La vita e le opere di Gluck

I

1714-1760

Casa natale di Christoph Willibald Gluck
1714
Christoph Willibald Gluck nacque il 2 luglio 1714 a Erasbach, un villaggio dell'alto Palatinato, fra Norimberga e Ratisbona, da Alexander, guardiacaccia e Anna Walburga.
1717 - 1922
Nel 1717 la famiglia si trasferì al nord della Boemia, a Kaunitz, dove il padre Alexander, 5 anni dopo, divenne ispettore forestale. Il giovane Gluck frequentò le scuole locali, ricevendo anche lezioni di musica (canto, violino, violoncello).
Secondo Anton Schmid, primo biografo di Gluck, il padre avrebbe imposto al piccolo Christoph una vita rude, portandolo con sé, a piedi nudi, attraverso le foreste della Boemia, con qualsiasi tempo, per temprarlo alle fatiche del lavoro a contatto con la natura: forse Gluck proprio grazie a questo tipo d'educazione si forgiò quel carattere forte ed energico che lo avrebbe imposto, non senza tempestosi attriti, al rispetto e all'attenzione dei suoi contemporanei.
1727
La famiglia Gluck si trasferì a Eisenberg, dove Alexander lavorava presso il principe F. G. Lobkowitz.
1728
L'affermazione energica della propria volontà ebbe modo di palesarsi sin dagli anni giovanili quando il ragazzo si vide costretto a fuggire di casa perché il padre ostacolava le sue inclinazioni musicali. Probabilmente nel 1728, guadagnandosi da vivere come musicista ambulante giunse a Praga dove partecipa alla vita musicale, suonando ovunque, anche presso le famiglie aristocratiche.
Così, sessantenne, Gluck rievocò quest'episodio della sua vita:

«Poiché non resistevo alla passione musicale, presi lo scacciapensieri, e presto ne divenni un abile suonatore. Più volte scongiurai mio padre di mandarmi a Praga per studiare la musica. Fu inflessibile. Disperato, me ne andai con pochi soldi in tasca e, per non essere raggiunto presi la strada più lunga. Evitando di spendere, feci ricorso agli espedienti. Avvicinatomi a una fattoria, vidi una famiglia di contadini a tavola. Trassi lo scacciapensieri e cominciai a suonare. Vedendomi pulitamente vestito, mi fecero entrare e mi offrirono da mangiare. Giunsi sul calar della sera a un altro villaggio, e lo scacciapensieri mi procurò uova, pane, formaggio. Più tardi una casa mi ospitò e in cambio dei cibi che avevo raccolto mi diede un buon pranzo. All'alba ripresi il cammino. Grazie allo strumento e alla mia voce avanzavo spensieratamente verso la capitale. Ero felice. L'ultimo curato che visitai mi favorì d'una lettera per un suo amico a Praga. Presentatomi con quella raccomandazione, fui avvertito che a Vienna c'erano migliaia di virtuosi del mio calibro, e che, se non mi fossi perfezionato, correvo il rischio di morir di fame. Dovetti confessare chi ero e donde venivo. Quella brava persona s'interessò alla mia sorte e scrisse a mio padre, persuadendolo a non ostacolare la mia inclinazione. Mio padre acconsentì e mi mandò del denaro. Se perdevo l'indipendenza la libertà e i piaceri della vita vagabonda, potevo finalmente dedicarmi alla mia passione, far musica e comporre dalla mattina alla sera. Così sono divenuto quello che sono e sempre rimpiango i quindici giorni trascorsi nell'indipendenza con il semplice soccorso dello scacciapensieri.»

1729
Continua a studiare musica, sotto la guida dei maestri delle varie cappelle cittadine, e a lavorare come musicista.
1730
Si iscrisse all'Università, nella facoltà di filosofia: corsi fondamentali di logica, fisica e metafisica; complementari di etica e matematica. Frequentava le lezioni in maniera irregolari e non concluse il ciclo degli studi, ma fece tesoro di quel che potè imparare: prova ne è la sua sagacia intellettuale degli anni futuri.
1734-1735
Su interessamento di Lobkowitz, Gluck si trasferisce a Vienna, dove è impegato come «musico di camera» del principe. Alla sua morte, passa al servizio della vedova, risposata Althan.
1736
In casa Althan Gluck venne notato dal conte milanese Antonio Maria Melzi, amministratore delle poste lombarde.
1737 - 1740
Con il permesso degli Althan e su invito di Melzi, Gluck lasciò Vienna per Milano.
«La città, capitale di un ducato quasi simbolico che, esteso fra il Ticino e l'Adda, faceva parte dell'Impero, doveva ancora risentire delle benefiche riforme che l'imperatrice Maria Teresa (1740-1780) avrebbe attuato a Vienna, rinsanguando così la sua economia prostrata dalle guerre di successione, pur senza intender di mortificare la sua antica cultura. Quanto alla musica i generi sacri e cameristici - vocali e strumentali se sacri con voci anche accompagnate da organi e corni - sopravanzavano in qualità il melodramma: salotti, monasteri, chiese, persino luoghi aperti (dalla fine degli anni Quaranta il governatore conte Pallavicino istituì concerti pubblici e gratuiti presso la cittadella del Castello) coltivavano la musica, accanto al Reglo Ducal Teatro che organizzava spettacoli senza troppa assiduità. Tuttavia mentre lo strumentalismo s'avvaleva di nomi come Giulini e Brioschi, Galimberti e Chiesa, nei melodrammi di Giacomelli e Mutti, Lampugnani (attivo anche nello!strumentale) e Minocchi Fiorillo e Brivio, Aleotti e Duni, dati in quegli anni nei teatro, il non più giovanissimo discente prese atto della cristallina unità stilistica che caratterizzava il genere, dal centro internazionale che era Vienna alla periferia che era Milano, dal veneziano Caldara che risiedeva e trionfava nell'una sede al «napoletano» (di scuola, appunto) Leonardo Leo che occasionalmente visitava la seconda (il suo 'Scipione nelle Spagne' nacque a Milano nel '40).» [MIOLI 29]
A Milano Gluck studiò sotto la guida di Giovanni Battista Sammartini.
«Il maestro Sammartini, nato quasi certamente a Milano all'inizio del secolo, attivissimo come organista e maestro di cappella in varie chiese della città, nel '34 aveva rappresentato «L'Ambizione superata dalla virtú», componeva musiche liturgiche e cantate da camera, ma era apprezzato soprattutto per la produzione strumentale, favorita a Milano nel cui ambito perseguiva disciplinatamente le tradizionali forme italiane e l'elaborazione della nuova forma sinfonica. Normale per l'allievo esercitarsi, studiare, apprendere, formarsi sulle opere del maestro personale; ma anche, per un giovane che non aveva mai conosciuto gli splendori e le miserie del fanciullo prodigio, informarsi, ascoltare, prendere atto, riflettere sulle opere, spesso teatrali, degli altri maestri già affermati.» [MIOLI 30]
Nel contempo lavorava come musico in casa Melzi.
1741
Completata la sua educazione musicale, il 26 dicembre 1741 inaugurò felicemente la stagione d'opera al Teatro Ducale con l'«Artaserse», su libretto di Metastasio, [link - scheda] con un grande successo che lo impose all'attenzione del mondo musicale cittadino.
1742 - 1745
Nel giro di neppure quattro anni fece rappresentare una decina di opere a Milano, Crema, Venezia e Torino. L'«Ippolito», il 31 gennaio 1745, fu l'ultima opera milanese di Gluck. «La rapidità con cui il musicista compose queste opere tradizionali, di cui 6 su libretto di Metastasio, e le altre articolate in base alla medesima struttura drammaturgico-letteraria, è fatto del tutto normale in rapporto alle consuetudini del tempo ma può rappresentare un utile termine di confronto se paragonata alla lentezza di gestazione che precedette le 6 opere principali della cosiddetta «riforma del melodramma», diluite nello spazio di 17 anni e concepite nell'ambito di un rapporto tra l'artista e la sua produzione del tutto diverso rispetto a quello tradizionale dell'opera seria.» [DEUMM]
Nella tarda estate del 1745 Gluck intraprese un viaggio che toccò varie città europee (Francoforte, Bruxelles, Anversa, Rotterdam, Calais, Dover) nelle quali ebbe densi contatti con ambienti, scuole, teatri e struttive frequentazioni dei cantanti, sempre diversi.
Nel '45, insomma, a poco più di trent'anni, Christoph Willibald Gluck non è ancora un nome strepitoso, di risonanza europea, ma un apprezzato esponente di un sistema collaudatissimo. Degno, comunque, di essere invitato a Londra, dove arrivò nel novembre di quell'anno.
1746
Qui mise in scena due opere, «La caduta de' Giganti» e «Artamene», si esibì in molti concerti (suonando, fra l'altro, una armonica a bicchieri), e divenne amico di Händel.
L'amicizia con il grande compositore lasciò tracce indelebili nella sua produzione.
«Brevissimo, il periodo londinese non fu senza significato. Se praticamente si risolse nel prosieguo della varia e curiosa operosità convenzionale intrapresa in Italia, nel profondo all'arte latente di Gluck esso fece dono della conoscenza musicale di Händel, dell'incredibile confronto con il più alto esponente del melodramma panitaliano che, deluso dal teatro, riversava la sua poesia nell'oratorio, popolare e accessibile (e grande interesse dovette destare in lui il dramma scespiriano, testé rinnovato dalla recitazione realistica di David Garrick). Della vita spirituale di Gluck a quei tempi non resta traccia, ma il grande modello non potè non impressionare una mente in futuro tanto fervorosa (anche se per il momento tale modello ebbe dure parole - sembra - per l'imperizia contrappuntistica del giovane collega). Lo spessore strumentale, ad esempio, e soprattutto la frequenza corale del Gluck maturo poterono attingere proprio all'oratorio hàndeliano, scavalcando ogni volontà di riforma.» [MIOLI 34]
«L'afflato epico, la grandiosa semplicità, l'uso drammatico del coro, lo sbalzo potentemente plastico dei singoli personaggi delle opere 'riformate' non si potrebbero pensare senza il decisivo influsso del modello händeliano. A Londra i due musicisti si conobbero personalmente e si esibirono insieme in un concerto, nel marzo 1746, durante il quale Händel diresse musiche proprie [...]. In un altro concerto (23 aprile), Gluck aveva voluto mostrare al pubblico londinese la sua abilità nell'esecuzione della Glassarmonica, strumento allora di moda che il musicista amava in modo particolare: e giustamente è stato osservato che questo gusto sperimentale per il timbro si ritroverà, come una cifra tipica, nell'orchestrazione delle opere più mature.» [DEUMM]
Haymarket Theatre London
Nel novembre del 1746 vennero pubblicate a Londra le «Sei Sonate» per due violini e basso composte a Milano; ma già da qualche mese Gluck aveva lasciato l'Inghilterra.
Tornato nel continente, viaggiò e lavorò con l'impresario Pietro Mingotti in Germania e altrove.
1747
Continua la tournée germanica in qualità di compositore, maestro del cembalo e cantante. Il 29 giugno la troupe di Pietro Mingotti si recò a Dresda per i festeggiamenti in occasione delle doppie nozze tra il principe di Sassonia e la principessa di Baviera da una parte e, dall'altra, tra il principe di Baviera e la principessa di Sassonia. L'opera principale («La Spartana generosa») fu scritta da Hasse, compositore di
corte, mentre al «musicista ambulante» Gluck venne affidata la composizione di una festa teatrale, «Le Nozze d'Ercole e d'Ebe», eseguita nel parco del castello di Pillnitz. Intanto a Milano si replicava «Demofoonte».
Schloss Pillnitz vicino a Destda
1748
Nel rinnovato Burgtheater fu rappresentata con grande successo «La Semiramide riconosciuta», per festeggiare il genetliaco di Maria
Teresa. Il fatto di esser stato chiamato a Vienna per comporre un'opera in un'occasione così importante testimonia la fama già raggiunta da Gluck in quegli anni. Ma la sua vocazione itinerante non era ancora spenta. Nel novembre del 1748, sempre al seguito della compagnia di Pietro Mingotti, andò a Copenaghen dove nel
1749
fece rappresentare «La contessa de' Numi» (9 aprile) per la nascita del futuro Cristiano IV; e forse incontrò J. A. Scheibe, compositore e teorico lipsiense che auspicava un rinnovamento del teatro musicale, meno legato alla tradizione italiana. Qualche tempo dopo, si separò dall'impresa Mingotti che fondava la sua gloria proprio su questo stile aborrito da Scheibe. A Praga, il 26 dicembre, venne rappresentata dalla compagnia ambulante dell'impresario Giovan Battista Locatelli l'opera «Ezio», su libretto di Metastasio, con successo strepitoso.
1750 - 1751
«Il 15 settembre del 1750 nella chiesa viennese di San Ulrico ebbero luogo le sospirate nozze con l'amata Anna Maria, prima negata dal tutore (il padre Joseph Bergin, commerciante nativo della Savoia, era morto nel '38) e poi concessa dalla tenera madre. Nella giovanissima moglie, che contava appena diciotto anni, la prosperità economica s'accompagnava a una ragguardevole condizione sociale, confermata dal matrimonio della sorella Maria Petronella Josepha che dieci anni prima aveva sposato don Mauro Ignazio Valmagni, favorito dall'imperatrice: anche per questo l'apprezzato maestro trentaseienne scelse un domicilio viennese, finalmente stabile. L'anno seguente trascorse fra le gioie e le responsabilità della vita coniugale, pare, ché all'«Ipermestra» inscenata dalla compagnia Locatelli in Praga e Monaco nell'inverno del '50-'51 probabilmente il fresco sposo non prese parte.» [MIOLI 38]
[La moglie] gli sarà compagna intelligente e fedele durante la fase ascendente della sua carriera. Il matrimonio tra Gluck e la Pergin si rivelò un'unione felicemente riuscita: la donna, di 18 anni più giovane del marito, fu perfettamente in grado di comprenderne le audaci e rivoluzionarie aspirazioni artistiche, perseguite con caparbia e autoritaria intransigenza, e sempre lo assistette con fedeltà nel duro compito di realizzarle; inoltre, essendo figlia di un ricco cambiatore viennese, aveva portato con sé una dote cospicua e, nell'equilibrato dosaggio di qualità umane e di possibilità economiche, la sua presenza nella vita di Gluck documenta, da parte del musicista, un'oculatezza di scelte sul piano pratico cui è dovuta, in misura non trascurabile, una responsabilità precisa nella progressiva e continua ascesa della sua stella.» [DEUMM]
1752 - 1753
Dopo un'«Issipile» a Praga, Gluck scese a Napoli, dove il 4 novembre rappresentò con successo «La clemenza di Tito» su testo di Metastasio. L'opera ottenne un successo notevole, suscitando grande impressione negli ambienti musicali, tanto che si riporta spesso, al proposito, una dichiarazione di Francesco Durante [I - II] «in cui c'è già in filigrana quell'ambivalenza critica, tra approvazione e condanna, che Gluck susciterà un giorno, soprattutto a Parigi con i suoi più alti capolavori: 'Non decido se questa nota sia in regola o no, ma quel che posso dire è che, se l'avessi scritta io, mi contarei grand'uomo'».
Il Teatro San Carlo di Napoli
«Da Napoli Gluck tornò a Vienna nel dicembre del 1752 per prendervi stabile dimora e maturare, nel dinamico ambiente intellettuale della città, quei fermenti di rinnovamento drammatico che serpeggiano già nelle sue opere precedenti e che nella «Clemenza di Tito» sembravano affiorare con maggior chiarezza. Nel palazzo del conte di Sassonia-Hildburghausen, alla cui intensa attività musicale Gluck prendeva parte in prima persona [come Konzertmeister e quindi Kapellmeister], conobbe il conte Giacomo Durazzo, ambasciatore di Genova a Vienna,
uomo intelligente e colto che dal 1754 assunse la sovrintendenza ai teatri viennesi, condizionandone la programmazione in base ai propri gusti, decisamente filofrancesi. La presenza di quest'uomo nella fase più importante della maturità di Gluck ebbe un influsso determinante per due motivi: innanzi tutto si deve a lui l'incontro del musicista con il poeta livornese Ranieri de' Calzabigi [scheda - link] che, come vedremo, meglio d'ogni altro avrebbe saputo realizzare quelle istanze di rinnovamento
cui l'opera seria italiana aspirava da anni; in secondo luogo egli diede l'incarico a Gluck di rielaborare o aggiungere nuovi pezzi a una lunga serie di comédies en vers melées d'ariettes, vaudevilles e intermèdes che si faceva arrivare da Parigi e proponeva poi, in forma riadattata, al pubblico viennese. Gluck dapprima si piegò docilmente a questo compito di umile rielaboratore, poi cominciò a scrivere lui stesso opéras comiques originali (ne compose 7, dal 1758 al '61). [DEUMM]
1754- 1755
Gluck partecipò ai festeggiamenti di Schlosshof per la visita della famiglia imperiale: «Le cinesi» il 24 settembre ebbero esito trionfale. Ottenne di conseguenza un incarico stabile a corte, grazie al Generalspektakeldirektor Giacomo Durazzo, che lo assoldò come compositore di musica teatrale e cameristica con uno stipendio di duemila fiorini.
Schloss Schlosshof
«Così continuativamente e fiduciosamente protetto, Gluck rappresentò a Vienna quattro opere serie e sei opéras comiques. Le prime sono «La danza», componimento pastorale in un atto di Metastasio (Laxenburg, 5 maggio '55); «L'innocenza giustificata», festa teatrale in un atto con recitativi di Durazzo e arie di Metastasio (Burgtheater, 8 dicembre '55; poi rifatta come «La Vestale» ancora per Vienna, '68), pasticcio anche di musica; «Il re pastore», dramma per musica in tre atti di Metastasio (Burgtheater, 8 dicembre '56, per
il genetliaco dell'imperatore Francesco I) già musicato da Bonno nel '51, oon prestiti da opere precedenti; «Tetide», serenata in due atti di Giannambrogio Migliavacca (Hofburg, 10 ottobre '60), per le nozze dell'arciduca Giuseppe e di Isabella di Borbone.
Occasioni cortigiane, onnipresenza di
Metastasio, sottogenere celebrativo della festa teatrale, resistente prassi della parodia, contributo di esecutori valenti (come Caterina Gabrielli) e spesso castrati, successo assiduo caratterizzarono questi lavori, che comunque negli ultimi due casi registrarono uno slancio cautamente riformatore non indifferente. Il placido Metastasio, infatti che nel '51 di Gluck aveva detto «ha un fuoco meraviglioso, ma è pazzo», nel '56 fu più duro, sentenziando amaramente che si trattava di un «maestro boemo a cui la vivacità, lo strepito ha servito di merito in più d'un teatro d'Europa». Per gli stessi festeggiamenti di «Tetide», Hasse musicò e rappresentò «Alcide al bivio» di Metastasio: sebbene non troppo evidente, la giustapposizione del roseo, elegantissimo sassone e del meno gentile, più concitato boomo poteva annunciare rotture estetiche anche insanabili.» [MIOLI 42-43]
1756 - 1757
Nel 1756, cominciò la Guerra dei Sette Anni, e l'attività teatrale in Austria ne risultò diminuita. «Una parentesi straniera in questo iniziale secondo periodo viennese fu la terza calata in Italia, dopo il periodo milanese e la visita a Napoli, che sarebbe stata seguita da altri tre viaggi a Bologna, a Firenze e a Parma negli anni a venire. A Roma dovettero aver segnalato Gluck i protettori viennesi, e forse anche il munifico cardinale Alessandro Albani, già nunzio apostolico a Vienna (dove aveva introdotto Jommelli [link - scheda])
Al Teatro di Torre Argentina, gestito dal duca Cesarini, il 6 febbraio del '56 Gluck diede «Antigono» di Metastasio, scritto per la musica di Hasse e rappresentato la prima volta a Dresda, non senza riprendere alcune sue musiche precedenti - sconosciute a Roma, ovviamente -; mieté un grande successo, ricevette dal papa il titolo di Cavaliere dello Speron d'oro (con la probabile mediazione del cardinale), fu accolto nell'Accademia dell'Arcadia con il nome di Armonide Terpsicoreo e potè incontrare Johann Joachim Winckelmann, [link I - II] studioso d'arte gradito a casa Albani e propugnatore d'un ideale classico completamente rinnovato, forte di puntuali verifiche sul campo.» [MIOLI 43]
Tornato a Vienna, l'8 dicembre 1756 rappresentò al Burgtheater «Il re pastore» per il genetliaco dell'imperatore. Forse per i diminuiti impegni a corte e per i costi ridotti (si era in tempo di guerra!), Gluck, sollecitato da Durazzo, si avvicinò all'opéra-comique francese, dapprima come organizzatore e direttore degli spettacoli di una compagnia francese attiva a Vienna, poi scrivendo qualche nuova aria, infine componendo totalmente la musica di una mezza dozzina di opere, fra le quali avrebbe avuto un posto di rilievo quella in tre atti del 1764, «La rencontre imprévue». Il successo ottenuto dal musicista in questo genere di teatro comico era per lo meno di importanza pari allo snellimento della scrittura verificatosi nel suo stile a contatto con i soggetti buffi, lontani dalla rigidezza aulica che governava l'opera seria metastasiana.
1758
A Vienna si rappresentano «La fausse esclave» e «L'île de Merlin» opéras-comiques di composizione altrui farciti con nuovi pezzi di Gluck.
1759
Ancora opéras-comiques adattati su arie di Gluck: «Le diable à quatre» (Laxenburg, 28 maggio) e «La Cythère assiégée» (Burgtheater, primavera).
1760
A Vienna Gluck dà l'ultimo opéra-comique adattato, «L'ivrogne corrigé»; ma non cessa l'attività melodrammatica e il 10 ottobre con la rappresentazione di «Tetide» alla Hofburg celebra le nozze dell'arciduca Giuseppe con Isabella di Borbone (che Hasse, invece, celebra con «Alcide al bivio» di Metastasio).