Joachim Draheim

IL GIOVANE BUSONI: IMITAZIONE,
PARODIA E LA STRADA PER IL PROPRIO STILE


[pp. 59-65]


Nella storia della musica, i compositori enfants prodiges costituiscono più la regola che l'eccezione. Mozart, Beethoven, Weber, Rossini, Schubert, Mendelssohn, Chopin, Liszt, Clara Wieck, Saint-Saëns, Bizet, Richard Strauss, Lili Boulanger, Korngold e Prokofiev prima di compiere quindici anni non solo avevano scritto musica in quantità, ma spesso di qualità sorprendentemente alta, e quasi sempre facendo a gara con lo sviluppo delle proprie capacità tecniche su uno strumento (in prevalenza il pianoforte) che affascinava il grande pubblico. Anche Ferruccio Busoni, ricevendo come figlio di una pianista e di un virtuoso del clarinetto l'incoraggiamento più proficuo (seppure non sempre più adatto dal punto di vista pedagogico), fu un enfant prodige. Le numerose, piccole composizioni scritte dal bambino tra i sette e i dieci anni e trascritte inizialmente dal padre, stupiscono tuttavia più per la loro ricchezza, sicurezza armonica, ritmica e formale e routine nella scrittura pianistica che per la sostanza musicale, la quale supera raramente la semplice imitazione di uno stile. Più tardi, Busoni stesso rinnegò quasi tutte le sue opere giovanili e modificò più volte la numerazione del proprio catalogo, scorgendo il vero inizio della sua attività compositiva soltanto nella «Seconda Sonata» per violino e pianoforte in mi minore op. 36 a (1898). Sarebbe quindi sbagliato pubblicare o incidere grandi quantità di questi manoscritti, che si sono conservati numerosi. Due assaggi potrebbero bastare come indizi delle capacità creative del giovanissimo Busoni: la «Marcia funebre» in do minore (sottotitolata "Alla memoria di mia zia Mina" e composta il 22 febbraio 1874 all'età di sette anni e undici mesi, come indica alla fine del brano il padre orgoglioso), che include un grazioso "Trio" in la diesis maggiore dove riccheggia Chopin, e la fresca «Canzone del cacciatore» dei 20 Settembre 1874, che richiama invece l'«Album für die Jugend» di Schumann, di cui il bambino aveva suonato diversi pezzi nel suoi primi concerti. [Ascolti]


Grazie all'intercessione di Franz von Suppé, l'undicenne Busoni ebbe la possibilità di stampare per la prima volta composizioni proprie. Tra queste opere si annoverano anche le «Cinq Pièces pour Piano» op. 3, edite ancora presso August Cranz a Lipsia nel 1877. A proposito di questi brani vale ciò che Eduard Hanslick aveva scritto dopo il sensazionale debutto di Busoni a Vienna l'8 febbraio 1876, anche se in tale occasione il bambino ne aveva suonati altri: «Essi rivelano lo stesso sano intuito musicale che ci rallegrava nel suo stile di esecuzione: nessuna sentimentalità precoce o studiata, ma gioia ingenua di fronte al gioco coi suoni, figurazioni vivaci e piccole acrobazie combinatorie. Non c'è niente di operistico o danzante, piuttosto un animo serio e virile che indica l'amore per lo studio di Bach. I brani sono tutti brevi come conviene ad un talento non ancora maturo, brevi e fatti bene, ma non così bene da vedersi poi costretti a sospettare l'aiuto di un maestro". Infatti il serissimo «Preludio» in do minore e lo «Studio dalle armonie cangianti» non sono pensabili senza l'influsso di Bach (è sorprendente che il giovane Busoni sia stato avvicinato al compositore tedesco dal padre, esponente di una tradizione musicale prettamente italiana), mentre il capriccioso «Minuetto» in fa maggiore, con il suo dolce "Trio" in un lontanissimo sol bemolle maggiore, rivelano piuttosto la scoperta di Beethoven. [pp. 59-60, senza note]