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LETTERA APERTA AI MAESTRI

DIMITRI SCHOSTAKOWITCH
IAKOV GOTOVAK
DIMITRI MITROPOULOS

al Sig. JEAN DURAND
cittadino svizzero e


AGLI ARTISTI SVEGLI


Point de fatalité! La fatalité
c'est ce que nous voulons.

ROMAIN ROLLAND

Mi rivolgo a voi in questo chiaro mattino del settembre napoletano; scrivo davanti a questa mia finestra del Vomero, che guarda Capri galleggiare all'orizzonte diafana sul mare quietissimo, e giù, oltre le pendici della collina, la riviera fronzuta; nel cui specchio d'acqua la notte scorsa, fino alle due, fu una lieta tregenda di fuochi d'artificio: il fragoroso e abbagliante zampillare e rovesciarsi a cateratte di tutti i gioielli e le pietre preziose liberati nella notte dalle magiche chiavi d'argento di Arianna.
E tutta Napoli stava a guardare estasiata; e di quassù si udivano gli applausi e le grida e i canti e i suoni delle bande e dei 'putipù' che venivano a ondate, fra un cataclisma di esplosioni e l'altro, dalla immensa folla. Nell'immenso arco del golfo, da tutte le strade della riviera e delle colline, da tutti i balconi e da tutte le terrazze, tutta Napoli estasiata stava a guardare. In onta a tanti guai, gente che non perde occasione per evadere un'ora dai crucci e dalle difficoltà; per dire, col
Redentore:«Ad ogni giorno basta la sua pena»; per riaffermare nella contemplazione (molti la scambiano per pigrizia) la sua innata inconsapevole fede nei valori spirituali della vita, e la sua evangelica noncuranza, o poca stima, dei materiali; per riaffermare la sua volontà di vivere.
Ed è a questa gente - e a tutte le altre genti che magari meno signorilmente o del tutto animalescamente covano, in tutto il mondo, il medesimo bisogno di pace - che i Potenti del mondo preparano ciò che sappiamo.
***
Mi rivolgo. a voi colleghi e certamente credenti, come me, nella Religione che ha per dogma la Supremazia dello Spirito, e nel cui Vangelo è scritto che non si debba, 'propter vitam, vivendi perdere causas'; che non si debba, per salvare la vita, perdere la dignità di vivere.
E perché nè i miei, nè i vostri conterranei sono obbligati a conoscere quale legame di antichi rapporti ci uniscano, e pongano me in condizione di rivolgermi a voi piuttosto che ad altri esponenti dello Spirito e dell'arte dei vostri Paesi, mi è caro ricordare che di te, Schostakowitch, nell'anno non sospetto 1933 fui Primo interprete in Italia della Prima Sinfonia; di te, Gotovak, il primo interprete, in Germania e in Italia, nel 1935, del Symponischer-Kolo; di te. Mitropulos, quante volte ti ebbi graditissimo ospite a Napoli; di te, Durand, le molte volte che fui ospite della tua nobile civile invidiabile Patria.
Conosco il vostro cuore e il vostro intelletto attraverso l'arte vostra; e so che voi conoscete i miei. Deciso, oggi, a rivolgere un appello a spiriti superiori dei Paesi che - come la disfatta e ormai impotente Europa - sono di nuovo sull'orlo dell'abisso, ecco perchè scelgo Schostakowitch per la Russia sovietica, Gotovak per la Jugoslavia, Mitropulos per la Grecia, Durand per la Svizzera saggia e umanitaria.
Nel libro di Romain Rolland! Au dessus de la mélée sono pagine elevate alle quali i trent'anni passati da quando le dettò aggiungono oggi il sapore amaro di un nobile tentativo rimasto sterile; sono i segni di pervicaci illusioni in cui noi di oggi non possiamo più cullarci.
Di tutti i motivi che egli proponeva, e sui quali sarebbe inutile ritornare come troppo frusti, o svuotati dalle tragiche esperienze di questi anni, uno solo può essere ripreso, ancora valido: quello che, più che non sia sembrato a lui, a noi appare oggi fondamentale:
«Depuis plus de quarante siècles, l'effort des grands esprits parvenus à la liberté a été de faire jouir leurs frères de ce bienfait, d'affranchir l'humanité, de lui apprendre à voir la réalité d'un oeil sans peur et sans erreur, de regarder en soi sans faux orgueil et sans fausse humilité, de connaltre ses faiblesses et ses forces pour les diriger, de se voir à sa place dans l'univers; et sur sa route ils ont fait luire, comme l'étoile des mages, afin de l'éclairer, la lumière de leur pensée ou celle de leur vie. «Leur effort a échoué. Depuis plus de quarante siècles, l'humanité n'a point cessé de rester asservie - je ne dis pas à des maltres (ils sont de l'ordre de la chair, ie n'en parle pas ici; et ces chaines d'alleurs se brisent tót ou tard) - mais aux fantômes de son esprit. Sa servitude est en elle. On s'épuise à trancher les liens qui l'enserrent. Elle les renoue aussitôt pour mieux se ligoter. De chaque libérateur elle se fait un maltre, et de chaque idéal qui devait l'affranchir elle fabrique aussitót une idole grossière. L'histoire de l'humanité est l'histoire des idoles et des leurs règnes successifs. Et l'on dirait qu'à mesure que l'humanité vieillit, le pouvoir de l'idole est plus vaste et plus meurtier.
D'abord, ce furent les divinités de bois, de pierre ou de métal. Celles là n'étaient pas du moins à l'abri de la hache ou du feu. D'autres vinrent ensuite que rien ne pouvait atteindre, car elles étaient sculptées dans l'esprit invisible, et toutes aspiraient pourtant au royaume matériei. Pour leur domination, les peuples ont répandu le meilleur de leur sang. Idoles des religions, idoles des patrjes, idoles de la liberté que les aiinées sans-culottes firent régner sur l'Europe à coups de canon!... Les maitres ont changé, les esclaves sont les mémes... Le trait commun au culte de toutes les idoles est l'adaptation d'un idéal aux mauvais instincts de l'homme. L'homme cultive les vices qui lui sont profitables; mais il a besoin de les légitimer; il ne veut pas les sacrifier; il faut qu'il les idéalise. C'est pourquoi le problème auquel il n'a cessé de travailler, au cours des siècles, a été de mettre d'accord son idéal avec sa médiocrité. E y est toujours arrivé. La foule n'y a point de peine; elle juxtapose l'un à l'autre ses vertus et ses vices, son héroisme et sa méchanceté. La force de ses passions ci le flot rapide des jours qui l'emporte lui font oublier son manque de logique».
***
La predicazione e il culto dell'Assoluto è l'idolo maligno di cui anche oggi si serve la malafede dei politici mestieranti d'ogni grado, d'ogni colore e d'ogni paese per ubriacare le folle e per beatificarle finalmente della Apocalisse.
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Questa volta il massacro e la devastazione non avverranno più sotto i vecchi screditatissimi emblemi di LIBERTA', AUTODECISIONE, DIRITTI DEI POPOLI, che servirono tanto bene a scatenare la guerricciuola 1914-18 e il terremoto 1939-45. Dopo quello che è avvenuto, e i tradimenti di volta in volta e da ogni parte perpetrati, non v'è uomo di Stato o professionista della mala professione, politica - di qualsivoglia paese: occidentale o orientale - che osi sfoderare questi vecchi spadoni arrugginiti nel sangue, fatti a pezzi dai civilizzatori e liberatori bombardamenti a tappeto o dalle camere a gas, polverizzati dalla disintegrazione del concetto di «MORALE»: la nuova arma trionfante nel dopoguerra per opera e in sempiterna gloria delle Potenze vincitrici come delle vinte, e dei loro battistrada buttafuori e corifei. La più feroce, la più satanica fra tutte le armi perchè annienta lo SPIRITO: mentre l'atomica non disintegra che la MATERIA.
Quando, due anni dopo la fine «ufficiale» del conflitto, i popoli d'Europa incominciano appena oggi a rendersi conto che il Continente Europeo ha perduto la propria indipendenza e autonomia spirituale politica ed economica; ed è avvenuto e sempre più crudamente si sviluppa da Helsingfords a Tel-Aviv a Calcutta ciò che di giorno in giorno sappiamo: no, non v'è grinta buffonesca, non v'è faccia di bronzo di Ministro o di politico senza portafoglio che osi sfoderare le vecchie scimitarre arrugginite e le bandiere stinte che si chiamano LIBERTÀ, AUTODECISIONE, DIRITTI DEI POPOLI. Tutti questi ferri vecchi, tutte queste bugiarde favole sono oggi relegate nella soffitta degli ideali infranti, insieme con le statistiche dei milioni di morti e di mutilati, dei miliardi di metri cubi di macerie, dei fiumi di lagrime, degli oceani di disinganni che sono costate all'umanità.
***
Questa volta il massacro e la devastazione avverranno sotto una insegna non proprio nuova, ma riverniciata (con diversi colori, a seconda dei diversi alfieri) per l'occasione. Sangue a torrenti e cataclismi di fuoco ed elettroni in libertà saranno all'insegna - uguale per tutti: il colmo del grottesco e del ridicolo, se non fosse il superlativo del mostruoso e della infamia - saranno all'insegna di: DEMOCRAZIA.
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Voi li sentite, i nostri pastori d'anime e di popoli: gli strenui difensori e zelatori (ciascuno a suo modo) della civiltà e del progresso:
Richiamate alla memoria, rileggete nei vecchi comunicati «ufficiali», nelle «interviste», nelle varie «Carte», nei resoconti parlamentari, nei giornali e nelle Riviste ciò che dissero volta a volta in questi anni del concetto di Democrazia», della sua essenza etica e sociale e delle sue pratiche applicazioni nel governo e nella vita dei popoli, Roosevelt. e Stalin, Truman e Churchill, Marshall e Molotoff, Attlee e Vishinski, Eden e Tito, Bevin e Markos, Dimitrof e Maximos, Wallace e Byrnes.
Tutti costoro si proclamano «democratici».
Ciascun d'essi si vanta interprete autorizzato e detentore esclusivo dell'ASSOLUTO DEMOCRATICO, e non ve n'è due soli, fra tanti, neanche del medesimo paese, che si trovino d'accordo sul significato della parola, sulla portata del concetto, sui modi e limiti delle sue applicazioni. Se tutto si limitasse alle discussioni teoriche, alle polemiche dei giornali e dei Parlamenti, alle baruffe dell'O.N.U., si potrebbe dire: Pazienza; lasciamoli alle loro Accademie, se si divertono; aspettiamo che, dalla Babele, esca finalmente unaparola intelligibile e illuminante; laboremus.
Ma si odono nell'aria rumori che somigliano a urli di dolore e di rabbia, a cigolli di corde su forche, a raffiche di mitragliatrici, a esplosioni di bombe.
È che, appena la discussione si sposta dalla sala del Congresso alla sezione elettorale o ai fluidi confini dei vecchi e dei nuovi Stati, nel santo nome della DEMOCRAZIA si impicca Petkoff in Bulgaria, si fa saltare in aria una caserma inglese in Palestina, si attenta alla vita di Ramadier, si riaccende la guerra civile in Grecia, si massacrano preti jugoslavi in Istria, si impiccano Vescovi a Belgrado, si misconosce fl diritto alla indipendenza della Polonia, della Finlandia, della Lituania; si costringono all'esodo, armi alla mano, intere popolazioni dalle loro terre natali cacciandole verso l'ignoto; si fomentano guerre religiose nell'estremo Oriente; si pensa alle vecchie Colonie italiane come a possibili compensi per un Mandato dovuto rinunciare, per un Protettorato dovuto abbandonare, per una base militare marittima venuta a mancare; si aizzano gli ebrei contro la Gran Bretagna che non tien fede alla promessa della Terra promessa, dello Stato di Sion, di una Patria al Popolo errante; si aizzano gli arabi contro gli ebrei; si schiaccia l'italianità di Zara di Fiume di Trieste di Briga di Tenda; si strappano a Gorizia i suoi sobborghi e le sue ville; si assiste imperturbati - dopo averla determinata col sopruso - alla grandiosa e drammatica «autodecisione» - protesta di Pola eroica: il volontario esilio di tutta intera la cittadinanza; si circonda di pudibondo e indifferente silenzio il ridivampare ferocissimo della guerra civile in Cina - posto che di quell'«alleato» non si ha più bisogno per ora; si impegnano gare di velocità di diplomatici e di affaristi - con qualche intermezzo militare in sordina - per lo stretto dei Dardanelli, per i petroli del Golfo Persico. per i mercati del Mediterraneo, per i carboni della Ruhr, per le basi aeree del Polo artico, per le miniere di uranio dell'Antartide.
E tutto questo, nel santo nome della Democrazia, dell'Assoluto democratico, del nuovo idolo al quale i men che mediocri condottieri di popoli che ci vediamo intorno, vicino e lontano, si sforzano di asservire l'umanità, e al quale l'umanità uscita appena dalla mostruosa prova che doveva avere per catarsi - così le avevano promesso i banditori degli opposti verbi - la liberazione e la pace perpetua, sembra pronta (a giudicare dalla passività con la quale assiste alla fatica dei fucinatori di sventure) a lasciarsi incatenare.
Un altro grande e legittimo sogno di redenzione trasformato in galera e in rogo; un altro grande e puro ideale gettato nel fango, perchè lo si e voluto, lo si vuole adattare ai peggiori istinti dell'uomo. Altri falsi, cinici profeti - a oriente e a occidente; a nord e a sud - che, per adeguare alla loro propria mediocrità i Sacri Principli che dicono di professare, coltivano i vizi, gli appetiti insani, gli istinti belluini della innumerevole plebe che popola il mondo - tutta plebe la massa di bipedi implumi che non crede ai valori della Spirito o che li mùtila sulla propria misura: Re e Capi di Stato, aristocrati e popolani, borghesi e monturati, sapienti e preti - e si sforzano cosi di legittimare e di idealizzare i delitti che vanno preparando. «Les maltres ont changé, des esclaves sont les mémes.»
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Io ricordo, Dimitri Schostakowitch, di aver sentito nel Teatro d'arte di Meyerhold a Mosca, Del 1933, il dramma L'elenco delle opere buone, di uno degli autori sovietici più in voga allora: Giorgio Olecha. Lolia Gontciatova, preda dell'intimo conflitto e dello sdoppiamento di coscienza che la rende incapace di scegliere fra il vecchio e il nuovo mondo, fra individuo e massa, fra Russia bianca e comunismo, ha materializzato la drammatica crisi in cui si dibatte scrivendo in un quaderno l'elenco delle opere buone e quello dei delitti compiluti dalla rivoluzione russa. Emigrata a Parigi, da un emissario bianco che dopo averla inutilmente tentata vuol perderla, le viene carpito il quaderno che - mutilato delle pagine che registrano le opere buone, viene consegnato con le altre, quelle che costituiscono un capo di accusa, al centro rivoluzionario russo di Parigi: e Lolia è così indiziata di tradimento. Una forte scena drammatica avviene fra i comunisti e Lolia, quando la donna è accusata di spionaggio, e il quaderno le viene contestato come una prova schiacciante. «Ma v'è anche l'elenco delle opere buone, essa grida, cercatelo». Esso è scomparso; è stato distrutto dai nemici della rivoluzione.
Non altra che questa è la situazione in cui si trova l'intera umanità nei confronti dei suoi profeti. Questo è l'inganno che le ordiscono intorno «i falsi apostoli i commedianti e i barattieri della politica (sono parole di Santi Savarino) che non servono un'idea, ma si servono dell'idea per il proprio trionfo personale o di parte trascinando i popoli, a occhi bendati, nella più disonorante schiavitù, sotto la più poliziesca e angosciosa delle dittature»: la schiavitù e la dittatura, della menzogna, del preconcetto unilaterale e fazioso, della riserva mentale, della malafede.
Ciascuno dei tribuni che noi sentiamo tuonare o gemere dai palchi e dalle cattedre, ha tolto dal quaderno dell'avversario l'elenco delle opere buone, e lo indizia di tradimento dell'ideale democratico. Ma, accusato a sua volta di tradimento dello stesso ideale, vedendosi contestare come prova schiacciante il solo elenco dei delitti compiuti nel santo nome della democrazia, non si affanna neanche a gridare, come Lolia Gontciarova: «Ma v'è anche l'elenco delle opere buone: cercatelo» . Sportivamente incassano senza sottilizzare, i bravi padri coscritti di questo e dell'altro emisfero.
Nei quaderni degli innumerevoli, multicolori, multilingui Lolia maschi di oggi (gli facciamo veramente troppo onore avvicinandoli all'eroina sovietica che, almeno, ebbe una crisi di coscienza e si tormentò alla ricerca di una Verità) gli elenchi delle opere buone sono scomparsi. Sono stati distrutti dai nemici dell'Umanità.
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Ripetere, dopo otto anni che li vediamo lavorare in libertà da veri e incontrollati padroni del niondo, e abbandonarsi ai loro istinti - giuocando oltre che sulla smisurata stupidità, sulla poca memoria delle masse ripetere che i nemici dell'umanità sono i politici sarebbe ozioso.
Tutti, credo, ne siamo convinti. Lo pensano forse gli stessi mestieranti di questo infimo fra i mestieri, in qualche raro momento di solitudine e di silenzio. Di nessuna portata pratica sarebbe richiamarci a ciò che ne diceva Voltaire; ma a provare la nessuna originalità e le antiche radici del nostro convincimento può essere utile ricordare che Arouet le jeune poneva i politici, nel suo Dizionario filosofico, sotto la voce CATTIVO; e concludeva una certa sua statistica con queste parole: «Dunque, (nell'innumerevole massa degli umani) di veri cattivi non restano che alcuni politici, sia regolari o sia secolari, che voglion sempre turbare il mondo; e qualche migliaio di vagabondi che offrono i loro servizi a quei politici. Ora, non si arriva mai,nello stesso tempo, a mettere insieme un milione di queste bestie feroci, e conto nel numero anche i ladri di strada».
È forte? Per le bestie lo è troppo; per gli uomini no, non è abbastanza forte (l'autore di Candide, si sa, era ottimista); ma, in compenso, è profetico.
Sono essi medesimi, infatti, i politici di questi anni, sia regolari o sia secolari, e le alcune migliaia di vagabondi che a quei politici offrono i loro servizi a classificarsi, come li classifica il Voltaire, fra le belve feroci e i ladri di strada. Perchè di ciascuno di essi, noi, popoli che dobbiamo giudicarli, non conosciamo - per opera dei loro avversarii - che le opere di male, e i delitti commessi da ciascuno e da tutti insieme, senza eccezione, nel santo nome della Democrazia.
Ciascuno ha distrutto, dell'avversario, l'elenco delle opere, o anche soltanto delle intenzioni BUONE.
Noi non vediamo che colpe, non sentiamo che accuse.
Mettiamo allora questi enormi cumuli sanguinosi, urlanti di disperazione, fumanti di incendii, sui due piatti della bilancia.
Il peso, dall'una all'altra parte, non varia gran che.
Da cinque anni a questa parte è nel santo nome della Democrazia che i così detti blocchi dell'occidente e dell'oriente - d'accordo soltanto nel nome della bandiera che sbandierano, non certo sul suo colore e sui suoi emblemi - commettono tanti delitti e offese contro la civiltà, e - invece di sanare gli immensi mali,- preparano nuove catastrofi ail mondo.
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Preparano una nuova guerra.
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«Ces guerres, je le sais, les chefs d'Etats qui en sont les auteurs criminels n'osent en accepter la responsabilité; chacun s'efforce sournoisement d'en rejeter la charge sur l'adversaire. Et les peupies qui suivent, dociles, se résjgnert en disant qu'une puissance plus grande que les hommes a tout conduit. On entend, une fois de plus, le refrain séculaire. «Fatalité de la guerre, plus forte que toute volonté» - le vieux refrain des troupeaux, qui font de leur faiblesse un dieu, et qui l'adorent. Les hommes ont inventé le destin, afin de lui attribuer les désordres de l'univers, qu'ils ont pour devoir de gouverner. Point de fatalité! La fatalité, c'est ce que nous voulons. Et c'est aussi, plus souvent, ce que nous ne voulons pas assez. Qu'en ce moment, chacun de nous fasse son mea culpa! Cette élite intellectuelle, ces Eglises, ces partis ouvriers, n'ont pas voulu la guerre... Soit!... Qu'ont-ils fait pour l'empécher? Que font-ils pour l'atténuer? Iis attisent l'incendie. Chacun y porte son fagot. «Le trait le plus frappant de cette monstrueuse épopée, le fait sans précédent est, dans chacune des nations en guerre, l'unanimité pour la guerre... A cette épidémie, pas un n'a résisté. Plus une pensée libre qui ait réussi à se tenir hors d'atteinte du fléau... Ce ne sont pas seulement les passions de races, qui lancent aveuglement les millions d'hommes les uns contre les autres, comme des fourmilières, et dont les pays neutres eux-mémes ressentent le dangereux frisson; c'est la raison, la foi, la poésie, la science, toutes les forces de l'esprit qui sont enrégimentées, et se mettent, dans chaque Etat, à la suite des armées. Dans l'élite de chaque pays, pas un qui ne proclame et ne soit convaincu que la cause de son peuple est la cause de Dieu, la cause de la liberté et du progrès humains. Et je le proclame aussi...».
Questa, che è, con l'altra citata, fra le migliori pagine dell'opuscolo di Romain Rolland, ha oggi la terrificante particolarità di fare il punto di quella che è l'atmosfera in cui viviamo con parole scritte trentatre anni or sono.
Il primo periodo tutto intero, e, quasi per intero, anche il secondo, potrebbero essere di un cronista dei nostri giorni.
Chiunque voglia, può, riga per riga, constatarlo, rapportandosi a ciò che da due anni ormai si legge nei giornali di tutto il mondo; e non occorrono altre unità di misura o termini di paragone per dimostrare l'inaudita, l'impensabile mostruosità di ciò che sta avvenendo, e la spaventosa sordità e insensibilità morale, e, bisogna dire, anche fisica, del mondo e de' suoi capipopolo che assistono senza reagire - quando non collaborano - alla costruzione sorniona del rogo che farà cenere di ogni cosa.
Solo su un punto il distacco fra le condizioni ambiente di trentatre anni or sono e queste di oggi e certo, e la equazione non regge.
La «unanimità», nella disfatta Europa, almeno, gli inventori di guerre non la avranno; qualunque cosa facciano o dicano, qualunque sia il «sacro principio» al quale si appellano.
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Noi d'Europa abbiamo bevuto abbastanza; sappiamo troppo bene che cosa vuol dire guerra moderna, e siamo abbastanza informati e abbiamo abbastanza fantasia per saper immaginare quello che potrà e dovrà esserle la guerra di domani, dai siluri volanti che sono già in prova, alle bombe atomiche già accuratamente collaudate.
Sappiamo sopra tutto, per esservi ancora impantanati, per esserne, ad ogni ora, più umiliati e disorientati, quale orrendo collasso morale tenga dietro a questi conflitti non più di eserciti e di cervelli umani, ma di macchine infernali, ma di satanici genii che votano le loro conquiste al trionfo del male. Sappiamo ogni cosa, per aver provato sulla nostra pelle ogni cosa; e dobbiamo, dire che le rovine morali e la disfatta dello Spirito sono, al nostro criterio, catastrofe di gran lunga maggiore e più vera e irreparabile della disfatta delle armi e delle rovine materiali.E diciamo, per nostro conto, «basta».
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Di questo profondo bisogno di tregua, di questa irreprimibile esigenza di evasione e di distrazione dalla realtà della vita, che i volterriani pariclasse delle belve feroci e dei ladri di strada ci rendono ogni giorno più repugnante, tetra e minacciosa, erano espressione e testimonianza le centinaia di migliaia di napoletani che, la festa di Piedigrotta, si pigiavano su tutte le strade e terrazze e finestre a mare della città, guardando estasiati i fuochi d'artificio. E il sentimento del popolo napoletano, che è fra i più sensibili e gentili del nostro paese, è certo il sentimento d'ogni altra popolazione di città o di campagna del nostro e di ogni altro paese del mondo. Questo è ben certo.
Ma di questo sentimento diffuso, di questa disperata volontà di pace e di ritorno alla normalità, che deve essere proprio soprattutto del Continente europeo e che - se non si vuol pensare a centinaia di milioni di esseri urnani aspiranti al suicidio - ritengo proprio anche dei vostri compatrioti, o Schostakovitch, Gotovak, Mitropulos, non basta esser noi convinti: occorre e urge farcene banditori, per deboli e isolate che siano le nostre voci, poi che nessun altro lo fa. Affinchè lo stupito - o stùpido - silenzio e la pecorina acquiescienza e la balorda fatalistica rassegnazione che circonda gli alchimisti della strage non siano scambiati e spacciati, da chi vi ha interesse, per «consensi» , per «unanimità» per la guerra.
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Romain Rolland, l'artista che possiamo considerare della nostra arte, tanto si mostrò ad essa sensibile e tanto ne era informato, fu il primo a levare nel mondo la sua voce e a intuire e a proclamare una verità alla quale i politici di tutti i paesi e di ogni colore furono sordi e rimangono pervicacemente sordi: «l'écrasement total de la nation ennemie... c'est... à la fois une erreur morale ci une erreur politique» .
Fu egli a scrivere, da questa a quella pagina dell'opuscolo: «Elite européenne, nous avons, deux cités: notre patrie, terrestre, et l'autre, la cité de Dieu. De l'une, nous sommes les hôtes; de l'autre, les bâtisseurs. Le devoir est de construire, et plus large et plus haute, dominant l'injustice et les haines des nations, l'enceinte de la ville où dolvent s'assembler les âmes fraternelles et libres du mond entier» . Fu egli a suggerire: «Il y a mieux à faire en ce moment, qu'á defendre soi même, il y a à defendre les autres» ; ad osservare realisticamente: «Donnez à un intellectuel n'importe quel idéal et n'importe quelle mauvaise passion, il trouvera toujours moyen de les ajuster ensemble. L'amour de Dieu, l'amour des hommes, ont été invoqués pour brûler, tuer, piller» ... «Le vrai intellectuel, le vrai intelligent, est celui qui ne fait pas de soi et de son idéal, le centre de l'univers» . Fu Romain Rolland a gridare. «Qui brisera les idoles?»
Anch'egli dunque si abbandona all'Utopia, quando parla di Libertà nel senso assoluto del grande concetto e quando sogna, nell'aristocrazia intellettuade europea i costruttori e i difensori della Città di Dio; perché già ai suoi anni l'irreligiosità spirituale e la mimesi cinica della vita erano in atto ed egregiamente lavoravano - proprio fra gli aristòcrati intellettuali - a preparare i giorni di oggi.
Se, per altro, il progressivo cadere in noi di ogni speranza e di ogni possibile illusione nella ragionevolezza, nella umanità, nella moralità, nell'onestà, nella discrezione dei reggitori di popoli e dei loro complici, fa apparire superati e infondati alcuni postulati di Romain Rolland, ciò non vuol dire che il suo appello non possa esser ripreso, e che altre voci, dopo la sua che rimase inascoltata, non debbano levarsi contro il nuovo delitto che si sta preparando e contro i criminali recidivi che freddamente lo ordiscono nelle Cancellerie, nei Congressi e nei Parlamenti del mondo.
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A questa genia che predica - ciascuno pro domo sua, e ciascuno in odio a chi gli sta davanti, o a destra, o a sinistra o a tergo - un Assoluto che, per il solo fatto di esser spacciato per Assoluto, si manifesta bugiardo e ingannevole; e che nel nome di questo Assoluto - o di due... opposti Assoluti (ma sempre DEMOCRATICI, che diamine!) vuol di nuovo inondare il mondo di lagrime, e coprirlo di rovine e di sangue, solo gli artisti possono contestare la menzogna, l'inganno, il delitto che, con le sue prediche, codesta genìa pronuncia e consuma.
Sappiamo benissimo che esistono Leghe per la pace, di uomini e di donne; e che la Svizzera ospitale e umanitaria - oasi appena credibile di civiltà e di equilibrio nella universa barbarie degli spiriti e nella universale pazzia - accoglie molti zelatori della santa idea. Ma anche quelle associazioni, anche questi singoli vediamo più o meno inquinati di colori politici, o schiavi di questo o quell'idolo, o legati all'uno o all'altro gruppo etnico, e sospetti di influenze dell'uno o dell'altro «blocco» . Anche qui, d'altra parte, si assiste alla coltivazione intensiva dell'illusione dell'«Assoluto», dell'Idolo: il vero, l'unico frutto proibito nell'albero immenso ed eterno del bene e del male, quello sempre offerto dal Maligno, il pomo della discordia, il primo seme di tutti i guai.
Se gli intellettuali di ogni altra categoria non si sentirono nel passato investiti di questo obbligo di intervento, se lo stesso Romain Rolland, avvertito e assolto troppo tardi il proprio dovere, fallì allo scopo, gli artisti di oggi possono e debbono, fino a che ci sia tempo, ripetere il gesto, il grido di allarme, la protesta già trent'anni or sono lanciati invano, e richiamare alla ragione e alla osservanza dello Spirito e dei diritti umani i Ministri della Pazzia e gli schiavi (perchè credono di Merne i dèspoti) della Materia.
Solo gli artisti sono oggi così vergini di colpe e così carichi di esperienza, da poter proclamare ben alto che è proprio questo, dell'ASSOLUTO, l'idolo nefasto che deve essere abbattuto; e che bugiardi, e nemici dell'umanità sono i banditori del nuovo verbo e della nuova carneficina.
Solo gli artisti, e di ogni arte, hanno autorità e voce degna di lanciare questo anatema: essi che ogni giorno conoscono l'amarezza e l'angoscia di non poter raggiungere e assai spesso nemmeno avvicinare con l'opera loro un Ideale lungamente perseguito; l'Ideale di un ASSOLUTO nella cui fede hanno in ogni giorno della vita lottato e sofferto, pagando di persona sempre: e che si trovano alla soglia della vecchiezza a dover contemplare quanto grande distacco separi l'assoluto di bellezza e di perfezione al quale miravano, dal poco e mediocre che hanno potuto e saputo concretare. Gli artisti, eredi e continuatori - qualunque ne sia la statura - di tutti gli artisti che nel millennii, dai primi conati della civiltà, hanno beneficato il mondo di opere immortali, minacciate ogni trent'anni di distruzione dalle risse del mondo; e che le bestie feroci e i ladri di strada non ancora sazi delle recenti gesta, sembrano soltanto ansiosi di distruggere completamente. Gli artisti soli, dei quali di uno solo, e fra i sommi, la tradizione favoleggia che abbia dichiarato come raggiunto l'ASSOLUTO che aveva nell'immaginazione concepito e con la lunga fatica perseguito: Michelangelo.
***
Che cosa sono, chi sono dunque - davanti a tali stature giganti, al cospetto di tali opere - questi pigmei che cianciano di assoluto democratico quando non si sono ancor messi d'accordo sul significato del vocabolo Democrazia, e che, non conclusa ancora l'ultima guerra, osano ancora mostrarsi e parlare ai popoli dalle loro tribune screditate, e promettere ciò che sanno di non poter dare, e barattare per altro sangue c'per altre lagrime le loro ambizioni, i loro ripicchi, i loro materiali interessi personali o nazionali; e preparano intanto e perfezionano le loro armi per il nuovo macello?
Guardateli, misurateli chi sono, alla stregua dei Principii che hanno proclamato, degli Assoluti Idoli che hanno predicato e promesso, e di ciò che realmente hanno dato all'umanità. È dalla loro Scuola che noi in questi otto anni di tregenda, abbiamo imparato a disperare. È alla loro furia devastatrice che noi dobbiamo se ogni senso di Morale, di Dignità, di Onestà sembra oggi distrutto nel mondo, e senza possibilità di recupero. È alla nullità dei loro intelletti se ognuno dei Sacri Principii e delle Dottrine e dei Miti che eran abbaglio agli illusi, oggi vuoto e nullo.
È seguendo giorno per giorno la danza macabra delle loro parole e dei loro gesti che in questi otto anni abbiamo volta a volta veduto:
Vilipendere e tradire ogni Principio Cristiano e Religioso, negandolo, mentendolo o facendone oggetto di speculazione politica. Offendere Dio e le sue Leggi, esaltare il Maligno.
E questo uccide lo Spirito.
La Russia sovietica allearsi con la Germania Hitleriana, e la Radio e i giornali comunisti dire che era ben fatto, che Stalin evitava, con questo, la guerra e il trionfo degli Stati capitalistici e borghesi. La Russia sovietica alleata della Germania hitleriana invadere mezza Polonia, e la Radio e la stampa comuniste dire che era ben fatto; e poi combattere a fianco degli anglo-americani - gli Stati capitalistici e borghesi - e la Radio e la stampa comuniste dire che era ben fatto. E questo uccide lo Spirito.
Ministri e Capi di Stati democratici professare, in anni non lontani, amicizia, ammirazione, pieno consenso per il Capo e per gli ordinamenti di uno Stato totalitario; più tardi maledirlo e additare esso e l'intero suo Paese alla esecrazibne universale, al castigo più duro, al dileggio della fustigazione e dell'offa; più tardi ancora - ieri - affacciare candidamente l'ipotesi che una economia controllata, una produzione regolata, una ingerenza dello Stato nell'attivitá dei cittadini a scapito delle loro libertà - che vuol dire «totalitarismo» - sono forse necessarie, oggi, alla convivenza sociale. Dov'è la Verità? dove la Menzogna? Fin dove la Speculazione? E questo uccide lo Spirito.
Roosevelt condurre la campagna elettorale del 1939 sotto la bandiera dell'isolazionismo, e appena eletto Presidente della Repubblica entrare in guerra accanto alla Gran Bretagna. E questo uccide lo Spirito.
Roosevelt essere proclamato dai politici e dalla stampa di tutto il mondo «salvatore dell'umanità e dell'Europa» fino a tre anni fa; e da due anni a questa parte essere denunciato, dai politici e dalla stampa della sua stessa America, nemico N. 1 degli Stati Uniti, e distruttore della civiltà e dell'indipendenza europea. E questo uccide lo Spirito.
Uomini di Stato europei opporsi, una dozzina di anni or sono, alla costituzione degli Stati Uniti d'Europa che, si disse, forse avrebbero salvato la Pace e gli stessi uomini del nostro Continente proclamare oggi che solo negli Stati Uniti d'Europa è speranza di Pace. Dove è la Verità? dove la Menzogna? Fin dove la Speculazione? E questo uccide lo Spirito.
Castigare e opprimere Nazioni, Regioni, Città, Individui che mostrino un minimo di dignità e di senso dell'onore; e troppe volte fomentare, incoraggiare, premiare in ogni modo la prostituzione morale, la vigliaccheria, il più abietto servilismo. La sovrabbondanza, la inflazione del coraggio fisico andardi pari passo con il disprezzo della vita umana; e farsi estremamente raro, fino a diventare del tutto irreperibile, il coraggio civile. E questo uccide lo Spirito.
Agnelletti che belavano tenerissimi al loro pastore: «Se fossi cane e ti volessero far male, non ti lascerei toccare» - farsi subitamente, (come lo vedono chino a osservare i vermi della terra, e lo credono abbattuto), farsi mastini ringhiosl, e cercar di mordere la mano di lui carezzevole e il cuore amoroso. E questo uccide lo Spirito.
Galoppini chierici e mantenuti dei vecchi Santoni, senza pudore abbandonare gli usati, e precipitarsi al piedi dei nuovi altari, e qui ricucirsi le varie verginità slabbrate facendosi delatori ed erigendosi a giudici, senza conoscer Giustizia, di chi seppe esser giusto. E questo uccide lo Spirito.
Vecchi sapienti, Maestri delle Dottrine «Liberali» desiderare e auspicare la disfatta della propria Patria in guerra , pur di veder cadere un Regime politico: ciò che è la quintessenza dello spirito fazioso, cioè antiliberale. E questo uccide lo Spirito.
Sapienti Maestri e cultori delle classiche discipline giuridiche e del Diritto - che dovrebbero costituire la inquadratura fissa e incrollabile della Morale della Giustizia del Diritto nella società civile, - e di fede Liberale per giunta, distruggere alla base ogni idea di Giusto e di Ingiusto, di Lecito e di Illecito, di Obbedienza e di Disobbedienza, di Dovere e di Arbitrio, promulgando leggi nelle quali è punito oggi come una colpa quello che fu ieri adempiuto come un preciso obbligo di legge di un cittadino; e una fede nazionale lealmente professata e confessata diventa motivo di ostracismo e di persecuzione. E questo uccide lo Spirito.
Vecchi Maestri carichi di esperienza, conoscitori e custodi di tutte le esperienze dei Secoli, ripetere parole e tollerare o commettere azioni già condannate dall'esperienza dei Secoli. E questo uccide lo Spirito.
La stampa e i politici francesi dire, al tempo di Monaco, «non vale la pena battersi per la Cecoslovacchia», e al tempo di Danzica proclamare: e un dovere battersi. E questo uccide lo Spirito.
La democratica Francia prepararsi per venticinque anni a, questa guerra; cadere in ginocchio in quaranta giorni, e non essere indiziati di tradimento e di malversazione tutti i governanti della Repubblica, dal 1918 al 1940. E questo uccide lo Spirito.
Tutto il mondo civile additare all'infamia e alla condanna - facendone uno strumento di propaganda bellica - la politica razziale di Hitler, e non commuoversi affatto alla esplosione di xenofobia feroce verificatasi nella civilissima Francia allo scoppio della guerra: aUtentica quanto scandalosa «variazione nazionale e Ersazt dell'antisemitismo tedesco» , come fu chiamata da uno che la sperimentò. E questo uccide lo Spirito.
La Gran Bretagna dichiarare la guerra alla Germania per difendere la nazionalità polacca di Danzica, e poi abbandonare l'intera Polonia al dominio della Russia sovietica. E questo uccide lo Spirito.
Impiccare a Londra un cittadino inglese per essere stato - guerra durando - agli stipendil di Radio-Berlino; ed eleggere solennemente fra i disinfestatori, i rieducatori e i riconsacratori della Casa profanata e della vergine polluta cittadini di un altro paese che si erano comportati allo stesso modo del britanno. E questo uccide lo Spirito.
Antony Eden deplorare, come prova di intolleranza, la proscrizione onde sono colpiti nella Russia sovietica alcuni intellettuali e artisti, e dichiarare che «questo spirito di chiesuola, e del più misero, è agli antipodi di quello delle Nazioni unite» (14 sett.). Ma nella stessa Inghilterra poi, e in alcuni Paesi della zona d'influenza occidentale, dominare e tiranneggiare altri e peggiori spiriti di chiesuola: con le loro proscrizioni e intolleranze, e con i loro tentativi di assassinio morale. E questo uccide lo Spirito.
Supremi consessi internazionali studiare e dettare una Carta statutaria della umana civile convivenza, e alla prima occasione riaffondarla nell'Occano Atlantico sulle cui schiume l'avevano scritta. E questo uccide lo Spirito.
Supremi consessi internazionali promettere solennemente e garantire, come uno dei supremi fini della guerra, il diritto di autodecisione dei popoli, e ogni giorno poi violentare e calpestare tale diritto. E questo uccide lo Spirito.
Statisti britannici erigersi a difensori e vindici del perseguitato Popolo di Israele, e statisti britannici esser decorati per dileggio e insulto dalle comunità ebraiche d'Inghilterra, della svastica ariana di Hitler, e denunciati come persecutori del Popolo d'Israele. E questo uccide lo Spirito.
Proclamare inumani e barbarici - con piena ragione - i campi di concentramento per gli ebrei in Germania, e tollerare gli altrettanto inumani e barbarici (con l'aggravante della ipocrisia) campi di concentramento inglesi nell'Africa e in India. e quelli francesi nella dolce terra di Francia: per ebrei, e per non ebrei. E questo uccide lo Spirito.
Gridare - giustamente - ai microfoni di tutto il mondo l'infamia la brutalità la barbarie delle S.S. germaniche; ma nascondere o velare nell'omertà del silenzio e della reticenza le impartite lezioni di banditismo e di corruzione, e le amorose distribuzioni di sifilide bianca, negra e color oliva, operate - a titolo di liberazione e di civilizzazione - dagli, eserciti occupanti dell'ovest e dell'est, nel sangue e nell'anima della vecchia, disfatta Europa. E questo uccide lo Spirito.
Predicare la guerra umanitaria, civile, ad armi lecite; considerare criminali di guerra e fuori, legge chi non abbia seguìto tali norme paradossali; ma trovare umanitario lecito e civile l'uso della bomba atomica. E questo uccide lo Spirito.
Trasformare l'immenso dono offerto dal genio di Marconi alla civiltà, in uno strumento di vergogna e di delinquenza: diffondendo la menzogna, istigando con esso all'inganno, al tradimento, all'assassinio. E questo uccide lo Spirito.
Uomini di scienza, eroici studiosi di malattie orrende, veri e grandi benefattori dell'umanità, far ludibrio della Scienza e del Ministero che professano e delle benemerenze che si sono acquistate, servendosi, nel campi di concentramento germanici, di uomini e di donne come di cavie, per le loro esperienze e i loro studi; e inoculare la tubercolosi in una samaritana, il lupus in un costruttore di Sion. Fare, così, anche di Igiea uno strumento di tortura e di morte. E questo uccide lo Spirito.
Molotoff accusare di imperialismo Trumann; Marshall accusare di imperialismo Stalin. L'uno, denunciare le Democrazie occidentali come soggette alla tirannia dell'oro; l'altro, affermare che nella Democrazia orientale domina il terrore rosso. In quale, dei due opposti Assoluti, è la Verità? In quale la Menzogna? In quanta parte - nell'una e nell'altra condanna - entra la Speculazione? E questo uccide lo Spirito.
Invocare da tutti i Padri Zappata d'ogni paese e d'ogni colore il rispetto, i diritti, la supremazia dello Spirito; e non d'altro preoccuparsi, e ver null'altro accapigliarsi che per l'arraffamento dei beni materiali. E questo uccide lo Spirito.
Proclamare la guerra e la lotta ad oltranza centro la tirannia, la fazione, l'intrigo, e instaurare i dominii e i chiusi feudi di più perfide tirannie e fazioni, e di più settarii intrighi. E questo uccide lo Spirito.
Promettere di liberare il mondo «dalla PAURA», e fare della PAURA lo stile di vita dello intero gregge umano. Per PAURA rinnegare fin l'amor di Patria; per PAURA nascondere o tradire la Verità; per PAURA tenere in vigore e aggravare Leggi liberticide e faziose; per PAURA seminare e coltivare la discordia e il disordine, il rancore e l'intolleranza; per PAURA mutar tre volte casacca in sei mesi; per PAURA rompere e rinnegare brutalmente vecchie amicizie e convivenze; per PAURA farsi delatori e spie; per PAURA disconoscere antichi affetti, trascurare elementari doveri, dimenticare benefici ricevuti, umiliarsi davanti a se medesimi fino a «perdere la dignità di vivere» ; per PAURA fare scempio di ogni sentimento e di ogni parvenza di solidarietà umana. E questo uccide lo Spirito.
Tutta la parte migliore e maggiore della vecchia e disfatta Europa far suo proprio il grido disperato del Pioniere galileo in A. D. Gordon: «Noi ci scuotiamo di dosso la vecchia vita, che si è fatta putrida sulle nostre persone, e ricominciamo da capo. Non vogliamo cambiare nè vogliamo migliorare. Vogliamo solo cominciare dal principio» . E l'irridere a questa invocazione, e non permettere agli uomini di buona volontà della vecchia Europa di «ricominciare da capo».
***
Chi dunque ha ucciso lo Spirito? È orribile dirlo; proprio coloro che, bandendo la grande Crociata contro i due grandi colpevoli, avevano promesso all'intero mondo, se avesse saputo liberarsene, la Redenzione, la Giustizia, la Verità, la Liberazione dalla Paura e dalla Fame, dalla Violenza e dall'Intrigo, dalla Tirannia e dal Male, dall'Ipocrisia e dall'imperio della Materia. E il trionfo dello Spirito, e la rivendicazione della Dignità umana.
Avevano promesso un Assoluto di Bene e non hanno tenuto fede a nessuno dei loro impegni. Ci hanno ancora abbeverato di lagrime, di sangue, di fiele; e oggi, caduta la maschera, ancora ci minacciano lagrime, sangue, fiele. Preparano l'Apocalisse.
Questo è il bilancio del dopoguerra, alla stregua dei fatti che ciascuno di noi ha veduto e annotato nella propria coscienza (se ne disponga).
Questa è la cronaca spaventosa del collasso morale, della disfatta più vera e maggiore, quella dello Spirito, alla quale abbiamo assistito. E ognuno può constatare che, nel quadro angoscioso e documentato, non una sola Idea, non una sola Dottrina, non un solo Sacro Principio riesce a salvarsi e a sopravvivere. Non v'è Altare che non sia stato profanato e sporcato di fango dal suoi stessi officianti; non v'è Fede che, dai suoi stessi zelatori e sacerdoti non sia stata negata, o rinnegata, e spietatamente castigata nei suoi confessori.
A quale Idea si affideranno ora, non dico le folle beote, ma gli stessi cervelli pensanti e gli animi ansiosi del bene altrui e del proprio, dopo il cataclisma morale che ha screditato e rovesciato ogni Idea, e che ha disorientato le più salde fra le libere coscienze? Come si può non ricordare che, da Pericle in poi - vuol dire da 2.500 anni in qua - il mondo ascolta dal politici (e oggi più che mai) sempre gli stessi annunci di un grande sole che deve sorgere - mai non vede, però, gesti che valgano la nobiltà di quello per Cimone - e che mai come oggi e parso al mondo di trovami al crepuscolo di una nuova notte medioevale, che sarebbe ben più tenebrosa e cupa dell'altra, perchè tutta Materia, e niente Spirito? Quale Credo civile potrà un cittadino far proprio, dopo quello che ha veduto, senza dover temere di essere un giorno condannato al rogo, come eretico? Chi oserà difendere la propria libertà spirituale, la propria dignità di uomo, la fermezza delle proprie convinzioni, se mai come oggi tali attributi e volontà sono nati cagione, nei popoli e nel singoli, di persecuzioni, di ostracismo, di fame? Chi crederà più alla supremazia dei valori spirituali, se ogni giorno, e mai come oggi, tali valori sono oppressi dai materiali, e violentati, e umiliati?
***
Ma, singoli e massa, governati e governanti, sembrano non accorgersi di nulla. Nulla capiscono di quello che è accaduto.
I governati - i popoli - sembrano cedere all'istinto di non guardare per non vedere. I lutti sofferti, i pericoli corsi, le distruzioni subite, i patimenti, la paura, la fame di ieri e di oggi; le delusioni e le umiliazioni dovute sopportare (se si pongono a raffronto i popolani ignoranti e i coltivati signori avvicinati in questi anni, è nei primi che dobbiamo riconoscere una più schietta e viva sensibilità davanti alla tragedia nazionale: in Italia e fuori d'Italia. Valga per tutti il pianto «di tutta la popolazione», pianto corale di lagrime vere, non retorico di non so quale villaggio provenzale, il giorno della caduta della Francia), lo svuotarsi, giorno per giorno, di ogni Ideale e di ogni Speranza, hanno vestito di una dolorosa veste di scetticismo e di indifferenza le masse popolari come i singoli, e ne hanno inaridito il cuore. Le hanno disorientate, le hanno convinte forse della loro impotenza, del loro destino immutabile: di essere eterno zimbello del tribuno di turno. Le hanno piegate al senso di una fatalità che credono invincibile: lasciarsi condurre da un dottor Miracolo - magari al macello. Ogni luce morale, ogni grande fiamma spirituale è stata spenta - dalle stesse Vestali che dovevano alimentarle - davanti ai loro occhi. È la Parabola dei ciechi che si ripete, moltipllcata per milioni di volte. E fosse almeno un veggente quegli che conduce l'innumerabile teoria di infellci; ma è cieco anch'esso, e cade.
Ecco, allora, perché nel popolo dei «bassi» e dei rioni proletari come in tanti strati della borghesia, che è popolo anch'essa, si osserva questa assenza, questo gretto pensare soltanto ai casi proprii e immediati, -questo distogliere la mente dalla enorme portata dell'evento che si è compiuto e da quello, più enorme, che si prepara. Non è bastato, evidentemente, che Capi di Stato e governanti senza scrupoli giuocassero per tanti anni sulle nostre vite, sui nostri affetti, sul nostro lavoro, sui nostri beni. Proletariato e borghesia sembrano di nuovo disposti a prestarsi al nuovo giuoco che nuovamente si va ordinando: non certo per consentimento o perché vi aderiscano, ma per «indifferenza» , e perchè, in fondo, non credono possibile tanta mostruosità (ma quelli di lassù fanno sul serio). Non perché li illuda qualche nuova speranza, ma per disperanza, per stanchezza, per rinuncia a lottare contro il Male e contro i suoi sacerdoti. Se riflettessero, però, che anche questa stanchezza, anche questa rinuncia entrano nei calcoli di quel sacerdoti, direbbero forse: giuoco per giuoco, la mia vita voglio questa volta giuocarla a modo mio. E forse si desterebbero dal sonno immemore e insidioso, e farebbero sentire la loro voce.
Ben diverso è il caso dei popoli d'oltremare. Dicono i giornali, dicono sopra tutto i viaggiatori che ritornano da New York, da Chicago, da Los Angeles, da Washington, «nel nord America v'è la psicosi di guerra» . Ecco, oltre Oceano, profilarsi il pericolo di quella «unanimité pour la guerre» di cui parla il Rolland. Ma sanno, gli americani, che cosa significa, oggi, guerra? Ne hanno qualche vaga notizia dai loro soldati che l'hanno fatta qui in Europa, sulla nostra pelle; ma per esperienza personale e diretta - che è quello che conta - non ne hanno la minima idea «pratica».
Se è vero - come si sente dire - che l'80% dei reduci invalidi di guerra americani sono malati di nervi, noi non vorremmo mai augurare, ai cittadini di Washington o di New York, di Los Angeles, di Chicago o dell'ultimo villaggio della Repubblica, non dirò i centoventi bombardamenti aerei che abbiamo avuti a Napoli: i quali hanno distrutto molte vite umane e hanno sfondato, diroccato, rovinato case e palazzi, ma non sistemi nervosi; ma neanche ci sentiamo di augurare i tre bombardamenti che ebbe Roma.
Diglielo tu, Mitropulos, che ci vivi in mezzo, diglielo tu agli americani: «questa» guerra sarà sportivo farla, con tutte le comodità moderne come essi possono; ma non è affatto sportivo, nè comodo, riceverla a domicilio. Credano a chi l'ha sperimentata. Da quella gente pratica che sono, si dimostrino pratici. E, invece della psicosi di guerra, si facciano prendere dal fanatismo dal furore dall'ossessione della Pace. E lo facciano sapere ai loro governanti.
I governanti, poi, mostrano di non vedere l'abisso che - con l'abiura di ogni religione spirituale e di ogni Verità e Giustizia - si sono essi medesimi scavato sotto i piedi. E, tutti intenti alle miscrevoli lor dispute di parte e di fazione, e alle loro accademie parolaie, sono solleciti soltanto dei propri appetiti, dei propri interessi materiali, delle loro ridicole ambizioni. Solo d'accordo in questo: nell'andare tutti ciecamente, e nel condurre il mondo all'estrema rovina.
Come dice il Koestler ad altro proposito: «Non capiscono affatto quello che è successo. I passeri cinguettano sui fili telegrafici mentre il filo trasmette telegrammi con l'ordine di uccidere tutti i passeri».
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Questo è il magro, incompletissimo campionario delle Opere che lor signori ci hanno largito, in cambio degli Idoli, degli Assoluti di Bene e di Felicità che ci avevano promesso. Su questo metro, molto umano, molto liegittimo, molto «Verificato» nella sua esattezza dall'Ufficio Pesi e Misure della Storia, noi possiamo misurarli nelle loro vere stature; considerarli nelle loro autentiche possibilità. E pregarli, in fine, di rinunciare una volta per sempre agli Idoli e agli Assoluti, al quali nessuno più crede nel mondo: neanche essi, questi tragici pigmei, che ci vivono e ci speculano sopra, a tutte spose di una umanirà che rendono ogni giorno più infelice, più angosciata, più disperata.
Noi rinunciamo volentieri all'Utopia, all'Idolo, all'Assoluto, comunque esso si chiami. Noi non vogliamo saperne del Paradiso in terra. Ci accontentiamo del Purgatorio. Siano essi tanto ragionevoli e discreti da non voler anzi tempo condannarci - per il piacere delle lor dialetti che e dei loro affari - ad un terrestre perpetuo inferno.
E se non riescono proprio a mettersì d'accordo, rinnovino una bella, civilìssima Storia della vecchia Italia. Si chiudano tutti, quanti sono - cento? mille? tremila? Non credo siano in numero maggiore, in tutto il mondo, i veri sovvertitori della vita mondiale - in una Arena: armati quanto e come vogliono; e diano sfogo, là, alle loro risse sanguinose; e là risolvano i litigi dei petroli, dei mercati, dei beni materiali, i isoli che li interessino. Ma con le loro braccia e mani e armi, con i loro piedi e con le loro zucche di macigno, e senza esclusione di colpi. E sulla loro pelle, finalmente.
Quanto più se ne daranno, tanto più noi tutti - tutto intero il mondo! - saremo contenti. Tanto meglio ci sentiremo sollevati, confortati, edificati, ammirati, di vedere finalmente alcuni signori in tuba e tight rischiare per certi loro Idoli, o Ideali, o Assoluti, la propria pelle, e mostrarsi disposti a rimettercela. E che, per una volta tanto, non pretendano che siano i Popoli a farsi ammazzare per compiacere le favole che raccontano e gli spropositi che continuamente e instancabilmente commettono. E se, dopo lo spettacolo, alcuni ne rimangono in piedi, di questi signori (ma speriamo di no), facciano insieme comunella; si scelgano un'isola in mezzo all'Occano Pacifico (l'Atlantico non «mena buono») e fondino, là, la loro Repubblica Ideale.
Noi, qui in Italia, ci accontentiamo della nostra. Noi, qui in Italia, siamo un po' svelti a capire. E siccome alcuni di noi hanno capito benissimo l'accaduto, i nostri grandi Ideali nazionali, gli Assoluti, gli Idoli, li abbiamo tutti mandati in soffitta, e non ci pensiamo più. Così facendo, da gente pratica come ci stiamo dimostrando, non e escluso che fra cinque o dieci anni (vettovaglie arrivando d'occidente) si stia benone.
Ci lascino dunque vivere, lor signori; ci lascino e lascino lavorare a loro talento gli industriali e i contadini, i pescatori e le guide agli scavi, i manovali e gli artisti. Gli artisti: i soli, nel mondo, veri datori di gioia al mondo.
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Dice qualcuno che questo non è momento di scherzare? Ma scherzava forse ieri il Ministro francese della Produzione, Lacoste, quando avvertiva essere imminente la nuova guerra? Scherzava il Ministro francese della Marina Jacquinot, quando precisava: La guerra ci è alle calcagna? Scherzava il Ministro francese della guerra, Coste-Floret quando insisteva: La guerra non scoppierà nel 1957, ma nel dicembre 1947? E il generale Eisenhower che la rinvia, al massimo, di dieci anni? E il russo Gulicvili che la prevede per il 1952? E Emery Reves che dichiara: «Certi statisti dicono che è criminale parlare di guerra tra la sfera russa e l'americana. Io credo che sia criminale non parlarne?» .
Se non scherzano costoro, che presuppongono come posta del giuoco la vita di centinaia di milioni di esseri umani e un'indubitabile tenebra medioevale ancor più profonda e ottusa di questa in cui brancoliamo da anni, neanche noi scherziamo quando, nella disperata ricerca di una salvezza, chiediamo che il giuoco sia limitato a coloro che se ne fanno un piacere o un mestiere, e che per posta abbia non la vita e i beni dell'intera umanità, ma la vita e i beni soltanto di lor signori.
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Questo chiediamo noi, artisti della vecchia e disfatta Europa. Questo vogliate chiedere voi, Schostakowitch e Gotovac, artisti delle giovani, vittoriose, trionfanti Russia e Jugoslavia; e tu, Mitropulos, di quella Grecia dove già arde minaccioso un principio d'incendio; e che vivi nella giovane, vittoriosa trionfante America; e tu, Durand, della Svizzera - questa sì - esemplare.
Voi ho chiamato per nome; ma come a voi, mi rivolgo a tutti gli artisti veri: ad ognuno, cioè, che non faccia de soi et de son idéal le centre de l'Univers; e che non veda nei propri affari e nelle misere vanità personali il meschino unico scopo delle sue manovre e congiure e battagliette. Agli artisti veri, cioè a tutti coloro che si sentono umili davanti alla grandezza dell'arte. Dai quali i vostri Potenti, come i nostri - se non vogliano alzare gli occhi verso altezze ultraterrene alle quali non credono - avranno qualche cosa da imparare. L'umiltà, appunto, davanti alle cose più grandi di loro; le quali trascendono la vita di due o tre generazioni, o nazioni o continenti, per investire la vita dell'umanità intera e della specie che, chiamandosi «umana» , dovrebbe presupporre, anche nei suoi reggitori, un minimo di umanità.
Se noi, di questo vecchio Continente che ha perduto la propria indipendenza, riusciamo a vincere la perplessità e la «paura» che ci potrebbero incutere certe strane esperienze di questi primi anni di Libertà individuale finalmente riconquistata, e osiamo chieder tanto - che è poi un «minimo»: lasciarci vivere, riconcederci il sollievo del sorriso - quanto più agevolmente e senza perplessità ne timori potrete chieder voi, ai vostri uomini potenti, altrettanto, in appoggio e a rinforzo delle nostre suppliche. Voi di Russia e Jugoslavia, i Paesi di un Assoluto raggiunto, dicono i vostri; e dove la felicità e il benessere del popolo sono così strabocchevoli, che i vostri Potenti sarebbero tentati, a quanto pare, di farli straripare fin tra le nostre macerie, e che solo per questo eccesso di spirito umanitario e benefico minacciano di attaccar lite con i Paesi d'oltremare, alla protezione e ai rifornimenti dei quali ci siamo lietamente affidati.
Ditelo, ripetetelo, ai vostri Potenti: noialtri di Europa agli «Assoluti» , agli «Idoli» non pensiamo più. Siamo vecchi, noi d'Europa. Abbiamo tutto sognato e tentato; tutto provato; tutto pagato di nostra tasca. Adesso vogliamo star quieti, per ricostruire le nostre case e riattivare le industrie e i commerci, e coltivare i campi e navigare i mari; e per riordinare le nostre biblioteche e pinacoteche, e far musica, e dipinger quadri, e scolpire statue. Per tutto il rimanente ci accontentiamo della mediocrità raggiunta, perchè i grandi Ideali - quelli che ogni trent'anni trasformano il mondo in una macelleria - non si addicono più a piccoli paesi e ad economie asmatiche come queste, della piccola Europa.
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Se, poi, neppur voi siete proprio sicuri che quelle che escono dalle labbra dei vostri capipopolo siano tutta Verità del Vangelo e Promesse infrangibili; se anche voi siete stanchi di carneficine e di distruzioni, valetevi della vostra individuale libertà, come noi ci valiamo della nostra. E alzate la voce e richiamateli al senso delle LORO PERSONALI PROPORZIONI E MISURE, i vostri fanatici promettitori di un assoluto di dmocrazia, di felicità, di pace perpetua all'umanità non d'altro affamata che di «esser lasciata vivere» , di ricominciare a sorridere.
Richiamate - sia pure fatica sprecata: avrebbe assolto un vostro dovere, potrete dire un giorno: con le mie poche forze, l'ho tentato - richiamate, ma Oggi, non Domani, alla ragione e alla discrezione i vostri mentecatti, i vostri aguzzini furiosi, come noi richiamiamo i nostri. E se si mostrano duri a capire, appellatevi ancora all'impossibilità provata - per quei men che mediocri che sono - di raggiungere vette, di attingere ASSOLUTI cui non possono neanche levare lo sguardo.
***
Invitateli: che siano essi medesimi a misurarsi.
Si pongano, uno qualunque o tutti insieme, questi venditori d'oppio: essi, le loro promesse e le loro opere, le cattive e le buone, accanto all'ASSOLUTO raggiunto dall'arte di un artista: la promessa mantenuta, il Bene prodigato, la felicità - per chi sappia riconoscerla - concessa e concretata. Il miracolo UNICO che si conosca in cui, per confessione dello stesso Creatore, la cosa inerte si è fatta Idea, la pietra si è fatta Spirito, la forza morale e l'ardore della fede di un Uomo si è fatta immagine e simbolo di Morale Imperio.
Si pongano, essi, queste sparute larve, accanto al colosso: il Mosè di S. Pietro in vincoli.
Eccoli, li vedete? Si vedono, essi, chi sono?
No. Non è per far piacere a lor signori che fra qualche mese o fra qualche anno l'umanità intera farà karakiri.
Se nessuno osa dirlo, lo dicano, fin che ne è tempo, gli artisti.

ADRIANO LUALDI

Napoli, dal Vomero, 10 settembre. Roma, il giorno di Santa Cecilia, 1947.