QUINTO ORAZIO FLACCO CARME SECOLARE TRADUZIONE DI MARIO RAMOUS |
CARME SECOLARE Febo, Diana, signora delle selve, luce del cielo, sempre venerati e venerabili, esaudite i voti in questo giorno sacro, che nei versi sibillini prescrive alle vergini elette e ai fanciulli di cantare un inno agli dei che amarono i nostri sette colli. Sole fecondo, che col carro ardente porti e nascondi il giorno, e nuovo e antico rinasci, nulla piú grande di Roma possa mai tu vedere! E tu, che dolce schiudi a tempo i parti per rito, proteggi le madri, Ilítia, o come tu vuoi essere invocata: Lucina, Genitale. Educa i figli, dea, e benedici il decreto che regola le nozze delle donne e la legge di famiglia che accende nuove vite, perché al compiersi di centodieci anni, ritornino i canti e le feste affollate per tre limpidi giorni e tre notti serene. E voi, Parche, che la sorte fissata rivelate, senza che niente possa mutarla, aggiungete a quelli compiuti altri buoni destini. La terra ricca di animali e biade incoroni di spighe la campagna; piogge e brezze benefiche del cielo ne nutrano i prodotti. Deposti i dardi, tenero e tranquillo ascolta, Apollo, i giovani che pregano, e tu, Luna, regina delle stelle, ascolta le fanciulle. Se Roma è opera vostra e milizie troiane occuparono il lido etrusco, impegnate a mutare città, casa, solcando in salvo il mare; se, scampato alla strage, il pio Enea aprí ai suoi un varco che potesse salvarli in mezzo alle fiamme di Troia, per donargli di piú; o dei, date virtú ai nostri giovani, date dolce riposo alla vecchiaia e alla gente di Romolo potenza, figli e tutta la gloria. E ciò che vi chiede con tori bianchi il sangue puro di Anchise e di Venere, forte col nemico e mite coi vinti, fate voi che l'ottenga. Ormai per terra e mare i parti temono l'arte del suo braccio e le scuri albane; ormai la superbia di sciti e indiani attende la sentenza. Fede, pace, onore e il pudore antico, la virtú smarrita osano ora tornare e lieta appare l'abbondanza col suo corno ricolmo. Profeta adorno di un arco abbagliante, Febo, che siede fra le nove Muse e con la sua arte risana le membra del nostro corpo infermo, quando guarda sereno il Palatino, dall'uno all'altro secolo prolunga, e per tempi migliori, la fortuna dell'impero romano. E Diana, che sull'Aventino e l'Àlgido regna, esaudisce i sacerdoti chini in preghiera e porge orecchio benigno ai voti dei ragazzi. Che questo vogliano Giove e gli dei è fede certa, che il coro, istruito a tessere lodi di Febo e Diana, porta dentro di sé. |