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Francesco Scarpellini Pancrazi
Libertà compositiva, analisi e ipotesi interpretative negli Studi sopra gli Studi di Chopin di Leopold Godowsky

 

Leopold Godowsky, pianista e compositore polacco naturalizzato statunitense (1870-1938), è oggi soprattutto ricordato per i suoi Studi sopra gli Studi di Chopin, cinquantatré studi per pianoforte di difficoltà trascendentale – di cui ventidue per la sola mano sinistra – modellati su ventisei dei celeberrimi Studi di Fryderyk Chopin (dodici dall’Op. 10, undici dall’Op. 25 e i tre Nouvelles Etudes composèe pour la Méthode des Méthodes de Moscheles et Fetis).

Gli Studi di Godowsky sono composizioni estremamente interessanti, che meritano di essere studiate, suonate ed ascoltate per due motivi: primo, pur trattandosi di trascrizioni - termine in questo caso sicuramente riduttivo - posseggono un indiscutibile valore artistico autonomo; secondo, essi sono di grande utilità per un approfondimento tecnico e soprattutto musicale degli Studi di Chopin. Questo duplice motivo di interesse - per quello che sono in se stessi e per quello che rappresentano in riferimento agli Studi di Chopin - si ripresenta anche da un punto di vista più strettamente analitico: è così possibile analizzare il virtuosismo compositivo di Godowsky, sospeso fra trascrizione, citazione, variazione, metamorfosi e contaminazione, come è possibile rianalizzare un determinato Studio di Chopin dopo la sorprendente lettura del suo trascrittore. In quest'ultimo senso gli Studi sopra gli Studi di Chopin di Godowsky sono delle analisi che invece di essere realizzate verbalmente, vivono nella ricomposizione dei brani analizzati.

 

Proponiamo quattro esempi:

 

A) lo Studio n. 47, nel quale è interessante analizzare come Godowsky sia riuscito a combinare i due Studi di Chopin in Solb maggiore (op. 10 n. 5 e op. 25 n. 9), affidando alla parte della mano sinistra il materiale maggiormente rappresentativo dell’uno e alla mano destra il materiale dell’altro, praticamente smontando e rimontando gli elementi che li compongono.

 

B) lo Studio n. 32, intitolato Polonaise, trascrizione dello Studio di Chopin in La minore op. 25 n. 4, che è una regolare polacca tripartita ABA in cui la parte A è la trascrizione in Fa minore dello Studio chopiniano, la parte B la trascrizione (diversa) in Reb maggiore del medesimo Studio, e dove simultaneamente l’incipit della parte A è anche una evidente citazione iniziale della Polacca op. 44 dello stesso Chopin; il tutto in uno stile tardo romantico di sapore russo che, per densità di scrittura e figurazione pianistica, rievoca vivamente Rachmaninov.

 

C) lo Studio n. 3, trascrizione per la sola mano sinistra a parti scambiate dello Studio di Chopin in La minore, op. 10 n. 2:

 

Es. 1: Chopin - Studio Op. 10 n. 2, batt. 1-2

 

Es. 2: Godowsky - Studio n. 3, batt. 1-2

 

 

         Delle tre parti dell’originale, due alla mano destra e una alla mano sinistra, Godowsky utilizza solamente le due della mano destra, quella inferiore in semiminime spostata all’acuto, e quella superiore in semicrome spostata al basso. Il risultato è l’emergere di una linea melodica particolare (La2-Re3-Fa3-La3-Do4-La3-Mi3), effettivamente presente nella parte interna dello studio originale. Portati a riflettere sull’importanza di questa linea interna, è certamente importante sapere come Chopin stesso fosse indeciso sul ruolo e sul peso da affidare a questa parte, come dimostra chiaramente una versione autografa diversa da quella definitiva poi pubblicata nelle tre edizioni originali (Schlesinger, Kistner e Wessel):

 

Es. 3: Chopin - Studio Op. 10 n. 2 (prima versione), batt. 1-4

 

 

In questa versione, poi evidentemente scartata dall’autore, la voce interna alterna numerose semiminime con alcune semicrome, mentre nella versione definitiva è notata esclusivamente in semicrome. La presenza delle semiminime e soprattutto l’alternanza con le semicrome avvalora la possibilità che Chopin pensasse in un primo momento ad una valenza espressiva più marcata per questa parte interna, e ciò dona autorevolezza all’ipotesi interpretativa che emerge dalla trascrizione di Godowsky. (1) (Sappiamo del resto come le varianti, ancorché scartate, che si possono far risalire a Chopin rivestano sempre un grandissimo interesse per l’esecutore e per lo studioso, visto che spesso le fonti delle sue composizioni - comprese naturalmente le copie a stampa degli allievi con sue correzioni autografe - non permettono l’individuazione certa di una volontà definitiva). È anche notevole il fatto che questa riflessione sul ruolo delle diverse voci dello Studio originale e quindi sulla sua complessità contrappuntistica scaturisca in effetti da una trascrizione per la mano sinistra sola, di per sé risultato di una semplificazione.

 

D) nello Studio n. 38, trascrizione dello Studio di Chopin in Reb maggiore, op. 25 n. 8, la nuova melodia della mano destra, sovrapposta in modo originale alle doppie seste confinate alla mano sinistra (le due parti sembrano quasi sfasate fra loro), fa ben comprendere come l’elemento focale dello studio originale, più che l’ovvia difficoltà della scrittura in doppie seste, sia l’impressione di instabilità dovuta alla  raffinata sovrapposizione degli eventi armonici e della struttura metrica:

 

Es. 4: Chopin - Studio Op. 25 n. 8, batt. 1-2

 

 

Es. 5: Godowsky – Studio n. 38, batt. 1-3

 

 

Paradossalmente dunque, le trascrizioni di Godowsky, nonostante la loro difficoltà trascendentale, che richiede un controllo totale dello strumento, indirizzano l’esecutore degli Studi di Chopin verso un’interpretazione più basata sulla comprensione della natura contrappuntistica della tessitura chopiniana (solo apparentemente monodica), e sulla ricerca delle sfumature espressive, che non sulla ricerca della brillantezza e della perfezione tecnica.

 

NOTE

(1) Era Godowsky a conoscenza di questa versione ? Essa è stata pubblicata per la prima volta nel 1973, nella Wiener Urtext Edition degli Studi Op. 10 di Chopin curata da Paul Badura-Skoda, ma Godowsky potrebbe averne consultato l’Autografo (la cui storia è ancora lacunosa).

 

 

Bibliografia

 

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Rosen C. (1997), La generazione romantica, Adelphi, Milano

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Curriculum

 

Francesco Scarpellini Pancrazi è nato a Perugia, dove si è diplomato in Pianoforte al Conservatorio e laureato in Lettere all’Università. In seguito, grazie ad una borsa di studio Fulbright ha frequentato l’Indiana School of Music dell’Indiana University a Bloomington. Dopo aver insegnato nei Conservatori di Palermo e di Trapani, è attualmente docente di Storia della Musica al Conservatorio "A.Corelli" di Messina.