TURANDOT-SUITE

Composta dodici anni prima dell'omonima "fiaba musicale" in due atti pure su testo di Gozzi, questa suite si è imposta da tempo nel repertorio concertistico come una delle partiture più felici del musicista, anche se solo di rado viene eseguita integralmente ma ne vengono scelti alcuni brani tra i più significativi.
Non si cerchi in questa musica un facile richiamo esotico alla musica cinese: si tratta di una partitura densa, assai impegnata, dove gli eventuali influssi esterni si fondono in una concezione tutta personale. È una musica che, indubbiamente, oggi dimostra tutti gli anni che ha: ma rimane attraente per la sua concezione coraggiosa, il rifiuto di vecchi moduli in favore di una ricerca nuova sia nella melodia che nella strumentazione e nell'armonia.
I dieci pezzi che formano la suite si intitolano nell'ordine:
1) L'esecuzione capitale, la porta della città, l'addio
2) Truffaldino
3) Altoum
4) Turandot
5) L'appartamento delle dame
6) Danza e canto
7) Valzer notturno
8) In modo di marcia funebre e finale alla turca
appendice I: Disperazione e rassegnazione
appendice II: Il monito di Altoum. [Giacomo Manzoni]

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Si «Turandot» fut créée associée à «Arlecchino» en 1917 pendant l'exil zurichois de Busoni, la genèse de sa composition remonte à 1905.
Car, comme pour chacun de ses ouvrages lyriques, Busoni en préfigura le texte musical par la composition d'une courte pièce symphonique qui contient en germe une partie de la thématique du futur opéra. Ainsi en est-il du «Rondo Arlecchinesco», pour
«Arlecchino», et de «Sarabande et Cortège» pour «Faust».
La
Suite symphonique Turandot Op. 41 fut entreprise peu après la réalisation du célèbre Concerto pour piano, orchestre et chœur d'hommes Op. 39, qui, ainsi que l'a montré avec justesse P.G. Langevin, constitue dans le cheminement évolutif de son auteur l'équivalent des «Gurrelieder» pour Schönberg, en réalisant pour la première fois la synthèse des composantes «ataviques» de son instinct créateur. L'œuvre, quelifiée de «pandemonium» par un critique, à la création en 1904, d'«épopée sonore» par un autre, est absolument gigantesque et atteint aux mêmes étirements que les plus fantastiques développements de Mahler et de Bruckner. L'architecture générale accuse nombre de formes symétriques dans l'ensemble (structure générale ABCBA) comme dans le détail de chaque partie. La démesure est ici à l'échelle germanique, puisqu'elle s'applique à peindre les cycles éternels de la Nature. Pour Busoni, ce sera pourtant la dernière attache au postromantisme. Et «Turandot», qui suit, en sera l'antithèse absolue.
La Suite, écrite pour orchestre et chœur féminin, fut achevée en 1905 et crée à la Singakademie de Berlin le 26 octobre de le même année. Elle comporte huit numéros rapides et enchaînés. Le premier «Il Supplizio - La Porta della Città - La Partenza» est un Allegro qui, fragmenté, servira d'introduction et d'articulations au premier acte du futur opéra. Le deuxième «Truffaldino», est une marche grotesque qu'on retrouvera à l'entrée du chef des eunuques, au second tableau de l'acte. Vient ensuite «Altoum», marche du fabuleux empereur, puis le «Choeur Nocturne÷ que chanteront les femmes de «Turandot» au lever du jour au début du second acte. Au même acte appartiendront encore «Dance et Chanson», puis «Turandot» (une dernière marche), la valse nocturne, et le huitième morceau, «In modo marcia funebre e finale alla turca».
La Suite fut reprise par Max Reinhardt pour sa production de la pièce de Gozzi dans la traduction allemande de K. Vollmöller le 27 octobre 1911. Mais Busoni, refondant lui-même le texte allait, à partir des fragments à usage d'articulation, de description et d'ambiance pour la pièce, composer un opéra entier. Celui-ci reste avant tout une oeuvre légère, et à l'inverse du futur ouvrage de Puccini, est absolument dépourvu du pathos habituel à la production italienne de l'époque. Ni le chant (qui n'atteint jamais à l'incantation passionnelle) ni l'orchestre (assez étoffé sans être jamais massif, et qui n'a jamais le rôle de commentateur qui lui est dévolu alors depuis Wagner), ne se séparent d'une composante humoristique fondamentale. Plus que d'une «morale» orientale, il s'agit d'un divertissement sur le mode comique italien, qui refuse toutefois tout usage de l'orientalisme musical comme source de dépaysement sonore. La variété, l'originalité des timbres, de leurs mélanges, de leurs oppositions, la nouveauté - pour l'époque - des rythmes, éblouissants de verve, le baroque des constructions harmoniques, des variations tonales, l'invention mélodique elle-même souvent volontaire et carrée, mais aussi, quand Busoni le juge nécessaire, d'un lyrisme absolu, en font une œuvre absolument originale et sans artifice, môme si face à Faust, elle n'apparaÎt plus qu'une esquisse de mise en pratique des théories de son auteur. [Pierre Flinois -
Turandot-Suite - Avant-Scène Opéra dedicato a Turandot di Puccini, pp. 136 ss.]


Cronologicamente prossima al Concerto [per pianoforte, coro d'uomini e orchestra], e come questo divisa fra modernità e tradizione, anche se con risultati stilisticamente più maturi, è la
Suite orchestrale per la Turandot di Carlo Gozzi. Composta nel 1904, essa comprende otto brani, ognuno pertinente a personaggi e situazioni del dramma fiabesco di Gozzi: 1. L'esecuzione capitale, la porta della città, l'addio (dall'atto I); 2. Truffaldino (Introduzione e marcia grottesca); 3) Altoum (Marcia); 4) Turandot (Marcia); 5) Il gineceo - l'appartamento delle dame - (introduzione all'atto III); 6) Danza e canto; 7) Valzer notturno (dall'atto IV); 8) In modo di marcia funebre e finale alla Turca (dall'atto V). In una nota redatta nell'ottobre 1911 per i «Blätter des Deutschen Theaters» e intitolata Sulle musiche per «Turandot» Busoni affermò di esser stato spinto a comporre queste musiche dal desiderio di dare anche a uno spettacolo italiano che vi si prestasse naturalmente, perché inimmaginabile senza musica come appunto la fiaba di Gozzi, una «illustrazione musicale» sul tipo dei modelli classici delle musiche di scena per il teatro di prosa tedesco, come cioè avevano fatto Beethoven con l'Egmont, Schumann eon il Manfred, Mendelssohn con il Sogno di una notte di mezza estate e Weber con la «deliziosa semiopera» Oberon. E proprio come musiche di scena esse furono utilizzate nell'ottobre 1911 per una rappresentazione della Turandot al Deutsches Theater di Berlino, nell'adattamento di Karl Vollmoeller e con la regia prestigiosa di Max Reinhardt (fu in quest'occasione che, oltre alla nota citata, Busoni scrisse anche due nuovi brani in aggiunta agli otto originari: «Disperazione e rassegnazione» e «Il monito di Altoum»).
Le complesse vicende attraverso cui passarono le musiche per Turandot meritano ulteriori chiarimenti. Anzitutto occorre ribadire che esse nacquero come pura musica sinfonica da concerto nella forma di una Suite a quella fiaba «ispirata», e che solo successivamente furono destinate alla scena: prima per la rappresentazione di questa a Berlino, poi come base per un'opera teatrale originale, Turandot appunto, che Busoni compose a Zurigo fra il 1916 e il 1917. Il compito che Busoni si era prefissato si realizzò dunque in una partitura in cui ogni riferimento a suggestioni esterne si risolveva in termini di musica pura, pur adattandosi in varie forme alla scena teatrale; e ciò già prima che egli teorizzasse la specificità musicale di drammi, come quello gozziano, in cui «molta musica è prescritta e ne offrono l'occasione non solo i ritmi di marcia e di danza che vi compaiono spontaneamente, ma anzitutto il carattere fiabesco dell'argomento. Effettivamente un 'dramma fiabesco' non è immaginabile senza musica e specialmente in Turandot, dove nessun elemento magico entra in azione, è alla musica che spetta il compito grato e necessario di rappresentare l'elemento soprannaturale e fuori dell'ordinario» e molto prima che egli traesse da quell'argomento, senza alcuna contraddizione e poche modifiche alla musica già composta, un'opera che di quella teoria, nel frattempo approfondita in modo radicale nella Nuova estetica, è la suprema incarnazione.
Questo spiega fra l'altro la notevole fortuna che la Suite orchestrale originale ha avuto fino ad oggi nei programmi sinfonici, come pezzo da concerto autosufficiente. Si tratta di una partitura assai raffinata nella strumentazione, ricca di brillanti effetti e colori diversissimi, personale e originale già nella concezione, linguisticamente assai interessante, mai di maniera. Busoni fa largo uso di motivi e di inflessioni orientali originali, strutturando alcuni pezzi su scale pentatoniche variamente combinate armonicamente, evitando tuttavia di cadere nell'esotismo teatrale convenzionale. Il rifiuto dei vecchi moduli dell'armonia tradizionale apre alla ricerca nuove strade, senza per questo rinunciare alla purezza delle proporzioni classiche e al controllo del gusto, qui come raramente prima misurato. All'elemento fantastico e fiabesco, che la musica esprime con una grande varietà di invenzioni timbriche, si unisce una muscolosa densità di scrittura, da cui il gioco degli intrecci melodici emerge con un rilievo e una leggerezza finora inconsueti nella produzione orchestrale di Busoni. [Sergio Sablich]