Sono rimasto molto triste! [Dopo la partenza di Gerda] Sono rientrato a piedi dalla stazione all'albergo, vi ho impiegato un'ora, più tardi ho passeggiato per altre due ore in una Mosca domenicale, in cui si parla una lingua a me straniera, tra una folla costituita di studenti, di abitanti dei sobborghi e di cocottes a buon prezzo. Ho riflettuto sull'aspetto della città, l'ho paragonata in un certo senso a Edimburgo o a Venezia. Malinconico com'ero, le cose brutte mi colpivano e mi disturbavano di più, e ne ho tratto la conclusione che le città - come le opere d'arte, come ogni cosa, in genere - sono imperfette, piene di lacune, che non corrispondono allo scopo e sono sempre incomplete. Il desiderio ottimistico di ammirare, insito nell'uomo, fa sì che egli passi sopra a mille orrori in favore di una idea, risvegliata in lui da qualche aspetto caratteristico, e a cui è stato lui stesso a dar forma. Se ci si mette su un piede di opposizione, si può considerare brutta la maggior parte di Mosca, come anche di Venezia. Concludendo, l'impressione sta in noi stessi, e muove da poche premesse. -
Il concerto è andato in modo memorabile e forse sono stato festeggiato anche più che a Mosca. Anche qui son piovuti fiori, mi sono state offerte corone e si gridava «Campanella». Ho suonato del mio meglio... Il settantenne Cui (che io credevo morto) era al concerto. È venuta a salutarmi la moglie del critico Ivanov, che è sorella della signora Sgambati. La sala era gremita.
Sarebbe stato al di là della natura non sentire un certo grado di emozione, anzi ho dato tutto me stesso suonando, tant'è vero che oggi non sono buono a nulla...
Questa sera parto per Riga, per il primo concerto. Il fatto che vi si parli il tedesco mi dà un certo senso di liberazione...
Il mio pensiero corre spesso all'edizione dei «Preludi» di Chopin che ho promesso a Schirmer già tanto tempo fa; vorrei mettervi tante cose di cui ho fatto l'esperienza...
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