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ADRIANO LUALDI

DIARIO XII

TUTTI VIVI


PICCOLO DIZIONARIO DEL PRIMO FESTIVAL
INTERNAZIONALE DI MUSICA DI VENEZIA

(7-14 settembre 1930)


A. - Lettera vocale, la prima dell'alfabeto. Nome del primo suono dell'antica scala fondamentale; sesto della scala attuale; corrisponde al la dei latini. Settima lettera della parola Festival, il quale, appunto per questa ragione, comprende sette concerti.

ALALEONA DOMENICO. Fino a che visse, pochi sorrisi, rari conforti alla presaga sua malinconia; adesso, si sa, qualche soddisfazione gli si può dare.

ALFANO FRANCO. Per gustarlo, bisogna metterlo a contrasto con Leone Sinigaglia. F. Alfano è esplosivo, e L. Sinigaglia cuoce a fuoco lento; l'uno parla energico, con velocità di mitraglia, e gestisce con altrettanta eloquenza; l'altro parla dolce e lento, misura le parole, e i suoi gesti oratorii non interessano, mai, piú dell'avambraccio; si fermano spesso al polso; si rifugiano quasi sempre nelle prime falangi del pollice ed indice della mano destra. Alfano ama la franca aperta risata e non conosce - forse non l'apprezza né pure - l'umorismo sotto pelle; e Sinigaglia adora l'umorismo mascherato di serietà ed è, in queste schermaglie, maestro. Alfano ha, sulla sua coscienza, una spaventevole quantità di diesis e di bemolli e di manicaretti musicali i piú raffinati e complicati dell'Artusi internazionale; e Sinigaglia è diatonico come il cuore duna vergine di cinquant'anni fa, e ama, nella sua cucina musicale, i sapori* schietti' eprecisi, con qualche tendenza alle vecchie buone droghe paesane.

ARCIMBALLO. - Istrumento musicale la cui invenzi . one
è attribuita a Leonarda da Vinci, e che si vuole sia
stato molto in voga al tempi di Lodovico il Moro.
Ma di arcimballe è ancor oggi pieno il mondo mu-
sicale italiano ed estero; specialmente quello di al-
cuni Festivals.

ASSALTO. v. DILIGENZA.

ATONALITÀ
v. POLITONALITÀ.

BARILLI BRUNO. - Ha una faccia stranita e dolcemente feroce dove gli occhi luminosi e chiari' sono come un'azzurra promessa di pace nel drammatico paesaggio di ossa frontali e nasali grandiose e,minaccianti, foderate di una pelle asciutta e matura da capitano di lungo corso. Porta al vento una criniera di capelli che sprizzano violenti dal capo, e s'ammorbidiscono e s'inanellano poi, come addomesticati dalla mite aria capitolina.
Sempre, nei contrasti vivi fra l'invettiva e la carezza, fra le fughe nei paesi di fantasia e le fotografie grottesche nei paesi della realtà, si ritrova nei suoi scritti quel tanto di Zingaresco e di raffinato, di primitivo e di navigatissimo, di scontroso e di sentimentale che sono nella sua figura d'uomo. Talvolta, fra riga e riga, o sui margini di qualche pagina, traspaiono i segni di una malinconia e di un dolore profondi, che si sforzano invano di rimanere nascosti.
Perché Bruno Barilli è un artista; anche se, nei tempi critici che corrono, il suo pane si chiami «critica».

BARTOK BELA. Nel 1905, uno scandalo fece chiasso nei giornali di Budapest. Durante una prova d'orchestra, una «tromba» austriaca si rifiutò di suonare la caricatura dell'inno imperiale, com'era imposta in una opera nuova.
L'opera era il Kossuth; l'autore Bela Bartok; il quale, alla maniera dei rivoluzionari del '48, cercava di coprire di ridicolo l'inno dei dominatori Absburgo, perché voleva scoprire ed esaltare l'anima piangente della Patria ungherese.
BIANCHI GABRIELE. «Il Premio Venezia».

BIANCHINI GUIDO. - Toi, ma chérie, et moi .

BLOCH ERNEST. Abbondanza di temi ebraici, e primi modelli di quegli spunti di danze o di quegli incisi ritmici a ripetizione che sarebbero diventati comuni e obbligatori, nelle musiche tagliate sul figurino, come l'henné sulla testa delle signore.

BUSONI FERRUCCIO. «Per libertà di forme io non intendevo l'informe; l'unità tonale non è stata mai per me identica ad uno zig-zag disordinato di armonie senza scopo; rivendicando in fine i diritti dell'individualità, io non mi riferisco affatto alle oltracotanti elucubrazioni di un ignorante qualunque».

CASELLA ALFREDO. «Come direttore d'orchestra sono arrivato alla «maniera» di comperarmi terre e di costruirmi castella; come compositore sono arrivato, è vero, alla mia terza maniera; ma, i n compenso, non voglio piú ricordarmi in che maniera si suoni il pianoforte».

CASTELNUOVO-TEDESCO MARIO. Ha fatto danzare Re David; ha fatto cantare Machiavelli; ha intonato le canzoni di Shakespeare; ha messo in musica gli heiniani conversari sull'amore intorno ad un tavolino da tè. Se le musiche di questo mellifluo Niagara dei suoni fossero acqua, città e campagne sarebbero, in Val dArno, allagate. E non resterebbe, a dominare la situazione, che Bacco, in Toscana: coronato di pampini (e messo in musica, anch'esso, da Mario Castelnuovo Tedesco).

CONCERTO IN PIAZZA. Quando i Mori della Torre dell'Orologio suonano le due, al primo tocco di campana, con accordo stupefacente, offrendo uno spettacolo indimenticabile, tutti i colombi prendono il volo dai cornicioni, dalle modanature, dalle finestre, dalle cariatidi dei tre palazzi dove attendevano; e volteggiano bassi sulla piazza, dal lato della nuova ala del Palazzo Reale.
È una nuvola sonora che passa, ed oscura quasi il cielo; un vastissimo irrequieto accordo di diecimila flauti lontanissimi, una musica indescrivibile, inimitabile, una specie di arpa eolia viva e palpitante, che riempie l'aria di armonie fugaci e mutevoli. Un sogno di musica dinanzi alla Chiesa del sogno.
Il vortice di ali ondeggia e volteggia rapidissimo; ad un tratto si abbatte vertiginosamente verso un unico luogo.
Un «Vigile» è apparso in questo momento. È l'atteso: è il Ministro dell'Annona, del quale i colombi hanno spiato - lanciandosi a volo allo scoccar delle due - l'arrivo. Reca un sacchetto: lo vuota moderando l'uscita del grano sul pavimento, e tracciando un ampio disegno, a volute, simile a una enorme chiave da violino. I colombi si affollano su questa striscia di grano: è tutto un brulicare, un contrastarsi, un sopraffarsi affannoso. Mai un posticino nel programma di un Festival fu conquistato con tanto ardore di «levati di costà, che ci vo' star io», come, dai colombi di Piazza San Marco, è combattuta con ardore questa quotidiana battaglia del grano.
COOLIDGE ELIZABETH S. - «Monsieur Lualdi, j'espère vous voir avec M.me Lualdi, le septembre 1931 à mon Festival de la South Mountain, at Pittsfield, Massachussetts».

CORELLI ARCANGELO. Arcangelo della musica ai suoi tempi; e anche ai nostri.

DEBUSSY CLAUDE. Se Mallarmé e Baudelaire, Verlaine e Maeterlinck non fossero esistiti, vien fatto di pensare, la musica di Debussy sarebbe stata diversa da da quella che è - o non sarebbe stata. È noto che, fanciullo, egli non ebbe nessuna speciale predilezione per la musica; è noto che nacque da una famiglia nella quale la musica era lettera morta, che non mostrò nessuna precocità, che non subi i legami di nessuna ereditarietà e che, al Conservatori o, quando gli davano da armonizzare una melodia, non riusciva mai a trovare l'armonia dell'autore».
Dei suoi poeti, sì, egli seppe trovare l'armonia; delle poesie e dei drammi nati per lui, sì, seppe rendere musicalmente l'atmosfera e il colore.
È l'azzurro: il colore che ossessionò Mallarmé e contro il quale invano questi cercò di ribellarsi. Tutta una sinfonia di azzurri è il San Sebastiano; verde-azzurro è il Mare di cui Claudio canta il poema; di azzurro è vestita l'anima dolce ed infantile di Melisanda.

DE FALLA MANUEL. «C'est aux leçons de Pedrell et à la puissante stimulation exercée sur moi par ses oeuvres que ie dois ma voie artistique et cette initiation indispensable à tout apprenti de bonne volonté et de noble intention».

DEFICIENTE. Aggettivo - Significa, nel gergo di alcuni superuomini che vivon tra le quinte dei teatri, nelle anticamere delle sale da concerto, che grattano il violino, che scrivon sulle gazzette e che battono il tempo da un podio, «compositore vivo».

DILIGENZA - v. SUPERIORI AUTORITÀ - v., come usato frequentemente a rallegrare la monotonia di tale antiquato mezzo di trasporto, CORTEMME.

DIVERTENTE v. INTERESSANTE.

FERRO PIETRO. Nato nel 1903. Il piú giovane di tutta la compagnia.

FESTIVAL. Costosa e complicata macchina che serve a muovere le onde del Mar Morto di Musica, e a fare andare in bestia i pianisti, i violinisti, i canterini, i critici e i direttori d'orchestra amanti del quieto vivere ed affezionati al repertorio à succès.

GENIO. Sostantivo. Significa nel gergo dei sopraddetti valorizzatori dell'aggettivo deficiente, «compositore morto».
GIURANNA MARIO. S'ebbe la mano destra da Elena, madre di musiche piú che di pargoli; ed è il braccio destro di molti direttori che, senza lui, rimangono di umore sinistro.

HAYDN FRANZ JOSEPH. Parrucca contenente genio.

HINDEMITH PAUL. Quando suona la viola à un angelo; quando compone, talvolta, è un diavolo. Paradiso e inferno convivono in lui e si accordano, bisogna credere, sul ritmo di un treno in marcia, perché spesso Hindemith compone la sua musica (lo di-chiara egli stesso) viaggiando in ferrovia. Ad onta di ciò, forse appunto per ciò, questo è uno dei piú forti, decisi e fecondi compositori della nuova Germania.

HONEGGER ARTHUR. «Je lève mes regards vers la montagne » (Ma si assicura che il passaggio a livello sia aperto).

INTERESSANTE = NON INTERESSANTE. Si avvertono i lettori che non seguono con sufficiente zelo certo movimento, che da una diecina o ventina d'anni a questa parte sono aboliti nei circoli musicali evoluti gli aggettivi bello e brutto, che si usavano una volta, anche parlando di musica. Da dieci o vent'anni, quando si discute di musiche nuove, bisogna dire, per mostrarsi intelligenti, moderni e buongustai, interessante... non interessante; i quali vocaboli sono applicabilissimi, come ognuno capisce, anche alla brutta musica. Da un lustro a questa parte incomincia a correre, poi, un altro modo di dire: divertente. Quando un autore riesce a farsi definire come divertente da certi circoli artistici ed in certi salotti, la sua fortuna è fatta. Avrà articoli di trenta pagine nelle Riviste sociali.
(Se poi è noioso, gli articoli saranno di pagine sessanta).

KÒDALI ZOLTAN. Qualche cosa di lontano e sognante è nella sua musica; una serenità superiore vi è raggiunta, una malinconia fondamentale vi è espressa; forse la malinconia dell'esilio spirituale dove, solamente, alcuni musicisti d'oggi possono rifugiarsi per vivere.

KRENECK ERNEST. «Jonny spielt auf». Spielt, spielt, spielt, ma suona poco.

LABROCA MARIO, ovvero «Mario e Maria». «Il lavoro fascista»; «La Società degli Autori»; l'«Enciclopedia Treccàni»; le patatine da coltivare nell'orto; la bella casa da godere; il Festival musicale...
E il «Quartetto» in via di composizione?
Il Quartetto, per ora, rimane un duetto, tra Mario e Maria.

LUALDI ADRIANO.
-Dunque, «Il diavolo nel campanile»?
- Ni, no, sno, ma, se.
- Invece, sì.
MALIPIERO G. FRANCESCO. «Io dedico all'edizione monteverdiana tutto il tempo che i miei colleghi dedicano a dir male di me. Per questo, l'edizione procede molto rapidamente».

MILHAUD DARIUS. Incominciò il suo cammino seguendo le orme di Debussy; poi, varcato l'oceano, lavò e rinfrescò i suoi panni nei ritmi e nelle rime musicali del Rio delle Amazzoni; ma eccolo, subito dopo, ancora in Europa, l'Europa-Parigi di Cocteau. Si arruola nel mezzo-plotone (ma rumoroso) dei «sei»; fa amicizia con Strawinski; s'incontra e fa duetti con Scriabine. Di ogni sua sosta coglie - e si mantiene poi fedele, come può - il tono particolare.
Così è nata, forse, la sua politonalità. Cerca la sua pace. La troverà, forse.

MOLINARI BERNARDINO. Per antonomasia «Bernardino». È magro come un chiodo, movibile come un girino, infaticabile come una macchina. Il podio dell'Augusteo è il suo regno; la bacchetta direttoriale il suo scettro; molte grandi orchestre sinfoniche di oltr'alpe sue colonie; giovani autori (dei quali molti, in verità, gli debbono l'exequatur) sua corona.
Dei mille ventotto concerti organizzati in trentanove anni (fino al 15 maggio 1927) dall'Accademia di Santa Cecilia, ne ha diretti almeno trecento; è con la sua orchestra sottile ed esigente fino al punto di chiedere l'espressività dei «pizzicati»; quando dorme sogna crome, e quando è sveglio le divora.

MOVIMENTO v. INTERESSANTE.

MULÈ GIUSEPPE. Incontrarlo di notte, in un vicolo deserto, al chiaro di luna, con quelt'opulento ciuffo che gli nasconde mezza fronte, e l'orecchio sinistro che fa da cariatide all'ala sbandata del cappellaccio nero, e gli occhi di pece e la giaccanera quadrata e le brache nere ad imbuto: può anche mettere un certo sgomento.
Ma, visto, di giorno, nel Liceo di Santa Cecilia, al suo tavolo da lavoro, fra pratiche emarginate e da emarginare, fra carte di musica scritta e tragedie greche da intonare, è il piú rassicurante e dolce uomo del mondo.
Corre, chiamato dalle esumazioni classiche, da Siracusa ad Ostia; dalle telefonate ministeriali, da Via dei Greci al Viale del Re.
Dà ai cori classici dell'Ellade qualche mite accento isolano; irrora i perditempi burocratici con qualche breve sospiro di isolana nostalgia. 'È sicilianu, e un s'u po' scurdari'.

OSPEDALE. Si chiamavano cosi le antiche scuole di musica di Venezia. Adesso, in tutta l'Italia, si chiamano Conservatori; ma, il piú delle volte, non sono né pure Accademie.
PIZZETTI ILDEBRANDO.

«O vero sommo Dio, se mai t'avessi
Per ignoranza in alcun modo offeso,
Priego che m'abbia i miei vizi rimessi... ».

Da quando ho sentito Abramo e Isacco, non riesco a dissociare la figura di Ildebrando Pizzetti da quella di Feo Belcari. Avrò torto, perché il moderno avanza di molto l'antico per forza d'ingegno; ma è certo che alla sincera elevatezza spirituale del mistico Feo fa riscontro la bella e ben nota elevatezza spirituale del mistico musicista da Parma.

POLITONALITÀ. Ecco in qual modo la sente e la dice Darius Milhaud, voce in Capitolo: «Ce qui déterminera le caractère polytonal ou atonal d'une oeuvre, ce sera bien moins le procédé d'écriture, que la mélodie essentielle qui en sera la source, et qui vient du «coeur» seul du musicien. C'est cette nécessité absolue, organique de la mélodie initiale, qui empêchera ces procédés de se figer en un système autrement mort-nè. Toute la vie d'une oeuvre ne dépendra que de l' invention mélodique de son auteur, et la polytonalité et l'atonalité ne feront que fournir un champ plus vaste, des moyens d'écriture plus riches, une échelle expressive plus complexe, à sa sensibilité, a son imagination et à sa fantaisie».

PROKOFIEFF SERGEI. A dieci anni scriveva sanguinosissime tragedie, e si sforzava di metterle in musica. I suoi maestri di armonia e contrappunto non vedevano in lui che un futuro grande pianista; il suo maestro di pianoforte non gli pronosticava che una via di salvezza: la composizione. Oggi ha quarant'anni, ed è considerato grande pianista e grande compositore. Ha dato dunque torto a tutti i suoi Mentori, e a tutti ragione. È naturale, perciò, che sia stato presentato per la prima volta alla ribalta da Sergio Diaghileff, col balletto «Le conte du bouffon qui a réussi à tromper sept autres bouffons».

RESPIGHI OTTORINO. Tutti dicono, quando lo vedono: somiglia a Beethoven; e molti, quando ascoltano le sue musiche: somiglia a Strauss, o a Debussy. Sono malignità. Respighi è molto piú bello di Beethoven, e, quanto alle musiche, si è fatto uno stile che e composito, ma che non può piú essere confuso, né con Strauss, né con Debussy.
Ha una latina morbidezza di linguaggio che lo distingue dal primo, e certe fissità armoniche che lo differenziano dal secondo. Su un accordo solo sa scrivere venti pagine di partitura interessante, e intorno ad una breve idea sa intessere un lungo e interessante discorso.
Da quando viaggiava l'Italia con l'orchestra bolognese e con Guido Visconti di Modrone, ha fatto molta strada, e ha scritto una biblioteca di musica. È certo che della strada ne farà ancora molta e che le cartiere e gli editori dovranno ancora molto lavorare per lui.

ROSI GINO. Le arti sorelle giocano a carte scoperte.

ROUSSEL ALBERT.
«Un saxophon sanglotant
de langues et tendres plaintes
berce à son rythme haletant
l'émoi des furtives étreintes ».

Altro che il candido innocentissimo Festin de l'Araignée. Per questo Jazz occorre un paravento, o una notte senza luna.
SANTOLIQUIDO FRANCESCO. «Scusa, sei in collera con me? ».

SCHÖNBERG ARNOLD. Scrive il Malipiero: «È colui che ha fornito all'arte musicale l'ossigeno che la tenne in vita mentre si maturavano gli eventi; la guerra e il resto ».
Non era ossigeno; erano gaz asfissianti.
Scrive il Malipiero: «La Sagra di Primavera dello Straivinski, è il figlio piú maschio, per quanto illegittimo, di Arnold Schönberg». Può darsi, ma anche il vino è un derivato del solfato di rame, pure velenosissimo. (Io credo invece che questo Sacre de Printemps sia il figlio piú legittimo non di un sistema armonico, ma dell'epoca nella quale fu composto e della nostra civiltà, di cui resterà eloquentissimo documento). E poi... cosa ne dite di questo papà che, per avere un figlio, ha bisogno di farselo confezionare da un altro?

SCRIAIBINE ALEXANDER. «Di colore cupo, violaceo, simile ad una stoffa marezzata che si divincoli al vento della sera», sembrò a Gabriele D'Annunzio il secondo dei Preludi. Ma il Poeta era bendato.

SERAFIN TULLIO. Partendosi dai quattro metri sul livello del mare della nativa Cavarzere, ha saputo scalare le vette della fama e della fortuna, e se l'è ben meritato. Uomo di teatro, da quando l'ho incontrato la prima volta, nel 1907, a Venezia, dove diresse una memorabile edizione della Dannazione di Faust (ed lo, tra le quinte, manifestavo la mia indole molto pacifica sparando il cannone e suonando a distesa le campane) - a quando, nel giugno scorso, l'ho veduto spolverare, rassettare, rinverniciare quasi «a nuovo» con un'abilità piú unica che rara, quell'oggetto da museo che è la Marta di Flotow, non ha mai smentito, un giorno solo, le sue magnifiche doti di musicista e di metteur en scène; e non ha perduto neppur un grano della sua bella antica passione per l'arte e del suo virile entusiasmo fattivo. Amico sempre dei giovani artisti, è stato ed è per essi, piú che interprete e collaboratore, fratello. I giorni della vita e la vita dell'arte non sono bastati a distruggere, in questo forte artista, il dono di generosità sortito da madre natura.

SINIGAGLIA LEONE v. ALFANO.

STRAWINSKI IGOR. Nella musica di questo nordico c'è tanto sole, e tutto è cosi sfacciatamente illuminato e preciso, che per il mistero non v'à posto. L'elementare dei ritmi, la brillantezza dell'orchestrazione, la brutalità spudorata di alcuni urti di accordi o di timbri, la franca malizia di certa ironia, la cinica crudeltà ridente di certe sue beffe sono tutti fenomeni, dirò cosi, solari; qualcheduno, magari, d'insolazione. Ombre, toni grigi, sottintesi, gemme subacquee da conquistare con un tuffo dentro il profondo mare della filosofia liquefatta e del sublimato di malinconia nella sua musica non sono. Zone nere, Si. Il nulla.

SUPERIORI AUTORITÀ. Locuzione che le suddette usano sempre e soltanto al plurale, allo scopo di evitare grane e responsabilità personali. Si tratta di una istituzione burocratica squisitamente romana, che - quando una iniziativa di alto interesse artistico e culturale, sorta alla periferia ed esente da scopi di lucro, risponde pienamente ai fini per i quali è nata, e minaccia di prosperare rigogliosissima, perché chi la guida sa il fatto suo ed è mosso unicamente da ragioni ideali - soffre di non potercisi ingerire, ne ha (si direbbe) gelosia (ma non sarà), e prima o poi la manda a carte e quatantotto, togliendo di mezzo il cocchiere buono, e mettendo al suo posto, col classico mezzo dell'assalto alla diligenza, uomini «di sua fiducia», cioè incapaci, o servili.
San Teodoro, ben noto anche per il suo spirito profetico, sere or sono, dall'alto della sua colonna, nella «Piazzetta», confidò al compagno Leone che lo ascoltava col sedere puntando ad oriente di sul capitello dell'altra colonna (ma fu udito anche dai colombi che gli volavano intorno) « Ita cras quoque res evenient in musicalibus festivitatibus»
Ma né il Leone (sebbene latinista), né i colombi capirono cosa diavolo, questo Santo, intendesse dire.
SZIMANOWSKY KAROL.

«La lune est daire au. disque enorme.
Chère, approche ton visage adoré.
Le silence des silences nous étreint.
La chanson de la forêt nous berce.
Une flamme rouge brille
Au delà de la rivière ».

Come in questa seconda delle sue Deux Mélodies, sotto, la luce fredda di una enorme luna che rischiara con uguale indifferenza l'aspra selva ed il limpido rivo, Chopin e Scriabine cercano di abbracciarsi nella musica di questo «polacco occidentale».

TANSMAN ALEXANDRE. Ginevra, Ginevra, città svizzera, dico, ha dettato, nel 1922, a questo maestro un pezzo per pianoforte in cui la mano sinistra suona, dal principio alla fine e sempre con lo stesso momento di ottavi, e in do magg. le note do, sol, mi, sol, do, sol, mi, sol, ecc.: mentre la mano destra, dal principio alla fine, protesta, contrasta, si oppone ed insiste implacabile nella sua tesi, tempestando sillabe, interiezioni e sospiri in tonalità che oscillano fra il si magg., e il mi b. min.
Questo musicista, nato in Polonia, cresciuto a Parigi e sposato in Italia (conoscitore di problemi internazionali dunque) aveva capito dal '22, e lo aveva in questo modo dichiarato, che non sarà mai la Società delle Nazioni a suggerire un buon «accordo» fra le parti, o a trovare un «tono» giusto su cui ci si possa alleare.

TOMMASINI VINCENZO. Si racconta che una volta, punto dalla vaghezza di scrivere un pezzo di musica e non trovandosi subito a portata di mano un'idea, prese la penna, la intinse e la fece schizzare sulla carta da musica. Poi, alle goccioline sparse sul pentagramma assegnò, secondo le dimensioni, i valori ritmici, e secondo l'orientamento il valore melodico.
Ottenuto cosi il tema, compose il pezzo di musica e tutti dissero poi che era molto ispirato e spontaneo.
Non è sempre questo il suo modus agendi; ma nella musica sua è facile trovare talora i segni di una certa noncuranza per ciò che è idea, e di un rigore profondo per ciò che è forma. Figlio di senatore, diplomatico nato, ha avuto incarichi delicatissimi nel quali musica e diplomazia andavano a braccetto. Ma nessuno ne ha saputo nulla, perché nelle faccende personali di Tommasini neanche San Tommaso riescirebbe a mettere il naso.

TURINA JOAQUIN. Ha scritto la processione del Senza peccato; ma è senza peccato?

VERETTI ANTONIO. Naso tendente al barocco; musica tendente al neo-classico; spirito tendente allo zenith. Al di fuori di ogni particolare tendenza; uomo di talento, e galantuomo.

VIVALDI ANTONIO. Il «Prete rosso» dalla cetra d'oro.

VOTTO ANTONINO. Tiene in qualche preoccupazione i suoi giovani colleghi direttori d'orchestra, perché «minaccia», dicono, di fare molto cammino su questa strada. Ma, in compenso, non lascia in piena tranquillità né anche i pianisti; perché, sfogliando un algebrico e capriolesco pezzo per pianoforte, è capacissimo di concludere: «Puh! roba da niente; me la sbrigo in un soffio».

WALTON WILLIAMS. Le facciate delle case nascondono sempre le cose piú varie ed impensate; ma pochi avrebbero potuto immaginare che la Façade scoperta a Siena facesse da sipario «anche» a questa Ouverture, che è la facciata del Festival veneziano.

WOLF-FERRARI ERMANNO. «Mi no' vago a combater».

ZANELLA AMILCARE. Ai suoi tempi, neppur troppo lontani, fanciullo prodigio: oggi, cresciuto in fama, in statura e in età, conserva dell'età prima i belli entusiasmi e l'affettuosa viva fiduciosa cordialità. È pianista di forza: ed al pianofoforte confida spesso le sue fantasie di compositore e le sue nostalgie di direttore d'orchestra.