FERRUCCIO BUSONI

A PROPOSITO DELL'«ARLECCHINO»

À propos «Arlecchino»
B.349



Berlino, maggio 1922

Prefetto di polizia:
«Siamo tutti tanto turbati, perché la storia
è così semplice e tuttavia non si sa da che
verso prenderla.»
Dupin: «Forse appunto la semplicità
della cosa La porta fuori strada.»
Prefetto di polizia (ridendo): «Che assurdità!»
Dupin: «Forse il mistero è un po' troppo chiaro.»
Prefetto di polizia: «Mio Dio, che idea balorda!»
Dupin: «Un po' troppo trasparente.»
Prefetto di polizia (ridendo fino alle lacrime):
«Ha, ha, ha - ho, ho, ho! Dupin, Lei mi farà morire.»

[E.A. Poe, «La lettere trafugata»]

«Da Mozart ho imparato a dire cose
importanti in una forma divertente.»

[Bernard Shaw in una
conversazione con F. Busoni]

Il pericolo non sta nel lanciare nel mondo dell'intelletto ipotesi ardite o anche soltanto intelligenti, ma nel presentarle come principii definitivi. Chi formula ipotesi soggiace più raramente a questo pericolo perché, avendo visto e abbracciato un orizzonte più ampio, sa che si può vedere e abbracciare ancora di più. Tanto più è certo che cadono nell'errore i suoi seguaci e - per il meccanismo automatico della reazione - i suoi oppositori. Sia gli uni che gli altri svisano il senso dell'idea originaria: per cieca fiducia gli uni, per spirito di contraddizione gli altri. E ciò che rimane è un concetto falsato. Così accade a tutto ciò che è passato per troppe mani e opinioni; tra le quali ci sono state inevitabilmente mani maldestre e opinioni prive d'intelligenza le quali - non sempre per cattiva intenzione - hanno contribuito a sminuire l'idea primigenia. - L'ipotesi è scaturita da un cervello ed è tagliata sulla sua misura, in fin dei conti è personale. La soddisfazione della scoperta induce alle volte lo scopritore stesso a generalizzare la sua idea, ad attribuirle valore universale, laddove essa è collegata, in prima linea, con il cervello dal quale è scaturita; e per lo più si regge e cade con lui.
Se chi formula l'ipotesi è abbastanza spassionato e perspicace da limitare la portata della sua creazione, riconoscerle importanza e applicabilità di là dalla sua circoscrizione sarà cura di altri. Solo il luogo comune resta inattaccabile; ed è questa la ragione per cui una verità, quanto più è vasta, tanto più suona come un luogo comune.
I minori, che vorrebbero esserne partecipi interpretandola e allargandola, si danno assiduamente da fare per cercarvi più di quanto contiene. E non meno di questi gli oppositori, che nella foga di negarla e distruggerla spesso prestano alla proposta enunciazione di verità un peso maggiore, proprio con la forza della confutazione. L'Arlecchino è meno di una provocazione e più di uno scherzo.
Si può renderlo più cattivo interpretandolo come una provocazione; si può rimpicciolirlo presentandolo come qualcosa che non va preso sul serio. - In fin dei conti sta quasi «di là dal bene e dal male» (con tendenza verso il bene), e in conclusione è un'opera d'arte indipendente.
La parte che vi sostengono, incidentalmente, la professione di principi e l'elemento educativo non è tanto invadente da intralciare il cammino dell'elemento artistico e da distrarne l'attenzione. - Come opera d'arte è sufficientemente aristocratico da poter esibire una serie di antenati che lo legittimano. Come «lavoro d'artigianato» appartiene alle partiture composte con impegno e accuratezza. - È piacevole? È significativo? Tenta di unire queste due qualità, secondo la saggia proposta del Direttore del teatro nel Prologo del Faust.
Piacevole è almeno nella leggerezza del gesto; e significativo se non altro per il fatto che nasconde in sé un significato e, di conseguenza, «significa qualche cosa». D'altra parte è abbastanza ambiguo e iperbolico da far sorgere, per un breve momento, un lieve dubbio nell'animo dell'ascoltatore: la continua oscillazione tra lo scherzo iracondo e la serietà giocosa è mantenuta con intenzione e sembra anche riuscita.
In due parole, ecco i fatti:

Un marito tradito, ignaro della sua sorte, segue una sua fissazione senza approdare a nulla mentre la casa gli vacilla sotto i piedi, rigidamente chiusa verso l'esterno, ma all'interno malferma.

Il medico e il prete vengono da lui, loro amico, onesti ciarlatani nella cura del corpo e dell'anima; la porta di un'osteria inghiotte le due figure, che continuano a discutere - per non dover agire.

Di nuovo c'è minaccia di guerra, il terrore del cittadino; sono barbari che turbano la pace; l'uomo si fa coraggio, afferra il bastone e perfino il babbeo si lascia risvegliare dal richiamo.

Ma cavalleria e canti da galletto, fronzoli lirici e alterigia ereditaria giovano alla donna, che con grazia scaltra segue il secondo e pianta in asso il primo.

Si impone allora il duello, volano parole aspre, e il mero spettacolo suscita la curiosità della gente; che non per questo si lascia disturbare nella sua pigrizia, si ritira in casa e chiude le imposte.

Chi si dimostra di grande aiuto è, come sempre, il ciuco, che si trascina dietro il carretto pieno degli oggetti più vari, è disinteressato, inglorioso e pacifico; su di lui si riflette un po' della luce del cielo.

Quasi quasi dimenticavo il protagonista, il suo vestito è rattoppato, il suo carattere impudente; egli ama, combatte e ride, scappa e canta, ed è come invasato dal demone della verità.