L'opera pianistica di Ferruccio Busoni

[il booklet del cofanetto contiene anche il testo originale in tedesco e la traduzione in francese e inglese]

La musica per pianoforte constituisce la parte più cospicua e anche più importante dell'intera produzione compositiva di Busoni. Il pianoforte per Busoni non è solo uno strumento tra tanti, è il "suo" strumento. Su di esso egli sperimenta nuove tecniche, nuove sonorità, di cui solo molti anni dopo egli farà uso in composizioni di genere diverso.

La fanciullezza è uno dei periodi compositivi più fecondi della vita di Busoni. Del periodo delle lezioni di composizione di Mayer-Rémy (1880-81) sono non meno di settantanove brani, per lo più rimasti inediti e ora facenti parte del lascito Busoni (Busoni-Nachlass) in possesso della Biblioleca di Stato prussiana di Berlino (Staatsbibliothek zu Berlin). Una di queste composizioni, la
Suite Campestre op. 18 è stata inclusa in questa edizione discografica. La suite, composta dal dodicenne Ferruccio a Vienna, consta di cinque brani di carettere, descritti da titoli programmatici.

I
24 Préludes op. 37 sono tra le prime composizioni edite di Busoni e risalgono in parte sino al 1880. Se da un lato questi primi tentativi restano sotto l'influsso di questo o quel modello barocco o classico - di quei maestri le cui opere Busoni eseguiva in concerto in quel periodo, dall'altro tuttavia l'espressione del compositore quattordicenne è già più personale e intensa. Il semplice gioco di forme e di linee viene rafforzato, nelle danze così come nelle sezioni più rigorosamente polifoniche, dalla pura gioia del suono. Il ciclo dei 24 Préludes tocca tutte le tonalità, seguendo il circolo delle quinte in cui ad ogni tonalità maggiore fa seguito la relativa minore. L'analogia formale con il «Clavicembalo ben temperato» di Bach è evidente, anche se i brani, per la loro struttura prevalentemente omofona, si avvicinano ai «24 Préludes» op. 28 di Chopin (anch'essi a ordinamento ciclico), senza tuttavia raggiungerne il livello artistico. La scrittura è ancora semplice e di rado richiede conoscenze tecniche virtuosistiche. Anche la struttura formale è generalmente ben evidenziata e riconducibile per lo più alla ben nota forma liederistica a una, due o tre parti, soltanto i «Preludes» nn. 6, 7 e 22 mostrano schemi differenti.

Gli anni di studio a Graz con Mayer-Rémy (1880-81) furono determinanti non solo per le inclinazioni compositive di Busoni, ma anche per il suo sviluppo intellettuale e spirituale; contribuirono inoltre ad ampliare il suo mondo emotivo. Ferruccio scopriva le particolarità e la complessità del mondo intorno a lui; le arti figurative e la letteratura cominciavano ad affascinarlo quanto la musica. Per il suo tredicesimo compleanno ebbe in regalo l'opera di Wilhelm Hauff: quei racconti semplici e fiabeschi lo rapirono immediatamente. Ma d'altro canto egli conosceva e apprezzava già le storie fantastiche di E.T.A. Hoffmann. Il soprannaturale, l'irreale ma anche il comico-grottesco lo attiravano e gl'ispiravano immagini musicali in pezzi di carattere. Così forse son nati, presumilbilmente alla fine del 1881 o all'inizio del 1882, i
Racconti fantastici op. 12, eseguiti da Busoni per la prima volta a Bologna il 4 gennaio 1883. Il primo brano, «Duello», e a due sole voci, come implica il titolo, ma per maggior effetto vengono aggiunti passaggi in ottave, in terze e accordi. Nella sua struttura sono legati due principi formali: quello della fuga e quello del Lied tripartito. Il secondo brano, «Klein Zaches», trae spunto da un omonimo racconto di Hoffmann. L'autore descrive l'agitazione provocata nel suo ambiente da un ragazzino deforme, a cui tre capelli d'oro conferiscono poteri magici: a lui viene attribuito tutto ciò che di magnifico viene pensato, detto o fatto in sua presenza. Busoni non cerca naturalmente di rappresentare musicalmente lo svolgersi dell'azione; lo affascina piuttosto la persona fisica di Klein Zaches: il suo piccolo corpo raggomitolato, che a stento si regge su quelle "zampe di ragno", caratterizza il tema principale di questo brano scritto in forma di rondò. Il racconto di Wilhelm Hauff «Die Höhle von Steenvoll» è alla base del terzo brano «La Caverna di Steenfoll»: è la storia di un pescatore che vende la propria anima al diavolo per recuperare l'oro di una nave affondata. Busoni mostra ancora una volta poco interesse per la trama e una maggiore attenzione invece a rappresentare l'atmosfera.

All'incirca allo stesso periodo risalgono le sei
Macchiette Medioevali op. 33. I brani sono brevi schizzi e ritratti di personaggi della vita medievale. Per dimensione e carattere ricordano un po' le «Kinderszenen» o l'«Album per la gioventù» di Robert Schumann. La loro forma varia, tra bipartita e tripartita, mentre la scrittura pianistica è semplice e facile. Anche in questi "schizzi medievali" la caratterizzazione musicale spicca per realismo: cortese e galante, ma al tempo stesso solenne e pieno di leggiadria è la «Dama»; elegante, ma un po' melanconico il «Cavaliere»: il «Paggio», allegro e cordiale, è seguito dal «Guerriero», focoso e passionale; misterioso e meditabondo si presenta l'«Astrologo», mentre il «Trovatore» con i suoi gesti retorici e il velluto della propria voce potrebbe benissimo essere una figura dell'opera lirica italiana tardoromantica.

Il periodo compositivo, che va dal 1883/84 al 1890 mostra l'entrata di Busoni in una nuova sfera di influenze. Mentre sinora le sue composizioni erano improntate a modelli del passato, più o meno recente - Barocco, Classicismo e Romanticismo -, ora il presente acquista per il giovane Busoni un significato maggiore. Le opere composte a partire dal 1883-84 sono soprattutto sotto l'egida di Johannes Brahms: si veda ad esempio nei
Sechs Etüden op. 16, composti nel 1883 e dedicati a Brahms, ma specialmente in Etüde op. 17, Tema e Variazioni del 1884, anch'esso dedicato al maestro. Sebbene non un solo schema di variazione sia preso dail'opere di Brahms, l'influsso dello stile di questo compositore è innegabile; nonostante il loro carattere cameristico, le otto variazioni presentano forti contrasti espressivi, che toccano tanto le esplosioni passionali quanto i sentimenti più dolci e delicati.

Il vertice di questo periodo è costituito, all'inizio del 1885, dal completamento di
Variationen und Fuge in freier Form über
Chopins c-moll-Präludium
(op. 28, n. 20), op, 22. Gli esperti concordano nel riconoscere una somiglianza tra quest'opera le «Händel-Variationen» op. 24 di Brahms: in effetti l'influsso di quest'ultimo su Busoni non è mai così forte come in questa composizione, come mostrano chiaramente le particolarità timbriche e la scrittura pianistica. Nello sviluppo del tema e nelle figurazioni delle singole variazioni, Busoni si mantiene però completamente indipendente. Alcune variazioni, specialmente la fuga conclusiva, superano già persino Brahms nella loro concezione cromatica e armonica libera e mostrano un linguaggio che ritroveremo solo in lavori più maturi di Busoni. Confrontate con le sue opere precededenti le variazioni su Chopin spiccano per pienezza di suono e virtuosismo richiesto. Anche le dimensioni dei brani sono sensibilmente aumentate e così le doti tecniche richieste per la loro esecuzione.
Nel 1922 Busoni pubblicò, nell'ultima delle cinque parti che compongono la sua «Klavierübung», che conteneva anche la trascrizione del secondo movimento del «Concertino» («Romanza e Scherzoso») per pianoforte e orchestra op. 54, nota con il titolo di
Perpetuum mobile, una seconda versione abbreviata della variazioni su Chopin. Alcune variazioni della prima versione furono eliminate e in loro sostituzione ve ne sono solo tre nuove. I brani ripresi dalla precedente edizione mostrano modifiche nette e a tratti diffuse, sebbene il nucleo di ogni brano resti intatto. Le nuove variazioni (nn. 3, 8 e 9 della nuova versione) fanno intravedere lo stadio avanzato deli'evoluzione armonica di Busoni. Degna di nota è anche l'introduzione alla serie di variazioni, quattro battute in cui il tema chopiniano viene presentato in una libera imitazione a tre parti.

Dopo le variazioni su Chopin, l'attività compositiva di Busoni sposta il suo accento dalla musica pianistica e quella cameristica; sono infatti solo del 1890 le prime opere nuovamente per pianoforte a due mani:
Zwei Klavierstücke op. 30a ad esempio, che, insieme al Konzertstück per pianoforte e orchestra dello stesso anno e ad altre brevi composizioni, vinse il primo premio al Concorso Rubinstein. I due brani op. 30a apparvero poi in edizione riveduta nel 1914 con il titolo Zwei Tanzstücke. Le modifiche mostrano la mano del maestro ormai esperto e testimoniano senza dubbio il talento per la composizione. ll primo dei due brani, «Waffentanz», è un fugato, il cui fascino particolare consiste nell'unione tra un agile ritmo di danza e la scrittura polifonica lineare; leggero, grazioso e flessuoso è anche il secondo brano, «Friedenstück»: entrambi i Tanzstücke suggellano la fine del periodo artistico giovanile di Busoni.

Dopo il 1890 l'attività compositiva di Busoni si restrinse sensibilmente in ogni campo. Per quanto riguarda la musica per pianoforte, si hanno fino al 1895 solo due opere: la brillante
Vierte Ballett-Szene in Form eines Konzert-Walzers op. 33a (1892) e i sei Stücke für Pianoforte op. 33b (1895), il cui primo fascicolo (nn. 1-3) è dedicato a Max Reger. Nella Ballett-Szene Busoni si è liberato dell'influenza di Brahms, ma la tecnica pianistica rivela un nuovo ispiratore, Franz Liszt: lo dimostrano le cadenza libere, prive di divisioni di battuta, e le nuove esigenze tecniche e virtuosistiche. Si possono individuare infine almeno altri due "padrini" di quest'opera, Chopin e Johann Strauss. Dopo il 1895 Busoni si ritirò dalla composizione pianistica per un periodo di dieci anni, durante il quale il concerlista di fama internazionale restò in disparte, dedicandosi alla riflessione e alla ricerca di un'espressione e uno stile personali.

Con le
Elegien del 1907 inizia l'ultimo e più fecondo periodo creativo busoniano. L'espressione "terzo periodo" veniva usata dal compositore stesso e significava, come risulta da diverse considerazioni su se stesso e altri musicisti, lo stadio "definitivo" e più alto che un compositore potesse raggiungere nella propria evoluzione, lo stadio della maturità e della pienezza. Con ciò si spiega la sua convinzione di aver trovato, "alla fine e per la prima volta", il suo stile personale proprio nelle Elegien. Se confrontate con i concetti espressi nel suo saggio, già apparso, «Entwurf einer neuer Asthetik der Tonkunst», le Elegien appaiono ancora stranamente legate alla tradizione: recano infatti in più punti le tracce dell'intonazione tardoromantica. Ma se comparate con altre opere precedenti dello stesso Busoni, rivelano numerosissime novità sonore e senza dubbio proprio queste ultime saranno base e impulso dell'audace evoluzione degli anni seguenti.
Il fatto che le Elegien siano rivolte nel contempo al passato e al futuro deriva anche dalla loro collocazione centrale all'interno dell'intera opera. A eccezione del primo, tutti gli altri brani sono trascrizioni di composizioni precedenti o studi preparatori di pezzi successivi. A ciò corrisponde la varietà del mezzo compositivo: accanto a nuovi esperimenti sonori troviamo il semplice sviluppo tonale, virtuosismi lisztiani e polifonia a due parti, armonia pura a tre voci e ampi excusrus tra tonalità e bitonalità. Nel 1909 il ciclo delle Elegien venne ampliato da un settimo brano,
Berceuse, a cui corrisponde la «Berceuse élégiaque» per orchestra op. 42, anch'essa scritta nel 1909. Quest'ultimo brano rappresenta un ulteriore passo verso linguaggi armonici ancora inesplorati. (Agl'inizi degli anni '20 Erwin Stein, allievo di Schönberg, trascrisse la «Berceuse élégiaque» per gruppo da camera).

Le innovazioni delle Elegien furono sviluppate nelle opere successive: in
Nuit de Noël. Esquisse pour le Piano (1908) per esempio, le cui tonalità pastello si mescolano le une alle altre, rimandando alle sonorità dell'impressionismo, o nella Fantasia nach Johann Sebastian Bach (1909), una libera trascrizione di tre composizioni bachiane racchiuse in una cornice busoniana, o ancora nella raccolta An die Jugend (1909), che a fianco a rielaborazioni da Bach, Mozart e Paganini, allinea momenti di assoluta novità. È il caso ad esempio di «Epilogo» (IV fascicolo) in cui Busoni riuscì ad afferrare ciò che in precedenza aveva solo previsto nei propri scritti teorici: le leggi dell'armonia tradizionale venivano infrante, lo schema ordinario di battute completamente stravolto e le linee musicali liberate in suoni fantastici, visionari, dissonanti.

All'inizio del 1910 Busoni compose una delle sue più importanti e notevoli opere panistiche, la
Grosse Fuge. Kontrapuntistische Fantasie über J.S. Bach letztes unvollendentes Werk, portata a termine pochi mesi dopo con il nuovo titolo di Fantasia Contrappuntistica. L'opera rappresenta il tentativo di portare a termine la fuga conclusiva dell'«Arte della Fuga» di Bach. Dell'ultimo brano di quest'opera, il Contrapunctus XIX, che doveva constare di quattro fughe, la prima e la seconda sono complete, mentre la terza s'interrompe, com'è noto, nel punto in cui i primi due temi s'incrociano con il tema B-A-C-H. Questa terza fuga dunque poteva essere completata sulla base del materiale tematico già presente. La quarta fuga invece doveva essere composta ex novo. Busoni non si limitò ai canoni tradizionali del contrappunto: «Ai nobili mezzi dell'alta scuola» - ovvero l'elaborazione contrappuntistica delle parti, inversioni, stretti, diminuzioni, trasposizioni... - «aggiunsi ancora dal mio arsenale personale, l'alterazione dell'intervallo, del ritmo e la variazione del tema» e soprattutto «una nuova armonia sorta dalla polifonia assoluta.»
Nonostante il suo rispetto per l'opera bachiana, la Fantasia Contrappuntistica non vuole essere un restauro di un «rudere»: non vi è alcun intento archeologico ricostruttivo in Busoni. Egli ha voluto semplicemente ampliare, alla sua maniera e con la sua musicalità un frammento bachiano. Il risultato è una composizione «che si erge altera sullo stile pianistico del tempo, fatto di aforismi» (Selden-Goth). È un'opera superlativa: magistrale nella costruzione polifonica, imparegglabile per pienezza e ricchezza di suono, di formidabili dimensioni e incredibilmente esigente nei confronti di chi la esegue.

Nel 1912 Busoni pubblicò una terza versione, in parte indipendente, abbreviata e semplificata, della Fantasia Contrappuntistica con il titolo
Choral-Vorspiel und Fuge über ein Bachsches Fragment. Il preludio corale qui inciso non è identico al preludio dell'edizione completa: Busoni potrebbe aver usato la stessa melodia di corale (Allein Gott in der Höh sei Ehr'), rielaborandola tuttavia in tre nuove variazioni.

La composizione delle sei sonatine copre un lasso di tempo di dieci anni. La prima risale al 1910, l'ultima al 1920. Nella loro diversità, questi sei brani testimoniano il movimentato sviluppo estetico esperito da Busoni in tale periodo: la sua rottura verso la libertà armonica dell'atonalità (nel passaggio dalla
Prima alla Seconda Sonatina, del 1912) e il suo ritorno alle regole della "Junge Klassizität" (in Sonatina ad usum infantis del 1915 e Sonatina in diem nativitatis Christi del 1917), tendenza che ha lasciato il segno anche sulle due "trascrizioni" di Sonatina brevis. In signo Johannis Sebastiani Magni del 1918 e Sonatina super Carmen (1920).

Il termine "sonatina" non è tuttavia in relazione con lo schema formale classico. Non esiste anzi una forma unitaria per tutti e sei i brani. Alcuni sono in un solo movimento, altri in più, il quinto ad esempio è una libera parafrasi di un brano bachiano, il sesto lo è della celebre opera lirica. Tutte le sonatine però possiedono un carattere intimo e una struttura trasparente, elementi comuni che allontanano queste composizioni dalle dimensioni e dalle sonorità della sonata romantica, così come dalle scrittura pianistica brillante e sapida delle Elegie e ancora della Fantasia Contrappuntistica.

I contemporanei di Busoni restarono piuttosto perplessi di fronte allo stile delle sonatine, in particolare nei confronti della
Sonatina Seconda, decisamente incompresa, tuttavia un corrispettivo di questo stile si ritrova delle prime opere pianistiche di Arnold Schönberg. Le innovazioni vennero considerate troppo drastiche: persino la notazione era confusa. In lunghi passaggi si rinunciava alla divisione in battute, e laddove essa era mantenuta, era in ordine a un principio più formale che metrico. Ancora più caotica sembrava l'armonia, che si diparte decisamente dalle sonorità tradizionali e rassicuranti, fatte di terze e di triadi. Il semitono è l'elemento basilare della composizione e regola la melodia tanto quanto l'armonia verticale. Quarte e quinte eccedenti, toni e semitoni, settime e none sono gli intervalli preferiti. Ma l'armonia non si ripete in moduli costanti e cacofonici, al contrario contiene anche riferimenti tonali e bitonali e persino alcune scale tonali, per quanto molto cromatiche. La ripetizione dei suoni è, in parte, talmente evitata, da poter scorgere la comparsa dei dodici suoni cromatici in successione.

Accanto alla "novità" della Sonatina Seconda, il clima è ancora influenzato dalla raccolta An die Jugend della prima
Sonatina (1910). Nella Sonatina ad usum infantis (1915) viene espresso per la prima voita ciò che Busoni solo più tardi definirà "Junge Klassizität", ovvero il convincimento che "l'epoca degli esperimenti" si era ormai conluso. Il pionierismo, lo "sperimentalismo" che caratterizza la Sonatina Seconda è scomparso; Busoni ambisce a nuovi ordinamenti dell'arte, che siano "al tempo stesso vecchi e nuovi". Un'uguale trasparenza e modestia della struttura musicale e una simile onesta semplicità contrassegnano anche la Sonatina in diem nativitatis Christi del 1917. Nella conduzione sottile e polifonica delle linee melodiche e nella esuberanza timbrica trattenuta, nel suo legame con le tecniche e mezzi espressivi tradizionali, in parte arcaici, essa costituisce un ulteriore esempio delta "Junge Klassizität". La Sonatina brevis (1918) è una libera parafrasi della Fantasia e Fuga in re minore 3WV 905 di Bach, mentre la sesta sonatina, Sonatina super Carmen (1920) s'ispira alla celebre opera di Bizet. Il sottotitolo Kammer-Fantasie indica il libero sviluppo e la connessione casuale dei cinque motivi derivati dali'opera.

Il "nuovo mondo" ispira a Busoni l'
Indianisches Tagebuch del 1915, una raccolta di Vier Klavierstudien über Motive der Rothäute Amerikas (Quattro studi per il pianoforte, su motivi dei pellerossa d'America). Sebbene in stretto legame con la Indianische Fantasie per pianoforte e orchestra op. 44, il Tagebuch non è tuttavia uno studio preparatorio a quest'ultima opera, ma la cristallizzazione successiva alla stesura della stessa. In questo caso la semplicità non è il punto di partenza, come in Sonatina ad usum infantis, ma è piuttosto il punto d'arrivo di un processo che concorda con lo sviluppo dello stesso Busoni verso la "Junge Klassizität".
La differenza tra la Fantasie e il Tagebuch per pianoforte solo consiste nell'assenza, in quest'ultima opera, di fuochi d'artificio virtuosistici e nella limitatezza del materiale tematico. Le scale, che sono alla base dei motivi indiani, hanno una loro peculiare caratterizzazione armonica e melodica (un po' come la scala pentatonica e quella tzigana) che ricompare nell'accompagnamento. Tutti e quattro i brani hanno una struttura tripartita A-B-A'. Contrariamente alla struttura prevalentemente lineare delle sonatine, il fulcro di quest'opera è nell'accento quasi impressionista.

Nello stesso anno di Sonatina super Carmen, nel 1920, Busoni compose la
Toccata. L'opera consiste in tre lunghe sezioni: «Preludio, Fantasia e Ciaccona». Come per la sonatina, vi sono dei riferimenti alla lirica, e precisamente a due opere di Busoni: «Die Brautwahl» (1906-11) e «Doktor Faust» (1916-24). Il Preludio si basa sul tema e le figurazioni di «Die Brautwahl», mentre la «Fantasia» e la «Ciaccona» contengono elementi che in seguito saranno rielaborati nel «Doktor Faust». La composizione presenta ad un più alto livello quelle qualità tipiche della scrittura bachiana riassunte da Busoni nella sua introduzione all'edizione delle Toccate di Bach: l'elaborazione di cellule formali minuscole, la tendenza a evidenziare il virtuosismo, la tecnica e l'improvvisazione. Le relazioni tematiche tra le tre parti della Toccata danno coesione e coerenza interna all'opera. L'impegno tecnico richiesto al pianista è assai più gravoso che non nella maggior parte delle opere busoniane di quegli ultimi dieci anni e non di rado sconnfinano nel regno del virtuosismo puro.

Nel 1921 apparve una raccolta di tre brevi pezzi pianistici,
Albumblätter: il primo era stato composto nel 1917, il secondo e il terzo nel 1921. Paragonati alla brillante Toccata, questi brani sembrano sognanti e introspettivi. La loro trasparente polifonia e lo spirito di lirismo che li anima nulla concede al virtuosismo. È significativo che il primo Albumblatt sia stato composto originariamente per flauto e pianoforte. La semplicità del linguaggio musicale in questi tre brani mostra la distanza presa dal compositore del 1921 dallo stesso Busoni, concertista del virtuosismo negli anni '90, e poi autore delle Elegien e della Fantasia Contrappuntistica. La stessa tendenza è evidente nel breve brano Notturni. Prologo. Quest'ofoera, composta nel 1918, ma tuttora inedita, fu rielaborata da Busoni nell'ultima scena del suo «Doktor Faust».

I
Sieben kurze Stücke zur Pflege des polyphonen Spiels (1923), tratti dal nono della raccolta in dieci volumi «Klavierübung», e l'impressionista e bitonale Prélude et Etude en arpèges (1923) concludono la ricca opera pianistica di Busoni. Questi brani abbracciano un periodo che va dal tardo Romanticismo fino ad un nuovo Classicismo ("Die Junge Klassizitat") passando per la rivoluzione atonale. [Trad. in italiano - leggermente modificata - del testo in tedesco del Prof. Dr. Ulrich Prinz di Stuttgard]