Piero Rattalino

IL CONCETTO DI REVISIONE PIANISTICA
DA BUSONI A OGGI


[pp. 27-33]


[...] Nella prima metà dell'Ottocento il revisore intende preparare la musica in vista dell'esecuzione ma non dell'interpretazione. Cari Czerny, che trasporta Bach in ambito beethovemano, riserva però l'analisi delle composizioni e le modalità dell'interpretazione ad appositi trattati nei quali espone princìpi generalì ed indica norme operative. Hans von Bülow, invece, non solo adegua il testo di Beethoven ad un dìverso stadio dì sviluppo dei gusto ma si impegna a spiegarlo di volta in volta con note a pie' di pagina di carattere specifico, non generale. E Busoni, affrontando Bach negli anni Novanta, procede direttamente da Bülow.


Nella seconda metà dell'Ottocento, però, nasce accanto alla revisione l'edizione fliologica. Quando nel 1839 se ne va con George Sand a Maiorca, Chopin scrive ad un amico dicendo di portare con sé l'edizione parigina del Clavicembalo ben temperato di Bach per correggere gli errori (e lo dice polemicamente). Ci saran stati in quell'edizione, sicuramente, i refusi che capitano in minore o in maggior misura in tutte le edizioni del tempo. Ma io mi permetto di sospettare che Chopin potesse scambiare per errori cose che ripugnavano al suo gusto. Perché mai, altrimenti, un artista come Ignaz Moscheles, tra l'altro devotissimo alla memoria di Beethoven, avrebbe dovuto correggere un'armonia "cacofonica" nella seconda battuta della Patetica? Il gusto raffinatissimo dell'artista veniva scambiato per scienza esatta della composizione. E lo stesso Chopin, audace sperimentatore, sarebbe rimasto vittima di questo equivoco quando i revisori avrebbero messo i piedi dentro i suoi testi con la grazia degli elefantì.
Nella seconda metà dell'Ottocento, come dicevo, mentre la revisione diventa sempre più personalizzata entra in campo la fitologia: accanto alla revisìone, edizione da studio, nasce l'edizione da consultazione, accanto alle soggettive revisioni di Bülow troviamo l'asettica edlzìone delle Sonate di Beethoven preparata da Carl Reinecke, e accanto al tanti Bach "rivisitati" più che riveduti abbiamo i volumi della Bachgesellschaft con indicazione delle fonti e delle varianti riscontrate e senza, almeno in linea di principio, intromissioni dei gusto dei curatore.
Busoni, in realtà, eredita entrambi i punti di vista. Per Bach si serve delle edizioni della Bachgesellschaft come del punto di partenza per i suoi cospicui, massicci , geniali interventi, che non riguardano più, tuttavia, le note, ma solo le modalità d'esecuzione e d'interpretazione e l'analisi. Con Liszt adotta invece l'abito del filologo. Le edizioni di musiche di Liszt curate da Busoni riflettono lo stato della filologia dei tempo e non sono più, oggi, del tutto attendibili, ma sono la dimostrazione di uno scrupolo e di un abito mentale che in un cervello ribollente come quello dei Nostro non possono non stupirci. È curioso e insieme divertente constatare come poi, una volta curata l'edizione filologica degli Studi da Paganini, Busoni scatenasse la sua creatività con l'edizione riveduta degli stessi. Sembra un Ramadan: si digiuna fino al tramonto, e poi... si gozzoviglia alla grande.
Filologia, revisione, infine riscrittura. Sono tre momenti diversi e sono, nel rapporto con un testo che è anche documento del passato, tre momenti in successione che corrispondono alla ricostruzione storica, al saggio storico, al romanzo storico. Il primo momento fu in Busoni l'eccezione, il terzo fu una pratica costante rispecchiata solo per eccezione nelle sue pubblicazioni, il secondo fu la manifestazione ordinaria della sua didattica, del suo eros pedagogico. Eros pedagogico d'artista, non di scienziato. Se paragoniamo le revisioni bachiane di Busoni con le contemporanee revisioni bachiane di Hugo Riemann capiamo subito la differenza che corre tra chi non sistematìzza e chi sistematizza, tra chi parte dall'artisticità della pagina e chi parte da una teoria generale e astorica, non consentendo a Bach di avere una teoria particolare e storica. E così le revisioni di Riemann sono fastidiose da leggere, le revisioni di Busoni sono vive e stimolanti, anche se in senso intellettuale, non operativo... [pp. 28-30]