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FRANZ WERFEL

ALEXANDER VON ZEMLINSKY

IL COMPOSITORE

Un intero numero della nostra rivista consociata di Praga, «Der Auftakt», è stato dedicato a Zemlinsky, uno dei maggiori musicisti attuali che purtroppo non ottiene ancora tutta la stima che merita. Le testimonianze a suo favore sono state scelte bene e ne pubblichiamo alcune delle migliori. [...]

Nel richiamare alla memoria le poche persone che mi hanno dato momenti di vita sublimi e a cui devo perciò estrema gratitudine, l'immagine di Alexander Zemlinsky è tra le più nitide. Gli anni trascorsi a Praga sono per me ormai lontani, non mi riconosco più nell'uomo che ero allora, la maggior parte degli avvenimenti sembrano irreali, sono dimenticati... ma tra i ricordi ancora vivi, non cancellati, risplendono tuttora inoffuscate le ore trascorse ascoltando suonare Zemlinsky. I momenti dell'arte si conservano nella mente più nitidi e più vivi di vicende e passioni umane. Tristano, Carmen, Otello, Figaro, e l'incomparabile godimento di Così fan tutte, questo è molto di più, ricordi immutabili per cui sarò eternamente grato.
Nel corso degli ultimi anni non c'è stato ramo dell'arte che abbia visto tanti snob come la musica; essa ha perso il carattere refrattario proprio dell'artigianato e della vocazione, è diventata l'asilo per ogni specie di paria, chiacchieroni, sapientoni ambiziosi a cui offre un alibi per la propria inettitudine. Al letterato delle parole si aggiunge quello delle note. I dolci e sacri segreti che un tempo turbavano profondamente l'artista per passione, sono diventati oggi l'oggetto delle chiacchiere degli oziosi e ovunque pullulano gli iniziati. Nella sua brama di diventare «qualcuno» ogni maturando che sappia strimpellare un po' meglio degli altri oggi fa l'occhiolino al podio del direttore d'orchestra. Questi è il tenore del ventesimo secolo, ma bisogna pur dire che la professione del tenore è di un pizzico più seria, perché almeno esige una buona voce. Fra i musicisti e i direttori che ho incontrato negli ultimi anni c'erano persone abili, accorte e astute, mezzi imbroglioni e accanto a questi anche autentici pensatori,... ma già osservando il loro atteggiamento esteriore, mi sorgeva spontanea la domanda: che cosa hanno a che fare costoro con la musica? Essa non sta scritta nei loro occhi, non traspare dai loro movimenti.
La musicalità può essere forse uno dei molteplici aspetti dietro ai quali si cela l'intelletto insondabile, questo autentico proteo?
Queste amare parole hanno solo lo scopo di sottolineare meglio la venerazione che spetta ad un personaggio come Zemlinsky.
Il miracolo di Zemlinsky è proprio quello di essere nato dalla musica come nessun altro. Oggi che nell'arte i confini tra genialità e arbitrio non sono più evidenti, la sua legittimità lo innalza al rango di un principe.
Il movimento delle spalle al momento in cui alzare la bacchetta è già musica, una scintilla che scocca «in levare»; e bisogna vederlo suonare il pianoforte!
Ma non parlerò qui del grande artista nelle vesti di interprete.
Ciò che fa maggiormente difetto dall'arte (e all'uomo) dei nostri giorni è l'umanità. Questo concetto non assume qui il significato di un certo tipo di filantropismo liberale, ma di quell'atteggiamento dello spirito che intravede io scopo dell'arte nella rappresentazione dell'insieme dei rapporti umani. La prova! Chi affiancare nell'epoca moderna ad un Balzac, Beyle, Flaubert, Zola, Maupassant, Dickens, Turgheniev, Tolstoj, Dostoevskij o Cechov?
La vocalità è per la musica quello che l'umanità è per la letteratura. La musica tedesca, nel suo corso evolutivo, si è allontanata sempre più dall'uomo, dalla voce, per avvicinarsi allo strumento. Il dominio incontrastato della voce che in Germania è l'opera (romantica) non rappresenta il conflitto tra uomo e uomo, ma quello tra l'uomo e il mondo demoniaco. È quindi logico che nel caso estremo dell'opera wagneriana la vera drammaticità non sia delle voci umane, bensì delle voci strumentali sinfoniche, pur essendo ciò in netto contrasto con le intenzioni e le teorie del suo più grande maestro.
Con il predominio della voce cantata cade anche quello della melodia, a vasto respiro, lievemente sostenuta, e quello dei personaggi che così spesso avevano dato voce ai loro sentimenti in un canto che, intrecciandosi con quello delle altre voci, aveva originato un individuo nuovo e pieno di fascino. Siamo agli albori di una nuova epoca, quella della musica esclusivamente architettonica. La parola «melodia» viene abbassata al rango dell'insignificante termine «tema» (un compito scolastico che viene assegnato e si deve svolgere); l'invenzione, un tempo padrona degli animi, viene degradata a serva dagli occhi incavati di una vana polifonia. Il modo nuovo di far musica pesante, alla tedesca, sta per assumere il predominio mondiale.
Che cosa rappresenta la musica per una persona che viva lontana da concerti e teatri e non sappia suonare o non abbia a disposizione alcuno strumento, ma ne senta egualmente l'intimo bisogno? Essa è un ricordo. La memoria è il fluido incontrastato della musica; di chi si ricorderà con certezza il nostro animo?
Nel nostro canto interiore possiamo ripetere solo l'intuizione omofona, la lirica pura, e solo qui la musica può dar prova del suo vero valore, del suo peso specifico; qui essa viene contata e soppesata. Qui si erge quel piccolo scrigno che raccoglie i momenti musicali eterni, che ospita tutte quelle melodie che non sembrano essere state create, ma carpite all'etere, dove esistevano da sempre come le idee platoniche.
Nell'opera di Zemlinsky Florentinische Tragödie ho scoperto, accanto a centinaia di altre meraviglie, un'intuizione tale da renderla degna di entrare in questo scrigno; essa non reca traccia di composizione, di un'entità composta da elementi ed è per così dire primordiale. Si tratta della dichiarazione d'amore (che cito a memoria): «Dein Bild wird immer um mich sein» (verso di otto sillabe; in italiano: «La tua immagine mi starà sempre intorno»), frase che domina con uno splendido crescendo anche lo straordinario preludio.
È impossibile descrivere l'impressione di puro e autentico canto che mi è data dalla felice esuberanze di questa frase. Come ogni geniale atto linguistico, essa è sospesa nel segreto del respiro, nel segreto dell'assorbire e dell'emanare che nasce dal profondo. Ma chi può fare delle affermazioni sulla musica? Da anni queste poche battute mi seguono, accompagnando spesso con il loro slancio i sentimenti gioiosi e possenti. È chiaro che chi ha scritto queste note possiede un animo ardente, egli non proviene da speculazione tecnica, ma dall'intimo della musica, a lui spetta il più alto dei titoli, egli è un cantore.
Ciò che ogni gesto dell'artista e interprete rivelava, veniva confermato dall'uomo e compositore. Dopo aver assistito alla Florentinische Tragödie corsi a cercare i Lieder di Zemlinsky. In tutti era presente quel calore, quello slancio proprio a lui solo. Meravigliato, appresi che la nuova musica vantava un musicista dotato del senso della «melodia», un uomo che non ripete fino all'estremo combinazioni melodiche stereotipate, uno che nell'ambiziosa competizione fra i musicisti non abusa della musica atonale per poi rimanere veramente «senza voce», uno che canta e deve cantare schiettamente. Lieder come Frühlingstag, Empfängnis, Turmwächterlied, Äohrentod, sono quanto di più intenso abbia saputo esprimere la lirica, sono esempi di perfezione imperituri.
La peculiarità dell'invenzione di Zemlinsky risiede nel suo carattere inno-drammatico. Si trova perfettamente a suo agio nell'opera; dal dramma si avvicina sempre di più all'opera, se è lecito desumerlo dalla riduzione per pianoforte di Der Zwerg.
Mi sia permesso di fare un'osservazione generale sui problema dei testi operistici.
La sventura dei nostri compositori è quella di sentirsi obbligati a musicare opere letterarie. La folle assurdità di un librettista di Donizetti non è sciocca quanto il testo di Salomé che offre al musicista soltanto spunti decorativi, freddi ed esaltati.
I vecchi librettisti preferivano di proposito fornire situazioni musicali piuttosto che momenti fortemente drammatici. Che importava loro della letteratura, della parola? E avevano ragione! Alle menzogne estetizzanti degli ultimi decenni va imputato il fatto che oggi né autori né critica ammettono apertamente che in teatro nessuno capisce le parole cantate, e che quindi le parole pronunciate dal cantante non hanno alcuna importanza. L'autentico libretto d'opera non conosce altra legge che il perenne alternarsi delle situazioni musicali. È molto più importante dosare l'entrata in scena dei personaggi a seconda delle più impercettibili e segrete necessità musicali ed esigenze di contrasto e calcolare con la maggior sensibilità possibile il momento giusto in cui i personaggi devono incontrarsi o separarsi sulla scena, piuttosto che sprecarsi in considerazioni di tipo psicologico e metafisico. Il compito di rivelare la vita interiore dei personaggi, oltre a concetti ben più elevati, spetta esclusivamente alla musica; il dramma deve mantenere le distanze, un buon libretto deve limitarsi a fornire lo spunto alla musica; essa non è di questo mondo ed esprime concetti completamente diversi servendosi dei nostri dolori ed entusiasmi come di una maschera, per poter fare il suo gioco con maggiore libertà.
Il dramma deve fungere esclusivamente da maschera per la musica! Questa è la legge dell'opera!
A mio parere, fra tutti i compositori di drammi musicali viventi, Zemlinsky è colui che più si attiene a questo scopo scegliendo soggetti di grande effetto. Il brutto che non sa di esserlo non costituisce certamente un'accusa per un dramma, ma una maschera per la musica.
Nella storia delle arti si incontrano talvolta «epoche colte» come lo è la nostra. Sono momenti dell'evoluzione spirituale, quando si danno il cambio i campi nascosti della cultura, le classi e le razze. In questi periodi l'arte perde legami e condizionamenti, non ha più una base solida su cui poggiare né una patria. Non trovando la motivazione necessaria nella società diventa l'art pour l'artiste. Asserendo di creare per se stesso l'artista lo fa per i colleghi: pittura per pittori, letteratura per letterati, musica per musicisti. Shakespeare poté diventare Shakespeare solo perché, oltre a vivere in un mondo artistico ideale, egli dovette scrivere per un mondo teatrale inesorabile, se voleva mangiare. Così una grazia che scende dall'alto è legata misteriosamente ad una grazia dal basso. La nostra fortuna è quella di non avere un controllo vivente. Nove decimi dell'arte sono un raggiro intellettuale.
Ma fra noi vi sono uomini segnati dalla scintilla dell'ispirazione, nonostante ed oltre ogni raffinatezza elevata all'ennesima potenza dall'incesto artistico odierno; sono maestri esperti, ma si fanno trascinare dalla loro musa. La loro missione, la missione di Zemlinsky, ci è doppiamente sacra.