Essendo poco conosciuto il rapporto d'amicizia tra Busoni e Sibelius, trascrivo in questa nota parte della ricerca fatta da Ferruccio Tammaro e pubblicata nella sua notevole biografia sul compositore finlandese (Jean Sibelius, ERI, 1984, pp. 24-26

"La personalità che ebbe la funzione piú decisiva nello sviluppo psicologico di Sibelius fu Busoni: invitato da Wegelius, su segnalazione di Riemann, a ricoprire presso l'Istituto una cattedra di pianoforte, egli era sbarcato a Helsinki nel settembre del 1888. I due musicisti che sarebbero presto emersi al di sopra di quell'ambiente non tardarono cosí a riconoscersi e a divenire amici: 'Il mio incontro con Busoni fu assai stimolante - raccontò Sibelius all'Ekman - In un solo punto eravamo piú che mai diversi uno dall'altro. Busoni era cresciuto come un bambino prodigio ed aveva praticamente trascorso la sua giovinezza in alberghi di ogni città europea. In Finlandia egli giunse per la prima volta a contatto con la natura ed all'inizio dei nostri incontri rimase sempre assai sorpreso dei benefíci che riuscivo a trarre dalla mia comunione con quella. Piú tardi mi comprese meglio, anche se col suo temperamento molto intellettuale e riflessivo non poté mai abbandonarsi incondizionatamente alle sensazioni naturali. Fin dall'inizio in ogni modo i nostri contatti furono confidenziali; per quanto egli fosse un insegnante ed io uno studente [Sibelius aveva un anno in piú e ciò fece indubbiamente avvertire in modo ancora maggiore il ritardo in cui egli e il suo mondo finnico si trovavano] ci incontravamo almeno ogni giorno. Del resto io non ero neanche suo allievo poiché le lezioni di pianoforte non facevano parte del mio curriculum all'Istituto; eravamo attratti l'un l'altro dai nostri reciproci interessi in generale [...]. Aveva per la mia musica una simpatia che mi faceva piacere e mi lusingava.'

Si trattò di un'amicizia davvero singolare, dal momento che i due sul piano strettamente musicale ebbero ben poco in comune e non si influenzarono mai a vicenda. Sibelius in particolare rivelò di non possedere attrazione né per il Busoni creatore né per il Busoni direttore d'orchestra; ad Aino disse che secondo lui l'amico 'non era un compositore' e nel diario una volta annotò: 'Ho studiato la Fantasia contrappuntistica di Busoni [si era nel 1910 ed egli doveva aver esaminato la seconda versione del lavoro, la cosiddetta "Edizione maggiore", pubblicata in giugno da Breitkopf]. Perché questo grande pianista vuole comporre? E' sempre interessante sentire un artista sgobbare, ma questa musica! Povera e brutta. Senza slancio! La sua Berceuse élégiaque trova la sua giustificazione nel colore e nell'esteriorità. Ma questo è anche tutto!»; per quanto subito dopo annotasse 'Il giudizio su Busoni è soltanto provvisorio' è facile intuire che non avrebbe cambiato idea. L'oggettivismo formale dell'amico non poteva infatti trovare totale rispondenza in un musicista che sarebbe stato pervicacemente soggettivo; l'accento posto sulla fruizione della natura stava del resto a significare che Sibelius avvertiva nel collega la mancanza di quella istintiva irriflessione alla quale egli invece per tutta la vita si sottomise, anche a prezzo di rimanere ancorato alla tradizione e lontano quindi da ogni stretta problematica di rinnovamento. E lo stesso vale per la sfiducia nutrita da Sibelius sulle qualità direttoriali dell'amico; nel 1907, in vista di un concerto nel quale sarebbe stata eseguita la sua Figlia di Póhjola, avrebbe scritto all'editore Lienau: 'Ho molta paura per Busoni: non è un direttore d'orchestra e La figlia di Póhjola ne richiede proprio uno'; cosí anni piú tardi annotava sul diario: 'Busoni realizzerà la mia Quarta a Berlino. Sono molto angustiato perché la Sinfonia è all'inizio del programma e lui non è un direttore.'

L'unico, sottile elemento d'intesa fu il graduale, anche se non del tutto risoluto protendersi del finlandese verso posizioni vicine ad una 'nuova classicità': anche Sibelius cioè mise sempre meglio in chiaro di rifiutare ogni parossismo emotivo, tardoromantico o espressionista, in nome di una concezione temperatamente equilibrata, non del tutto sottomessa alle suggestioni letterario-descrittive. Busoni da parte sua dovette probabilmente appoggiare la sua amicizia con il nostro sul fatto che anch'egli in fondo mai rinnegò del tutto la fiducia per il 'contenuto', per lo 'stato d'animo', per l' 'espressione', insomma per una parte almeno di quel bagaglio di postulati tardoromantici che i paladini della musica oggettiva volevano definitivamente cassare. Quanto ad esempio ebbe a dire nel suo Schizzo per un'introduzione alla partitura del Dottor Faust (1921): 'invenzione e stati d'animo costituiscono il contenuto della musica; forma e configurazione costituiscono la qualità', non avrebbe certo trovato in disaccordo l'amico finlandese.

Sibelius in ogni modo continuò ad ammirare il collega soprattutto per la sua valentia pianistica, per aver cioè raggiunto risultati in quel campo virtuosistico nel quale invece egli era fallito; nel diario troviamo ad esempio annotato: «A Helsinki. Busoni ha suonato Bach, Beethoven, Op. 111, Do minore. Un artista incomparabile!»; in secondo luogo il nostro si sentiva vicino all'amico proprio per quelle qualità ancora estranee al mondo finlandese e quindi a lui stesso, vale a dire per l'apertura intellettuale e la mentalità storicamente critica, in altre parole per quei 'comuni interessi in generale' di cui parlò all'Ekman. E proprio per questo egli mai si collocò nei confronti del piú moderno collega in posizione reazionaria, continuò anzi a salutare favorevolmente i nuovi impulsi culturali che Busoni sapeva dare: ad esempio in una lettera da Monaco del 1894, nella quale esprimeva il suo disgusto per la musica di Leoncavallo e dell'epigono wagneriano Cyrill Kistler, lamentava: 'E costoro sono alla ribalta, mentre Busoni e gli altri non vengono notati!'

Da parte dell'empolese nei confronti del collega possediamo unicamente alcuni giudizi ufficiali e per questo scontati: ad esempio nel 1916, presentando alcune musiche di Sibelius al pubblico zurighese, lo elogiava definendolo, invero non proprio giustamente, uno «Schubert finnico». Ma se fu avaro di parole, Busoni fu prodigo in fatti e dimostrò concretamente la sua stima: fu Busoni che, da buon fratello maggiore, forní a Sibelius una lettera di presentazione per Brahms a Vienna ed il fatto che in essa scrivesse 'A causa della sua provenienza nordica egli è meno sviluppato di noi' ci rivela quanto sapesse giudicare il collega nella giusta e necessaria prospettiva storica; fu sempre Busoni che introdusse Sibelius sia presso le società concertistiche tedesche sia presso Breitkopf e l'amico andò ripetendo di essergli grato per non averlo lasciato rimanere una semplice 'apparizione dai boschi': 'Sono stato da Busoni. Mi ha dato molto con la sua ammirazione per la mi arte' annotò un giorno; e piú tardi disse: 'Quando Busoni morí, ebbi coscienza del mio stato. Busoni fu l'unica persona in Germania che fosse veramente interessata alla mia musica. Era un amico.' Ed infatti i consigli pratici che l'empolese seppe suggerire furono sempre, come si vedrà, preziosi e decisivi.

A conferma di questo affiatamento reciproco ecco infine una testimonianza del direttore britannico Henry Wood su un periodo in cui i due si trovarono a Londra: «Di norma potevo controllare Busoni quando l'avevo con me, ma avevo sempre i cuore in gola se incontrava Sibelius. Non riuscivo mai a sapere dove andassero a cacciarsi. Potevano dimenticare l'ora del concerto al quale dovevano partecipare ricordavano a stento il giorno della settimana. Un anno in cui dirigevo al festival di Birmingham diedi l'incarico ad un amico di non perderli mai di vista. E costui ebbe per due o tre giorni un bel da fare nel seguirli di ristorante in ristorante. Mi disse che non era mai riuscito a scoprire l'ora in cui andavano a dormire o si alzavano la mattina. Erano una coppia di studenti scapestrati.

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