FERRUCCIO BUSONI

FLORILEGIO DALLE LETTERE

[UNDER CONSTRUCTION]


EDITH ANDREAE

VOLKMAR ANDREAE

EMILIO ANZOLETTI

IRMA BECK

ÉMILE ROBERT BLANCHET


A EDITH ANDREAE in tedesco

23 giugno 1915
New York

Cara signora Edith, la Sua cara lettera e la notizia del decesso di Rathenau* sono arrivate oggi contemporaneamente a New York. Perciò mi affretto a dirLe quanto Le sono vicino in questo momento! A dire il vero dovrei ringraziare il Cielo che siamo tutti insieme, i miei e io, e in buona salute.
Ma non riesco a vincere la sensazione di perdere qualcosa di insostituibile, e la Sua descrizione dello splendore di Berlino mi rende insopportabile il mio detestato esilio.
Lavorare? Sì, mi tengo continuamente occupato e comincio a detestare anche questo (sebbene non possa farne a meno). Non può immaginare quanto limitato e limitativo sia questo paese. Dover trovare sempre e soltanto in se stessi ogni stlmolo, ogni bellezza, ogni umanità, produce una rabbia dolorosa, tutto quel che ne vien fuori è grigio, non dissimile dalla 'teoria', senza vita e senza scopo.
Ma è inutile tormentarLa con paragoni, che non possono darLe un'idea di quel che non è comunicabile; come avviene qui per le notizie della guerra: le cifre più grandi fanno l'impressione più grande, senza poter evocare un'idea precisa della guerra nell'immaginazione degli insaziabili lettori di giornali.
Non ho osato affrontare l'«Opera» (che non sarà un'«opera») nel timore che un avvio sbagliato possa distruggere il mio ultimo sostegno morale.
Scrivo e scrivo, parole e note, e leggo molto; ma senza vera partecipazlone.
Quando non si è più padroni dei propri movimenti, la vita non è più nulla. Non importa se ciò sia dovuto a malattia, età, carcere o... ai mezzi gloriosi dei tempi presenti. (Come Ella sa, ho sempre sacrificato - volentieri - le possibilità di guadagnare di più alla libertà personale) . -
La Sua cara lettera mi ha portato conforto e ha acuito la nostalgia. E così fanno tutte le lettere di persone che mi sono care - che ml conoscono. - (Qui non mi 'conosceranno' mai). - Non sono ancora abbastanza vecchio per rinunciare, non più abbastanza giovane per perdere le occasioni. - Non mi rassegnerò mai a questa criminale amputazione della mia vita. - E quando La rivedrò, sarò più vecchio.
Sto pensando seriamente di andare in Svizzera passando per l'Italia. (Darei 100 Stati Uniti in cambio di un vecchio angolino europeo).
Se ciò avverrà, porterò alcune cose con me (anche se non saranno 'tesori', come Ella li chiama così gentilmente). - Un Rondò arlecchinesco per orchestra e un grosso lavoro sul Clavicembalo ben temperato, nonché alcune cose minori.** Un armonio con terzi di tono. - Se mai l'umorismo fa capolino - e non è detto - nel Rondò dovrebbe fare un effetto straziante. -
Certo che dobbiamo restare amici, se non altro perché non ne possiamo fare a meno.
Se vado in Svizzera, un amico o un'amica potrebbero venirmi a trovare, di quando in quando!! -
Con i più cordiali saluti e ringraziamenti.
Suo aff.mo e dev.mo

Ferruccio B.

*Il padre di Edith Andreae, Emil Rathenau, fondatore dell'AEG (Allgemeine Elektrizitäts Gesellschaft), era morto il 20 giugno 1915.

**Due lavori pianistici, il «Diario indiano» e la «Sonalina ad usum infantis», e una trascrizione per violoncello e pianoforte di «Adelaïde» di Beethoven. [SU]


A VOLKMAR ANDREAE in tedesco

Londra, 19.11.1919

Amico stimatissimo,
il contenuto delle Sue due cartoline del 15 scorso che ricevo (con piacere) in questo momento invita a riflettere, a scrivere e a uno scambio di idee. - La parola 'ostilità'" che Ella impiega parlando delle critiche alla Sua Sinfonia mi lascia all'oscuro sulla natura degli articolo. 'Ostilità' indica un'intenzione malevola, e mi è difficile presupporla in Isler* nei Suoi confronti. Invece indoli come quella di Gysi** sembrano essere per natura ostili all'arte: - nel migliore dei casi per un malinteso amore per essa - perché sono incapaci di amare, in assoluto. Ma nemmeno in questo caso si tratta di inimicizia personale verso di Lei. - Non resta che presumere che l'effetto del Suo lavoro sia tale da generare inizialmente opposizione ed allarme in tali signori, segno notevolissimo del valore e della personalità del lavoro. - Non mancherò di fare il Suo nome a Wood.*** Bodanzky mi ha domandato da New York se conoscevo 'nuovi lavori importanti'; ho risposto evasivamente alla sua domanda, domandandogli a mia volta se lui e il suo pubblico avessero già divorato quelli 'antichi'. - Ma Ella dovrebbe rifornirlo di materiale nuovo uscito dalla Sua testa; indirizzo: Metropolitan Opera House, N.Y. - Bodanzky è uno dei migliori direttori e la sua orchestra è eccellente. - Mi arriva direttamente da Milano la notizia che Toscanini si è portato candidato alle elezioni. Cortot è a capo della polizia [sic] artistica dei Ministero degli esteri francesi. Il mio allievo Kestenberg è segretario al Ministero del Culto a Berlino. Ernest Schelling - se vive ancora - maggiore e addetto militare; Paderewsky è presidente della Polonia, un tempo data per spacciata dai medici della politica. D'Annunzio Condottiere - ... come mi sembra insignificante la mia quieta attività, quanto poco chiara la mia visione storica! Quest'ultima critica non si addice a Paul Bekker, il quale in un breve scritto intitolato «Neue Musik»**** mostra di avere una chiara e sicura visione di ogni cosa e trova una casella appropriata per tutto ciò che è stato messo insieme con le note negli ultimi 25 anni. - Il libro, scritto in complesso senza affettazione, è un tale miscuglio di giusti apprezzamenti e di prospettive sbagliate che vale la pena di leggerlo. Anch'egli fa distinzione tra caratteri germanici e caratteri latini ed enumera questi ultimi per primi. Le due caratteristiche si potrebbero definire - senza con ciò esaurire la questione - soggettiva e oggettiva. Se la definizione è valida, la sinfonia di Brun è naturalmente soggettiva. Se però Ella pensa che, al paragone, noi latini siamo dilettanti, credo che si sbagli. Il saper trovare la soluzione semplice di nodi complicati è piuttosto il segno della mano di un maestro. La via diritta è la più difficile da seguire, la semplicità è l'estrema conquista .
Con questo luogo comune eternamente valido mi accomiato oggi da Lei.
Suo aff.mo
F. Busoni

*Ernst Isler (1879-1944), direttore della «Schweizer Musikzeitung» dal 1910 al 1927)

** Fritz Gysi (1888-1967), critico d'arte e critico musicale svizzero.)

***Henry Joseph Wood (1869-1944), direttore d'orchestra inglese. Dal 1895 diresse i popolari Promenade Concerts al Royal Albert Hall di Londra. [S.S.]

****Paul Bekker, Neue Musik, Stoccarda- Berlino 1919.

*****La Sinfonia n. 3 in re minore di Fritz Brun fu eseguita per la prima volta alla Tonhalle di Zurigo il 15 dicembre 1919. [SU]


A EMILIO ANZOLETTI in italiano

Roma, 1.3.1909
[data del timbro postale]*

[...] Lo svolgimento dell'arte musicale nel nostro paese oscilla tra le influenze recenti d'un Wagner e quelle anco più recenti della scuola francese da un lato - e per contrappeso serpeggia nella corrente, sfiorando la superficie soltanto, la parola alata di un grande: «Torniamo all'antico».
Constatando volentieri il gran rumore che ha prodotto il Wagner in Italia, non mi sembra però poter egualmente constatare, che la sua musica «ci vada a sangue», ed i nostri compositori non ne hanno approfittato che apparentemente. Più prossimi - per somiglianza di razza - i francesi, hanno meglio riuscito signoreggiarci, e di questo ne è prova il più riputato dei maestri viventi [Puccini?]. E una certa perdita di fiducia in noi stessi, rimpetto alle meraviglie tecniche degli stranieri, che ci spinge ad appropriarci quelle qualità. Mentre la natura italiana in fatto si ribella ad una forma di espressione, che è la caratteristica di un'altra razza, di una razza opposta.
In tal maniera temiamo d'essere italiani senza riuscire ad essere germani; in quanto poi ciò che guadagnamo dai francesi, non eccede il valore d'un [sic] imitazione, valore sempre negativo; questa influenza anzi ci rende meno schietti e meno forti e sostituisce un profumo artificiale all'odore sano della terra.
L'altra corrente che muove verso il motto di Verdi non ha finora - mi pare - acquistato altro significato, che uno puramente teorico. E il grido di guerra di gente pacifica. E quale sarebbe il senso di tal motto: torniamo all'antico. Cherubini nel suo libro sul contrappunto parla delle regole «degli antichi». Ed ora lui stesso è divenuto un antico. Verso quale punto dell'antichità dobbiamo rivolgerci? Verso Palestrina? Cimarosa? Donizzetti? [sic]
Chi si piace dell'antico è libero di rileggere, riudire e rimirare le opere dei tempi passati ed il primo passo sarebbe dunque di riprendere gli spartiti d'un Monteverde [sic] Caccini, e di rimetterle [sic] sulle scene.
Un tale esperimento gioverebbe certo: non ritorneremmo all'antico, ma alle antiche sorgenti potrebbe attingere un [sic] arte nuova, sempre rimanendo italiana. Il motto che fà [sic] bisogno sarà per ora e per sempre: «procediamo innanzi e restiamo italiani».


A IRMA BEKH in tedesco

Berlino, 25.5.1911

Cara Beckirma, le Sue notizie sono state le benvenute! Sì, sono qui tutta l'estate (e finisco la mia opera) e L'aspetto con grande piacere! Forse a Berlino ci sono al momento abbastanza attrattive per farLe rinunciare a Parigi. Al contrario, è sicuro che se vedesse prima Parigi non vorrebbe più saperne di Berlino.
Dal 1° maggio (sono tornato alla fine di aprile) lavoro di nuovo intensamente per me stesso. È il periodo più bello della mia vita: è primavera, sono libero e sano e profondamente grato al destino, con una certa emozione. Tutto ciò mi sembrava quasi ingiusto mentre Mahler era in punto di morte; mi rimordeva la coscienza. Sono tornato dall'America sulla stessa nave con lui* e già allora vedevo chiaramente come sarebbe andata a finire. La nostra compagnia di viaggio (c'era anche Stefan Zweig) ne era oppressa e spesso nel bel mezzo della conversazione calava il silenzio. Ora che non è più lo vedo diventare sempre più bello. Un vero artista e un carattere meraviglioso .
Che purezza in quell'animo!
Basta, piango. -
Un affettuoso arrivederci mia cara ragazza; L'abbraccio.

Suo Ferruccio B.

(Benny ha compiuto ieri già 19 anni!)


* Ricorda Alma Mahler: «Sul piroscafo c'era anche Busoni. Tutti i giorni mandava a Mahler dei contrappunti pazzeschi e buffi per divertirlo, e vino. Busoni era realmente una persona di cuore. Una volta, mentre Mahler dormiva, passeggiavamo insieme per il ponte e parlavamo di Mahler, che Busoni amava. Ci fermammo a guardare il mare oltre il parapetto. Busoni disse: 'Sono ben strani i tedeschi! Non capiscono mai le persone viventi. Il genio di Mahler, per esempio, non è ancora affatto riconosciuto. Sono ancora titubanti. In fondo non sanno nulla di lui. Ma quando - un giorno non ci sarà più - allora sì!» (cfr. Gustav Mahler «Ricordi e lettere», p. 190). [S.S.]


A EMILE BLANCHET in francese

New York, 17.3.1915

Carissimo Blanchet, la Sua bella lettera è stata una grande gioia per me. grazie! Ella non può immaginare che effetto possano fare su un esiliato - di questi tempi e in questo paese - delle parole ben pensate (e dei pensieri ben formulati) e dettate dall'amicizia. (E ciò conta soprattutto!) Questo è stato il simpatico effetto della Sua lettera.
No, non esistono neutrali. E l'America è completamente priva di carattere. La massa è ostile ai tedeschi e il governo calcola freddamente le opportunità delle sue relazioni con gli stati europei. Quanto ai miei compatrioti, che Dio li guidi! Temo che siano malvagi e terribilmente opportunisti.
Non si senta in colpa perché produce poco. Le circostanze gravano su tutto e la divagazione del pensiero sfugge al nostro controllo. Ella si lamenta degli uomini, eppure sono essi stessi a creare le circostanze che Ella chiama «'ambiente».
Philipp [Isidor] ed io ci siamo trovati d'accordo su una certa analogia esistente tra Saint-Saens e A. France. Poiché Ella ammira quest'ultimo, capisco che ami l'altro. La sua abilità consiste nel buon senso di non impegnarsi mai in problemi al di sopra della sua tecnica. E di scansare le profondità del pensiero con una formula elegante. «Uno sguardo dolce e terribile» - «una storia tragica e delicata» - sono espressioni che lasciano largo spazio all'interpretazione, senza precisare nulla.
Non conosco gli articoli de «L'Intransigeant» su Strauss: ma quali che siano, devono attribuirgli un'importanza storica - data la situazione .
A questo proposito Ella cita una frase tolta dalla mia edizione di Bach. Sto terminando la seconda parte del Clavicembalo, dopo aver fatto l'edizione delle Variazioni dette di Goldberg. Ciò conclude il mio lavoro su questo Maestro, lavoro che verrà pubblicato in sei volumi - quando Dio vorrà.
Il Suo recital deve aver luogo uno di questi giorni e spero che il piccolo incidente che ha avuto non impedirà nulla.
I Suoi Studi eccitano la mia curiosità artistica. E aspetto la Sua Passacaglia. Non posso contraccambiare da qui, ma vorrei attirare la Sua attenzione sulla mia «Fantasia su temi dei Pellirosse per pianoforte e orchestra», la cui partitura è pubblicata da Breitkopf (Indianische Fantasie).
Per finire, cerco di lavorare, ma il lavoro rifugge da me. Ho però del progetti ben fermi. La ringrazio ancora per le Sue espressioni di simpatia e sia certo della mia amicizia e della mia grande stima per quello che Ella è e per quello che fa.

Ferruccio Busoni

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