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il manifesto - 22 Maggio 2005 CULTURA pagina 13
indice cultura

pag.12

Voci tra paura e speranza
FRANCESCA BORRELLI
 
CALENDARIO
 

pag.13

Paul Ricoeur, l'intelligenza del senso duplice
ALDO MECCARIELLO
 
DIVINO
Chiesa, astenuta e sconfitta
FILIPPO GENTILONI
 
Mezzo secolo di ricerca
 
Un intellettuale del dialogo
ANNA MARIA MERLO
 
 

apertura

Paul Ricoeur, l'intelligenza del senso duplice
Il filosofo francese è morto all'età di 92 anni, nella notte fra giovedì e venerdì, nella sua casa di Chatenay Malabry. Erede spirituale di Edmund Husserl, ha intrecciato nei suoi testi, da Tempo e racconto a La metafora viva , linguistica, teologia e psicoanalisi
ALDO MECCARIELLO
Paul Ricoeur, considerato uno dei massimi filosofi viventi, è scomparso ieri, all'età di 92 anni. Nel panorama filosofico del secondo Novecento campeggia da gigante, insieme a pochi altri come Emmanuel Lévinas, Hans Georg Gadamer e Jacques Derrida. Nella sua vasta e complessa produzione che si snoda a partire dall'opera giovanile Le volontaire et l'involontaire del 1950 fino all'ultima grande opera La memoria, la storia e l'oblio del 2003, è possibile cogliere la trama della vicenda filosofica europea (la fenomenologia, l'ermeneutica, l'analisi del linguaggio, la teoria del testo e dell'azione, la questione del soggetto) che si distende e si espande come l'approfondimento di un discorso che mira a svuotare i dualismi oppositivi, a confutare gli enigmatici sentieri della foresta heideggeriana per costruire, veicoli di mediazioni, vie di dialogo e di confronto sulle quali far interagire spiegazione e comprensione, scienze della natura e scienze umane, storia e memoria.

Si tratta , per usare una celebre immagine di Ricoeur, di percorrere, rispetto alla «via corta» di Heidegger, la «via lunga» che non è priva di difficoltà e di deviazioni ma che passa consapevolmente per il linguaggio e la riflessione in un serrato e continuo confronto con le nuove scienze dell'uomo. Nella Parigi degli anni Sessanta, Ricoeur si misura con la duplice contestazione indirizzata nei confronti di una filosofia del soggetto, da parte dello strutturalismo e della psicanalisi, discutendo con Lévi-Strauss e dedicando a Freud nel 1965 un'opera mirabile, Dell'Interpretazione.

Se nei confronti dello strutturalismo (che rappresenta un movimento variegato nel quale convergono autori molto diversi tra di loro come Barthes, Greimas, Foucault, Genette) , Ricoeur chiarisce preliminarmente la differenza tra il modello strutturale e il modello ermeneutico e restituisce una dimensione di senso alle scienze umane con il richiamo ai soggetti viventi e parlanti, nei confronti della psicoanalisi che contesta un io che si presume padrone di sé quando invece deve accettare di perdersi per potersi ritrovare alla fine come coscienza adulta, il filosofo francese recupera la cruciale nozione di simbolo su cui verterà la sua ricerca negli anni Settanta.

Il simbolo è la regione del «senso duplice» perché ad esempio il sogno «non è parola che chiude ma che apre» e il linguaggio del sogno vuol dire sempre altro da ciò che dice perché esso svela l'uomo che desidera. Questa è «la regione del senso duplice» e l'interpretazione come il cuore pulsante dell'ermeneutica «è l'intelligenza del senso duplice».

Con il Conflitto delle interpretazioni del 1969, un'opera considerata con Verità e metodo di Gadamer, uno dei capolavori dell'ermeneutica contemporanea, Ricoeur allarga il suo orizzonte di ricerca, approfondendo le sue indagini sul simbolo e l'interpretazione e invocando come indispensabile un'azione di arbitraggio, capace di regolare se non a contrastare «le pretese totalitarie» dei vari modelli interpretativi. La filosofia per Ricoeur diventa sempre più un compito, un esercizio, un lavoro critico, che mai può interrompere il suo dialogo con le scienze, mai può lasciar cadere quella connessione di domande e di progetti che già l'opera giovanile con il suo motivo del volere inteso come capacità di decidere (e di decidersi per...) un progetto, di compiere o di patire un'azione, lasciava presagire. Anche nelle opere degli anni settanta La metafora viva e la ponderosa trilogia di Tempo e racconto in cui Ricoeur indirizza la sua riflessione sui testi metaforici e narrativi indagando nozioni come il testo e la metafora e tematizzando in maniera originale le relazioni tra esistenza, temporalità e racconto, non viene meno la domanda di senso sull'essere dell'uomo del mondo, nelle sue molteplici modalità di parlare, di agire, di raccontare e di imputare a se stesso le sue azioni. Nelle sue ultime opere, la questione del soggetto e il suo ruolo nella storia diventa centrale dal Sé come un altro del 1990 fino all'ultima opera La memoria, la storia e l'oblio del 2003.

La problematica dell'identità e dell'alterità trova il suo luogo decisivo nell'opera del 1990, la summa del pensiero ricoeuriano. L'intento è l'attuazione di un «cogito integrale» alternativo alle pretese totalizzanti del Cogito cartesiano che permane pur nella cruda interpretazione del Cogito spezzato di Nietzsche, prigioniero di un illusionismo retorico grammaticale, privo di qualche sbocco credibile. Ricoeur, muovendo da posizioni fenomenologico-ermeneutiche, propone uno sviluppo di un'ermeneutica del sé che suggerisce un'alterità che non è soltanto un termine di paragone, ma, in qualche modo costitutiva dell'ipseità stessa e non più un elemento estraneo. È il cammino dell'apertura dell'identità che viene saggiato nell'arte del raccontare, dove le modalità della storia e della finzione collaborano a modellare il «racconto della storia di una vita» e più propriamente quel che Ricoeur chiama «identità narrativa», la quale mette in gioco il proprio e l'altro che fanno dell'identità un progetto.

Chi sono? Chi siamo? E' una domanda che passa necessariamente per la nostra capacità di raccontare e di raccontarci.

Qui si inserisce l'importanza del paradigma della traduzione, sul quale si è soffermato Domenico Jervolino, uno dei maggiori interpreti del filosofo francese: il nodo essenziale della nostra vita e della nostra ricerca d'identità, egli scrive, passa per un lavoro enorme e mai definitivo di traduzione e di traduzioni, di ogni sorta di traduzione, che coincide con la storia delle nostre vita, con la rete infinita delle nostre azioni e passioni, con il lavoro del lutto e della memoria che tale opera esige, con le sue sfide sempre rinnovate e con la felicità che essa ha il potere di accordarci nelle pause del nostro cammino.


 
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