I dizionari Baldini&Castoldi

Wunder der Heliane, Das di Erich Korngold (1897-1957)
libretto di Hans Müller, da Hans Kaltneker

(Il miracolo di Eliana) Opera in tre atti

Prima:
Amburgo, Stadttheater, 7 ottobre 1927

Personaggi:
Heliane (S); il Signore, suo sposo (Bar); lo straniero (T); la messaggera (A); il portinaio (B); il giustiziere (T); il giovanetto (A); sei giudici (T, Bar, B); voci serafiche, popolo



Erich Wolfgang, figlio secondogenito e precocissimo dell’influente critico musicale Julius Korngold, aveva composto per il teatro fin dalla tenera età di dodici anni: la sua pantomima Der Schneemann venne rappresentata alla Hofoper di Vienna, sancta sanctorum della civiltà musicale imperial-regia (nell’orchestrazione di Zemlinsky), nel 1910 – anno anche di uno splendido Trio con pianoforte (eseguito nientemeno che da Bruno Walter e Arnold Rosé). A trent’anni Korngold era giunto già alla sua quarta opera: dopo il grazioso Der Ring des Polykrates , l’arroventata tragedia rinascimentale Violanta e la decadente Tote Stadt (tutte e tre composte durante la guerra), con Das Wunder der Heliane egli volle cimentarsi con un nuovo genere, quello di ispirazione mistica; nella prima delle due ulteriori prove teatrali, tuttavia, Korngold avrebbe tentato ancora un soggetto popolare ( Die Kathrin , 1939), per poi tornare alla commedia con Die stumme Serenade (1951/54).

In un regno, in epoca imprecisata. Incapace di conquistare l’amore della propria consorte, per ripicca il sovrano non ammette che vi sia serenità nel suo regno: i sudditi, tra i quali Heliane, subiscono la sua tirannia, cui aveva cercato di porre fine lo straniero, ora incarcerato in attesa dell’esecuzione capitale. Durante una visita, Heliane, intenzionata a portargli l’estremo conforto, ne rimane conquistata, pur non cedendogli del tutto. Accusata di adulterio, Heliane è chiamata a compiere un miracolo, facendo tornare in vita lo straniero, suicidatosi prima di poter rivelare la sua innocenza. La messaggera, già amante del Signore, aizza il popolo contro Heliane; appena quest’ultima abbraccia lo straniero, risuscitato, viene trafitta dal consorte, ma il suo potere è vanificato da quello dell’amore, nel cui nome Heliane e lo straniero, la coppia uscita indenne dalle traversie terrene, si innalzano nei cieli.

Il poeta Hans Kaltneker (1895-1919) poco prima di morire aveva scritto, pare – secondo la testimonianza di Julius Korngold – sotto l’impressione di ? Violanta , un libretto dal titolo Die Heilige (La santa), sperando che potesse essere musicato dal suo quasi coetaneo Erich. Acquistato il manoscritto nel 1923, Korngold si vide però costretto a far intervenire il librettista Hans Müller per approntare una versione musicabile del lavoro, alla quale, sembra (la stesura originale è perduta), la pièce Das Wunder des Beatus del suo collaboratore non è del tutto estranea. Composta tra il 1923 e il ’27 (del ‘26 sono i bei Lieder op. 18 su testo di Kaltneker), l’opera vorrebbe forse essere una sorta di rivitalizzazione di una sacra rappresentazione (il testo originale si intitola ‘Mysterium’), ma il libretto, pretenzioso e decisamente kitsch (con un che di Lady Godiva, e tutti gli altri difetti di Isabeau , compresa la falsità del tono da leggenda), vanifica gli sforzi in questo senso. Tuttavia Korngold riesce a scrivere una musica (non solo armonicamente) affascinante, strumentata assai bene e di grande presa emotiva: non per nulla Alban Berg, in occasione della ‘prima’ viennese (con Jan Kiepura e Lotte Lehmann, seppure fosse stata scritta per Maria Jeritza) del 1927, la definì «la prima opera perfetta da un quarto di secolo», laddove l’ultima era stata Pelléas et Mélisande . È un peccato che l’orchestrazione ipertrofica (che rimanda, come il libretto, alla Frau ohne Schatten , mentre si scorgono anche echi della Tote Stadt , evidenti nel finale) oggi contribuisca in maniera considerevole alle notevoli difficoltà esecutive (in specie per le parti della protagonista e del tenore). Das Wunder der Heliane finora è stato ripreso in forma scenica solo a Gand (1970) e a Bielefeld (1988), in quest’ultima edizione con la regia dello specialista John Dew, mentre la scrittura per il coro, che ha un grande ruolo nel terzo atto, e il valore intrinseco della musica, seppure preluda anche a quella dei western in cinemascope (ad esempio nel secondo atto, all’arrivo dello straniero – e ciò molto prima che Korngold si volgesse a Hollywood, costrettovi dall’avvento del regime nazista), lo collocano tra le partiture più interessanti e impegnative del primo Novecento.

j.s.

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