RAFFAELLO DE RENSIS

TRA LA PITTURA E LA MUSICA



Nella primavera del 1892 Ermanno Wolf si trasferì a Monaco. Il padre lo aveva installato in una comoda cameretta, affittato un pianoforte, e preso perfino l'abbonamento ad una biblioteca musicale circolante.
Egli non intendeva privare il figlio d'un gentile ornamento; la musica, del resto, piaceva anche a lui e moltissimo; ma l'avvenire e la fortuna. non potevano derivare che dalla pittura, la quale come pensava Leonardo, avanza tutte le opere umane.



Lo iscrisse alla scuola privata dell'ungherese Holosy, e lo lasciò.
Allora Ermanno, solo solo in una città sconosciuta, ammonì fermamente se stesso: - Ora comincia la tua vera vita: studia sul serio!
E ricominciò lo studio del disegno e della pittura, incoraggiato anche dal fatto che Holosy lo trovò naturalmente disposto e ben indirizzato. D'altra parte, poiché non esiste alcun volontario, o forzato divorzio con la musica, questa s'adatterà a colmare i vuoti della giornata, a soddisfare i bisogni dell'anima. Non c'era da affliggersi tanto. L'arte, in fondo, è una sola, diverse che siano le manifestazioni, e coltivarne una o due, dedicarsi ad una piuttosto che a un'altra non può costituire un problema insolubile... per lui, filosofo.





Frequentò, dunque, la scuola dell'Holosy, e non trascurò il pianoforte. La provvida biblioteca gl i forniva musiche a getto continuo, d'ogni tipo e d'ogni stile; ed egli le divorava insaziabilmente. Il suo occhio si addestrava alle partiture, le sue dita scorrevano e signoreggiavano la tastiera senza difficoltà, Mozart, Beethoven, Haydn, Bach, Wagner, già vecchie conoscenze, si succedevano e si confondevano nel suo amore. Oggi si accendeva per un autore, domani per un altro; ma la lotta più tormentosa scoppiò al contatto di Wagner. L'entusiasmo oscuro e infantile delle rappresentazioni di Bayreuth venne, in un sol giorno, distrutto dai primi due alti del Sigfrido che, ascoltati in piedi da un posto che non gli permetteva di vedere nulla della scena, lo impazientirono, e torturarono. Il distacco da Wagner, che prendeva le sembianze di odio, durà a lungo, finché gli giunse all'orecchio e gli toccò il cuore l'Idillio di Sigfrido, ed ecco d'improvviso e con violenza il ritorno all'amore.
La Germania, che da bambino aveva appreso ad amare sotto l'aspetto musicale, ora gli appare più che mai il vero gran regno della musica. Sorge dinanzi ai suoi occhi attoniti il Nume di questo regno, Giovanni Sebastiano Bach, ed egli si genuflette. Apre il libro del Clavicembalo, trae dalla tastiera la poesia pura e profonda del preludio in mi bem. min., nel petto freme una ridda ai sentimenti indistinti, la gola si stringe in un nodo, lagrime lunghe gli solcano il volto.
Il miracolo è avvenuto. Egli è felice. Qualche battaglia ancora da sostenere; ma la voce del destino è legge.
Si chiuse in camera e decise di rimaner chiuso almeno un mese. Gli dispiaceva d'incontrare il caro Holosy e gli amici pittori; aveva paura, sopratutto, di rivedere una certa modellina, la quale forse sarebbe riuscita, con la fine seduzione, a ricondurlo in iscuola. Dunque, necessità di clausura rigorosa. Per casa se ne stava mezzo nudo - era il mese di luglio - e si faceva portare, i pasti dalla trattoria. Era irrequietissimo. A fine di placare il suo nervosismo passava da una camera all'altra della pensione, finché rientrava nella sua, che era la più economica.
Terminata questa specie di esercizi fisici e spirituali - durante i quali compose una Serenata per orchestra - si recò a far visita all'amico Baumann, tornato definitivamente a Monaco; gli espose il suo particolar caso di coscienza e lo pregò di farsi intermediario tra lui e il padre, il quale avrebbe accolto con dolorosa sorpresa la decisione irrevocabile.
Invece Augusto Wolf, che in fondo non voleva soffrire il rimorso di ostacolare le tenaci aspirazioni del figlio, accettò la decisione come un fatto compiuto - soltanto gli strisse: «Sognavo che tu diventassi un pittore ricco e non un musicista pallido, destinato a salire e scendiere le altrui scale per dar lezioni ad una lira. Sia fatta la tua volontà!» In tal guisa - come Don Basilio - egli concepiva la professione del maestro di musica.
Ermanno sentì anche il bisogno di confidarsi con la signora Matilde Schwarzenbach, ritiratasi nella sua sontuosa villa sul lago, a Zurigo. Osò anzi chiederle qualche giorno di ospitalità, che lo ricompensasse della inesorabile clausura. L'amabile donna accondiscese molto volentieri, e, nel breve soggiorno di questo nuovo figlio del secolo, ascoltò le candide e ardenti confessioni, intramezzate da lunghe scorribande al pianoforte; lo confortò, lo incoraggiò, lo aiutò.
La parentesi elvetica servi a quetare gl'impulsi frenetici, a dargli agio di meditare sulle nuove necessità, a raccogliersi negli studi, a prepararsi ad un qualunque esame, a cui era obbligato per essere ammesso all'Accademia di Musica, in Monaco.