FERRUCCIO BUSONI WEBSITE

D.A.F. DE SADE

CONSIDERAZIONI SUI ROMANZI
BREVE SPEZZONE

MERIDIANI - MONDADORI

OEUVRES DU MARQUIS DE SADE
OPERE DEL MARCHESE DE SADE

[...] «A che servono i romanzi?» A che cosa servono, uomini ipocriti e perversi? (Giacché voi soli fate questa
ridicola domanda.) Servono a dipingervi quali voi siete, orgogliosi individui che volete sottrarvi al ritratto,
perché ne temete l'effetto. Poiché il romanzo è, se è possibile dir così, «il quadro dei costumi secolari», esso è
tanto essenziale quanto la storia al filosofo che voglia conoscere l'uomo; il bulino della storia non lo rappresenta
che quando si palesa, e allora non è più lui, perché l'ambizione e l'orgoglio ricoprono il suo volto con una
maschera che rappresenta soltanto queste due passioni, e non l'uomo; il pennello del romanzo, invece, lo coglie
nell'intimo.., lo sorprende nei momenti in cui egli abbandona la maschera e il ritratto, molto più interessante, è al
tempo stesso più vero. Ecco l'utilità dei romanzi. Freddi censori cui non piacciono, voi somigliate a quello
sciancato che diceva: «E perché si fanno i ritratti?».
Se è vero dunque che il romanzo è utile, non dobbiamo temere di tracciare qualcuno dei principi che crediamo
necessari per portare questo genere di scritti alla perfezione. So benissimo che mi è difficile assolvere tale
compito senza offrire armi contro me stesso. Che io non divenga doppiamente colpevole di non aver «fatto
bene »' se dimostro di conoscere ciò che è necessario per « ben fare ». Ma lasciamo da parte queste inutili
considerazioni, immoliamole all'amore dell'arte.
L'essenziale esigenza dell'arte è di certo quella della conoscenza del cuore umano. Ora tutte le buone intelligenze
ci approveranno se affermeremo che essa si acquista solo per mezzo dei dolori e dei viaggi. Bisogna aver visto
uomini di tutte le nazioni per poter presumere di conoscerli; e si deve essere stati la loro vittima per saperli
valutare. La mano della sventura, esaltando il carattere di colui che ne è stato schiacciato, lo mette alla giusta
distanza nella quale è necessario porsi per studiare gli uomini; di lì egli li vede come il passeggero vede i flutti in
burrasca rompersi contro lo scoglio sul quale la tempesta l'ha gettato; ma in qualsiasi situazione lo abbia messo
la natura o la sorte, se vuole conoscere gli uomini parli poco quando è fra loro; non si impara niente quando si
parla, ci si istruisce unicamente ascoltando. Ed ecco perché i chiacchieroni non sono generalmente che degli sciocchi.
Tu che vuoi percorrere questa spinosa carriera, tieni presente che il romanziere è figlio della natura, da lei creato
affinché la ritragga; se non diventa l'amante di sua madre dal primo momento che ella l'ha messo al mondo,
non scriva mai, noi non lo leggeremo; ma se prova quella smania di conoscere tutto, se dischiude fremente il
seno della natura per cercarvi la sua arte e per attingervi i suoi modelli, se arde di talento e fiammeggia di
entusiasmo, ch'egli segua la mano che lo conduce: ha scoperto l'uomo e lo dipingerà. Governato dalla sua
immaginazione ceda alla natura, abbellendo tutto ciò che vi scorge. Lo sciocco coglie una rosa e la sfoglia, l'uomo
di genio la odora e la dipinge. Questi è colui che leggeremo.
Ma se ti consiglio di abbellire, ti proibisco anche di allontanarti dalla verosimiglianza: il lettore ha diritto di
adontarsi se si accorge che si esige troppo da lui; egli comprende che si cerca di menano per il naso; il suo amor
proprio ne soffre, il sospetto d'essere ingannato farà si ch'egli non creda più a niente.
Del resto, non essendo tu costretto da alcun divieto, fa' uso a tuo piacere del diritto di attingere a tutte le
vicende della vita, sempre che la rottura dei ritegni diventi necessaria per i piaceri che ci prepari. Ancora una volta
non ti si chiede affatto di essere vero, ma solo di essere verosimile; esigere troppo da te sarebbe nuocere ai
piaceri che ci aspettiamo. Non sostituire tuttavia il vero con l'impossibile, ciò che tu inventi sia raccontato bene.
Non ti si perdonerà di mettere la tua immaginazione al posto della verità se non per l'assoluto impegno di
migliorare il vero e di destare stupore. Non si ha mai il diritto di esporre male quando si può dire tutto ciò che si
vuole. Se non scrivi come R[estif] «soltanto ciò che è noto a tutti», dovessi tu, come lui, darci quattro volumi al
mese, non è il caso di prendere la penna in mano; nessuno ti costringe a fare il mestiere dello scrittore.
Ma se lo intraprendi, fallo degnamente. Soprattutto non considerarlo un mezzo per la tua esistenza; il tuo lavoro
risentirebbe dei tuoi bisogni, gli trasmetteresti la tua debolezza; avrebbe il pallore della fame.
Esistono altri mestieri: fai scarpe e non scrivere libri. Non ti stimeremo meno e forse ti ameremo di più, perché
non ci annoierai. [...]

Devo infine rispondere al rimprovero che mi si è fatto quando è comparso Aline et Valcour. Le mie pennellate,
dissero, sono troppo forti, io do al vizio tratti troppo odiosi. Volete saperne la ragione? Non voglio suscitare
amore per il vizio; non ho, come Crébillon e come Dorat, il dannoso proposito di far amare alle donne i
personaggi che le ingannano; voglio, al contrario, che esse li detestino; è il solo mezzo che possa impedir loro di
essere ingannate; e per riuscirvi ho reso quelli fra i miei eroi che seguono la strada del vizio talmente terrificanti,
che sicuramente non ispireranno né pietà né amore. In questo, oso dirlo, sono più morale di coloro che si
credono liberi di ingentilire il vizio. Le perniciose opere di cotesti autori somigliano a quei frutti dell'America che,
sotto il più brillante colore, celano la morte. Questo tradimento della natura, di cui non tocca a noi scoprire il

motivo, non è fatto per l'uomo; sicché io mai, lo ripeto, descriverò il delitto sotto agli aspetti che non siano quelli
dell'inferno. Voglio che lo si veda a nudo, che lo si tema, lo si detesti; e non conosco altro modo per arrivarci se
non quello di mostrarlo in tutto l'orrore che lo caratterizza. Guai a coloro che lo circondano di rose. Le loro mire
sono tutt'altro che pure e io non li imiterò mai. Che non mi si attribuisca, secondo questi sistemi, il romanzo di
J... Non ho mai scritto un'opera di quel tipo, e sicuramente non la scriverò mai. Soltanto gli imbecilli e i malvagi,
nonostante l'autenticità delle mie smentite, possono ancora sospettarmi o accusarmi di esserne l'autore. Il più
sovrano disprezzo sarà ormai la sola arma con la quale combatterò le loro calunnie.

(Traduzione di Livia de Stefani)