ARTHUR GOLD
ROBERT FIZDALE


I GODEBSKI - NASCITA DI MISIA

MONDADORI
MILANO 1981
pp. 17-22

MISIA SERT
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I Godebski sono un'antica famiglia polacca. Il loro stemma - rami d'abete incrociati che suggeriscono le oscure, sconfinate foreste della Polonia - era stato dato nel 1004 a un antenato guerriero. Attraverso i secoli furono soldati e giuristi, ciambellani di corte e funzionari governativi. Poi nel XVIII e XIX secolo, tra i rami dell'albero genealogico cominciarono a fiorire scrittori e pittori. Il bisnonno di Misia, Cyprien, legionario nelle armate napolconiche, era un noto poeta. Suo nonno François Xavier un convinto patriota. Come molti altri personaggi coinvolti nella lotta per l'indipendenza polacca, emigrò in Francia, paese nel quale la famiglia Godebski ha da allora vissuto sempre. Uomo di teatro, François Xavier scrisse commedie brillanti, scene per il vaudeville, libretti d'opera e di balletto. Così come potrebbero dire i versi d'un recitativo rossiniano, la traduzione francese del libretto dell'opera di Rossini Il turco in Italia fu fatta da questo polacco in Francia.
Il padre di Misia, lo scultore Cyprien Godebski, era nato nel 1835 a Méry-sur-Cher, in Francia. Curiosamente, non esistevano a metà del secolo scorso grandi scultori se non Rodin. Ma quali eccezionali protagonisti ravvivano le altre arti! Degas, Monet, Manet, Pissarro, Renoir, Verlaine, Mallarmé, lbsen e Tolstoi nacquero tutti a non più di dieci anni da Godebski. Le loro opere possedevano un'originalità e una forza che le ha imposte anche al nostro secolo, e fecero dunque parte del mondo di Misia. Il cui padre, d'altro canto, era uno di quegli artisti dotati ma accademici che nel lavoro denotano più diligenza che ispirazione, più métier che significato. Per incanalare le emozioni degli astanti Godebski attribuiva alle sue sculture titoli deliranti quali La forza bruta che strangola il genio e Polonia, il risveglio. I visitatori al Salon de Paris del 1864, dov'era in mostra Polonia, il risveglio si ritrovarono certamente commossi dagli aspetti melodrammatici della scultura, che oggi ci appare buffamente eroica. La luminosità opalina di Parigi filtrava dal soffitti di vetro delle sale inondando le statue che suscitavano quelle forti emozioni tanto di moda a quel tempi - speranza e disperazione, esaltazione e abbattimento. Grandi concetti quali la tirannia, il patriottismo e la libertà venivano maliziosamente raffigurati, in quella fin troppo addobbata epoca, dal nudi corpi di uomini muscolosi e donne rotondette, una foresta di figure convulse, sfrenatamente gesticolanti, gli occhi rivolti al cielo. Grazie al bell'aspetto e al suo fascino slavo, Godebski era maestro nel farsi commissionare monumenti pubblici. Viaggiava incessantemente: dalla Francia alla Polonia, dall'Austria al Belgio, dalla Russia all'Italia dove, sospinto da aspirazioni michelangiolesche, acquistò una cava di marmo a Carrara.
Quant'erano vitali gli artisti del XIX secolo! Cyprien Godebski deve aver lavorato con l'infaticabilità d'un Balzac, anche se non con gli stessi splendidi risultati. E d'altra parte, quant'è curioso il destino dei Godebski di questo mondo. Pensano pensieri profondi. Vivono esistenze affascinanti. Conoscono tutti coloro che han desiderio di conoscere. La fede che posseggono nel proprio talento è confermata dai premi che ricevono. Sono corteggiati, lodati, ben pagati. Ma quando poi muoiono, si lasciano dietro poche cose d'interesse durevole. E dire che troviamo le opere di Godebski sparpagliate dovunque. I marinai che riescono a destreggiarsi dalle traditrici acque del Pointe du Raz in Bretagna vengono accolti da una monumentale apparizione, che sorge dal mare come la Statua della Libertà. Vedono la Vergine, il Bambino, e un povero naufrago con le braccia levate che la tempesta sembra aver gettato al loro piedi. Le statue di Godebski abbassano i loro sguardi anche su altri avventurosi in balia del caso, i giocatori del Casino di Montecarlo. A Varsavia c'è un suo bel busto del poeta polacco Adam Mickiewicz, e a Lima, in Perù, la sua monumentale statua del rivoluzionario generale San Martín. A Parigi lavorò ai restauri del Louvre, museo che acquistò anche alcune delle sue sculture, conservate ormai nelle cantine assieme ad altre dimenticate opere d'arte.
Da giovane Godebski era bello nel senso più romantico del termine, con lineamenti forti e regolari e lunghi capelli alla Liszt. Uomo di successo nel bel mondo, possedeva quell'aria di fiduciosa sessualità che ottiene rispetto dagli uomini e che spesso si dimostra fatale per le donne. Con la sicurezza dell'egotista ottocentesco, gravitava istintivamente verso il centro del proscenio, una collocazione che faceva propria con naturale simpatia. Guadagnava moltissimo, viveva la bella vita, sapeva cogliere le opportunità al balzo e possedeva il dono d'innamorarsi delle signore molto ricche. A suo agio con gli artisti e con la nobiltà, stava bene soprattutto là dove i due mondi s'incontravano. Godebski conosceva tutti. Dumas fils, Théophile Gautier e Alphonse Daudet erano suoi amici, così come Franz Liszt, Gabriel Fauré e Gioacchino Rossini (il cui busto ottenne a Godebski una menzione d'onore al Salon de Paris, del 1866). Questi personaggi e i loro amici erano il suo mondo: il mondo della haute bohème. Narratore affascinante, Cyprien avrebbe in seguito divertito i suoi figli con racconti e pettegolezzi riguardanti i suoi celebri amici.
Verso le donne condivideva l'atteggiamento dei suoi contemporanei. Di sesso discorrevano soltanto gli uomini, spesso con notevoli esagerazioni. Dumas père si vantava d'essere in grado, se lasciato solo in una stanza con cinque donne e una commedia da scrivere, di metter giù nell'arco di un'ora tutti e cinque gli atti e di prendersi tutt'e cinque le donne. Gautier sosteneva con orgoglio d'essere capace di risolvere complessi problemi matematici mentre faceva all'amore. Gustave Flaubert s'era tranquillamente acceso un sigaro durante l'intimo colloquio con una prostituta. Le donne vere, affermava, non erano per lui che un divano su cui distendere quelle dei suoi sogni. Ovviamente il sesso non era l'unico loro diversivo. Apprezzavano il bere, la buona tavola (sia la moglie di Daudet sia Dumas père scrissero libri di cucina), e i piaceri sociali dei salons e dei cafés. È lì che si esercitavano in quell'altra arte, la conversazione - pungente, ardita, e infinitamente brillante.
Parlando dei suoi diciassette figli Gautier disse: «È curioso; non penso affatto a me stesso come a un padre. Sono buono con i miei figli. Li amo, però non come figli miei. Mi stanno accanto, sono i miei rami, tutto lì». Data l'indifferenza con cui allevò la sua prole, queste parole avrebbe benissimo potuto pronunciarle Godebski.
Il nonno materno di Misia, AdrienTrangois Servais, era uno dei più celebri violoncellisti del suo tempo. Figlio di un povero musicista di chiesa che gli aveva impartito le prime lezioni, Servais era nato e morto nella cittadina di Halle vicino a Bruxelles. Mentre ancora studiava la fortuna gli si presentò nella persona d'un patrono, il marchese de Sayve, e per il ragazzo fu fatta. Comunque, marquis o no, tre volte la settimana si recava a piedi fino a Bruxelles portandosi il violoncello sulla schiena. Studiava presso il Consetvatorio reale. In meno di un anno vinse il primo premio. A trent'anni aveva dato concerti in ogni angolo d'Europa e composto numerose opere per violoncello. Alcune, per esempio la Gran fantasia su motivi dal «Barbiere di Siviglia» di Rossini e il Souvenir de Spa, vengono tuttora eseguite.
L'abilità di Servais era ammirata da tutti, però mai così entusiasticamente come in Russia. A Pietroburgo conobbe Sophie Féguine, bella e giovane rampolla d'una agiata famiglia di ebrei convertiti e amanti della musica. A quell'epoca Servais era già considerato il migliore violoncellista del mondo. Era sommerso dagli onori: venne nominato violoncellista di corte dal re del Belgio e dall'imperatore d'Austria. Esibendo orgogliosamente il rosso nastro dell'Ordine di Leopoldo, sposò Mademoiselle Féguie nel 1842. Aveva trentacinque anni, lei ventidue. A Halle costruirono una grande villa di stile italiano e vi vissero dedicandosi alla musica, alla famiglia, e agli amici. Ebbero tre figlie, Sophie, Marie e Augusta, nonché due figli, Franz e Joseph. Franz diventò compositore e direttore d'orchestra, Joseph un violoncellista come suo padre.
I Servais ricevevano in un modo oggi quasi impensabile. La villa straboccava di parenti ed amici, molti dei quali si trattenevano per mesi alla volta.
C'erano tra essi Franz Liszt e Hector Berlìoz, il pianista Anton Rubinstein, violinista Henri Vieuxtemps - che assieme a Servais compose un Duo per violino e violoncello - e i direttori d'orchestra Hans Richter, Hans von Bülow e Charles Lamoureux. Uno degli ospiti che più fece colpo fu Cyprien Godebski. Invitato ad abbellire la villa, s'innamorò della figlia maggiore. Fu così che il 23 gennaio 1865 due celebri famiglie di artisti furono unite dal matrimonio del trentenne scultore Cypríen Quentin Godebski con la ventiduenne figlia del violoncellista, Eugénie Sophie Léopoldine Servais.
Ai due sposi fu predetta una vita meravigliosa. Sembrò naturale che si stabilissero presso i genitori di lei, dato che per il suo lavoro Cyprien era spesso in viaggio e i Servais erano lietissimi di tenersi in casa la loro figliola. Il padre di Sophie morì un anno dopo il matrimonio, ma la villa ebbe nuova vita negli anni successivi grazie alla nascita dei due figli di Sophie, Franz ed Ernest. Poi nel 1871 Cyprien venne invitato a recarsi in Russia per abbellire il palazzo estivo della principessa Jusupov, a Tsarskoë Selo vicino a Pietroburgo. Siccome ciò voleva dire una lunga separazione, Sophie fu lieta di restare ancora con sua madre, soprattutto quando pochi mesi più tardi si rese conto d'essere di nuovo incinta.
Godebski era partito per la Russia armato di lettere di presentazione per lo zar Alessandro e per la famiglia di sua suocera. I Féguine accolsero questo nuovo parente a braccia aperte; anche troppo aperte, nel caso d'una zia acquisita, cioè della bella e giovane Olga, sorella di sua suocera. Naturalmente scrivendo alla moglie Cyprien non accennava all'alquanto incestuosa situazione. E come aspettava, Sophie, le lettere del marito! Un giorno, aprendo vogliosamente una busta che recava un francobollo della Russia imperiale, ci trovò dentro una misteriosa, scarabocchiata denuncia contro Cyprien. In lacrime lesse dunque che suo marito e sua zia erano amanti e che anch'essi aspettavano un bambino. Sua figlia Misia scrisse in seguito di quest'episodio nelle sue memorie:
Decise all'istante, e quella stessa sera dopo aver salutato con un bacio i suoi figlioletti, partì per i tremila chilometri che la dividevano dall'uomo adorato. Aveva superato l'ottavo mese di gravidanza.
Dio sa grazie a quale miracolo Sophie Godebska riuscì, nel glaciale inverno russo, a giungere alla meta del suo viaggio, una casetta isolata sepolta nella neve!
Salì la rampa di scale che portava all'entrata, ma prima ancora di suonare il campanello s'appoggiò all'uscio per riprendere fiato. Attraverso la porta chiusa le giunse un suono di risa, che riconobbe. Dopo lo sforzo sovrumano che solo l'amore le aveva consentito di affrontare, fu vinta da una sconfinata stanchezza, da un'agonica disperazione. La sua mano esitò.
Il giorno dopo suo marito, avvertito della sua presenza, arrivò appena in tempo per vederla morire mentre mi dava alla luce. Il dramma della mia nascita ha inciso profondamente sul mio destino.
Incise profondamente anche sulla nonna di Misia. Sophie Servais si rimproverò aspramente: se solo avesse impedito a sua figlia di andare in Russia, non sarebbe morta. Era incredibile che suo genero e la sua stessa sorella si fossero comportati con tale mostruosità. Il dolore per la morte della figlia e la vergogna per quello scandalo in famiglia accrebbero in quella dama russa i sentimenti per la nipotina che ancora non aveva veduto. Per suo padre, invece, Misia rappresentava soltanto un indifeso fagottino di lini, un peso indesiderato. Fedele ai propri egoismi assegnò all'amante la responsabilità di badare a Misia oltre che al loro figlio illegittimo, e se ne tornò al proprio lavoro. E fu dunque Misia a diventare un'intrusa in quella singolare situazione familiare. Si attuò uno schema perverso che l'avrebbe perseguitata tutta la vita. Attratta da uomini virili e artistici, dotati di grande presenza e di mostruosi accenni, Misia aveva la tendenza a credere di amarli soprattutto quando, come suo padre, l'abbandonavano per un'altra donna...