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Laureto Rodoni

FAUST ALL'INFERNO
«La Damnation de Faust» a Zurigo

 

Il mito di Faust ha sempre riscosso nella letteratura e nell'arte in generale grande successo: alla figura di questo mago e negromante, pare realmente vissuto tra il XV e il XVI secolo, sono infatti dedicate opere di ogni genere: drammi, poesie, romanzi, opere liriche e pittoriche, balletti, film... L'interesse per la vicenda di Faust non risiede solo nell'inquietante patto che egli stipula con il diavolo, ma anche nelle infinite possibilità che si aprono quando, proprio grazie a questo patto, si valicano i limiti intellettuali e fisici dell'uomo. Al centro di questo mito stanno questioni ancora oggi vivacemente dibattute: è lecito che l'uomo pretenda dalla vita più di quello che gli dà la natura o Dio? È lecito che egli, con l'intelletto e con la scienza, sveli anche i segreti più riposti del mondo? Goethe, che aspirava a illuminare tutto con la luce della ragione, considerava questa tensione dell'uomo verso i propri limiti non solo legittima, ma anche «la più nobile delle aspirazioni».
In ambito musicale le opere più significative ispirate al mito di Faust furono composte da Arrigo Boito, Charles Gounod, Ferruccio Busoni e Hector Berlioz. Di quest'ultimo l'Opernhaus di Zurigo ha allestito «La Damnation de Faust» , leggenda drammatica in quattro parti su testo in parte del musicista stesso, tratto dalla versione francese (di Nerval) del «Faust» di Goethe. Rispetto alla formidabile «summa faustiana» dello scrittore tedesco, quest'opera si discosta radicalmente nel finale: in Goethe l'anima del protagonista viene salvata da Dio, in Berlioz invece dopo un agghiacciante «pandemonium» sinfonico-corale, precipita con Mefistofele esultante negli abissi infernali.
È difficile mettere in scena «La Damnation de Faust» , soprattutto perché si tratta di una composizione ibrida, tra l'opera teatrale e l'oratorio. La prima esecuzione nel 1846, diretta dall'autore, fu in forma di concerto; solo una cinquantina d'anni dopo venne adattata per la rappresentazione. Il regista e scenografo viennese Erwin Piplits, a parere di chi scrive ingiustamente contestato dal pubblico, ha offerto uno spettacolo molto convincente e coerente, esteticamente non trasgressivo: egli ha optato per scene semplici e lineari, caratterizzate dalla costante presenza di un elemento architettonico mobile a tre piani, costituito da tavole di legno, entro cui viene spesso disposto il coro, riferimento alla staticità propria dell'esecuzione in forma di concerto di quest'opera. La guida delle dramatis personae è pure improntata all'essenzialità, senza che per questo lo svolgersi della vicenda diventi monotono. Stupenda la scena dell'apparizione di Mefistofele, in cui il diavolo sembra materializzarsi dall'ombra stessa di Faust.
Le scelte registico-scenografiche di Piplits hanno il grande merito di valorizzare l'aspetto musicale, curato nei minimi dettagli dal maestro Philippe Auguin che affronta la difficile partitura con la sicurezza di chi conosce a fondo il complesso e composito stile dell'opera. Encomiabile l'orchestra in tutti i suoi settori. Formidabili i cori, preparati da Jürg Hämmerli. Il cast è nel complesso di buon livello: Zoran Todorovich delinea vocalmente e scenicamente un Faust sofferto e spesso ripiegato su se stesso. Liliana Nikiteanu sa essere nel contempo una Margherita adolescenziale, ferita, disperata ed estatica. Il basso Egils Silins, grazie a una straordinaria presenza scenica e a una magnifica voce possente dal timbro brunito, impersona un Mefistofele-burattinaio di volta in volta insinuante e sardonico, raffinato e volgare, accondiscendente e inesorabile, cinico ed enfatico. Successo per tutti. Solo il regista, come detto, è stato contestato da una parte del pubblico. Si replica il 15, 17, 19 dicembre; il 14, il 16 e il 18 marzo.