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E. M.

IL FLAUTO MAGICO POEMA MASSONICO

(da Rivista Massonica - n. 4 aprile 1974 - Ed. Erasmo)

 

Il «Flauto magico», ultima opera di Mozart, apre una problematica vasta. Impossibile sarebbe trattarne in una breve conversazione tutti gli aspetti, che vanno, tanto per citarne alcuni, dalla genesi dell'opera alla confluenza in essa di una grande varietà, pur mirabilmente unitaria, di forme e di stili; dalla paternità tuttora non identificata dell'elemento massonico introdotto nel libretto alla priorità del «Flauto magico» come opera nazionale tedesca. Infine, alla necessità di un'interpretazione degli elementi simbolici ed esoterici, per la piena comprensione di una vicenda, che a molti parve, e pare tuttora, oscura e confusa.
In quanto alla genesi dell'opera, intesa, non materialmente come commissione dell'autore del libretto Schikaneder a Mozart perché lo musicasse, ma come rito e - come dice il Mittner - «dramma dell'iniziazione massonica trasferiti in una fiaba orientale», si sa che è avvolta nel buio. Schikaneder, che era abile impresario, ottimo attore e uomo di mondo, gestiva a Vienna il piccolo teatro di periferia «Auf der Wieden» ed era impegnato a reggere la concorrenza con altri teatri simili al suo, come quello gestito dal Marinelli, dove stava ottenendo grande successo il Kasperl dello stesso Marinelli. Sua preoccupazione, in quel periodo, era di allestire un'opera di macchine, spettacolare, nel genere fiabesco, che allora godeva il favore del pubblico.
Del libretto che consegnò a Mozart, sembra perciò che egli fosse autore soltanto della parte favolistica e che l'introduzione degli ideali umanitari sia da attribuire allo stesso Mozart. Su questo aspetto del problema esiste una tesi suggestiva di Komorzynski, citata anche dal Paumgartner, ma non storicamente accertata, secondo la quale il disegno di esaltare nell'opera sia gli ideali umanitari, che la complessa liturgia dell'iniziazione massonica, sarebbe nato in seguito alle visite che Mozart e Schikaneder, entrambi massoni, facevano frequentemente al capo della maggior Loggia Massonica di Vienna, lo scienziato Ignaz von Born, nel periodo della grave malattia che lo condusse alla morte.
Una cosa, comunque, sembra certa, almeno per qualche studioso dell'opera mozartiana, che il contenuto morale del «Flauto magico» segni un netto distacco dai lavori precedenti di Schikaneder, considerati piú superficiali. L'intervento e la collaborazione di Mozart nella stesura del libretto è ritenuta, pertanto, molto fondata.
In quanto alla varietà delle forme e degli stili trattati nel «Flauto magico», vi si trovano mirabilmente fusi gli elementi dell'opera buffa e dell'opera seria, il Lied nella sua duplice accezione popolare e aristocratica, il parlato proprio del Singspiel tedesco e il recitativo di origine italiana. A proposito di questo recitativo, la 14.a scena, secondo il libretto italiano, in cui si snoda il dialogo fra Tamino e il vecchio sacerdote, è una delle più alte di tutta l'opera. È l'unica che offra un recitativo accompagnato dall'orchestra ed un esempio certamente raro per quei tempi. La parte del sacerdote, in conformità all'esigenza di una appropriata solennità, ha carattere religioso e a tratti suscita il ricordo di quel meraviglioso recítativo che Bach affida al personaggio di Gesù nella «Passione secondo san Matteo». E sono pure evidenti, nel «Flauto magico», stilemi corali che rieccheggiano il corale protestante, espressione e anima del popolo tedesco attraverso i secoli.
Tutto questo materiale, che da Bach, o comunque dal periodo barocco. ci porta alle soglie del romanticismo, è filtrato alla luce della grande coscienza artistica di Mozart e riceve il segno inconfondibile della sua capacità di unità e di sintesi. Del resto, ciò non deve stupire. Quando scrisse Il «Flauto magico», Mozart era alla fine della sua vita e aveva composto i capolavori che tutti conoscono e trattato con prodigioso magistero tutte le forme settecentesche: la sonata, la sinfonia, il concerto, il divertimento, la serenata, la cassazione, la fantasia, il trio, il quartetto, il quintetto e i piú vari raggruppamenti strumentalí per archi e per fiati, la cantata, il Lied, la danza, la messa, la litania, il vespro,il canone, la fuga, la variazione, l'opera.
Mozart, insomma, aveva già esplicato quella versatilità, unica nella storia della musica, che gli aveva consentito di abbracciare tutti gli aspetti del mondo musicale del suo tempo. A questo proposito desidero leggere un passo del Mittner, che mi pare puntualizzi con acutezza i caratteri della personalità mozartiana: «Wolfgang Amadeus Mozart - dice Mittner - in cui culmina e si riassume tutta la musica europea del Settecento, è uno degli artisti piú difficili a definirsi. Prodigiosa è in lui la capacità di assimilare senza fatica, di arricchirsi con un lento è felice processo autoeducativo e soprattutto di rifondere ogni nuova esperienza in nuove armonie, che sono sempre armonie sue, soltanto sue. Il suo lato recettivo non è mai a detrimento del lato creativo; egli è originale senza cercare di esserlo; ha molto da dire, ma non dice mai troppo; secondo la felice frase di Busoni, non trova mai senza cercare, ma cerca solo ciò che sa di poter trovare. In questo senso è esatto il tradizionale parallelo fra Mozart e Raffaello: grandissimi e sempre originali assimilatori l'uno e l'altro, tanto che in essi può talora sembrare felice e spontaneo dono ciò che invece è frutto di assiduo e metodico lavoro».
Resta un ultimo accenno al «Flauto magico», come opera che getta le basi del teatro nazionale tedesco. È noto che fin da giovane Mozart aveva coltivato l'ideale di un teatro nazionale e la prima opera che scrisse su testo tedesco fu «Il Ratto dal Serraglio», di cui il Paumgartner dice che segnò la via al nuovo, grande teatro nazionale tedesco. Ma se il «Ratto dal Serraglio» ne segna la via, il «Flauto magico» la definisce; e non soltanto per la sintesi dei valori musicali, di cui si è detto, ma anche per l'alto valore morale del libretto, in cui si scontrano le forze del bene e del male e alla fine trionfano gli ideali massonici cari a Mozart, dell'umanitarismo, della libertà, della tolleranza, della fratellanza universale. Sarà lo stesso Paumgartner a dire del «Flauto magico» che «è la prima grande creazione drammatico-musicale nello spirito del secolo nuovo».
L'opera andò in scena la prima volta il 30 settembre 1791 sotto la direzione dello stesso Mozart. Il pubblico l'accolse un po' tiepidamente, ma già alla seconda esecuzione, ancora diretta da Mozart, le tributò un successo piú caloroso, che via via aumentò, tanto che nello stesso mese di ottobre Schikaneder poté fissarne ventiquattro recite. Dopo poche sere, Mozart, per l'aggravarsi delle sue condizioni di salute, dovette cederne la direzione ad un altro maestro e il 5 dicembre, quando morì, il «Flauto magico» si rappresentava ancora.
Di fronte ai vari temi che l'opera suggerisce, ho preferito la soluzione di riassumere e commentare il libretto, non soltanto perché ciò contribuirà a illuminare la parte musicale e drammatica, ma perché sono convinto che solo leggendo il libretto secondo un'interpretazione massonica si possa comprenderlo pienamente. A conferma di ciò, non sarà inutile citare il parere di Goethe, che mi sembra tuttora attuale: «Ci vuole più cultura per riconoscere che per negare i pregi del libretto». «Se anche semplicemente avviene che la gran massa degli spettatori si diverta allo spettacolo, ciò non vuol dire che il superiore significato sfugga agli iniziati; e tale è il caso del 'Flauto magico'».
 

ATTO I

 

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