LA TRAGEDIA

DAL PROGRAMMA DI SALA DELLA PRIMA
RAPPRESENTAZIONE ALLA SCALA DI MILANO NEL 1909







Sull'ora del tramonto, nella corte, le Ancelle, capitanate dalla Sovraintendente, attingono acqua dalla cisterna, e chiacchierano di Elettra. Dove può ella essere, se questa è l'ora in cui suole far sentire i suoi ululati per il padre

ucciso a colpi di scure?

Ed ecco ella viene, infatti: viene correndo, ma per ritrarsene subito, con un balzo indietro,

quando vede gente là dove credeva poter essere sola col suo immenso dolore. Ora le Ancelle parlano del suo sguardo velenoso, della sua triste abitudine di pianger col sole che muore il padre ch'è morto, delle parole villanamente irose che le escon di bocca quando si vede fatta segno alla altrui curiosità, della debolezza della Regina che permette a quel demone scatenato di girar per la casa. Han tutte parole d'odio per lei; ma tra tutte ce n'è una che n'ha compassione, che a lei, figliola di Re, vorrebbe unger i piedi e asciugarli co' propri capelli; e l'altre le rimproverano la sua pietà, e la Sovraintendente la ricaccia nella casa, e ne richiude la porta.
Le Ancelle vanno, la corte è deserta.
Elettra ritorna, è sola tra le macchie di luce rossastra che il sole del tramonto filtra attraverso i rami del fico. È sola e invoca di sotterra il Padre nell'ora che è quella del loro convegno quotidiano, e quella che segnò il cader dell'ascia sul suo capo, il dilagar e il vaporar del suo sangue nell'acqua del bagno! Macabra visione di un corpo inerte che il traditore afferra per le spalle

e trascina fuor della stanza; di due flosce gambe che radono terra; d'un occhio vitreo e spalancato che continua a guardar pur dentro la casa!
Visione tremenda dell'ombra del Padre

che s' avanza con gli occhi spalancati, e la fronte ricinta di porpora! O giorno di vendetta! Da altri corpi, da' corpi degli omicidi, da' corpi de' complici, altro sangue sgorgherà; e sulla tomba del Padre i cavalli della casa e i fidi cani saranno immolati, e i figli

intrecceranno la danza, la gran danza che si conviene - ultimo onore - a un tanto Re.

Viene Crisotemide



a scongiurar ancora una volta la sorella che vadano lontano, già che è lei che la tiene ancora nella casa aborrita. E le svela il crimine che Egisto e Clitennnestra ordiscono anche contro di lei: la getteranno in fondo a un torrione, a marcirvi senza raggio di sole o di luna, a morirvi di fame. Che vadano lungi da' maledetti; ella non può resistere a tanto strazio, non può rassegnarsi a vedersi sfiorir la sua femminilità in quel dolore senza nome, in quel terrore senza mai tregua: è giovane, e vuol vivere;

e vuol dar la vita ad altri esseri,

e ritemprar la sua anima, e dimenticarsi in altre cure. A chi giova quell'eterno martirio, se il fratello e il padre non tornano più?
E intanto la vita intorno si rinnova nelle femmine pregne, ne' bimbi poppanti, ne' giovani forti!
Ma Elettra non sa, non può udire: gli occhi suoi son pieni sempre dell'orrenda scena del delitto, l'anima sua non può dimenticare, chè non è l'anima d'un bruto.
Ecco uno strepito nell' interno della casa. Scannano forse ancora? Ancora vittime? Vengono? Ed Elettra vuoi essere presente questa volta, se vengono, per gittarsi sulla madre, e strapparle l'ascia dalle mani, e agitargliela sul capo.

Crisotemide sa: la Regina ha sognato, ha sognato d'Oreste;

e ora compie sacrifizi per scacciar i tristi sogni. Ma gliel'ha inviato Elettra quel sogno; e le invia anche la vendetta: ecco, un armato d'ascia e di fiaccola cerca la traditrice; ella gli sfugge, egli la rincorre; e via alla triste caccia per scale, per anditi, per sotterranei; finchè, dove dorme l'ultimo sonno il Padre, la colpevole piomba esausta, e la face s'agita, e l'ascia precipita!

Passa la torma degli animali tirati al sacrifizio in un tumultuoso procedere; e Crisotemide tremando fugge. Nel vano della finestra appare Clitennestra pallida in volto e stanca, seguita dalla Confidente e dalla Portatrice dello strascico. Vede Elettra, che la guarda fiso, e s'accende d'ira, e le rimprovera la viperea velenosità del suo sguardo, mentre quella le parla parole che a lei sembran d'inusitata dolcezza.

Si allontana dalla finestra, e appare sotto la porta, per parlarle da vicino.



Ma le parole della figlia riprendon la lor durezza quando dicono del seno impudico d'onde si sente uscita. La Regina allontana la Confidente e la Portatrice dello strascico, e domanda a Elettra se conosce qualche farmaco segreto contro i sogni cattivi, o un rito, o una sola frase anche, già che ella tutto ha sperimentato invano, e sacrifizi, e gemme che contengono una forza occulta: tutto. Elettra conosce il rito, sì; conosce la vittima, anche; ma dice e non dice; ancora non vuoi parlare. E finalmente sfoga tutto l'odio suo, dipinge alla madre la scena orrenda nella quale ella, la colpevole, dovrà perire, inseguita come selvaggina in caccia, là sullo stesso punto della casa ove cadde il Padre, uccisa dalla stessa ascia che uccise quello!

Il terrore di Clitennestra è immenso: appoggiata alla parete, essa guarda ancora, ma con occhi vitrei di spavento, la figlia che le vomita sul viso il suo odio: e trema.

Ma arriva di corsa la Confidente, e borbotta nell' orecchio qualcosa alla Regina; e questa si rianima: si fa ripetere ii messaggio, e, pieno il volto di gioia feroce, tende le mani verso Elettra in atto di minaccia; e va.

Elettra è sola, e si domanda che cosa abbian potuto dir a quella donna che sì l'ha trasfigurata; e sopraggiunge Crisotemide ad annunziarglielo: è morto Oreste,

stritolato da' propri cavalli: son là due messaggeri, l'uno giovane e l'altro vecchio, che così raccontano.
Esce un Giovane servo ad ordinar ad un Vecchio che inselli al più presto un cavallo: deve correr al campo, dal padrone,

(Sviluppo del tema di Egisto).

a dargli l'annunzio della morte d'Oreste.
Elettra e Crisotemide giacciono in terra; e da' due corpi abbracciati, come fusi in un solo, emerge il volto muto e cereo d'Elettra. Ora questa, che aveva messo ogni speranza di vendetta in Oreste, non si sgomenta s'egli più non torna, e pensa che esse, le due sorelle, debbono compiere l'opera, subito, la stessa notte, con quella stessa scure con la quale cadde il padre.

Se non fossero due, e se non dormissero accanto, Elettra sola basterebbe a ucciderli; ma non può; e però deve aiutarla Crisotemide. Questa si rifiuta al misfatto, è muta pel terrore; ma Elettra la tenta, la lusinga: è così forte, ha le braccia così robuste, che potrebbe schiacciare quel che abbraccia;

ed ella, dopo, vorrà esserle più che sorella, vorrà servirla come schiava, e prepararle il letto di nozze, e per la prima mostrarle il bimbo che nascerà di lei. Che giuri, che giuri che la stessa notte verrà a' piedi della scala! Ma Crisotemide non può, non vuole; e sguscia dalle deboli braccia della sorella, e fugge, seguita dalla maledizione di questa.
Or, dunque, sola all'opera di vendetta!

E comincia a scavare nel muro della casa, allato alla porta, per disotterrare la scure già tinta nel sangue paterno!
Oreste appare nel vano del cortile.

Fratello e sorella non si riconoscono. Elettra si volge, e scaccia via lo straniero, l'intruso che viene a turbar la sua opera; ma questo deve attender che sia chiamato dentro a riferir alla regina la morte d'Oreste, già che è l'uno de' due che son venuti a darne l'annunzio. Or egli domanda alla fanciulla chi sia, ed ella si svela.

Ma Oreste non può crederlo, tanto ella è trasfigurata.

Ed Elettra narra ciò che ha sofferto, ciò che soffre in quella casa, che sì l'allontana, nel viso e nelle parole e nell'anima, da ogni creatura umana.
E l'altro accenna misteriosamente che Oreste è vivo; finchè, incalzato da Elettra, svela completaniente l'esser suo. Oh, la gioia del ritrovamento,

e il dolore di mostrarsi così al fratello, ella che pur era bella, che dal sepolcro del Padre ucciso accolse l'Odio, l'Atroce, il Mostruoso, e ne prese tutte le forme spaventevoli.
Oreste agirà, compirà la vendetta; e non sarà solo all'opera chè seco è il vecchio Mentore, e nella casa troverà cento amici; e la sorella gli augura propizi gli Dei.

Il Mentore viene, accolto da Elettra con parole di gratitudine, e annunzia propizia l'ora di agire; e i due uomini vanno.
Un silenzio. Elettra è sola, e corre su e giù innanzi la porta, dolendosi di non aver potuto dar al vendicatore l'ascia che già sa il delitto. Un nuovo orribile silenzio; e d'improvviso s'ode l'urlo di Clitennestra, seguito dall'altro urlo d'Elettra, che grida di colpire ancora!

Un gruppo d'ancelle con Crisotemide, invade confusamente la scena, gridando alla sciagura e all'assassino. Ma torna Egisto, ed esse rientrano per paura di lui. Gli va incontro, invece, Elettra, facendogli lume con la fiaccola che ha sfilato dall'anello della porta, e lo accompagna, danzandogli stranamente intorno, ammonendolo di badar alle scale, che non cada.

Subito s'ode strepito all'interno, ed Egisto s'affaccia alla finestra gridando al soccorso; ma ne viene strappato, e gli ultimi suoi urli dicono della sua morte violenta.
Vengon fuori tutte, ora, le donne, con Crisotemide, in un tumulto di sgomento; e Crisotemide narra della strage, narra del trionfo che i fedeli hanno serbato per Oreste. Ma Elettra scende dalla soglia, e impone alla sorella di tacere e di danzare. E danza ella stessa; senonchè dopo pochi passi cade pesantemente al suolo, mentre Crisotemide batte disperatamente alla porta, chiamando «Oreste! Oreste!»