I dizionari Baldini&Castoldi

Indes galantes, Les di Jean-Philippe Rameau (1683-1764)
libretto di Louis Fuzelier

Ballet-héroïque in un prologo e quattro entrées

Prima:
Parigi, Opéra, 23 agosto 1735. Prologo: Hébé, dea della gioventù (S); Bellone, divinità della guerra

Personaggi:
Osman, pascià di un’isola turca dell’Oceano Indiano (B); Emilie, giovane ragazza provenzale, sua schiava (S); Valère, ufficiale di marina, amante di Emilie (Hc); schiavi africani, marinai (prima entrée); Huascar, inca, presidente della festa del Sole (B); Phani, ragazza inca di stirpe regale (S); Don Carlos, ufficiale spagnolo, amante di Phani (Hc); incas, peruviani (seconda entrée); Tacmas, principe persiano, travestito da inserviente dell’harem (Hc); Alì, suo favorito (B); Zaïre, principessa turca, schiava di Alì (S); Fatime, schiava georgiana di Tacmas, travestita da schiavo polacco (S); persiani, persiane, Zéphire, Borée, la Rose, les Fleurs (terza entrée); Damon, ufficiale francese di una colonia americana (Hc); Don Alvar, ufficiale spagnolo di una colonia americana (B); Zima, figlia di un capo indiano (S); Adario, capo dei guerrieri indiani, amante di Zima (T); indiani, soldati e amazzoni francesi, pastori e pastorelle (quarta entrée)



L’opera si avvalse del testo di un autore già collaudato, sia nel campo dell’ opéra-ballet (aveva scritto per André Campra Les Âges , Parigi 1718) sia in quello degli intrecci di soggetto ‘turco’, all’epoca di grande successo sulle scene. L’eccezionale trionfo che subito arrise a Les Indes galantes (originariamente limitata al prologo e alle prime due entrées ) portò gli autori dapprima ad aggiungere la terza entrée – sin dalla terza rappresentazione dell’opera – e quindi ad approntare, ad alcuni mesi dalla ‘prima’, una seconda versione, che prevedeva una rielaborazione di quanto già composto e l’aggiunta dell’ultima entrée ( Les Sauvages ); in questa versione l’opera andò in scena il 10 marzo 1736. Tuttavia, in occasione delle riprese settecentesche, nelle rappresentazioni spesso non si tenne conto né dell’ordine né del numero di entrées progettate da Rameau, quando non vennero addirittura messe in scena solo delle entrées isolate. Già dal titolo Les Indes galantes si propose come una risposta esotica alla celebre Europe galante di Campra (1697) che, con intento analogo, aveva messo in scena un raffronto tra le artes amatoriae di diverse nazioni europee. A quarant’anni di distanza, il lavoro di Rameau venne a coronare, con risultati artistici straordinari, l’evoluzione del genere dell’ opéra-ballet , conferendogli una grandiosità e un’intensità espressiva che permettono di accostarlo agli sfarzi della tragédie lyrique .

Prologo . Hébé ha radunato la gioventù di tutto il mondo nella sua splendida reggia. Tra strepiti di guerra giunge Bellone, vantando i suoi diritti sulla gioventù guerriera, simboleggiata dai rappresentanti di quattro nazioni europee alleate. Irritata, Hébé invoca Amour, che prontamente discende dal cielo: i due si accorgono che il loro potere sta venendo meno in Europa e decidono di concentrare la loro azione su nazioni più lontane.

Atto primo . ‘Le Turcs généreux’. L’europea Emilie si trova prigioniera del pascià Osman, dopo essere stata catturata dai pirati e a lui venduta; resistendo al tiranno, si proclama fedele sino alla morte al suo perduto amore. Durante una tempesta, una nave viene scaraventata sulla costa dell’isola di Osman. Emilie, alla ricerca di connazionali, trova proprio l’amato Valère, che dichiara di averla cercata ovunque con il permesso del suo signore, che risulta essere proprio Osman. La sorpresa è ancora maggiore quando il pascià concede che i due amanti si uniscano in matrimonio; spiegando di essere stato egli stesso uno schiavo liberato da Valère, colma i due francesi di doni e questi possono dunque partire liberi per la patria.

Atto secondo . ‘Les Incas de Pérou’. La giovane inca Phani è innamorata corrisposta del conquistatore spagnolo Don Carlos, che cerca invano di strapparla alla sua cultura. L’indigeno Huascar, innamorato a sua volta di Phani, dichiara che il dio del sole l’ha incaricato di trovare un marito alla ragazza, scelta che cade naturalmente su se stesso. Durante la festa del sole avviene un terremoto, cui si aggiunge un’eruzione del vulcano: Huascar, già respinto, sostiene che si tratti della prova che il dio disapprova la condotta della ragazza e tenta nuovamente di insidiarla, ma è affrontato da Don Carlos. Questi svela come tutta la festa, e persino il lancio di pietre dal vulcano, sia stato un piano architettato da Huascar per persuadere Phani dei decreti celesti. L’ entrée si conclude con la punizione del malvagio, sepolto da una nuova eruzione (questa volta vera) del vulcano.

Atto terzo . ‘Les Fleurs, fête persane’. Il principe Tacmas si trova, sotto false spoglie, nel palazzo del suo protetto Alì, con l’intenzione di dichiarare in incognito il suo amore alla schiava Zaïre. Anche Alì è innamorato, ma di una schiava di Tacmas, Fatima. Tacmas scopre che Zaïre è innamorata e crede che il rivale sia uno schiavo polacco: questi è però in realtà Fatima, travestita. Dopo diverse vicissitudini, la situazione viene felicemente chiarita; ha inizio allora una ‘festa dei fiori’ in cui venti e fiori ingaggiano una graziosa schermaglia.

Atto quarto . ‘Les Sauvages’. In America settentrionale, in un bosco vicino ai possedimenti francesi e spagnoli, l’indiano Adario si nasconde al sopraggiungere di Damon e Don Alvar: i due ufficiali, rispettivamente francese e spagnolo, sono alla ricerca di Zima, un’indiana di cui sono entrambi innamorati. Arrivata anche la ragazza, le viene chiesto di decidere tra i due spasimanti; informatasi sulle usanze erotiche di entrambi, Zima stabilisce essere lo spagnolo troppo focoso e il francese troppo freddo. Adario allora viene allo scoperto, e Zima dichiara di preferirlo agli altri due. Sta per avere inizio la festa della pace e i due indigeni possono celebrare così degnamente il loro amore ‘di natura’, vincitore sulle lusinghe della civiltà europea.

Le varie vicende sentimentali dell’opera sono ambientate nelle ‘Indie’, come venivano chiamati all’epoca i territori extraeuropei (divisi tra Indie occidentali e orientali). Con il prologo allegorico, che motiva la scelta di paesi così lontani, gli autori colgono l’occasione per coniugare l’apparato mitologico, caratteristico dell’opera francese dell’epoca (un apparato d’obbligo, ma qui ridotto al minimo indispensabile), all’interesse per l’esotismo, che costituisce il filo conduttore delle diverse entrées . Nel quadro di un puro gioco intellettuale, vengono rappresentate stravaganti vicende amorose tra indigeni ed europei, arricchite da riferimenti storicamenti fondati – ma ampiamente rielaborati – a tradizioni, nomi e luoghi dei paesi in oggetto, in un disegno che riesce a conferire alle singole ambientazioni un colore locale di una certa precisione (merito che i contemporanei non credettero invece di dover riconoscere al librettista). Anche la disposizione verso le culture extraeuropee dimostra un atteggiamento allora insolito, come dimostra la rappresentazione del ‘buon selvaggio’, anticipatrice degli entusiasmi illuministi e roussoviani in proposito. È inoltre rilevante la presenza di una curiosità attinta alla cronaca dell’epoca: l’incredibile storia di Osman (prima entrée ), carceriere ma a sua volta ex prigioniero dei cristiani, era apparsa l’anno prima in un giornale francese. I luoghi più pregevoli della partitura vanno rintracciati soprattutto nelle numerose pagine orchestrali, in particolare nella seconda, terza e quarta entrée : le scene dell’eruzione e delle feste sono percorse da un vigore strumentale inedito nella produzione del compositore. Nella seconda entrée , un’unica sezione musicale si estende per varie centinaia di battute, stabilendo un collegamento di alta tensione drammatica e notevole efficacia spettacolare tra l’eruzione del vulcano e il termine dell’ entrée stessa. Per le tre feste esotiche (del sole, dei fiori e della pace) Rameau sperimenta soluzioni originali, come l’impiego di incisivi unisoni e di intervalli melodici stravaganti, per alludere, in mancanza di veri elementi di ‘colore’ locale, a un’eterogeneità del tessuto musicale che si realizzerà invece nelle opere esotiche dell’Ottocento e del Novecento. Anzi, proprio le soluzioni inventate da Rameau stabiliranno, nel corso del Settecento, il modello di un repertorio compositivo diffuso per le opere a sfondo esotico, delle quali Les Indes galantes rappresenta uno dei primi esempi in assoluto. Nell’ entrée ‘Les Sauvages’, Rameau fece confluire la rielaborazione di una sua omonima composizione clavicembalistica del 1725, scritta in occasione dell’esibizione a Parigi di due danzatori indiani. Gratificata da ben sedici edizioni del libretto a stampa, Les Indes galantes tornò all’Opéra nelle trionfali riprese del 1743 e del 1751; in seguito rimase in cartellone sino al 1773. In tempi moderni, l’opera è stata nuovamente rappresentata nel 1925 (solo la terza entrée ), quindi nel sontuoso allestimento del 1952 all’Opéra e l’anno successivo al Maggio musicale fiorentino. Indice del suo successo nel corso del Settecento è anche il numero straordinario di parodie, messe in scena già a qualche mese dalla ‘prima’. Si cominciò con il vaudeville in un atto Les Amours des Indes , di Denis Carolet, alla fiera di Saint-Laurent, per proseguire con L’Ambigu de la folie, ou Le Ballet des dindons , di Charles-Simon Favart (sulla scia della ripresa del 1743); Favart ritornò sul soggetto con Les Indes dansantes , mentre Carlo Innocenzo Frugoni presentò a Parma, nel 1757, una produzione della seconda entrée dal titolo Gl’incà del Perù .

r.m.

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