Stefano A. E. Leoni

FERRUCCIO BUSONI
E GINO TAGLIAPIETRA,
UN ALLIEVO DEVOTO

[con una nota sugli «Studi di
perfezionamento per pianoforte»]


[pp. 165-187]


2. Tagliapietra e Busoni: l'allievo di una vita

Venezia, 8.2.907 (?)

Mio diletto Maestro,
[...] Nel mio tugurio veneziano dormo come un tasso non sognando altro che di Lei. [...] In questa griggia Venezia sono circondato da esseri gonfi d'invidia, che non aspettano altro che l'istante opportuno a Loro per sgonfiare questo sacco e per poi riempirlo di nuovo. Non uno che abbia dei sentimenti leali per me; solo l'ipocrisia è dipinta sul loro viso, come il verde marino sulle case veneziane. [...] Ne Treviso ne Venezia possiede un pianoforte tale da poterlo mettere a sua disposizione; perciò sarà necessario che ne porti uno seco. Le dò questo consiglio, acciochè non deva pentirmene poscia. Diletto Maestro, mi voglia bene e non Le dispiacia la mia adorazione. Suo Gino Tagliapietra. [Busoni Nachlass]

La lettera, quantunque considerata da chi ha raccolto l'epistolario di Tagliapietra come la n. 1 della serie, non può certo esserlo per il contenuto: vedasi la recriminazione nei confronti dell'ambiente conservatoriale e non di Venezia. Certo è precedente ad essa la n. 4, datata Trieste 27.8.907, in cui Tagliapietra spiega le ragioni della preferenza di Venezia a Malmö (dove Busoni aveva ottenuto per lui una cattedra):

Trieste 27.8.907

Diletto Maestro,
Spinto da ragioni personali riguardanti anche la parte economica mi decisi l'ultimo momento pel Conservatorio di Venezia. Le condizioni migliori dei contratto, che mi concedono ampia libertà in tutti i punti, l'ambiente a me oltremodo idoneo per metter in esecuzione tutti i miei progetti [...] ecco ciò che fecemi prescegliere Venezia a Malmö. [...] Non vorrei poi coi tempo dovermi pentire d'aver non dato pieno accetto a ciò che porgevami il caso per mezzo Suo, ma allora spero se l'occasione si ridesse, che Lei noti si dimenticherà di me.
[Busoni Nachlass]


E sappiamo, invece, come andarono le cose.
Dopo una pausa di alcuni anni (almeno per quanto a noi è pervenuto dell'epistolario) ed un lungo silenzio dovuto senz'altro - almeno in parte - alla Grande Guerra, ecco che già nel marzo del 1918, a cannoni ancor fumanti, Tagliapietra si rifà vivo con il Maestro, questa volta da Roma, città dove i due s'eran visti due anni prima, presentandogli "qualche [...] lavoro di composizione", e precisamente: …la prima serie delle mie 'Bagatelle' per la gioventù ed i primi 20 Studi per il pianoforte». La lunga missiva è particolarmente interessante perché chiarisce gli intendimenti di Tagliapietra non solo da un punto di vista strettamente strumentistico, bensì ne delinea il pensiero musicale nel senso più lato dei termine proprio in un momento in cui ancUegli prendeva parte alle polemiche dell'ultimo scorcio degli anni Dieci del secolo sul concetto di moderno in musica, su Casella e il "casellismo", sulla Società Nazionale di Musica, poi Società Italiana di Musica Moderna. Tagliapietra, era infatti appena intervenuto su queste questioni dalle pagine di «Orfeo» nel 1917.

Ma veniamo alla lettera:

Roma, 27.3.918

Sono gli inizi d'un vasto programma di riforma o di "modernizzazione" (scusi il barbarismo) della scuola di pianoforte che mi sono proposto di realizzare coll'intendimento di dare agli italiani una scuola italiana. Sò quanto sia grave il mio compito ma spero che la bontà del mio intendimento mi dia le forze per compierlo.
Da molto tempo avevo comunicato a Ricordi questa mia intenzione inviandogli questi miei lavori colla speranza che ne accettasse la pubblicazione, ma sin ora non ho avuta da lui alcuna risposta. Non comprendo il significato di questa lunga meditazione ma non mi sembra indizio di grande entusiasmo. Forse che la mia idea non lo merita; perciò giudicherà Lei dai primi saggi che Le invio, e che nulla certo di più desiderano che d'esser esaminati da Lei. E se i miei lavori Le piacessero (di che sarei anche troppo contento) mi consigli Lei a chi mi potrei rivolgere per la loro pubblicazione e in tal caso La pregherei di presentarmi con qualche Sua parola. Sò purtroppo che se le mie trattative con Ricordi fallissero, non avrei più nessuno a chi rivolgermi. Lei sa bene che noi noti abbiamo altri editori musicali autorevoli né intraprendenti; perché sono sicuro che ogni offensiva contro l'autorità tradizionale di Czerny sarebbe considerata come una azione contraria agli interessi finanziari delle nostre case editrici, le quali con l'appoggio di molte venerande barbe bianche commerciano con Czerny come le sagrestie dei napoletano colle ossa dei Santi.[...]

[pp. 168-170]