada e alle dodici siamo a casa per la colazione.

L'indomani dall'arrivo Petr risponde:

Non trovo parole, amica cara, per esprimerle il mio incanto per tutto ciò che mi circonda. Impossibile immaginare di vivere in un posto più perfetto. Ieri non potevo prender sonno; giravo per la mia splendida casa e assaporavo l'incomparabile silenzio, pensando a Firenze che amo tanto, distesa ai miei piedi, e a lei, felice di saperla tanto vicina. Quando stamattina, prestissimo, aprii le persiane, il mio entusiasmo raddoppiò ancora. Quanto mi è cara la singolare bellezza dei dintorni di Firenze!
Per quel che riguarda la mia casa, essa ha soltanto il difetto di essere troppo bella, troppo spaziosa, troppo comoda. Temo che qui diventerò troppo viziato. Un pregio tutto particolare della villa è quel vasto terrazzo sul quale posso passeggiare e respirare aria pura senza uscire di casa. Per me, così amante del fresco, non è un piccolo vantaggio. Ieri ho passeggiato a lungo e non le posso dire come ho goduto l'incantevole silenzio della sera, rotto soltanto in lontananza dal mormorio dell'Arno.
Quanto all'offerta di servirmi dei suoi cavalli e della sua carrozza, non ne approfitterò. Sono un appassionato camminatore e sono perciò contentissimo che la visita alla città sia legata a una passeggiata. Se una volta mi capitasse di sentirmi stanco, avrei la possibilità di ritornare a casa servendomi di una carrozzella.
Ora voglio riposarmi del viaggio, prender un poco visione dei dintorni e stabilire un programma per la distribuzione del mio tempo. Domani comincerò a lavorare. Fintanto che lei è qui, vorrei farle conoscere, almeno in parte, la mia nuova Suite o piuttosto la nostra Suite. A tal scopo voglio rielaborare qualche tempo a quattro mani. Le sarei grato se, di quando in quando, mi inviasse qualche giornale russo.

Ed eccoci ora partecipi di uno scorcio di vita squisitamente romantico: due creature, innamorate, in fondo, l'una dell'altra, abitano per un mese intero nella stessa città, a pochi passi di strada, ma evitano con ogni arte e precauzione qualsiasi incontro, pur scrivendosi quotidianamente lettere assai simili a messaggi d'amore. Ogni giorno, e talora anche due volte al giorno, Aljoscia porta a villa Oppenheim una lettera del suo padrone e viceversa, più volte in una stessa giornata, Ivan Vassiljev, il maggiordomo della signora Nadezda, si mette in cammino per villa Bonciani con lettere, sigarette e doni d'ogni sorta. Ciascuno informa l'altro, con scrupolosa precisione, di come intende ripartire la propria giornata, così che ogni possibilità d'incontro venga evitata. Un giorno, tuttavia, Nadezda ha fatto tardi e, mentre in carrozza scoperta, col servitore a cassetta e la figliola accanto a sé, rientra a casa, incontra l'amico, che a piedi ritorna dalla passeggiata. Rimangono entrambi sconcertati. Colto di sorpresa, Petr sventola il cappello, la donna ricambia il saluto, e i loro sguardi s'incrociano per un istante. Poi la carrozza è già lontana. Un'altra volta Nadezda invita il musicista a teatro: ella siederà in un palco di prima fila, mentre per lui ha prenotato un posto in platea. Per tutta la sera, come apprendiamo dalle rispettive lettere, si osservano l'un l'altro da lontano. Lui ha portato con sé il binocolo; il viso spirituale di lei, dai lineamenti delicati, gli fa molta impressione e, così, lo commuove l'affettuosa tenerezza con cui l'amica parla alla deliziosa figlioletta settenne Miloska.

Petr sa che ogni giorno, alle undici e mezzo in punto, durante la passeggiata Nadezda passa davanti alla sua villa ed egli l'aspetta alla finestra, mezzo nascosto dietro a una tenda. Scrive ad Anatol:

Scruta attentamente la mia finestra per vedermi, ma è miope e ci riesce appena; io, invece, la vedo benissimo.

La sensibilità quasi morbosa con la quale Petr reagisce ad ogni minima impressione, mentre non manca di stupisci, è certo che dovette determinare nella sua vita interiore un continuo succedersi di stati di tensione e di distensione. Quando l'amica l'ebbe invitato a venire ad abitare vicino a lei a Firenze, egli accolse la proposta con entusiasmo. Non appena arrivato, il suo umore incostante prese però il sopravvento. Un giorno era tutto sentimenti di tenerezza e di sconfinata amicizia per la signora Nadezda, un altro giorno, si sentiva invece oppresso da quella vicinanza e dal timore che la donna potesse approfittarne per esigere un incontro. Poi, quand'ella partì e lui restò solo, eccolo cadere in preda a un cupo dolore, a una vera disperazione.
Si sentì improvvisamente sperduto, abbandonato, e prese ad aggirarsi sconsolato davanti a villa Oppenheim, con gli occhi gonfi di lagrime. La casa, adesso, era deserta e silenziosa dopo esser stata tanto piena di vita e di liete voci infantili. Di questa perpetua alternativa di sentimenti ci rendono edotti le numerose lettere inviate ad Anatol e a Modest.

La signora Nadezda a Petr:

Villa Oppenheim,
21 novembre 1878

Non posso proprio dirle, o impareggiabile amico, come io sia felice che la sua casa le piaccia e che ci separi una così breve distanza. Da quando lei è qui, perfino la villa dove abito io mi piace di più e le passeggiate mi sembran più divertenti. Oggi sono passata davanti alla sua casa, ho guardato a tutte le finestre e ho cercato di indovinare che cosa lei stesse facendo.
Non so veramente come posso ringraziarla per la dedica della Suite, della nostra Suite. Mio Dio, che incanto sta in questa paroletta 'nostra', che felicità provo sapendo di avere qualcosa in comune con lei! Com'è bello!
Quando lei va a passeggio, amico caro, passi tina volta davanti alla nostra villa per vedere dove io vivo. Adesso villa Oppenheim è piena di gente. Mia figlia Lida ha due bambini e poiché non è riuscita a trovare una balia russa, ha portato con sé tre governanti tedesche.
Poc'anzi ho suonato la 'canzonetta' del suo Concerto per violino e ne ho provato un rapimento ineffabile. Ho fatto venire da Mosca la copia stampata.
Fa abbastanza caldo anche a casa sua, mio caro? Che temperatura le è più gradita? Avevo paura che potesse sentir freddo arrivando e per questo ho fatto accendere il camino. Amandola con tutto il cuore
sua N. v. Meck.

Petr a Nadezda:

21 settembre 1878,
ore 11 di sera

Ho ricevuto la sua letterina, amica cara, durante il pranzo. Ivan Vassiljev, che andava cercando Aljoscia, mi ha incontrato per puro caso e mi ha dato le sue sigarette. Mio Dio, ineguagliabile amica, com'è previdente e generosa! Che strano: proprio cinque minuti prima di ricevere le sue sigarette mi accorsi che la mia scorta era esaurita e pensai che avrei appunto dovuto rivolgermi a lei pel rifornimento. Non avevo neppur finito di formulare questo pensiero che le sue sigarette così buone piovvero, per così dire, dal cielo fra le mie mani. Ho fatto oggi una splendida passeggiata con Aljoscia. Andammo in città passando da San Miniato, ove sostai per godere lo stupendo panorama; quindi ritornammo a casa passando da Porta Romana.
Così, ha potuto ammirare in tutti i particolari la sua splendida villa. Che vista stupenda si gode di là! E che incantevole giardino, risonante di argentine voci di bimbi! Com'è strano sapere che in questa villa, a due passi da me, abita il mio più caro, il mio miglior amico. Che piacere provo sapendolo lì, vicina vicina, mentre di solito è tanto lontana!
Ho organizzato la mia giornata nella maniera che segue: alzarmi alle otto e lavorare fino all'ora di colazione; poi fare una passeggiata di due o tre ore, quindi rimettermi al lavoro fino all'ora di pranzo. Di sera leggerò, scriverò lettere, giocherò, godrò la natura, la solitudine, il silenzio e qualche volta andrò a teatro. La mia casa è caldissima. Per quel che riguarda le mie esigenze in fatto di caldo, mi trovo agli antipodi da lei. Ho paura del calore eccessivo e in Russia bado sempre che non riscaldino troppo. Qui non mi occorre che le stanze siano riscaldate, basta il caminetto.

22 novembre 1878

Le devo dunque confessare che provai una forte emozione quando lei e i suoi familiari passarono accanto a me oggi. È stata una cosa nuova e insolita per me, abituato a guardarla soltanto con gli occhi dell'anima. Mi riesce difficile immaginare che la mia buona fata invisibile possa di colpo, anche per qualche istante solo, diventar visibile. Proprio una sorta di incantesimo!

26 novembre 1878

Piove senz'interruzione, ma nella mia stanza si sta così bene, è così chiaro, e il mio cuore è così in pace. Come godo di questo silenzio, dopo quei terribili due mesi a Mosca e a Pietroburgo! Provo persino piacere ad ascoltare il mormorio quasi impercettibile delle gocce di pioggia ed ho la sensazione che nel piccolo caldo nido da lei preparatomi, io sono ben protetto da ogni molesto, insopportabile urto del mondo esterno. Era gran tempo che non provavo un'impressione, così dolce e magica, di totale benessere.
Il telegramma di Modest, con la notizia dell'entusiastica accoglienza tributata alla mia Sinfonia a Pietroburgo, è stata una sorpresa estremamente gradevole. Mi ha messo in una esaltazione tale che per tutto il giorno sono stato immerso nella nostra Sinfonia: me la canto, me la ricanto, ne richiamo alla memoria i diversi particolari, mi ricordo quando e dove ha avuto origine questa o quella parte, ritorno indietro col pensiero a due anni or sono e confronto il passato con il presente provando un indicibile sollievo. Che cambiamento! Quante cose sono accadute in questi due anni! Allorché cominciai a scrivere la nostra Sinfonia ci eravamo appena conosciuti. Non dimentico però che ho composto questa Sinfonia per lei. Avevo netto il presentimento che nessuno avrebbe potuto accostarsi alla mia musica con maggior comprensione di lei, che le nostre anime erano affini e che molto di quanto rivelavo in questa Sinfonia non poteva esser inteso se non da lei. Come amo questo mio rampollo! Sento che non dovrò mai patir delusioni in causa sua.


Lo slancio verso la perfezione non si è allentato:

Talvolta ho la sensazione di aver fatto scarsi progressi durante gli ultimi dieci anni. Le dico questo, amica cara, non perché lei abbia ad assicurarmi del contrario, ma perché sono veramente, oggi come dieci anni fa, insoddisfatto delle mie composizioni. Posso affermare che neppur una delle mie opere è perfetta. In nessuna sono riuscito a raggiungere quel che mi era sembrato veder balenare. Ma forse è bene che sia così! Forse questo mi spronerà ad una perfezione ulteriore! Chissà se la mia energia non si paralizzerebbe qualora mi sentissi soddisfatto del mio lavoro!

In quei giorni la signora Nadezda manda all'amico una composizione di Lalo, chiedendogli che cosa ne pensi. Petr fa alcune osservazioni degne di nota tirando in ballo anche Musorgskij. Afferma dunque che in questo pezzo ci sono alcuni passaggi che non sono altro che «porcherie musicali nel genere di Musorgskij». «Una dissonanza deve avere una soluzione o armonica o melodica, - prosegue -. Se non avviene né l'una né l'altra cosa, allora risultano insulsaggini 'à la Musorgskij'».
Simili giudizi meschini e un tale errore di valutazione sono deplorevoli. Sappiamo che Debussy, circa quindici anni più tardi, si accosterà con ammirazione sempre rinnovata alle composizioni di Musorgskij, lasciandosi entusiasmare da questa musica e segnatamente dal Boris Godunov. Ciaikovski schernisce proprio quegli accordi «timbrici» impressionistici che non finiscono mai di stupirci perché Musorgskij li scoperse con un anticipo di parecchi decenni. Tali accordi «timbrici» che ritroveremo con tanta frequenza in Debussy non hanno bisogno di soluzione; come la macchia di colore della pittura impressionistica essi caratterizzano l'atmosfera del pezzo: sono quasi sempre appena accennati e si dissolvono rapidamente. Non trattandosi di accordi «a struttura armonica», non si deve assolutamente cercare in tali dissonanze una «soluzione» nel senso dell'armonia teorica.
In una di quelle molte lettere dell'idillio fiorentino, Petr fa un accenno al suo antico allievo Serghiei Tanejev che occupa ora al Conservatorio di Mosca il posto già occupato da lui.

Riponevo molte speranze in Taneev,

ma devo confessare che finora quelle speranze sono andate deluse. La ragione principale per cui la sua arte è rimasta come paralizzata sta nel fatto che manca al suo talento la luce di un fuoco interiore. Egli non sente in sé l'impulso, la necessità ineluttabile di esprimersi attraverso la musica e così il suo ingegno resta in superficie. In altre parole, egli potrà adempiere diligentemente ad ogni incarico componendo musica decorosa, ma gli mancherà sempre l'estro creatore.

È incredibile come il nostro musicista non riconoscesse che quell'impulso creatore, quel fuoco dell'ispirazione erano precisamente le doti più caratteristiche del suo avversario Musorgskij.
È interessante notare come proprio Tanejev fosse un ammiratore, tanto appassionato quanto cieco, della musica di Ciaikovski ed arrivasse a preferire le scipite canzoni infantili di Petr alle magistrali liriche della Camera dei bambini di Musorgskij!

Ecco come si esprime in proposito in una lettera a Petr Iljic del 22 giugno 1884:

Senza dubbio meglio di tutto le è riuscito Il Cucù, che ricorda, mi perdoni il paragone, una composizione di Musorgskij, colla differenza che soltanto ora, ad un musicista autentico quale è lei, è riuscito quello che invano si era provato a fare un 'ciabattino della musica'.

Oggi un giudizio di questo genere può soltanto muovere al riso: le incantevoli canzoni infantili di Musorgskij sono infatti su tutte le labbra, mentre nessuno ricorda più quelle di Ciaikovski.
A Firenze, Petr istrumentò gran parte della Suite per orchestra; poi eccolo accendersi d'entusiasmo per un nuovo progetto: scrivere un'opera sulla Fanciulla d'Orléans.
Le poche settimane passate a Firenze da Nadezda e da Petr trascorsero troppo in fretta per tutti e due.

Addio, caro impareggiabile amico, - ella gli scrisse il 13 dicembre 1878. - Per l'ultima volta le mie righe giungono fino a lei da villa Oppenheim; questo averla così vicino mi era tanto caro. Come sarei felice se simili giornate di paradiso potessero rinnovarsi! La ringrazio, mio caro, per tutto l'affetto, tutto il bene che mi ha donato. Ripenserò sempre con intensa emozione a questo periodo, trascorso così vicino a lei, in continua comunione con lei. Come sono triste, triste fino alle lacrime, che questa felicità volga alla fine!

Petr risponde:

Che giornata penosa! Non può immaginare, cara adorata amica, come sono triste da quando ella è partita! Che amarezza provo scrivendole queste righe da villa Bonciani sapendo che non le saranno recapitate fra breve nella sua villa, bensì nella lontana Vienna. Com'è deserto e desolato il Viale dei Colli da quando ella non è più qui! Come ho sentito stamattina la mancanza del suo caro cagnolino che di solito mi preannunciava il suo passaggio, poi dei suoi figlioli, poi di lei stessa! Finché lei era qui consideravo il viale dei Colli come un nostro comune possesso; ora esso mi è diventato estraneo.

In quegli stessi giorni Petr si rivolse ai fratelli:

Nadeshda Filaretovna è partita e io provo un doloroso senso di vuoto, soffro una grande nostalgia di lei. Con gli occhi gonfi di pianto passo adesso davanti alla sua casa deserta. Mi ero così abituato ad esser ogni giorno in rapporto con lei, a vederla ogni mattina, quando col suo seguito passava davanti alla mia villa, che un tal mutamento mi sembra incredibile. Mio Dio, che donna straordinaria, che essere meraviglioso! Sapessi in che modo commovente si prendeva cura di me, come cercava di render la mia vita il più piacevole possibile!

Negli ultimi giorni, la signora aveva fatto pervenire a Petr, per mezzo del maggiordomo, duemila franchi, destinati a pagare la pubblicazione della Suite per orchestra a lei dedicata. Ma Petr aveva rimandato il denaro con una lettera di ringraziamento. La stampa della Suite, secondo le sue affermazioni, non gli era costata nulla; al contrario, aveva ricevuto dall'editore Jürgenson un modesto compenso. Ella già provvede a lui con un sussidio fisso; per il momento non ha bisogno d'altro danaro. La signora Nadezda era dunque partita per Vienna, allo scopo di festeggiare nella capitale austriaca, insieme coi figlioli in viaggio da Pietroburgo, la solennità russa del Natale.

Anche Petr non si trattenne più a lungo a Firenze, diventata ormai per lui un deserto. Passò alcuni giorni a Parigi per vedere di porre le basi a un libretto della sua Fanciulla d'Orléans e da Parigi proseguì per Clarens, sul lago di Ginevra.