RAFFAELLO DE RENSIS

VERSO L'ESILIO
---

Il bagaglio che lo accompagnò a Monaco pesava: c'era la grossa partitura di Cenerentola, c'erano una Sonata per violino, un Quintetto e un secondo Trio, c'erano l'Opera omnia di Goldoni e di Dante; mentre nel cervello portava un progetto maestoso, ossessionante: la creazione,di un poema sinfonico vocale ispirato alle tre cantiche, divine, ciascuna delle quali gli suggeriva ana chiara riespressione sonora. La Vita Nova - che, sorta dal germe di un sonetto, era già interamente disegnata - sarebbe stato il prologo.
Le più urgenti necessità e le vicende pratiche della vita non permisero l'attuazione del progetto. Gli prese la mano il rifacimento di Cenerentola - nella quale riponeva ancora la sua fiducia - e il ridurre le proporzioni, riorganizzare alcune scene, sostituire pagine nuove, tradurre il testo in tedesco, provvedere alla stampa... a proprie spese, con la ferma intenzione di ritentare la prova, furono operazioni lunghe e non liete.
Wolf-Ferrari avvertiva in sé una spontanea e graduale reazione all'arte pletorica, pesante, complessa, tortuosa che infieriva; era venuto nella convinzione che Beethoven avesse toccato il massimo punto della forza espressiva, che Wagner fosse già - nonostante la smisuratezza del genio - vicino al parossismo, che Strauss vi precipitasse addirittura e accennasse alla deformazione.
Trovandosi in mezzo al fragore della nuova musica tedesca, lungi dall'esserne coinvolto e soggiogato, ebbe invece la visione sicura di quella che dovesse essere la musicalità moderna. Egli, da vicino poté evitare un pericolo che altri non evitarono da lontano; poté rintracciare nel labirinto delle tendenze la strada naturale e storica che la bellezza impone, «indietreggiando-procedendo» nei secoli d'oro.
È giustizia riconoscere a Wolf-Ferrari il merito insigne d'aver, tra i primissimi, perseguito, un indirizzo sano e logico; e diciamo indirizzo solo, per intenderci meglio, mentre qui si tratta della intuizione d'una verità storica cd artistica.
Frattanto anche La Vita Nova si stava compiendo, e l'autore ne informò Arrigo Boito, immaginando fosse giunto il momento di chiedere una piccola fronda di lauro all'Italia. Scrisse una lunga e concitata epistola, piena di idee e propositi, sul ritornello nostalgico: «voglio tornare, voglio tornare».
Boito rispose: «O agitato con fuoco, la vostra lettera non mi piace perché è troppo lunga e ripete sempre le stesse case. Come! siete nel paese della musica pura e vi lamentate? Rimanete, lavorate, fatevi un nome, col nome fatto, tornerete in Italia, farete della musica impura e sarete contento».
Wolf-Ferrari finse di rassegnarsi, ed allora Boito concluse: «O allegretto moderato, la vostra lettera mi piace di più perché è più corta. Quelle di Traiano imperatore erano più brevi ancora ».
Un giorno del luglio 1901 venne a sapere che era sceso in un albergo della città il fratello di Jesnitzer, direttore del Teatro Grande di Brema. Non esitò due volte e di buon mattino si precipitò all'albergo con lo spartito di Cenerentola sotto il braccio. Il cameriere lo avvertì che avrebbe dovuto attendere parecchio tempo, perché il signore che cercava era rientrato a notte tarda ed in condizioni di avanzata... allegria; chissà a che ora si sarebbe deciso a destarsi.
Non importa, attenderà.
Ma la pazienza ebbe un limite raggiunto il quale Wolf-Ferrari s'avvicinò all'uscio del dormiente e picchiò con le nocche delle dita. Picchiò ripetutamente, finché una voce rauca di dentro gridò: «Chi è? Chie volete?»
«Perdonate, signore, è inutile che io vi dica il mio nome, tanto non lo conoscete. Sono un maestro di musica e devo piarlarvi di cosa molto, interessante e urgente...
«Oh! oh! aspettate...»
Il colloquio continuò per un pezzo dietro la porta, e s'era già fatta un po' d'amicizia. Quando, Jesnitzer finalmente vienne fuori, sapeva già di chi si trattava. Era di buon umore, simpatico ed un po' alla volta aderì al desiderio del maestro che voleva, insomma, fargli sentire la sua opera.
Uscirono ed infilarono il più vicina negozio di pianoforti. Il breve preludio piacque all'ascoltatore e lo dispose favorevolmente. Il lamento di Cenerentola, l'invocazione alla mamma morta, il coro dei Beati lo commossero; notò, da buon intenditore, l'efficacia del terzetto della matrigna e sorellastre, l'abilità e la delicatezza della marcia finale...
Non volle sentir altro, si complimentò con l'autore e lo autorizzò a partire per Brema e abboccarsi col fratello, al quale avrebbe telegrafato seduta stante.
Wolf-Ferrari, col cervello che turbinava e col cuore che pulsava forte, si mise in viaggio la mattina seguente, portando seco un libro che doveva rendere meno lento il tragitto: Gesù di Nazaret, dramma di Wagner.
Immerso nella lettura, gli capitò di non cambiare treno dove avrebbe dovuto, e s'accorse d'essere sulla via di Amburgo. Questa si che era grossa! Scese a Lüneburg per attendere un nuovo treno e tornare indietro. Tra attesa e viaggio arrivò a Brema con otto ore di ritardo, così che non poté incontrarsi col direttore del Teatro se non il giorno dopo.
Fissata l'audizionie dell'opera, che si ridusse a pochi assaggi dei punti principali, si concluse il contratto. E che contratto! Il Teatro si impegnava a rappresentar l'opera nella imminente stagione, pena un risarcimento all'autore di 2000 marchi, l'autore, a sua volta, s'impegnava a consegnare partitura e parti nell'epoca determinata, con eguale penalità in caso d'inadempienza. Figurarsi se non le consegnava?
Se ne ripartì soddisfatto e lieto, riprendendo la lettura del Gesù di Nazaret; senonché, anche questa volta, la distrazione lo vinse e arrivò a Francoforte invece che a Monaco.
Che curioso effetto può produrre in un autore il sogno di un contratto con un impresario e la realtà di una regolare stipulazione.
In lingua tedesca, col titolo di Aschenbrödel, l'opera andò in iscena il 31 gennaio 1902 e guadagnò un magnifico successo di pubblico e di stampa; passò poi nei teatri di Breslavia, Brünn, Linz. Il buon Jesnitzer, fratello del Direttore, orgoglioso d'aver lui scoperto un giovane autore, credette dargli un opportuno consiglio dicendogli di comporre una Spieloper (cioè opera con recitativi parlati), a cui lo riteneva particolarmente adatto. Wolf-Ferrari credé si trattasse di commedia lirica, e rivolse subito la sua attenzione a Goldoni. Ma un imprevisto telegramma dell'editore Josef Weinberger di Vienna diede altra direzione alle cose.
Il Weinberger, in viaggio per Berlino, leggendo sui giornali i favorevoli resoconti della rappresentazione di Cenerentola, fu preso dal desiderio di incontrarsi con l'autore. L'incontro avvenne e portò a questo risultato: che l'editore comperò l'opera e diede all'autore l'incarico per un'altra.
L'araba fenice era dunque apparsa. Non era milanese, ma pazienza! E siccome le fortune, come le sfortune, si dice che non vadano mai sole, ecco un secondo editore, Rahter di Lipsia, che, avendo assistito ad un concerto dedicato, in quel torno, alle composizioni da camera di Wolf-Ferrari, acquistò in blocco tutte le composizioni eseguite nel concerto, tra cui i quattro rispetti, divenuti poi celebri. Anticipò 2000 mârchi sui futuri diritti di autore, e chiese anche il Trio in re; ma questo fu ceduto all'editore Leuckart, anch'egli presente al concerto, poiché si trattava di quel Trio
che, come si è accennato, anni addietro, fu mandato proprio al Leuckart, che lo rifiutò. Atto tanto gentile quanto ironico!
Intanto compiuta La Vita Nova - che evocava un'arte antica e gloriosa - si preoccupava della esecuzione. Dove e come? Anche qui intervenne il caso. Morto Porges, allievoi di Liszt e direttore d'una reputata Società Corale di Monaco, questa venne affidata alle cure di Wolf-Ferrari, il quale, naturalmente, profittò della circostanza per mettere in prova la sua vasta e non facile opera.
In quel tempo Max Reger, a cui Wolf-Ferrari la suonò al pianoforte, si congratulò dicendo: «Voi possedete ciò che nessuno di noi possiede: la semplicità.
Presentata al pubblico della Tonhalle il 21 febbraio 1903, ottenne un grande successo. Tante furono le corone di alloro e di fiori ricevute quella sera, che il maestro provò la cupa impressione... di un funerale. Fu invece un successo autentico, poiché, d'allora, le esecuzioni si propagarono in ogni parte del mondo.
A tutt'oggi la statistica supera la ragguardevole cifra di 500 esecuzioni all'estero. In Italia se ne ebbe una a Venezia, diretta dall'autore, e un'altra, tardissima, nel 1932 alla Scala.