CARO ALEX...

LETTERE DI ARNOLD SCHÖNBERG AD ALEXANDER ZEMLINSKY
E AD ALTRI DESTINATARI IN RAPPORTO CON ZEMLINSKY
PREMESSA: lettera ad Emil Hertzka

Berlino, 31 Gennaio 1914

Caro Direttore,

l'esecuzione degli Orchesterlieder a Praga è stata molto buona. Per la verità Winkelmann non era particolarmente all'altezza, ma Zemlinsky [direttore musicale del Deutsches Landestheater di Praga] ne ha fatto qualcosa di grandioso.
Tutto sommato Zemlinsky è di sicuro il più grande direttore d'orchestra vivente. Di lui ho ascoltato una stupenda esecuzione del Parsifal e ho avuto modo di osservarlo mentre preparava e dirigeva Caikovskij e Tod und Verklärung. È incredibile quel che riesce a cavar fuori da questo materiale, che dopotutto non è di prim'ordine. È triste che non si possa ascoltare qualcosa del genere nelle cosiddette capitali dell'arte!
Le sono grato per la Sua intenzione di voler pubblicare una partitura a prezzo ridotto del Pierrot. Solo così si può diffondere l'opera. [...]
Per piacere, dia una risposta esauriente alle seguenti domande:
È nel mio diritto proibire l'esecuzione del mio II Quartetto nel caso in cui la cantante non è soddisfacente o se durante le prove dovessi notare che il quartetto suona male? Devo subire un insuccesso a causa di un'esecuzione scadente? Non posso fare thente per impedirlo?

Ad Alexander von Zemlinsky

Vienna, 9 Ottobre 1915

Caro Alex,
anche se la tua intenzione di dirigere la mia Kammersymphonie mi fa molto piacere, e anche se desidero molto poter ascoltare finalmente quest'opera (infatti non è mai stata preparata sufficientemente per essere compresa a pieno), vorrei tuttavia pregarti di rimandare questo progetto fin tanto che la guerra continua.
Questa richiesta ti stupirà, e quindi voglio motivarla esaurientemente.
Tu sai che in passato non mi sono mai preoccupato se le mie cose piacessero o no. Sono diventato indifferente agli insulti dell'opinione pubblica e non mi sono mai adoperato per ovviare a ciò con mezzi che fossero estranei alle esigenze puramente musicali delle mie opere. Adesso che posso vantarmi di ciò, posso anche arrischiare di chiederti qualcosa che i maligni potrebbero interpretare come una concessione: cerca di dirigere una delle mie prime opere, o il Pelléas o magari un brano dai Gurre-Lieder, in breve, qualcosa che oggi possa già contare su una accoglienza favorevole da parte del pubblico.
Se penso alle accoglienze negative che ebbe da noi il mio Pelléas, alle resistenze che incontrano persino gli Orchesterlieder, ma soprattutto allo scandalo che provocò il Pierrot lunaire, in seguito al quale il mio nome apparve per settimane su tutti i giornali nazionali ed esteri sotto il titolo «Lo scandalo-Schonberg di Praga», se penso a tutto questo, non è certamente vigliaccheria il mio desiderio di non espormi un'altra volta. In tempo di pace - il mio tempo di guerra - porgerò volentieri nuovamente la schiena, e ognuno di quelli che oggi sono indispensabili avrà nuovamente il diritto di prenderla di mira e di cercarsi un punto in cui io sia vulnerabile. Ma oggi - più che mai - vorrei evitare scandali. Anche in passato non potei evitare queste chiassate. Erano dovute a ciò che ho da dire, e che deve venir detto. Ma allora non avevo bisogno neanche di preoccuparmene. All'estero infatti avevo ottenuto molto successo e avevo un seguito, cosa che i tedeschi e gli austriaci sapevano ignorare nel modo più completo. Ora però che sono stato privato di questi appoggi comincio un po' a scoraggiarmi, e rabbrividisco al pensiero di ciò che mi aspetta. Adesso non c'è più la speranza, prima giustificata, che l'attenzione che mi si prestava all'estero mi avrebbe procurato infine, in un prossimo futuro, un po' di tranquillità.
So che devo andare incontro a quel che capiterà senza questa speranza. Ti stupisce che voglia rimandare ancora un po' questo scontro? Che voglia avere ancora un po' di requie (l'unica cosa buona che mi ha portato la guerra: hanno smesso di attaccarmi), e che voglia godermi ancora un po' la mia pace, fin tanto che dura la guerra?
Non avertela a male quindi per questa strana richiesta e, se puoi, soddisfala.

Ad Albertine Zehme

[Ex-attrice e moglie di un noto avvocato di Lipsia. Nel 1912 aveva chiesto a Schonberg di scriverLe della musica («melodrammi») per una recita serale. Ne era nato il Pierrot lunaire, la cui prima interprete fu la Signora Zehme.]

Vienna, 5 Maggio 1917

Cara e gentile Signora,
non Le ho scritto da molto tempo perché ho lavorato molto ed inoltre ho avuto per una settimana la visita di Zemlinsky (la cui Florentinische Tragödie, un'opera magnifica, è stata rappresentata qui per la prima volta). Comincio col rispondere alle Sue domande: per il momento - facciamo le corna! - non mi hanno chiamato alle armi. Lavoro ad alcune opere teoriche, ed inoltre mi occupo sempre del resto di una grande opera per coro, soli e orchestra [Die Jacobsleiter. Quando Schonberg fu richiamato alle armi la composizione dell'opera fu interrotta e non venne mai portata a termine]. Oltracciò tengo delle lezioni abbastanza frequentate. Per quanto concerne le mi due opere teatrali, sarei disposto a concederle per l'inclusione nel repertorio di un qualche teatro, ma non per una rappresentazione singola ... Mi è molto dispiaciuto che il progetto americano sia andato in fumo! Era la mia ultima speranza! Noi riusciamo ad arrangiarci. Solo i viveri e il carbone sono difficili da trovare! Diventano sempre più scarsi. Mia moglie (che La saluta cordialmente) sta per lo più poco bene: l'alimentazione insufficiente, ecc. [...]

Ad Alexander von Zemlinsky

Vienna, 23 Marzo 1918

Caro Alex,
devo dar di di piglio ad un grande foglio, per replicare all'«attentato» dei tagli, e scrivere a matita, perché nella mia stanza si gela.
Innanzi tutto: sull'argomento tagli ho sempre la stessa opinione che avevo prima. Sono contrario all'asportazione delle tonsille, anche se so che si può in qualche modo vivere persino senza braccia, gambe, naso, occhi, lingua, orecchie, etc.! Penso che questa sopravvivenza non sia in ogni caso tanto importante da dover apportare delle modifiche al programma del Creatore, il quale, al momento del grande razionamento, ci assegnò un numero tot di braccia, di gambe, di orecchie e di altri organi. Allo stesso modo, penso che un'opera non debba necessariamente vivere, cioè essere eseguita, se ciò comporta la perdita di alcune sue parti, siano esse brutte o manchevoli, di cui essa era stata provvista al momento della sua creazione.
La seconda questione preliminare è il riguardo dovuto all'ascoltatore. Ignoro questo riguardo, allo stesso modo di come l'ascoltatore lo ignora nei miei confronti. Io so soltanto che l'ascoltatore è presente e che ciò mi disturba, anche se per motivi acustici non posso rinunziarvi (nella sala vuota infatti non c'è risonanza). In ogni caso l'ascoltatore, a cui la mia opera o una parte di essa sembrasse superflua, può sfruttare la sua situazione privilegiata e rinuziare a me in toto.
Specificamente sul taglio [Per l'esecuzione praghese Zemlinsky aveva proposto una riduzione del Pelleas und Melisande] da te proposto ho da dire comunque quanto segue:
A tutte le persone che sono disposte a prestarmi ascolto ho sempre detto che l'ultima parte, appunto quella che comincia dal 50, la considero la migliore dell'opera, e, tranne alcune eccezioni in ciò che viene prima, l'unica che presenti per me ancora oggi un certo interesse. Specialmente la parte 50-55. Ricordo con esattezza che a questo punto (durante la composizione) ebbi, per la prima volta, la sensazione che le varie sequenze delle parti precedenti non siano eccessivamente ingegnose, e che qui (mi meraviglio della sua affermazione: «la costruzione per periodi di due battute che allora ti era ancora consueta», che può essere valida per molte altre parti dell'opera, ma in nessun modo per questa) per la prima volta ho tentato e, come noto, ottenuto con convinzione e coscientemente una struttura più irregolare e persino già ad intreccio. [....]
Non è, come credo, neanche pertinente l'altra tua osservazione, secondo cui in questa parte non sarebbe più presente «niente di eccezionalmente nuovo». Innanzi tutto, nella seconda battuta dopo il 50, il tema compare per la prima volta (corno ingl.). Ma poi (prescindendo da alcuni particolari interessanti dal punto di vista melodico, formale e soprattutto armonico - perdonerai se esprimo queste lodi; ma, dato il distacco che mi separa da quest'opera, credo mi sia lecito fare obbiettivamente delle lodi, così come obbiettivi sono i biasimi) in particolare questa ripetizione rappresenta qui più di una ripresa con variazione. A prescindere dal fatto che essa è conseguente al dramma (cosa che oggi non mi sembra più tanto necessaria), essa per me si fonda (ciò che per me è più importante di una giustificazione in base ad uno schema formale) sul senso della forma e dello spazio, che, unico e solo, mi fu sempre di guida nella composizione e in base al quale sentii che questo gruppo era necessario. In questo bisogna credermi, e credermi ciecamente, e questo può farlo solo chi accetta che io abbia aggiunto questa parte non solo per via della ripresa, ma soprattutto perché l'ho creduto necessario dal punto di vista formale.
Trovo che tu hai ragione, quando dici che il valore di quest'opera non risiede nella compiutezza formale, ma trovo anche che questo difetto è di certo maggiormente presente in altri punti, mentre in questo si nota appena. (Detto sinceramente, mi sembra che anche sotto questo punto di vista questa parte sia migliore di quelle che la precedono).
Mi avevi chiesto un parere sincero. L'hai avuto. Dal fatto che abbia argomentato così minuziosamente la mia opinione puoi riconoscere come la tua proposta ha trovato tutta la mia considerazione, malgrado i tagli mi siano odiosi per principio (tu sai come ti abbia sempre distolto dal fare dei tagli alle tue opere, poiché la prima ispirazione è quasi sempre quella giusta!). Spero che non te l'abbia a male e che non pensi che io mi creda «infallibile». Al contrario. Se avessi composto di più non avrei nulla in contrario a che quest'opera non esistesse affatto. Non è che la trovi brutta; anzi mi sembra che ci siano in essa molte cose buone, e soprattutto alcuni punti che preannunciano il mio sviluppo successivo, quasi ancor più che il mio primo Quartetto. Ma so bene quanto essa manchi di compiutezza e come io abbia prodotto cose molto migliori. Ma so anche bene che facendo dei tagli non si migliora un'opera. Brevità e concisione devono essere nella rappresentazione. È qui che i singoli punti non sono sviluppati in modo conciso, ma prolisso. Se taglio questi punti, ne restano altri di prolissi, e resta un'opera di sviluppo prolisso. Durerebbe di meno, ma non sarebbe di per sé più breve. Un'opera che ha subito dei tagli fa allora l'effetto di un'opera troppo lunga (per via della presentazione) che in alcuni punti (dove è stata tagliata) è troppo corta.
Peraltro sono sicuro che nel dirigere non sentirai la lunghezza. È un fatto che ho ripetutamente osservato e di cui ho già parlato: fin tanto che la dirigevo, un'opera non mi è mai sembrata troppo lunga. Ho fiducia nel tuo piacere di far musica che vincerà le preoccupazioni dettate dalle tue responsabilità di concertatore. Ho fiducia che al direttore d'orchestra questa musica non sembrerà troppo lunga.
In ogni caso ti ringrazio per l'intenzione che ti ha ispirato questa proposta. So che mi vuoiaiutare. Questa è la cosa più importante, e perciò mi sembrerebbe gretto avermene a male. [...]

Ad Alexander Zernlinsky
[Dopo la guerra il titolo von fu abolito]

Mödling, 3 Maggio 1922

Caro Alex,
[...]
Verrò immancabilmente per il Pierrot e per i concerti del Verein [I Verein für musikalische Privataufführungen di Praga secondo il modello viennese. I programmi dei concerti e gli esecutori furono presi a prestito dall'associazione viennese]. Per la verità l'onorario è molto, molto scarso, quasi inesistente se si considera la situazione odierna (rincaro, ecc.). Ma non vengo a Praga per l'onorario. La fondazione della vostra associazione mi fa molto piacere. Spero che si potrà produrre qualcosa di buono. Bisognerebbe augurarsi che le condizioni materiali siano tali da poter continuare l'impresa. Ma ora qualcosa di molto importante: Mi si dice che su tua richiesta io sarei stato eletto Presidente onorario: è assolutamente da escludersi. Non posso essere Presidente onorario di un'associazione di cui tu sei il capo!!! Ho proposto che siano due i Presidenti onorari, tu ed io.

Ad Alexander Zemlinsky

Mödling, 26 Ottobre 1922

Caro Alex,
l'altro ieri ti ho scritto, anche a proposito dell'Associazione [Verein für musikalische Privataufführungen], e proprio oggi ricevo una tua lettera: con rimproveri. Adesso, non so innanzi tutto: se questi sono rivolti al Presidente dell'Associazione viennese o al Presidente onorario di quella praghese [Schonberg era Presidente dell'Associazione viennese e Presidente onorario di quella praghese]. Come so da «fonte ben informata», le decisioni del primo erano incontestabilmente autonome; devo quindi dedurre che vi rivolgiate non al Presidente della mia Associazione, ma soltanto al Presidente onorario della vostra, la cui posizione, a dire il vero, mi era stata sempre poco chiara e, dopo questi rimproveri, diventa ancora più oscura. Per quel che so tuttavia dalla succitata fonte, anche questi non è venuto meno al suo compito; anzi è andato oltre quel che aveva promesso per contratto; fin dove è capace di imparare sbagliando, ha impiegato nella compilazione di questo programma tutta l'esperienza acquisita nella lunga attività di direttore; ha studiato e ristudiato a fondo tutte le possibilità, finché non gli è sembrato di aver escogitato un programma che tiene presente tutti i principi dell'Associazione e in parte li mette in atto, offrendo più di quanto era stato stabilito. Di tutto ciò il sottoscritto Presidente onorario dell'Associazione praghese ha a disposizione tre testimoni: 1°, l'abituale Presidente dell'Associazione viennese; 2°, entrambi i «maestri d'esecuzione» della stessa Associazione, Erwin Stein e Anton Webern.
Andando al nocciolo della questione, vorrei lasciar parlare le seguenti cifre: nel nostro prospetto del Novembre 1921, a pagina 2, trovi le cifre che erano alla base dei nostri accordi. Io presi atto del fatto che voi a Praga desiderate sì delle repliche, ma non le ritenete possibili troppo frequenti.
I. Se quindi, su 360 numeri di programma in 112 concerti, a Vienna abbiamo avuto 151 prime, le repliche sono state 209 (360 - 151).
II. Conseguentemente a Praga dovrebbero essere: in 10 concerti (112/11), Prime (151/11): 13 (-14); Repliche (209/11): 19; Numeri di programma complessivamente (360/11) : 32 (-33).
III. Finora abbiamo avuto 4 concerti, in cui abbiamo eseguito 15 numeri di programma. Di quest le prime erano 12, le repliche 3. [...]
Credo che queste cifre parlino da sé: facendo solo la metà delle repliche, potremmo eseguire 10 opere una seconda volta; invece, su 32 opere, noi ne ripeteremo soltanto 6 o 4. In tutto ciò bisogna anche considerare che i programmi praghesi sono di un terzo o di un mezzo più lunghi di quelli viennesi, che in media contenevano al massimo 90 minuti di musica. Qui le repliche hanno quindi l'effetto di puri « bis ». Come prima si esigeva il «da capo», così qui la replica viene messa a priori in programma senza che alcuno la richieda, solo in base ai principi pedagogici su cui si fonda l'Associazione. Sarebbe opportuno che tu ripetessi di frequente tutto ciò ai vostri iscritti. Dopo tutto la gente sopporta qualsiasi cosa, persino ciò che è buono e giusto, se solo glielo si sa porgere con le dovute maniere. Bisognerebbe forse farle credere che è sbagliato, oppure bello o nobile?
E ora sull'«insignificante» Milhaud. Non penso che sia giusto. Milhaud mi sembra il rappresentante più significativo dell'attuale tendenza di tutti i paesi latini: il politonalismo. Se piaccia a me non ha importanza. Ma trovo che ha molto talento. Comunque per l'Associazione, che vuole soltanto informare, tutto ciò è secondario. Era soprattutto per te che ho eseguito Milhaud un'altra volta, poiché speravo che ti sarebbe interessato.
Reger a mio avviso deve venir eseguito molto; 1º, perché ha scritto molto; 2º, perché è già morto e ancora non si possiede sufficiente chiarezza nei suoi confronti. (Io lo ritengo un genio.) [...]
Siamo preoccupati per la tua salute. Comunque è rassicurante che tu sia andato dal medico solo adesso: finora almeno non ti è successo nulla! Speriamo che presto possa rimetterti completamente. [...]

Ad Alexander Zemlinsky

Mödling, 12 Febbraio 1923

Caro Alex,
per motivi finanziari mi sono imposto una scadenza di un mese, che si compie fra circa tre settimane, per portare a termine il primo terzo di cui mi occupo. Anche se per quella data volessi fare un'interruzione, cosa che mi sarebbe gradita, per venire da te a Praga, potrei partire, ammesso che non ci siano ritardi, al più presto il 4 Marzo, ed essere quindi pronto per un'esecuzione verso ii 20 di quel mese.
Sinceramente, però, mi dispiacerebbe molto correre il rischio di un'interruzione. Troppo spesso ho visto come possa essermi fatale (vedi Jacobsleiter) perdere il filo. Stavolta non si tratta soltanto di portar a termine qualcosa dopo tanti perturbamenti. E in ballo anche un forte onorario, che mi verrà pagato per 2 opere appena cominciate. Hertzka mi ha liberato dagli impegni di contratto solo a condizione che contemporaneamente produca 2 opere anche per lui, e queste sono ancora lungi dall'essere ultimate. Devo comporre quindi 4 opere: 2 serie di pezzi per pianoforte, di cui è pronta solo la metà, la Serenade in 6-7 sezioni, 3 quasi pronte e 3 schizzate o cominciate, e un Settimino per archi o un concerto per violino, ambedue soltanto iniziati. Un cammino molto lungo, quindi, e io vorrei ricevere il denaro presto, fintantoché ha ancora un qualche valore . A ciò si aggiunge che io vorrei venire ad ogni costo per l'esecuzione di Erwartung, e mi sembra quasi un'umiliazione che il tuo Signor Kramer [Il Direttore del Deutsches Landestheater di Praga], che è in grado di pagare degli onorari a Strauss e agli altri, a me offra soltanto un rimborso delle spese. Non l'accetterei in nessun modo. Se il Signor Kramer può fare un affare con me deve pagare, né più né meno che come chiunque altro. Se per lui non è un affare, vengo volentieri senza alcun indennizzo, per rivedere te e i tuoi. In tal caso però mi farebbe molto piacere se volessi dirigere tu. Infatti, ascoltare le mie opere dirette da te, assistendo alle prove, mi serve parecchio e mi è gradito. Ma oltracciò so quanto valore abbia che qualcuno autorevole come te si identifichi con la mia opera di fronte al pubblico e all'orchestra, e io rimarrei tanto più esposto a quelle bestie in quanto interpreterebbero la tua assenza dal podio come un rifiuto e penserebbero: «neanche al proprio cognato può piacere questa musica!».
Mi farebbe molto piacere ascoltare quest'esecuzione, mi farebbe molto piacere rivedervi, ma penso che sia meglio far conto su una mia sicura venuta per Erwartung, di cui sono in grandissima attesa [In questa lettera si parla dei Fünf Orchesterlieder prevista per aprile. Erwartung ebbe luogo solo l'anno seguente]

Ad Alexander Zemlinsky

Berlino, 3 Marzo 1926

Caro Alex, il Signor Eisler [Il compositore Hans Eisler era un allievo di Schönberg] afferma che tu devi averlo frainteso, quando sul treno parlaste della composizione dodecafonica. Ti sarei molto grato se volessi rispondere alle seguenti domande. Scrivi per piacere la risposta accanto alle domande:
I. Ha detto il Signor E. che egli non si interessa a tutte queste cose moderne?
II. che egli non capisce la musica dodecafonica?
III. che non la considera affatto musica?
A suo tempo tu mi hai raccontato così, e, dato che E. lo nega, mi interesserebbe stabilire la verità. Forse ti ricordi anche della lode che ne facesti allora, secondo cui fra i miei allievi egli sarebbe stato l'unico spirito indipendente, l'unico a non ripetere pedissequamente gl'insegnamenti del maestro.