Pubblicata in traduzione tedesca da Friedrich
Schnapp in «Zeitschrift fur Musik», XCIX, n. 12, dicembre 1932;
ne diamo una ritraduzione, essendo l'originale irreperibile. Schnapp
annota: «La presente lettera fu scritta nel 1894 e non mai spedita.
L'opera cui Busoni accenna è il Symphonisches Gedicht [piú
esattamente, Symphonisch
es Tongedicht], pubblicato in guell'anno». Ricordiamo che il Falstaff era
apparso il 9 febbraio 1893, alla Scala. |
Illustre e venerato Maestro,
già da molto tempo è nato e
s'è accresciuto in me il desiderio - che poi è divenuto una
necessità, e ora è un bisogno incoercibile - di presentarmi a
Lei, di entrare in un rapporto qualsiasi col primo compositore d'Italia,
con uno degli uomini piú nobili del nostro tempo.
Sempre però la timidezza, la poca fama che potevo vantare,
le insignificanti prove di talento di cui disponevo, mi hanno tolto il
diritto di un rapporto cosí onorifico e straordinario. Non sono
stato capace di intraprendere un passo che cosí facilmente avrebbe
potuto assumere l'apparenza della presunzione, e comunque sarebbe valso
come tale.
La mia
giovinezza trascorse fra studî severi, lavoro e meditazioni
perseveranti, nutriti e sostenuti dalle arti e scienze germaniche. Ma avevo
appena varcato lo stadio delle teorie, nell'età ch'è fra la
giovinezza e la virilità - nella quale mi trovo ora -, quando
cominciai ad afferrare e comprendere lo spirito e il cuore dell'arte.
Relativamente troppo tardi dunque - voglia perdonarmi! - sono arrivato ad
ammirare i Suoi capolavori e ad inebriarmene. Infine il Falstaff ha
suscitato in me una tale rivoluzione dello spirito e del sentimento, che
con pieno diritto posso datare da questo momento un'epoca nuova della mia
vita artistica.
Questo evento mi ha fatto il cuore grosso; perché tanto
piú mi sono sentito lontano da un maestro venerato e amatissimo, che
la mia piccolezza rendeva irraggiungibile. Né la coscienza di essere
finalmente arrivato alla comprensione del Suo genio mi sarebbe ancora valsa
a giustificazione d'un approccio, se al tempo stesso non fossi riuscito a
scrivere un'opera, attraverso la quale credo di aver costituito una
raccomandazione e una legittimazione di fronte a Lei.
Mi
permetto, illustre Maestro, di sottoporre umilmente questo lavoro al Suo
giudizio; esso La raggiungerà insieme con questa lettera.
Tremo e spero: il mio cuore rimarrà inquieto sino a un
qualche Suo segno del suo arrivo. Non oso pretendere né impetrare da
Lei una parola. E tuttavia, s'Ella volesse degnarmi d'un tale segno di
distinzione, essa sarebbe per me un beneficio inestimabile, mi darebbe
conforto ed animo mi riempirebbe di fiducia in me stesso e feconderebbe il
mio giudizio. |