Amici per la mente Nevrosi e "decadentismo"
di due spiriti fra i più elevati dell'Ottocento posti sotto la lente dei loro maggiori studiosi Il rapporto
di amore-odio
tra il filosofo
e il musicista
al centro
di un convegno
a Venezia
"L'iroso
dispetto, l'odio, la maledizione, e d'altra parte la smodata ammirazione,
il fanatismo che hanno accompagnato, prima e dopo la loro morte questi due
uomini, testimoniano la violenza della loro personalità, che non ha avuto
eguali nella storia dell'arte e del pensiero. Dopo di essi non si è più
presentata un'energia creativa la cui impronta restasse così segnata, che
afferrasse o respingesse con tanta prepotenza". Le parole sono di Giorgio
Colli e le due personalità "violente", i due spiriti "creativi" dotati di
un'energia tale da chiamare a sé "tutto l'uomo","non si accontentavano di
una breve attenzione, estetica o cerebrale, dello spettatore e del lettore")
sono quelle di Friedrich Nietzsche e Richard Wagner. Con la stessa forza
prepotente furono attratti l'uno verso l'altro; altrettanto dura e violenta
sarebbe stata la rottura che li avrebbe separati. La relazione tra il compositore
e il filosofo, "amici e nemici con pari intensità", ben al di là del rapporto
meramente intellettuale arriva a coinvolgere la vicenda biografica dei due
uomini, conduce "nella loro più profonda intimità".
I due si conobbero e si frequentarono: si incontrano a Basilea sul finire
degli anni Sessanta dell'Ottocento. Nietzsche era stato chiamato a ricoprire
la cattedra di filologia classica, Wagner viveva con la moglie Cosima von
Bülow a Triebschen, sul lago dei Quattro Cantoni. Insieme collaborarono
alla realizzazione del teatro di Bayreuth. Il filosofo, poco più che venticinquenne,
lavorando sui testi dell'antichità greca, iniziava a mettere in crisi la
sintassi della metafisica: già si appellava al fenomeno artistico contro
il monolito della verità, al "filosofo-artista", pensatore sovrumano, contro
i cultori dell'ideale.
In Wagner credette di vedere il prototipo dell'artista tragico e a lui dedicò La nascita della tragedia
(1872). Con le seguenti parole: "Io considero l'arte come il compito supremo
e l'attività metafisica propria della nostra vita, secondo il pensiero dell'uomo
al quale intendo dedicare quest'opera come al mio insigne precursore sul
campo di lotta".
Il giovane Nietzsche, dunque, manifestò per l'autore del Parsifal un entusiasmo pari solo alla veemenza con cui successivamente lo respinse. La svolta arriva con Umano, troppo umano
(1878), in cui il filosofo denuncia la progressiva intellettualizzazione
dell'arte, un processo che giunge all'acme negativa proprio con Wagner: "Il
brutto, il misterioso, il terribile del mondo", scrive Nietzsche, "vengono
progressivamente addomesticati dalle arti e dalla musica in particolare...
ciò corrisponde a un ottundimento della nostra capacità sensoriale".
Con Il caso Wagner
(1884), poi, l'attacco al compositore si fa aperto. Ecco le accuse: profondo
misconoscimento del ruolo dell'opera, sfiducia nella sua autonomia, trasformazione
dell'arte nel "portavoce della metafisica", nel "ventriloquo d'Iddio". Ma,
più che una imputazione di colpa, quella di Nietzsche è l'analisi dei sintomi
di una malattia di cui l'artista sarebbe affetto, e che ammorba anche la
musica: "Wagner est une névrose". O "un décadent". Nietzsche pronuncia in
francese (il termine è di Paul Bourget)
la diagnosi della crisi che affligge l'arte di Wagner e la modernità tout
cout. Décadence è quell'impoverimento di vita che intacca lo stile di un
libro (e lo sfalda, lo decompone, privilegiando il particolare sull'unità,
la frase sulla pagina, la parola sulla frase). E quel che accade alla storiografia
(malattia storica che rende incapaci di stringere la sintesi di una grande
storia). Ed è quel che accade nella musica dove, a discapito della perfezione
e della semplicità del "grande stile", acquistano rilievo la retorica, la
scenografia, l'istrionismo, i virtuosismi, l'eccedenza espressiva che (è
il trucco dì Wagner, "il commediante") vuole compiacere il gusto delle masse.
Le ragioni di un attacco così veemente (che pur porta Nietzsche a con intelligenza
geniale i punti di forza e le capacità di seduzione del fenomeno Wagner)
sono del tutto personali. Lui stesso, sa bene (lo scrive in Ecce homo)
di essere tanto quanto Wagner, un décadent: un figlio del proprio tempo,
che ebbe in maniera pericolosa "a concrescere con il wagnerismo" e fu pertanto
costretto a difendersi dal contagio della stessa malattia. Una ricostruzione
dell'appassionata relazione fra i due ineguagliati creativi sarà presto compiuta
a Venezia. Nell'ambito della sesta edizione delle giornate wagneriane (apertesi
il 18 novembre e che si chiuderanno il 10 dicembre) si terrà domani e domenica
un congresso internazionale di studi organizzati dall'Associazione Richard
Wagner dalla fondazione Ugo e Olga Levi. Per parlare di Nietzsche, interverranno
tra i massimi studiosi della sua opera nel nostro Paese: Sossio Giametta (suo traduttore), Massimo Cacciari, Emanuele Severino e Franco Volpi.
A rendere giustizia all'arte di Richard Wagner, prenderà la parola Quirino Principe, musicologo filosoficamente avvertito. E gli stranieri Udo Bermbach, Werner Breig, Oswald Georg Bauer e Sven Friedrich.